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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Legittimazione processuale, Rifiuti, 231 Numero: 28742 | Data di udienza: 27 Aprile 2018

* RIFIUTI – Illecito smaltimento di rifiuti – Fase di raccolta e finale – RESPONSABILITA’ 231 – Ecodelitti – Sequestro delle aziende e dei beni strumentali all’attività di impresa – Rapporto di pertinenzialità – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Costituzione nel procedimento – Rappresentati legali indagati del reato presupposto e nomina del difensore di fiducia dell’ente – LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE – Responsabilità dei legali rappresentanti di una società e legittimazione processuale – Artt. 321, c.2 cod. proc. pen., 260 d.lgs. 152/06 e 452-undecies cod. pen.Artt. 39, 43 e 57 d.lgs. 231/2001.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 21 Giugno 2018
Numero: 28742
Data di udienza: 27 Aprile 2018
Presidente: DI NICOLA
Estensore: RAMACCI


Premassima

* RIFIUTI – Illecito smaltimento di rifiuti – Fase di raccolta e finale – RESPONSABILITA’ 231 – Ecodelitti – Sequestro delle aziende e dei beni strumentali all’attività di impresa – Rapporto di pertinenzialità – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Costituzione nel procedimento – Rappresentati legali indagati del reato presupposto e nomina del difensore di fiducia dell’ente – LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE – Responsabilità dei legali rappresentanti di una società e legittimazione processuale – Artt. 321, c.2 cod. proc. pen., 260 d.lgs. 152/06 e 452-undecies cod. pen.Artt. 39, 43 e 57 d.lgs. 231/2001.



Massima

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 21/06/2018 (Ud. 27/04/2018), Sentenza n.28742
 
 
RIFIUTI – Illecito smaltimento di rifiuti – Fase di raccolta e finale – RESPONSABILITA’ 231 – Ecodelitti – Sequestro delle aziende e dei beni strumentali all’attività di impresa – Rapporto di pertinenzialità – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Costituzione nel procedimento – Rappresentati legali indagati del reato presupposto e nomina del difensore di fiducia dell’ente – LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE – Responsabilità dei legali rappresentanti di una società e legittimazione processuale – Artt. 321, c.2 cod. proc. pen., 260 d.lgs. 152/06 e 452-undecies cod. pen. – Artt. 39, 43 e 57 d.lgs. 231/2001.
 
L’agire in giudizio in proprio quali persone fisiche, anziché da legali rappresentanti delle società le cui aziende sono state sequestrate, non legittima la richiesta della restituzione dei beni appartenenti alle società, difettando nei loro confronti l’interesse ad agire con riferimento ad un sequestro di beni non di loro proprietà, perché appartenenti alle società da loro rappresentate, persone giuridiche distinte (cfr. Sez. 3, n. 47313 del 17 /05/2017, Ruan e altr ed altre prec. conf.). Gli stessi, peraltro, in quanto indagati del reato presupposto, non potevano provvedere neppure alla nomina del difensore di fiducia dell’ente, per il generale e assoluto divieto di rappresentanza posto dall’art. 39 d.lgs. 2312001 e la persona giuridica, non potendo costituirsi nel procedimento a suo carico attraverso il proprio rappresentante legale, avrebbe dovuto provvedere alla sostituzione del rappresentante legale divenuto incompatibile ovvero nominarne altro con poteri limitati alla sola partecipazione al suddetto procedimento (Cass. Sez. 6, n. 41398 del 19/6/2009, Caporello; Cass.. Sez. U. n. 33041 del 28/5/2015, Gabrielloni). Nella specie, l’intero complesso aziendale sequestrato era stato asservito, dalla fase di raccolta a quella finale all’illecito smaltimento di rifiuti, individuando così, anche le autovetture quali beni indicati come “strumentali all’attività di impresa”.
 
(dich. inammissibile il ricorso avverso ordinanza del 07/11/2017 – TRIB. LIBERTA’ di ROMA) Pres. DI NICOLA, Rel. RAMACCI, Ric. Carnevale ed altro
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 21/06/2018 (Ud. 27/04/2018), Sentenza n.28742

SENTENZA

 

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 21/06/2018 (Ud. 27/04/2018), Sentenza n.28742
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sui ricorsi proposti da:
 
c/
 
CARNEVALE BIAGIO nato il 02/02/1937 a PICO;
FARAONI MARIA PIA nato il 29/01/L944 a GORGA;
 
nel procedimento a carico di questi ultimi
 
avverso l’ordinanza del 07/11/2017 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
 
sentita la relazione svolta dal Consigliere LUCA RAMACCI;
 
lette/sentite le conclusioni del PG GIULIO ROMANO
 
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’ dei ricorsi di CARNEVALE BIAGIO e FARAONI MARIA PIA
 
Udito il difensore il difensore presente avv. GIAQUINTO GIOVANNI si riporta ai motivi del ricorso e chiede l’annullamento del provvedimento impugnato;
 
Il difensore presente avv. BARGI ALFREDO chiede l’accoglimento del ricorso 
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Il Tribunale di Roma – Sezione speciale per il riesame dei provvedimenti sulle misure cautelari personali e reali, con ordinanza del 7/11/2017 ha parzialmente accolto l’appello proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, disponendo il sequestro preventivo, ai sensi degli artt. 321, comma 2 cod. proc. pen., 260 d.lgs. 152\06 e 452-undecies cod. pen., delle aziende appartenenti alle società “RECUPERI CARNEVALEs.r.l.” e “MENFER s.r.l.”.
 
