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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Acqua - Inquinamento idrico, Rifiuti Numero: 17508 | Data di udienza: 3 Ottobre 2018

* RIFIUTI – ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Tutela delle acque dall’inquinamento – Impianti di depurazione – Rottura della condotta di adduzione di liquami inquinanti – Sversamento di reflui prodotto da un allevamento zootecnico suinicolo – Caso fortuito o la forza maggiore – Nesso psichico tra azione ed evento – Speciale diligenza – Adozione di accorgimenti tecnici adeguati – Necessità – Interesse della salute dei cittadini e della salvaguardia ambientale – Artt. 192, 256, d. Lgs. n.152/2006.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 24 Aprile 2019
Numero: 17508
Data di udienza: 3 Ottobre 2018
Presidente: SARNO
Estensore: MACRI'


Premassima

* RIFIUTI – ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Tutela delle acque dall’inquinamento – Impianti di depurazione – Rottura della condotta di adduzione di liquami inquinanti – Sversamento di reflui prodotto da un allevamento zootecnico suinicolo – Caso fortuito o la forza maggiore – Nesso psichico tra azione ed evento – Speciale diligenza – Adozione di accorgimenti tecnici adeguati – Necessità – Interesse della salute dei cittadini e della salvaguardia ambientale – Artt. 192, 256, d. Lgs. n.152/2006.



Massima

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 24/04/2019 (Ud. 03/10/2018), Sentenza n.17508


RIFIUTI – ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Tutela delle acque dall’inquinamento – Impianti di depurazione – Rottura della condotta di adduzione di liquami inquinanti – Sversamento di reflui prodotto da un allevamento zootecnico suinicolo – Caso fortuito o la forza maggiore – Nesso psichico tra azione ed evento – Speciale diligenza – Adozione di accorgimenti tecnici adeguati – Necessità – Interesse della salute dei cittadini e della salvaguardia ambientale – Artt. 192, 256, d. Lgs. n.152/2006.
 
 
In tema di tutela delle acque dall’inquinamento, non è consentito all’interessato invocare genericamente il caso fortuito o la forza maggiore, sì da escludere il nesso psichico tra azione ed evento, in relazione ad accadimenti naturali, quali l’inclemenza atmosferica, che possono e devono essere previsti attraverso la positiva adozione di accorgimenti tecnici adeguati negli impianti di depurazione, atti ad evitare sversamenti, pur nel caso di rottura accidentale di tubi, guarnizioni o di arresto della energia. Questo dovere di speciale diligenza non va confuso con la cosiddetta responsabilità oggettiva, perché implica l’adozione di misure tecniche ed organizzative onde, evitare non qualsiasi inquinamento, ma solo quello che supera i limiti legali, considerati invalicabili nell’interesse della salute dei cittadini e della salvaguardia ambientale, (Cass. Sez. 3, n. 24333 del 13/05/2014, Soster, secondo cui la rottura della condotta di adduzione di liquami inquinanti all’impianto di depurazione per effetto dell’azione dannosa dei reflui sversati, in ragione della loro qualità e delle loro caratteristiche, non integra gli estremi del caso fortuito o della forza maggiore, trattandosi di un accadimento che, sebbene eccezionale, può essere in concreto previsto con l’ordinaria diligenza ed evitato con la manutenzione e l’adeguamento degli impianti).  
 
(dich. inammissibili i ricorsi avverso sentenza del 30/12/2017 – TRIBUNALE DI PERUGIA) Pres. SARNO, Rel. MACRI’, Ric. Trequattrini

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 24/04/2019 (Ud. 03/10/2018), Sentenza n.17508

SENTENZA

 

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 24/04/2019 (Ud. 03/10/2018), Sentenza n.17508
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis 
  
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sui ricorsi proposto da:
– Trequattrini Danilo, nato a Marsciano;
– Trequattrini Italo, nato a Marsciano;
 
avverso la sentenza in data 30.12.2017 del Tribunale di Perugia;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
 
udita la relazione svolta dal consigliere Ubalda Macrì;
 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Pasquale Fimiani, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
 
udito per gli imputati l’avv. David Zaganelli, che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza in data 30.12.2017 il Tribunale di Perugia ha condannato Trequattrini Danilo ed Italo per il reato di cui agli art. 110 cod. pen. e 256, comma 1, lett. a), d. Lgs. 152/2006, per aver, nella qualità di soci della Agricola Trequattrini di Danilo ed Italo S.a.s., immesso nelle acque superficiali del fosso della Costa, affluente del torrente Genna, in violazione dell’art. 192 d. Lgs. 152/2006, rifiuti non pericolosi rappresentati da liquame prodotto nel corso dell’allevamento zootecnico suinicolo, come da accertamento degli Operanti dell’ARPA Umbria, in Marsciano, frazione di Compignano, il 27.2.2013.
 
