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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 36256 | Data di udienza: 7 Giugno 2019

RIFIUTI – Traffico illecito di rifiuti – Sequestro preventivo e confisca obbligatoria degli automezzi – Applicabilità temporale – Giurisprudenza – Artt. 259, 260, d. Igs. n. 152/2006 – Art. 452-quaterdecies, cod. pen. – Art. 321 c.p.p..


Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 20 Agosto 2019
Numero: 36256
Data di udienza: 7 Giugno 2019
Presidente: LIBERATI
Estensore: SCARCELLA


Premassima

RIFIUTI – Traffico illecito di rifiuti – Sequestro preventivo e confisca obbligatoria degli automezzi – Applicabilità temporale – Giurisprudenza – Artt. 259, 260, d. Igs. n. 152/2006 – Art. 452-quaterdecies, cod. pen. – Art. 321 c.p.p..



Massima

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 20/08/2019 (Ud. 07/06/2019), Sentenza n.36256

RIFIUTI – Traffico illecito di rifiuti – Sequestro preventivo e confisca obbligatoria degli automezzi – Applicabilità temporale – Giurisprudenza – Artt. 259, 260, d. Igs. n. 152/2006 – Art. 452-quaterdecies, cod. pen. – Art. 321 c.p.p..

In tema di gestione illecita di rifiuti, è obbligatoria, ai sensi dell’art. 259 del digs. n. 152 del 2006, la confisca dei mezzi di trasporto impiegati per il traffico illecito di rifiuti di cui all’art. 260, T.U.A. (ora, art. 452-quaterdecies, cod. pen.). Sicché, il disposto di cui al comma 4-bis dell’art. 260 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, introdotto dall’art. 1, comma 3 della legge 22 maggio 2015, n. 68, si applica anche ai fatti precedenti all’entrata in vigore della disposizione anzidetta in quanto, con questa, il legislatore ha normalizzato il principio giurisprudenziale, preesistente alla novella (Sez. 3, n. 2284 del 28/11/2017 – dep. 19/01/2018, Benedetti).

(dich. inammissibili i ricorsi avverso ordinanza del 13/02/2019 del TRIB. LIBERTA di ROMA) Pres. LIBERATI, Rel. SCARCELLA, Ric. Ibrahimovic


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 20/08/2019 (Ud. 07/06/2019), Sentenza n.36256

SENTENZA

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 20/08/2019 (Ud. 07/06/2019), Sentenza n.36256

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:
IBRAHIMOVIC BRENER;
IBRAHIMOVIC NEDZIB;

avverso l’ordinanza del 13/02/2019 del TRIB. LIBERTA di ROMA;

udita la relazione svolta dal Consigliere ALESSIO SCARCELLA;

sentite le conclusioni del PG GIUSEPPE CORASANITI, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza 13.02.2019, il tribunale del riesame di Roma ha dichiarato inammissibile la richiesta di riesame avanzata nell’interesse dalla MCR s.r.l. in persona del legale rappresentante pro-tempore in riferimento all’autocarro Iveco E tg. AK714XX. Ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso in data 21.12.2018 dal GIP/tribunale di Roma avente ad oggetto, quanto alla richiesta di riesame avanzata nell’interesse dalla MCR s.r.l. in persona del legale rappresentante pro-tempore, l’autocarro Renault Kangoo tg. CP088EP, l’autocarro Iveco Ma-girus tg. BR426VN, l’autocarro Fiat 190 tg. BT227CH nonché l’autocarro Daìmler-chrysler tg. DH479CS e, quanto alla richiesta di riesame avanzata nell’interesse degli attuali ricorrenti Ibrahimovic Brener e Nedzib, l’autocarro tg. AB182FD e l’autocarro tg. BB952FW.

Giova precisare, per migliore intelligibilità dell’impugnazione, che i predetti automezzi sono stati sottoposti a sequestro preventivo nell’ambito di un’indagine che vede gli attuali ricorrenti indagati del reato di cui all’art. 260, d. Igs. n. 152 del 2006 (ora, art. 452-quaterdecies, cod. pen.), in quanto gli stessi, non legati da rapporti di lavoro e collaborazione con la MCR s.r.l. con il concorso dei vertici aziendali, avrebbero trasportato e conferito alla predetta società rifiuti illeciti metallici ferrosi e non, derivanti da attività di raccolta illecita, con i mezzi di loro proprietà.

2. Contro la ordinanza ha proposto congiunto ricorso per cassazione il comune difensore di fiducia dei ricorrenti, iscritto all’Albo speciale previsto dall’art. 613, cod. proc. pen., articolando un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con tale unico motivo, il vizio di violazione di legge ed il correlato vizio di manifesta illogicità della motivazione in relazione al dimostrato pericolo di reiterazione del reato.

