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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 45819 | Data di udienza: 23 Ottobre 2012

DIRITTO URBANISTICO – Disposizioni urbanistico edilizie introdotte da leggi regionali (Sicilia) – Legislazione nazionale – Applicazione e limiti – Disciplina edilizia antisismica e in c.a. – Competenza esclusiva dello Stato (art. 117 c.2°) – Artt. 44, lett. b) 93, 94 e 95 d.P.R. n.380/01 – Tettoia a copertura di un terrazzo – Natura di pertinenza – Esclusione – L.R.Sicilia n. 4/2003.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 23 Novembre 2012
Numero: 45819
Data di udienza: 23 Ottobre 2012
Presidente: Fiale
Estensore: Ramacci


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – Disposizioni urbanistico edilizie introdotte da leggi regionali (Sicilia) – Legislazione nazionale – Applicazione e limiti – Disciplina edilizia antisismica e in c.a. – Competenza esclusiva dello Stato (art. 117 c.2°) – Artt. 44, lett. b) 93, 94 e 95 d.P.R. n.380/01 – Tettoia a copertura di un terrazzo – Natura di pertinenza – Esclusione – L.R.Sicilia n. 4/2003.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 23 Novembre 2012 (Ud. 23/10/2012) Sentenza n. 45819

DIRITTO URBANISTICO – Disposizioni urbanistico edilizie introdotte da leggi regionali (Sicilia) – Legislazione nazionale – Applicazione e limiti – Disciplina edilizia antisismica e in c.a. – Competenza esclusiva dello Stato (art. 117 c.2°) – Artt. 44, lett. b) 93, 94 e 95 d.P.R. n.380/01.
 
In materia urbanistica, le disposizioni introdotte da leggi regionali devono rispettare, in ogni caso, i principi generali fissati dalla legislazione nazionale e, conseguentemente, devono essere interpretate in modo da non collidere con i detti principi (Cass. Sez. III n.2017, 15/01/2008; Cass. Sez. III n.33039, 4/10/2006 Conf., ma con riferimento ad altre disposizioni normative della Regione siciliana, Cass. Sez. III n.4861, 10/2/2005; Cass. Sez. III n.6814, 20/02/2002). Nella specie, la legislazione regionale siciliana (n. 4/2003) è applicabile con riferimento alla sola disciplina urbanistica, restando quindi sottratta quella relativa alla disciplina edilizia antisismica e quella per le costruzioni in conglomerato cementizio armato, le quali attengono alla sicurezza statica degli edifici, rientrante nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’articolo 117, comma secondo, Cost., con la conseguenza che dette opere continuano ad essere soggette ai controlli preventivi previsti dalla legislazione nazionale (Cass. Sez. III n.38405, 9/10/2008).
 
(conferma sentenza n. 1758/2010 CORTE APPELLO di PALERMO, del 03/11/2011) Pres. Fiale, Est. Ramacci, Ric. Martinez
 
 
DIRITTO URBANISTICO – Tettoia a copertura di un terrazzo – Natura di pertinenza – Esclusione – L.R.Sicilia n. 4/2003 – Artt. 44, lett. b) 93, 94 e 95 d.P.R. n.380/01.
 
Deve escludersi la natura di pertinenza di una tettoia finalizzata alla copertura di un terrazzo in quanto priva del requisito della individualità fisica e strutturale propria della pertinenza, costituendo un tale manufatto parte integrante dell’edificio sul quale viene realizzato (Cass. Sez. III n.21351, 4/6/2010; Cass. Sez. III n. 27264, 14/7/2010; Cass. Sez. III n. 25530, 18/06/2009; Cass. Sez. III n.17083, 18/05/2006; Cass. Sez. III n. 40483, 10/11/2005; Cass. Sez. III n.2533, 4/08/1995).
 
(conferma sentenza n. 1758/2010 CORTE APPELLO di PALERMO, del 03/11/2011) Pres. Fiale, Est. Ramacci, Ric. Martinez


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 23 Novembre 2012 (Ud. 23/10/2012) Sentenza n. 45819

SENTENZA

 

 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
Dott. ALDO FIALE – Presidente
Dott. LUIGI MARINI – Consigliere
Dott. LUCA RAMACCI – Consigliere Rel. 
Dott. ELISABETTA ROSI – Consigliere
Dott. CHIARA GRAZIOSI – Consigliere
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da MARTINEZ MARIA RITA N. IL 23/05/1934
avverso la sentenza n. 1758/2010 CORTE APPELLO di PALERMO, del 03/11/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/10/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. G. Volpe che ha concluso per il rigetto del ricorso.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza del 3.11.2011, la Corte di appello di Palermo ha confermato la decisione con la quale, in data 9.3.2010, il Tribunale di Sciacca aveva riconosciuto Maria Rita MARTINEZ responsabile dei reati di cui agli artt. 44, lett. b) 93, 94 e 95 d.P.R. n.380/01, per avere realizzato, in assenza del prescritto permesso di costruire ed in violazione della disciplina sulle costruzioni in zone sismiche, una tettoia a doppia falda spiovente di circa 70 mq ( fatti accertati in Sciacca il 10.11.2006).
 