Avverso tale pronuncia propongono separatamente ricorso per cassazione, tramite i rispettivi difensori di fiducia, Maria Pia FARAONI, in proprio e quale legale rappresentante della MENFER s.r.l. e Biagio CARNEVALE, in proprio e quale amministratore unico della RECUPERI CARNEVALE s.r.l., deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
 
2. Maria Pia FARAONI deduce, con un primo motivo di ricorso. la violazione dell’art. 57 d.lgs. 231\2001 per la mancata notificazione dell’informazione di garanzia alla società MENFER s.r.l., dal momento che, come emergerebbe dalla relata, l’ordinanza impositiva della misura cautelare reale sarebbe stata notificata esclusivamente alla ricorrente come persona fisica indagata nel relativo procedimento penale e non anche nell’interesse della società da lei rappresentata.
 
Aggiunge che tale attività procedimentale si coniuga con la mancata notificazione alla società dell’informazione di garanzia di cui al menzionato art. 57 d.lgs. 231 \2001.
 
2.1. Con un secondo motivo di ricorso denuncia violazione di legge in relazione all’inesistenza dell’ingiusto profitto e dell’estraneità della società alla commissione dei reati per cui si procede.
 
Osserva, a tale proposito, che il Tribunale non avrebbe tenuto conto di quanto rilevato dal G.I.P. nel provvedimento impugnato e della evidente carenza probatoria in ordine alle condotte attribuite alla società, incorrendo nel vizio di motivazione o di motivazione apparente.
 
Richiamate dunque le osservazioni del G.I.P., rileva anche come nello stesso provvedimento si sia condivisibilmente esclusa la sussistenza di un profitto conseguito dalla società.
 
3. Biagio CARNEVALE deduce, con un unico motivo di ricorso, l’insussistenza del vincolo di pertinenzialità tra i beni sequestrati ed i reati ipotizzati, osservando che il Tribunale avrebbe richiamato i contenuti di un precedente provvedimento relativo all’applicazione di misure cautelari personali dalle quali egli non era stato attinto e che, in ogni caso, egli aveva concesso in affitto a terzi l’intero complesso aziendale, con la conseguenza che le condotte oggetto dì incolpazione non erano riferibili alla società da lui rappresentata a far data dalla stipula del contratto.
 
Rileva, altresì, la insussistenza di un nesso di pertinenzialità tra il complesso aziendale in sequestro ed i reati in contestazione, in considerazione dell’intervenuto contratto dì affitto di azienda e di altri elementi desumibili dalla documentazione agli atti del processo.
 
Osserva, infine, che tale nesso pertinenziale non sarebbe comunque rilevabile in relazione ad alcune autovetture pure sottoposte a sequestro, una delle quali, peraltro, già ceduta a terzi.
 
Entrambi insistono, pertanto, per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.
 
La difesa del FARAONI e della società MANFER ha depositato motivi nuovi ad integrazione del ricorso principiale.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. I ricorsi sono inammissibili.
 
2. Come si è in precedenza specificato, tanto Maria Pia FARAONI quanto Biagio CARNEVALE hanno agito in giudizio in proprio e quali legali rappresentanti delle società le cui aziende sono state sequestrate.
 
Gli stessi hanno proceduto alla nomina dei rispettivi difensori, allegata in calce ai ricorsi.
 
Va rilevato, a tale proposito, che i suddetti, quali persone fisiche, non sono legittimati a richiedere la restituzione dei beni appartenenti alle società, difettando nei loro confronti l’interesse ad agire con riferimento ad un sequestro di beni non di loro proprietà, perché appartenenti alle società da loro rappresentate, persone giuridiche distinte (cfr. Sez. 3, n. 47313 del 17 /05/2017, Ruan e altri, Rv. 271231 ed altre prec. conf.).
 
Gli stessi, peraltro, in quanto indagati del reato presupposto, non potevano provvedere neppure alla nomina del difensore di fiducia dell’ente, per il generale e assoluto divieto di rappresentanza posto dall’art. 39 d.lgs. 231\2001 e la persona giuridica, non potendo costituirsi nel procedimento a suo carico attraverso il proprio rappresentante legale, avrebbe dovuto provvedere alla sostituzione del rappresentante legale divenuto incompatibile ovvero nominarne altro con poteri limitati alla sola partecipazione al suddetto procedimento (cfr.; Sez. 6, n. 41398 del 19/6/2009, Caporello, Rv. 244408. V. Sez. U., n. 33041 del 28/5/2015, Gabrielloni, Rv. 264310).
 