In sintesi, si sostiene che il tribunale avrebbe erroneamente valutato i fatti di causa, trascurando del tutto il dato normativo posto a fondamento della tesi accusatoria, giungendo ad una conclusione illogica. Si censura, in particolare, l’affermazione del tribunale secondo cui l’avvenuta cessazione dell’attività da parte degli indagati, sarebbe argomento ininfluente, atteso che proprio la cessazione dimostrerebbe come gli indagati non possano più reiterare le condotte contestate.

Gli stessi si sarebbero determinati a richiedere l’autorizzazione oggetto della vicenda in esame, proprio perché in assenza non avrebbero potuto rivendere il ferro reperito. A prescindere dalla consapevolezza o meno di dichiarare il falso in merito allo svolgimento di attività edilizia, i due indagati avrebbero richiesto l’iscrizione alla Camera di commercio per svolgere in modo regolare il proprio lavoro.

Non potendo, senza tale iscrizione, essere venduto il ferro, non sarebbe possibile reiterare il reato. Nonostante il tribunale abbia compreso che gli indagati si trovassero nell’impossibilità di poter trasportare rifiuti in assenza di autorizzazione, il tribunale avrebbe comunque ritenuto in assenza dell’autorizzazione gli stessi possano commettere ancora il reato. In sostanza, proprio gli indizi di colpevolezza a loro carico dimostrerebbero l’insussistenza di alcun pericolo concreto ed attuale in ordine alla possibile reiterazione della condotta, atteso che non è l’indisponibilità del furgone a scongiurare il pericolo di reiterazione, ma la indisponibilità dell’autorizzazione. La cancellazione, per cessione dell’attività lavorativa, da parte di entrambi i ricorrenti, sgombrerebbe il campo da qualsiasi pericolo. Non sarebbe sufficiente ipotizzare che gli stessi, presentandosene l’occasione, sicuramente continueranno a delinquere, ma occorrerebbe verificare la specificità e la probabilità dell’agevolazione di nuovi reati, considerati quale conseguenza logica della fattispecie criminosa, ancorando la nozione di pericolo alla specificità dei fatti esistenti. I diritti patrimoniali degli indagati, conclusivamente, non potrebbero essere sacrificati in modo indiscriminato, attraverso la sottrazione degli autocarri, la cui disponibilità sarebbe di per sé lecita.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il congiunto ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza, oltre che proposto per motivi non consentiti dalla legge.

4. È anzitutto affetto da genericità per aspecificità, in quanto non si confronta con le argomentazioni svolte nella ordinanza impugnata che confutano in maniera puntuale e con considerazioni del tutto immuni dai denunciati vizi le identiche doglianze difensive svolte nel motivo di impugnazione (che, vengono, per così dire “replicate” in questa sede di legittimità senza alcun apprezzabile elementi di novità critica), esponendosi quindi al giudizio di inammissibilità. Ed invero, è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla (9 decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (v., tra le tante: Sez. 4, n. 18826 dei 09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849).

5. Lo stesso è inoltre da ritenersi manifestamente infondato, atteso che il tribunale del riesame ha dettagliatamente spiegato le ragioni per le quali ha disatteso le identiche doglianze difensive esposte nel motivo dì impugnazione.

Ed invero, dopo aver premesso che il PM aveva chiesto di disporre il sequestro dei mezzi sia a norma dell’art. 321, comma primo (sequestro preventivo impeditivo), che a norma del comma secondo (sequestro preventivo finalizzato alla confisca), i giudici del riesame hanno evidenziato come le indagini avevano dimostrato che tutti i camion sequestrati e di cui è stata richiesta la restituzione, venivano usati per commettere il traffico illecito di rifiuti, con conseguente necessità della loro confisca ex art. 452-quaterdecies, cod. pen., avendo le indagini dato conto di una continua attività di conferimento da parte dei privati, dell’inesistenza di attività lecite falsamente dichiarate dagli attuali ricorrenti, osservandosi come entrambi avessero conferito alla MCR s.r.l. in un solo anno oltre 51.000 kg. di rifiuti metallici (il Nedzib) ed oltre 20.000 kg. della stessa tipologia dì rifiuti metallici (il Brener).

