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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 21926 | Data di udienza:

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Opere abusive – Ordinanza di demolizione e acquisizione gratuita – Destinatario – Responsabile dell’abuso – Legittimità – Art. 31, c. 3 del d.P.R. n. 380/2001.


Provvedimento: Ordinanza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 22 Maggio 2013
Numero: 21926
Data di udienza:
Presidente: Mannino
Estensore: Sarno


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Opere abusive – Ordinanza di demolizione e acquisizione gratuita – Destinatario – Responsabile dell’abuso – Legittimità – Art. 31, c. 3 del d.P.R. n. 380/2001.



Massima

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^, 22 Maggio 2013, n. 21926

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Opere abusive – Ordinanza di demolizione e acquisizione gratuita – Destinatario – Responsabile dell’abuso – Legittimità – Art. 31, c. 3 del d.P.R. n. 380/2001.
 
 E’ legittima l’ordinanza di demolizione e di acquisizione di opere edilizie abusive effettuata nei soli confronti del responsabile dell’abuso e non del comproprietario dell’immobile: anche sul piano letterale, infatti, l’art. 31, c. 3 del d.P.R. n. 380/2001  si riferisce esclusivamente all’uno, e non all’altro, per l’evidente ragione di ancorare l’attività riparatoria in primo luogo all’effettivo autore dell’illecito. In tali occasioni  spetta peraltro al comproprietario pretermesso di far valere con autonoma impugnativa le proprie doglianze entro il termine decorrente dalla piena conoscenza del provvedimento di demolizione e  in tal caso, il comproprietario stesso non può limitarsi a dedurre la sola mancata previa notifica degli atti, bensì deve aggredire il merito della controversia, ad esempio contestando l’abusività dell’opera oppure dichiarando la propria disponibilità a demolirla oppure ancora adducendo altre circostanze che precludano la legittima acquisizione gratuita (cfr. Consiglio di Stato sez. V 27 aprile 2012 n. 2450; Consiglio di Stato – sez. IV – sentenza 26 febbraio 2013 n. 1179).
 
(Conferma Tribunale di Tivoli, ordinanza 21.12.2010) Pres. Mannino, Est. Sarno, Imp. Millozzi

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^, 22 Maggio 2013, Ordinanza n. 21926

SENTENZA

 

 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
Dott. SAVERIO FELICE MANNINO – Presidente
Dott. GIULIO SARNO – Consigliere rel.
Dott. ELISABETTA ROSI – Consigliere
Dott. CHIARA GRAZIOSI – Consigliere
Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO – Consigliere
 
ha pronunciato la seguente
 
ORDINANZA
 
sul ricorso proposto da MILLOZZI CRISTIANA N. IL 02/05/1959
avverso l’ordinanza n. 17/2008 TRIBUNALE di TIVOLI, del 21/12/2010
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIO SARNO;
lette le conclusioni del PG Dott. // inammissibilità spese e cassa delle ammende
 
Considerato in fatto
 
1. Millozzi Cristina propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza, in data 21.12.2010, con la quale il Tribunale di Tivoli ha dichiarato inammissibile l’opposizione all’ordinanza con la quale giudice dell’esecuzione aveva disposto il dissequestro e la restituzione dell’immobile in favore del Comune di CastelMadama.
 
Nei confronti della ricorrente e del marito, Creti Giuseppe, era stato inizialmente avviato procedimento penale a seguito dell’ordinanza di demolizione emessa in data 1.3.2005 dal comune di CastelMadama che si era concluso con una sentenza di assoluzione degli imputati in data 25 ottobre 2007.
 
2. Su richiesta del procuratore speciale dei signori Creti e Millozzi, il giudice dell’esecuzione del tribunale di Tivoli ha disposto il dissequestro dell’immobile in favore degli istanti.
 
Il comune ha successivamente promosso incidente di esecuzione assumendo l’inottemperanza dei coniugi Creti e Millozzi all’ingiunzione alla demolizione delle opere abusive emessa in data 1.3.2005 dal comune di CastelMadama ed il giudice dell’esecuzione, sul presupposto della inottemperanza da parte della ricorrente e del marito all’ordinanza ingiunzione alla demolizione, disponeva la restituzione dell’immobile in favore del comune.
 
3. La ricorrente proponeva opposizione all’esecuzione facendo rilevare che l’ordinanza di ingiunzione alla demolizione era stata notificata in un’unica copia al solo marito che, peraltro, non era proprietario dell’immobile in questione e che, in mancanza di rituale notifica, non poteva ritenersi perfezionata l’acquisizione gratuita del bene in questione al patrimonio del comune di Castel madama.
 
Il tribunale ha ritenuto inammissibile l’opposizione sul rilievo che il passaggio di proprietà al comune consegue automaticamente al termine dei novanta giorni per effetto della ingiustificata inottemperanza all’ingiunzione alla demolizione dell’opera abusiva, rilevando anche che eventuali vizi concernenti l’ordine di demolizione avrebbero dovuto essere fatti valere in sede amministrativa.
 
4. Si duole in questa sede la ricorrente dell’inosservanza e/o erronea applicazione della legge evidenziando che l’errata notifica dell’ordinanza di demolizione e la conseguente mancata conoscenza di essa determina la mancata acquisizione gratuita del bene in questione al comune di Castel madama.
 