Avverso tale pronuncia la predetta propone ricorso per cassazione.
 
2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione del d.P.R. 380\01 e della L. Reg. Sicilia 16.4.2003 n. 4 ed il vizio di motivazione, rilevando che erroneamente la Corte territoriale avrebbe ritenuto applicabile, nella fattispecie, l’articolo 44 D.p.r. 380/01, rientrando invece le opere realizzate nell’ambito di quanto disposto dall’articolo 20 della Legge Regionale n.4/2003, con la conseguenza che per gli interventi eseguiti non sarebbe richiesto il permesso di costruire.
 
3. Con un secondo motivo di ricorso eccepisce l’intervenuta prescrizione dei reati contestati per essere ormai spirato il termine massimo normativamente stabilito.
 
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
 
In data 17.10.2012 il difensore ha fatto pervenire, a mezzo fax, dichiarazione di adesione all’astensione dalle udienze proclamata dall’OUA, con richiesta di rinvio che non è stata accolta stante l’imminente prescrizione del reati.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
4. Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati.
 
5. Occorre preliminarmente ricordare, per quanto attiene al primo motivo di ricorso, come l’articolo 20 della Legge Regionale 16 aprile 2003 n. 4 stabilisca che, in deroga ad ogni altra disposizione normativa, non sono soggette a concessione o autorizzazione né sono considerate aumento di superficie utile o di volume né modifica della sagoma della costruzione, la chiusura di terrazze di collegamento e/o la copertura di spazi interni con strutture precarie, ferma restando l’acquisizione preventiva del nulla osta da parte della Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali nel caso di immobili soggetti a vincolo.
 
In tali casi, contestualmente all’inizio dei lavori, il proprietario dell’unità immobiliare deve limitarsi a presentare al sindaco una relazione a firma di un professionista abilitato alla progettazione, che asseveri le opere da compiersi ed il rispetto delle norme di sicurezza e delle norme urbanistiche, nonché di quelle igienico-sanitarie vigenti ed a versare a favore del comune un determinato importo per ogni metro quadro di superficie sottoposta a chiusura con struttura precaria.
 
Tali disposizioni sono applicabili anche alla chiusura di verande o balconi con strutture precarie, come previsto dall’articolo 9 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37.
 
Ai fini dell’applicazione delle richiamate disposizioni il medesimo articolo precisa, al comma 4, che sono da considerare strutture precarie tutte quelle realizzate in modo tale da essere suscettibili di facile rimozione, mentre si definiscono verande tutte le chiusure o strutture precarie come sopra realizzate, relative a qualunque superficie esistente su balconi, terrazze e anche tra fabbricati. Alle verande sono assimilate le altre strutture, aperte almeno da un lato, quali tettoie, pensiline, gazebo ed altre ancora, comunque denominate, la cui chiusura sia realizzata con strutture precarie, sempreché ricadenti su aree private.
 
La disposizione in esame consente anche, a determinate condizioni, la regolarizzazione delle opere della stessa tipologia già realizzate.
 
6. Dei rapporti tra la summenzionata disciplina regionale e la normativa statale contenuta nel D.p.r. n. 380/01 si è ripetutamente occupata la giurisprudenza di questa Corte.
 
Si è così avuto modo di chiarire che, in ogni caso, le disposizioni introdotte da leggi regionali devono rispettare i principi generali fissati dalla legislazione nazionale e, conseguentemente, devono essere interpretate in modo da non collidere con i detti principi (Sez. III n.2017, 15 gennaio 2008; Sez. III n.33039, 4 ottobre 2006. Conf., ma con riferimento ad altre disposizioni normative della Regione siciliana, Sez. III n.4861, 10 febbraio 2005; Sez. III n.6814, 20 febbraio 2002).
 
Con specifico riferimento alla individuazione in via di eccezione, ad opera della Legge regionale n. 4/2003, di opere precarie non soggette a permesso di costruire, si è osservato che il legislatore regionale ha privilegiato il “criterio strutturale”, considerando la circostanza che le parti di cui la costruzione si compone siano facilmente rimovibili, in luogo di quello “funzionale”, relativo all’uso realmente precario e temporaneo cui la costruzione è destinata e che dette disposizioni non possono trovare applicazione al di fuori dei casi in esse espressamente previsti (Sez. III n.16492, 28 aprile 2010; Sez. III n.35011, 18 settembre 2007).
 
Si è infine specificato che la legislazione regionale in disamina è applicabile con riferimento alla sola disciplina urbanistica, restando quindi sottratta quella relativa alla disciplina edilizia antisismica e quella per le costruzioni in conglomerato cementizio armato, le quali attengono alla sicurezza statica degli edifici, rientrante nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’articolo 117, comma secondo, Cost., con la conseguenza che dette opere continuano ad essere soggette ai controlli preventivi previsti dalla legislazione nazionale (Sez. III n.38405, 9 ottobre 2008).
 