In relazione a quanto sopra accertato, pertanto, i giudici del riesame hanno ritenuto che l’avvenuta cessazione dell’attività da parte degli indagati fosse argomento ininfluente quanto alle richieste di restituzione, evidenziando come i conferimenti alla MCR s.r.l. avvenissero in un sistema di totale illiceità, e che i privati, tra cui i due attuali ricorrenti, erano consapevoli dell’impossibilità di poter trasportare i rifiuti in assenza di autorizzazioni tanto che avevano provveduto ad attestare falsamente di svolgere attività edili che non svolgevano.

Quanto, poi al Brener, aggiungevano i giudici del riesame che le indagini avevano dimostrato che lo stesso, pur avendo formalmente cessato l’attività edilizia in data 2.03.2017, aveva continuato singolarmente ad essere iscritto alla ANGA, pur di fatto non avendo alcuna attività neanche lecita.

Concludeva, pertanto, il tribunale del riesame affermando che gli automezzi in sequestro risultavano gli strumenti attraverso ì quali veniva a compiersi l’illecito sub a), ossia il reato di cui all’art. 452-quaterdecies, cod. pen. (già art. 260, TUA), con conseguente loro confiscabilità, richiamando a tal fine a sostegno giurisprudenza di questa Corte. 6. Orbene, al cospetto di tale apparato argomentativo, le doglíanze difensive non hanno pregio, ponendosi peraltro al di fuori dell’ambito cognitivo, assai ristretto, previsto dall’art. 325, cod. proc. pen., che limita la ricorribilità per cassazione al solo vizio di violazione di legge. Ed invero, è lo stesso tribunale del riesame ad evidenziare che il sequestro è stato disposto anche a norma dell’art. 321, comma secondo, cod. proc. pen., dunque non solo con finalità impeditive (con riferimento cioè al comma primo, riferito al pericolo che la libera disponibilità degli automezzi potesse aggravare le conseguenze del reato o favorirne la reiterazione), ma anche perché funzionale alla loro confisca come appunto prevede l’art. 452-quaterdecies, ultimo comma, cod. pen.

Le censure della difesa, attingendo l’ordinanza impugnata con riferimento alla presunta mancanza di un pericolo di reiterazione del reato, oltre che essere articolate fuori dai limiti previsti dall’art. 325, cod. proc. pen. (atteso che non è denunciabile in questa sede cautelare di legittimità il vizio di illogicità manifesta della motivazione, come reiteratamente affermato da questa Corte: cfr., da ultimo Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017 – dep. 08/02/2017, Zaharia, Rv. 269119), mostrano di non tener conto dell’ulteriore ragione posta a fondamento del rigetto dell’istanza di riesame, ossia della funzionalità del sequestro preventivo alla confisca obbligatoria degli automezzi, prevista dall’art. 452-quaterdecies, ultimo comma, cod. pen., come del resto recentemente ribadito da questa stessa Sezione, la quale ha affermato che il disposto di cui al comma 4-bis dell’art. 260 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, introdotto dall’art. 1, comma 3 della legge 22 maggio 2015, n. 68, si applica anche ai fatti precedenti all’entrata in vigore della disposizione anzidetta in quanto, con questa, il legislatore ha normalizzato il principio giurisprudenziale, preesistente alla novella, secondo cui, in tema di gestione illecita di rifiuti, è obbligatoria, ai sensi dell’art. 259 del dlgs. n. 152 del 2006, la confisca dei mezzi di trasporto impiegati per il traffico illecito di rifiuti di cui al citato art. 260 (Sez. 3, n. 2284 del 28/11/2017 – dep. 19/01/2018, Benedetti, Rv. 272798). Non attingendo il ricorso tale autonoma ed autosufficiente ratio decidendi dell’ordinanza impugnata, dunque, il ricorso si appalesa inammissibile, essendo stato infatti affermato più volte da questa Corte che è inammissibile, per difetto di specificità, il ricorso per cassazione che si limiti alla critica di una sola delle diverse “rationes decidendi” poste a fondamento della decisione, ove queste siano autonome ed autosufficienti (da ultimo: Sez. 3, n. 2754 del 06/12/2017 – dep. 23/01/2018, Bimonte, Rv. 272448).
7. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 2.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

8. In applicazione del decreto del Primo Presidente della S.C. di Cassazione n. 84 del 2016, la presente motivazione è redatta in forma semplificata, trattandosi di ricorso che riveste le caratteristiche indicate nel predetto provvedimento Presidenziale, ossia ricorso che, ad avviso del Collegio, non richiede l’esercizio della funzione di nomofilachia o che solleva questioni giuridiche la cui soluzione comporta l’applicazione di principi giuridici già affermati dalla Corte e condivisi da questo Collegio, o attiene alla soluzione di questioni semplici o prospetta motivi manifestamente fondati, infondati o non consentiti.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di duemila euro ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 7 giugno 2019

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