Considerato in diritto
 
5. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
 
E’ pacifico che la restituzione delle cose sequestrate debba essere operata ín favore di colui che vanti su di esse una pretesa giuridicamente meritevole e dia prova positiva del suo “ius possidendi”. L’amministrazione comunale in sede di esecuzione ha sottolineato il proprio diritto alla restituzione dell’immobile eccependo l’acquisizione di esso al patrimonio comunale per mancata ottemperanza all’ingiunzione dì demolizione nel termine dei 90 giorni.
 
Il tribunale, ha riconosciuto la fondatezza della pretesa valutando legittima la procedura di acquisizione evidenziando, in particolare, che: a) che anche la ricorrente era comunque a conoscenza della necessità di rimuovere l’abuso nel termine dei novanta giorni; b) eventuali vizi procedurali di notifica dell’ingiunzione a demolire avrebbero dovuto essere rilevati in sede amministrativa, il che non risultava essere avvenuto; c) che in ogni caso, dinanzi al giudice penale, la questione doveva essere sollevata in occasione dell’incidente di esecuzione.
 
6. La ricorrente, come detto in precedenza, insiste in questa sede sulla necessità di una notifica autonoma del provvedimento ingiuntivo ed afferma di non aver potuto adire in TAR in quanto totalmente all’oscuro della ordinanza comunale riconoscendo, tuttavia di essere venuta a conoscenza di essa solo con l’assoluzione dal procedimento penale.
 
7. Ora va anzitutto rilevata la genericità- stigmatizzata anche dal PG della Corte – che caratterizza la censura concernente le modalità della notifica sconoscendosi in questa sede il contenuto dell’atto notificato e le ragioni per le quali fu notificata una sola copia dell’ingiunzione.
 
In ogni caso si appalesa evidente l’errore di fondo della richiesta in quanto le doglianze vengono formulate mediante richiamo a principi ed arresti giurisprudenziali valevoli per il procedimento penale laddove la notifica riguarda in realtà un atto della pubblica amministrazione.
 
A prescinder da ciò deve ritenersi comunque corretto l’operato del tribunale che nel riconoscere le ragioni del comune si è limitato a constatare per un verso l’esistenza dell’ingiunzione a demolire emessa dal comune nel marzo 2005 e, per altro verso, la mancata ottemperanza di essa nel termine indicato.
 
8. Correttamente non è stata attribuita decisività ai rilievi sulla asserita irritualità della notifica alla ricorrente.
 
La giurisprudenza amministrativa ha infatti da tempo puntualizzato che, ove la notifica non sia eseguita, ciò non vizia l’ordine di demolizione, ma ne consente piuttosto l’impugnativa da parte del proprietario a partire da quando ne sia venuto a conoscenza, peraltro in termini assai specifici, come si puntualizzerà oltre (Cds 12 Aprile 2011 n. 2266 TAR Basilicata, n. 456 del Tar Napoli, n. 5293 del 2011).
 
Ora non risulta che ad oggi la ricorrente, comunque a conoscenza dell’ordine di demolizione del comune, abbia comunque adito il TAR. Peraltro, come si dirà oltre, in quella sede la ricorrente avrebbe dovuto aggredire anche nel merito le ragioni della demolizione.
 
E’ corretta dunque l’affermazione del tribunale nella parte in cui valorizza la mancata impugnazione dinanzi al TAR dell’ingiunzione da parte della Millozzi in quanto quest’ultima, come esplicitato nel ricorso, ha comunque avuto conoscenza dell’ordinanza comunale con la conclusione del procedimento penale risalente al 25.10.2007.
 
9. Peraltro deve ritenersi – in assenza di deduzioni contrarie – che il Creti sia stato destinatario dell’ordinanza comunale quantomeno quale responsabile dell’abuso.
 
Ed anche tale aspetto rileva.
 
E’ vero, infatti, che l’art. 31 co. 2 DPR 380/01 richiede che la ingiunzione per la rimozione o la demolizione avvenga nei confronti del proprietario e del responsabile dell’abuso, il successivo comma 3, per la verifica dell’inadempimento, non opera più alcun riferimento al proprietario.
 
Recita infatti il comma citato: “Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. (omissis)”.
 
Ora proprio la formulazione della disposizione citata ha indotto il Consiglio di Stato in recenti pronunce a ritenere comunque legittima l’ordinanza di demolizione e di acquisizione di opere edilizie abusive effettuata nei soli confronti del responsabile dell’abuso e non del comproprietario dell’immobile, essendosi osservato che anche sul piano letterale la norma si riferisce esclusivamente all’uno, e non all’altro, per l’evidente ragione di ancorare l’attività riparatoria in primo luogo all’effettivo autore dell’illecito.
 
Si è peraltro puntualizzato in tali occasioni che spetta al comproprietario pretermesso di far valere con autonoma impugnativa le proprie doglianze entro il termine decorrente dalla piena conoscenza del provvedimento di demolizione e che in tal caso, il comproprietario stesso non può limitarsi a dedurre la sola mancata previa notifica degli atti, bensì deve aggredire il merito della controversia, ad esempio contestando l’abusività dell’opera oppure dichiarando la propria disponibilità a demolirla oppure ancora adducendo altre circostanze che precludano la legittima acquisizione gratuita” (cfr. Consiglio di Stato sez. V 27 aprile 2012 n. 2450; Consiglio di Stato – sez. IV – sentenza 26 febbraio 2013 n. 1179).
 
10. Superfluo a questo punto rilevare la fondatezza anche del rilievo per cui in ogni caso la questione andava posta in occasione dell’incidente di esecuzione.
 
A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1000. 
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di euro 1000.
 
Così deciso, il giorno 13.3.2013
 

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