7. Date tali premesse, deve osservarsi che la Corte territoriale, peraltro legittimamente richiamando per relationem la decisione del primo giudice, ha espressamente escluso, in ragione dei ricordati principi giurisprudenziali che ha opportunamente menzionato, che le opere realizzare potessero in qualche modo rientrare entro l’ambito di operatività della disciplina regionale.
 
Tale affermazione, giuridicamente corretta ed adeguatamente motivata, si fonda sulla obiettiva valutazione di un dato fattuale e, segnatamente, sulla natura e consistenza dell’intervento.
 
Le opere, definite «imponenti» per la loro superficie di 70 mq, sono state ritenute, sulla base del richiamato «criterio strutturale» cui ricorre il legislatore regionale, di non facile amovibilità, ciò in quanto la tettoria risulta infissa al suolo con pilastri e pesanti bulloni.
 
Tale affermazione, unitamente alla indicazione dell’ulteriore caratteristica costruttiva della copertura a doppia falda spiovente, evidenzia in modo inequivocabile che l’intervento in contestazione non presenta il fondamentale requisito della precarietà richiesto dalla normativa regionale per beneficiare della particolare disciplina di cui all’art. 20 Legge Reg. n.4/2003.
 
Sono infatti le stesse caratteristiche costruttive e le dimensioni delle opere che ne rendono evidente, nella fattispecie, la non facile amovibilità e tale valutazione – che non viene minimamente scalfita dalle argomentazioni riportate in ricorso, in gran parte consistenti in richiami a precedenti giurisprudenziali e non idonee a superare la fondamentale mancanza della predetta condizione – è stata effettuata dai giudici di merito con argomentazioni corrette ed immuni da vizi logici e, come tali, non sindacabili in questa sede di legittimità.
 
8. Esclusa dunque l’applicabilità della richiamata legge regionale, deve rilevarsi poi che l’intervento edilizio oggetto di contestazione richiedeva senz’altro il permesso di costruire.
 
La realizzazione di tettoie assume infatti rilevanza sotto il profilo urbanistico, richiedendo quindi il permesso di costruire, allorché difetti dei requisiti richiesti per le pertinenze e per gli interventi precari, come peraltro avviene con riferimento a tutte le tipologie di manufatti. Le tettoie sono state sempre considerate come parti di un edificio preesistente o autonomamente valutate come interventi di nuova costruzione.
 
Si è infatti più volte esclusa la natura di pertinenza della tettoia di copertura di un terrazzo in quanto priva del requisito della individualità fisica e strutturale propria, appunto, della pertinenza e costituendo tale manufatto parte integrante dell’edificio sul quale viene realizzato (Sez. III n.21351, 4 giugno 2010. V. anche Sez. III n. 27264, 14 luglio 2010, non massimata; Sez. III n. 25530, 18 giugno 2009, non massimata; Sez. III n.17083, 18 maggio 2006; Sez. III n. 40483, 10 novembre 2005; Sez. III n.2533, 4 agosto 1995; Sez. III n.1108, 13 luglio 1992).
 
Alla luce di tali principi, che il Collegio condivide pienamente, la sentenza impugnata risulta del tutto immune da censure.
 
9. A conclusioni analoghe deve pervenirsi per quanto attiene al secondo motivo di ricorso.
 
Sul punto si afferma in ricorso, in verità del tutto apoditticamente e senza null’altro aggiungere, che le opere risultavano ultimate prima della data dell’accertamento e che non si condivideva quanto affermato dai giudici del gravame che hanno ritenuto non ancora spirato il termine massimo di prescrizione.
 
In realtà la Corte territoriale ha espressamente affermato, sul punto, che all’atto dell’accertamento, avvenuto il 10.11.2006, gli interventi risultavano ancora in corso di realizzazione, in quanto si stavano allestendo i pilastri di sostegno della copertura ed ha collocato il termine massimo di prescrizione alla data del 10.11.2011, dando altresì atto che andavano ulteriormente computati i periodi di sospensione.
 
Tale valutazione, operata sulla base dell’accertamento in fatto della data di commissione dei reati contestati, appare del tutto corretta perché, alla data della pronuncia della sentenza impugnata, il termine quinquennale normativamente stabilito non risultava ancora spirato.
 
Considerando poi i periodi di sospensione (in primo grado: dal 20.1.2007 al 26.2.2008 gg.60 per impedimento del difensore, dal 27.5.2008 al 28.10.2008 gg. 60 per impedimento dell’imputato, dal 7.7.2009 al 13.10.2009 e dal 13.10.2009 al 19.1.2010 per rinvio su istanza del difensore; in secondo grado: dal 26.9.2011 al 3.11.2011 gg. 38 per impedimento del difensore) il reato, ad oggi, non risulta prescritto.
 
In ogni caso, l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi, che non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione precluderebbe comunque la possibilità di rilevare e dichiarare in questa sede le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen., ivi compresa la prescrizione (Sez. IV n. 18641, 22 aprile 2004).
 
10. Il ricorso deve dunque essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa della ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
 
Così deciso il 23.10.2012
 

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