Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 22 Febbraio 2016
Numero: 6780
Data di udienza: 27 Ottobre 2015
Presidente: Franco
Estensore: Rosi
Premassima
DIRITTO URBANISTICO – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Cantiere sequestrato e sottoposto a sigilli – Prosecuzione dell’attività edilizia – Reato commesso nella qualità di custode giudiziario – Violazione di sigilli – Fattispecie: aree soggette a vincolo ambientale abusivamente adibite a parcheggio all’aperto – Artt. 334 e 349 c.p. – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO – Qualificazione giuridica del fatto contestato – Art. 111 c.2° Cost. – Art. 6 della Convenzione EDU – Artt. 521 e 606 lett. e) c.p.p.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 22/02/2016 (ud. 27/10/2015) Sentenza n.6780
DIRITTO URBANISTICO – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Cantiere sequestrato e sottoposto a sigilli – Prosecuzione dell’attività edilizia – Reato commesso nella qualità di custode giudiziario – Violazione di sigilli – Fattispecie: aree soggette a vincolo ambientale abusivamente adibite a parcheggio all’aperto – Artt. 334 e 349 c.p..
In materia prosecuzione di lavori o attività su luoghi sottoposti a vincolo giudiziale, la prosecuzione dell’attività edilizia in un cantiere sequestrato e sottoposto a sigilli non configura l’ipotesi di reato di cui all’art. 334 c.p., (sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro), ma la diversa ipotesi di cui all’art. 349 c.p. (violazione di sigilli), per la violazione del vincolo di immodificabilità della cosa che l’apposizione dei sigilli mira a garantire nell’interesse dell’amministrazione della giustizia (cfr. Sez. 3, n. 10267 del 28/1/2003, Buonfiglio Tanzarella e già, in tal senso, Sez. 6, n.29954 del 9/4/2001, Schiera). Fattispecie: aree soggette a vincolo ambientale abusivamente adibite a parcheggio all’aperto.
L’attribuzione al fatto contestato di una qualificazione giuridica diversa da quella enunciata nell’imputazione non determina la violazione dell’art. 521 c.p.p., neanche per effetto di una lettura della disposizione alla luce dell’
art. 111, secondo comma, Cost., e dell’art. 6 della Convenzione EDU come interpretato dalla Corte europea, qualora la nuova definizione del reato fosse nota o comunque prevedibile per l’imputato e non abbia determinato in concreto una lesione dei diritti della difesa derivante dai profili di novità che da quel mutamento scaturiscono (così, per tutte, Sez. U., n. 31617 del 26/6/2015, Lucci). Nel caso di specie, la Corte di appello ha confermato la valutazione circa la qualificazione giuridica assegnata già dal giudice di primo grado, in ordine all’immutato fatto storico oggetto di contestazione (avere consentito, nella qualità di custode giudiziario di un’area sottoposta a sequestro, eseguito con l’apposizione di cartelli in loco, l’utilizzo ulteriore di tale area come parcheggio scoperto per autovetture per numerose volte).
(conferma sentenza n. 5415/2011 CORTE APPELLO di MILANO del 28/03/2014) Pres. FRANCO, Rel. ROSI, Ric. Riva
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 22/02/2016 (ud. 27/10/2015) Sentenza n.6780
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 22/02/2016 (ud. 27/10/2015) Sentenza n.6780
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
– sul ricorso proposto da RIVA DAVIDE N. IL 02/08/1942
– avverso la sentenza n. 5415/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del 28/03/2014
– visti gli atti, la sentenza e il ricorso
– udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/10/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ELISABETTA ROSI
– Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. M. D.N. che ha concluso per il rigetto
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 28 marzo 2014 la Corte di appello di Milano, ha confermato la sentenza di condanna alla pena di mesi cinque, giorni 23 di reclusione ed euro 226,00 di multa (pena sospesa e benefici di legge), emessa, all’esito di giudizio abbreviato, dal Tribunale di Busto Arsizio, sez. distaccata di Gallarate, in data 7 marzo 2011, nei confronti di Riva Davide, riqualificato il fatto ascritto nell’ipotesi di cui all’art. 349, comma 2 c.p., rispetto alla contestata fattispecie di cui agli artt. 81 cpv., 334 c.p., commesso nella qualità di custode giudiziario – nominato in occasione dell’esecuzione del sequestro preventivo emesso dal G.I.P. su alcune aree soggette a vincolo ambientale abusivamente adibite a parcheggio all’aperto – per avere consentito che le stesse fossero ulteriormente utilizzate come parcheggio di circa 200 autovetture, fatto commesso in Somma Lombarda ed accertato in quindici occasioni, in date ricomprese tra l’8 ottobre 2008 e il 3 febbraio 2009.
