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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale europeo, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 8886 | Data di udienza: 8 Febbraio 2017

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ordine di demolizione impartito dal giudice – Sentenza di condanna – Presupposti per la revoca – Incompatibilità con atti amministrativi della competente autorità – Diversa destinazione dell’immobile o sanatoria dell’abuso – Potere-dovere del giudice dell’esecuzione di verificare la legittimità dell’atto concessorio – DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO – Reati urbanistici-edilizi – Ordine di demolizione di un immobile abusivo – Diritto “assoluto” alla inviolabilità del domicilio – Esclusione – Giurisprudenza CEDU.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 23 Febbraio 2017
Numero: 8886
Data di udienza: 8 Febbraio 2017
Presidente: FIALE
Estensore: CERRONI


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ordine di demolizione impartito dal giudice – Sentenza di condanna – Presupposti per la revoca – Incompatibilità con atti amministrativi della competente autorità – Diversa destinazione dell’immobile o sanatoria dell’abuso – Potere-dovere del giudice dell’esecuzione di verificare la legittimità dell’atto concessorio – DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO – Reati urbanistici-edilizi – Ordine di demolizione di un immobile abusivo – Diritto “assoluto” alla inviolabilità del domicilio – Esclusione – Giurisprudenza CEDU.



Massima

 

 



CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 23/02/2017 (Ud. 08/02/2017) Sentenza n.8886



DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ordine di demolizione impartito dal giudice – Sentenza di condanna – Presupposti per la revoca – Incompatibilità con atti amministrativi della competente autorità – Diversa destinazione dell’immobile o sanatoria dell’abuso – Potere-dovere del giudice dell’esecuzione di verificare la legittimità dell’atto concessorio.
 
L’ordine di demolizione impartito dal giudice con la sentenza di condanna è suscettibile di revoca quando risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente autorità, che abbiano conferito all’immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l’abusività (fermo restando tra l’altro il potere-dovere del giudice dell’esecuzione di verificare la legittimità dell’atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio) (Cass. Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci e altro). 
 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Reati urbanistici-edilizi – Ordine di demolizione di un immobile abusivo – Diritto “assoluto” alla inviolabilità del domicilio – Esclusione – Giurisprudenza CEDU.
 
In tema di reati urbanistici, non sussiste infatti alcun diritto “assoluto” alla inviolabilità del domicilio, desumibile dalle decisioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, tale da precludere l’esecuzione dell’ordine di demolizione di un immobile abusivo, finalizzato a ristabilire l’ordine giuridico violato (dalla giurisprudenza CEDU si ricava, al contrario, l’opposto principio dell’interesse dell’ordinamento all’abbattimento – in luogo della confisca – delle opere incompatibili con le disposizioni urbanistiche) (Cass. Sez. 3, n. 18949 del 10/03/2016, Contadini e altro).
 

(dich. inammiss. il ricorso avverso Ordinanza del 21/03/2016 TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA) Pres. FIALE, Rel. CERRONI, Ric. Golato
 
 
 
Conf. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 23/02/2017 (Ud. 08/02/2017) Sentenza n.8887 Ric. Donnarumma 
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 23/02/2017 (Ud. 08/02/2017) Sentenza n.8886

SENTENZA

 

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 23/02/2017 (Ud. 08/02/2017) Sentenza n.8886

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da Golato Antonia, nata a Reggio Calabria il 18/10/1935
 
avverso l’ordinanza del 21/03/2016 del Tribunale di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal consigliere Claudio Cerroni;
 
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Ciro Angelillis, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con ordinanza del 21 marzo 2016 il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato l’istanza, formulata da Antonia Golato, di sospensione ovvero di revoca dell’ingiunzione di demolizione emessa in esecuzione della sentenza del 18 giugno 2012 del Tribunale di Reggio Calabria, irrevocabile il 19 maggio 2015.
 
2. Avverso la predetta decisione è stato proposto dalla Golato, tramite il difensore, ricorso per cassazione con un motivo di impugnazione.
 
2.1. La ricorrente ha lamentato la mera apparenza della motivazione resa, laddove era stata integrata la documentazione richiesta nel 2004 dal Comune di Reggio Calabria per il completamento della domanda di condono edilizio, mentre ancora nel 1996 era stato comunicato alla dante causa Eleonora Galimi l’ammontare degli oneri concessori dovuti, infine corrisposti dall’odierna ricorrente. Sì da rendere verosimile un provvedimento di accoglimento della sanatoria.
 
3. Il Procuratore Generale ha concluso nel senso dell’inammissibilità del ricorso, dal momento che poteva ragionevolmente desumersi, dall’andamento della vicenda, un rigetto della richiesta di condono, dato anche il mancato rispetto, da parte dei privati interessati, di tutti i termini fissati nel tempo dall’Amministrazione comunale reggina per il deposito della documentazione destinata a corredare la domanda.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
4. Il ricorso è inammissibile.
 
4.1. E’ invero principio del tutto consolidato che l’ordine di demolizione impartito dal giudice con la sentenza di condanna è suscettibile di revoca quando risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente autorità, che abbiano conferito all’immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l’abusività (fermo restando tra l’altro il potere-dovere del giudice dell’esecuzione di verificare la legittimità dell’atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio) (Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci e altro, Rv. 260972).
 
Non sussiste infatti alcun diritto “assoluto” alla inviolabilità del domicilio, desumibile dalle decisioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, tale da precludere l’esecuzione dell’ordine di demolizione di un immobile abusivo, finalizzato a ristabilire l’ordine giuridico violato (dalla giurisprudenza CEDU si ricava, al contrario, l’opposto principio dell’interesse dell’ordinamento all’abbattimento – in luogo della confisca – delle opere incompatibili con le disposizioni urbanistiche)(Sez. 3, n. 18949 del 10/03/2016, Contadini e altro, Rv. 267024 ).
 
4.2. Ciò posto, dallo stesso contenuto del ricorso emerge che la procedura di sanatoria pende dal 1995, tra lunghissime inerzie dei privati interessati, al di là di tutti i termini decadenziali, ed interlocutorie e rare risposte amministrative.
 
Né appare seriamente sostenibile, dati siffatti precedenti, che essa possa concludersi in tempi ragionevolmente pronosticabili. Sì che del tutto correttamente il Procuratore generale ha osservato che per neutralizzare l’ordine di demolizione non è ovviamente sufficiente la mera possibilità che in tempi lontani, e comunque non prevedibili, siano emanati atti favorevoli alla parte ricorrente.
 
4.3. In ragione di ciò, non vi è alcuna possibilità, pertanto, di confrontare l’ordine di demolizione con provvedimenti di segno diverso, tali da metterne in dubbio la perdurante piena efficacia.
 
5. Il motivo di censura appare quindi manifestamente infondato nella sua integralità, e ne va dichiarata l’inammissibilità.
 
Tenuto infine conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 2.000,00.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
 
Così deciso in Roma il 08/02/2017
 
 
 
 
 
 

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