3. Quanto sopra evidenziato consente di rilevare l’inammissibilità dei ricorsi presentati, i quali risultano, in ogni caso, supportati da motivi manifestamente infondati.
 
4. La vicenda che vede coinvolti gli odierni ricorrenti riguarda, come emerge dal provvedimento impugnato, l’illecita gestione di ingenti quantitativi di rifiuti speciali, pericolosi e non, documentata da videoriprese ed altre attività di indagine.
 
5. Nel primo motivo del ricorso di Maria Pia FARAONI viene censurata la mancata notifica dell’informazione di garanzia di cui all’art. 57 d.lgs. 231\2001 alla società rappresentata dall’indagata in relazione agli illeciti contestati, senza tuttavia specificare quando tale notificazione avrebbe dovuto essere effettuata, dal momento che alla società risulta essere già stato contestato l’illecito amministrativo, come emerge dal capo di imputazione riportato nell’ordinanza impugnata.
 
Quanto alla notifica del provvedimento di sequestro, va rilevato che la stessa, come emerge dal verbale allegato al ricorso, è stata effettuata presso la sede legale della società a mani della ricorrente, all’interno dell’atto indicata anche quale amministratrice dell’azienda, senza peraltro alcuna specificazione della sua posizione di indagata nel procedimento penale.
 
Non è dato quindi ravvisare alcuna violazione di legge, anche in considerazione del fatto che l’art. 43, comma 2 d.lgs. 231\2001 stabilisce che sono comunque valide le notificazioni all’ente eseguite mediante consegna al legale rappresentante, anche se imputato del reato da cui dipende l’illecito amministrativo.
 
6. Quanto al secondo motivo di ricorso, rileva il Collegio che lo stesso, pur denunciando la inesistenza o mera apparenza della motivazione del provvedimento impugnato, di fatto formula censure concernenti, al più, la contraddittorietà ed illogicità della motivazione, non ricevibili in questa sede – dal momento che l’articolo 325 cod. proc. pen. consente il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse a norma dell’articolo 322-bis cod. proc. pen. solamente per violazione di legge – e con richiami a dati fattuali non apprezzabili dal giudice di legittimità.
 
Va peraltro osservato che il provvedimento impugnato ha comunque dato compiutamente atto delle emergenze investigative e della posizione della ricorrente e della società da lei rappresentata rispetto alla articolata attività illecita compiutamente descritta nella provvisoria incolpazione.
 
7. Quanto al ricorso di Biagio CARNEVALE, osserva il Collegio che nessun rilievo può formularsi al Tribunale laddove ha ritenuto di richiamare testualmente il contenuto di altro provvedimento riguardante l’applicazione di misure cautelari personali, in quanto lo stesso, indipendentemente dal fatto che tali misure abbiano o meno attinto l’odierno ricorrente, descrive dettagliatamente la vicenda e gli esiti delle indagini espletate, dando conto degli elementi emersi e della conseguenza sussistenza dei presupposti per l’adozione del sequestro preventivo.
 
In particolare, viene dato conto del ruolo svolto dalla società del ricorrente anche attraverso altre società ad essa facenti capo ed aventi tutte la medesima sede sociale, coincidente con quella della RECUPERI CARNEVALE s.r.l., dando altresì conto del contratto di affitto, menzionato in ricorso, con altra società facente parte del gruppo e coinvolta nella vicenda.
 
Quanto alle censure concernenti la sussistenza del rapporto di pertinenzialità tra il complesso aziendale in sequestro ed i reati in contestazione, si osserva che il Tribunale ha ampiamente motivato sul punto, dando conclusivamente conto del fatto che l’intero complesso aziendale facente capo al ricorrente era stato asservito, dalla fase di raccolta a quella finale, all’illecito smaltimento di rifiuti.
 
Le ulteriori considerazioni svolte in ricorso sul punto risultano, inoltre, non ammissibili perché articolate in fatto con richiami ad atti del processo la cui consultazione è preclusa in questa sede.
 
Per ciò che riguarda, infine, il sequestro delle autovetture, va rilevato che dal verbale allegato al ricorso lo stesso risulta effettuato dalla polizia giudiziaria in esecuzione del provvedimento impugnato, il quale dispone il sequestro delle aziende dei ricorrenti senza ulteriore specificazione, individuando le autovetture quali beni indicati come “strumentali all’attività di impresa”.
 
La concreta individuazione dei beni da sottoporre al vincolo del sequestro è quindi riservata alla fase esecutiva demandata al Pubblico Ministero, rispetto alla quale, tuttavia, l’interessato non resta privo di tutela, ben potendo attivare tutti i rimedi giurisdizionali previsti dalla legge.
 
8. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 2.000,00.
 
Ai sensi dell’art. 585, comma 4 cod. proc. pen., l’inammissibilità dell’impugnazione si estende ai motivi nuovi.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
 
Così deciso in data 27/4/2018
 

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