2. Avverso la sentenza, l’imputato ha proposto personalmente , per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione per il seguente unico motivo: Erronea applicazione dell’
art. 521 c.p.p., con violazione ex
art. 606 lett. e) c.p.p., per avere la sentenza impugnata rigettato l’eccezione di nullità della sentenza di primo grado per violazione della correlazione tra fatto contestato e fatto ritenuto in sentenza, posto che era stato lo stesso giudice di primo grado ad affermare la mancanza di danneggiamento, sottrazione o soppressione della cosa sequestrata (il parcheggio).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato. Va premesso che in materia prosecuzione di lavori o attività su luoghi sottoposti a vincolo giudiziale, solo datata giurisprudenza riteneva configurabile entrambi i reati (artt. 349 e 334 c.p.; cfr. Sez. 6, n. 1488 del 29/11/1983, D’Andreo, Rv. 162688); in particolare, era stato affermato che per la sussistenza del reato previsto dall’art. 334 c.p. sussisteva sottrazione di cose sequestrate ogni qual volta, in relazione alla particolare natura del bene, venisse posta in essere un’azione idonea ad eludere il vincolo, cioè a rendere impossibile – o anche soltanto più difficile – la realizzazione delle finalità del vincolo apposto sulla cosa (cfr. Sez.6, n. 4312 del 7/2/1985, Scioscia, Rv. 169048 e altre); pertanto era stata affermata l’integrazione della fattispecie anche nel caso di prosecuzione dei lavori edilizi in un fabbricato privo di concessione (su tale linea, Sez. 6, n. 6650 del 18/4/1994, P.M. in proc. Urzo ed altri, Rv. 198529). Successivamente è prevalso il difforme, e ormai consolidato, indirizzo, secondo il quale “la prosecuzione dell’attività edilizia in un cantiere sequestrato e sottoposto a sigilli non configura l’ipotesi di reato di cui all’art. 334 c.p., (sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro), ma la diversa ipotesi di cui all’art. 349 c.p. (violazione di sigilli), per la violazione del vincolo di immodificabilità della cosa che l’apposizione dei sigilli mira a garantire nell’interesse dell’amministrazione della giustizia” (cfr. Sez. 3, n. 10267 del 28/1/2003, Buonfiglio Tanzarella, Rv. 224348 e già, in tal senso, Sez. 6, n.29954 del 9/4/2001, Schiera, Rv. 219838).
2. L’evoluzione giurisprudenziale sul punto dimostra che sussistevano e sussistono pur sempre dubbi in merito alla corretta qualificazione giuridica di un comportamento avente ad oggetto una res sottoposta a sequestro, in relazione all’una od all’altra fattispecie penale e, d’altra parte, è stato recentemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità che l’attribuzione al fatto contestato di una qualificazione giuridica diversa da quella enunciata nell’imputazione non determina la violazione dell’
art. 521 c.p.p., neanche per effetto di una lettura della disposizione alla luce dell’
art. 111, secondo comma, Cost., e dell’
art. 6 della Convenzione EDU come interpretato dalla Corte europea, qualora la nuova definizione del reato fosse nota o comunque prevedibile per l’imputato e non abbia determinato in concreto una lesione dei diritti della difesa derivante dai profili di novità che da quel mutamento scaturiscono (così, per tutte, Sez. U., n. 31617 del 26/6/2015, Lucci, Rv. 264438).
3. Nel caso di specie, per l’appunto, va considerato che la Corte di appello ha confermato la valutazione circa la qualificazione giuridica assegnata già dal giudice di primo grado, in ordine all’immutato fatto storico oggetto di contestazione (avere consentito, nella qualità di custode giudiziario di un’area sottoposta a sequestro, eseguito con l’apposizione di cartelli in loco, l’utilizzo ulteriore di tale area come parcheggio scoperto per autovetture per numerose volte).
Di conseguenza il ricorso deve essere rigettato ed al rigetto consegue, ex
art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2015