2. Con il primo motivo gli imputati deducono la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) e b), cod. proc. pen., in relazione agli art. 192 cod. proc. pen. e 256, comma 1, lett. a), e comma 2, d. Lgs. n. 152/2006, 191, 350, commi 5, 6 e 7, 431, comma 2, 493, comma 3, 125, 192, 533 e 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. Il Giudice era pervenuto all’affermazione della loro responsabilità, utilizzando esclusivamente la relazione tecnica di sopralluogo redatta dai tecnici dell’ARPA, i quali avevano avuto contezza dei fatti oggetto del processo per averli appresi da esso imputato Italo. L’atto non avrebbe potuto essere utilizzato dal Giudice territoriale ai fini dell’affermazione della responsabilità per due ordini di ragioni, in primo luogo, perché le dichiarazioni spontanee, sia se assunte ai sensi del comma 5 che del comma 7 dell’art. 350, cod. proc. pen., erano geneticamente inutilizzabili ai sensi e per gli effetti dei commi 6 e 7 dell’art. 350 e dell’art. 191 cod. proc. pen.; quanto alle dichiarazioni ai sensi dell’art. 350, comma 5, cod. proc. pen., poi, il comma 6 ne aveva vietato oltre che l’utilizzazione anche la documentazione. Inoltre, la seconda pagina della relazione tecnica di sopralluogo era confluita per errore nel fascicolo del dibattimento, in quanto la Difesa, allorché il Pubblico ministero aveva chiesto nell’udienza del 10.10.2016 di poter produrre l’atto di Polizia giudiziaria ai fini dell’acquisizione dello stesso al fascicolo del dibattimento, si era opposta a tale acquisizione perché vi erano le dichiarazioni degli imputati. Ritengono, quindi, che il Tribunale, a causa dell’opposizione della Difesa e del fatto che erano stati acquisiti agli atti del dibattimento solo gli allegati della relazione tecnica di sopralluogo dell’ARPA, non poteva utilizzare un atto che non era entrato nel fascicolo del dibattimento o che comunque v’era entrato senza il consenso del difensore. Del resto, agli atti del dibattimento, non erano state rinvenute altre acquisizioni probatorie che avevano dimostrato che i tecnici di prevenzione dell’ARPA avevano accertato in modo diretto e diverso, rispetto alle dichiarazioni di esso Italo, i fatti di cui al capo d’imputazione. Tanto aveva trovato conferma nelle dichiarazioni del tecnico dell’ARPA, secondo cui il sopralluogo era avvenuto la mattina successiva alla segnalazione del fatto da parte dei Vigili urbani di Marsciano, gli Operanti non avevano osservato alcun refluo, il tubo si trovava in mezzo ad un campo ad almeno un centinaio di metri dal fosso della Costa. 
 
Unica fonte di prova della sussistenza del fatto addebitato alla loro responsabilità era costituita dalla seconda pagina della relazione tecnica di sopralluogo redatta dall’ARPA, atto inutilizzabile dal primo Giudice.
 
L’istruttoria dibattimentale aveva dimostrato che i tecnici non avevano accertato né visto lo sversamento del refluo nel corso d’acqua, né, d’altro canto, era possibile rinvenire agli atti del processo alcuna altra acquisizione istruttoria. 
 
Con il secondo motivo, denunciano la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli art. 192, 256, comma 1, lett. a) e 2 comma 2, d. Lgs. n. 152/2006, 45 cod. pen., 125, 192, 533 e 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. Il Tribunale aveva accertato che lo scollegamento del tubo in pvc che portava i reflui zootecnici dalla vasca di stoccaggio alla laguna, da cui sarebbero usciti i reflui, era stato dovuto ad un evento franoso accidentale provocato dall’eccessiva piovosità del periodo. Nonostante l’accidentalità dell’evento franoso, gli imputati erano stati considerati responsabili perché avrebbero dovuto approntare un sistema di collegamento "vasca di stoccaggio – laguna" idoneo a resistere ad eventi naturali capaci di modificare lo stato dei luoghi. Il Tribunale aveva poi escluso che la frana fosse stata dovuta a caso fortuito, poiché il giorno del fatto i luoghi erano stati sconvolti non da un diluvio improvviso ma da piogge intense, oltre la media storica, piogge, nonostante le quali, gli imputati avrebbero potuto intervenire ed evitare lo scollegannento.
 
Osservano sul punto che, o l’evento franoso era stato accidentale, e come tale imprevedibile, sicché anche la rottura del tubo non poteva che essere imprevedibile, o l’evento franoso non era stato accidentale, ma prevedibile ed evitabile.
 
Con il terzo motivo, lamentano la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli art. 192 cod. proc. pen. e 256, comma 1, lett. a), e comma 2, d. Lgs. n. 152/2006, 45 cod. pen., 125, 192, 533, 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. Le emergenze istruttorie avevano evidenziato che le piogge, cadute nei mesi precedenti al fatto oggetto del processo ed in occasione dello stesso, non erano state solo intense, ma al contrario alluvionali ed eccezionali. L’evento franoso che aveva determinato la rottura del tubo in pvc era stato dovuto, prima, alle piogge alluvionali e catastrofiche del novembre 2012, e poi alle piogge, oltre la media storica, del febbraio 2013. Siccome le piogge del novembre 2012 non avevano dato luogo ad alcun evento franoso sui loro terreni, non potevano aspettarsi il verificarsi, nel febbraio 2013, di eventi peggiori di quelli del 2012. Il Tribunale aveva, all’evidenza, travisato la prova emersa all’esito del dibattimento di primo grado, traendo dalla sua valutazione un’informazione errata ed inesistente, perché in dibattimento erano emerse precipitazioni eccezionali ed un evento franoso irripetibile con conseguente inevitabilità della rottura del tubo.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
3. I ricorsi sono manifestamente infondati.
 
Pacifici i fatti, il tema d’indagine devoluto a questa Corte è il caso fortuito o la forza maggiore dello sversamento a terra dei reflui zootecnici.
 
Secondo la Corte territoriale, all’esito dell’istruttoria dibattimentale era emerso che si era verificata un’immissione incontrollata di liquidi contenenti reflui zootecnici sul terreno, e attraverso il ruscellamento, nel Fosso della Costa.
 
Nonostante le spiegazioni fornite dal consulente di parte sull’eccessiva piovosità nel periodo precedente il movimento franoso che aveva provocato lo scollegamento del citato tubo in pvc che portava i reflui dalla vasca di stoccaggio alla laguna, ha ritenuto che non poteva non ravvisarsi una condotta negligente negli imputati che non avevano approntato un sistema di collegamento vasca di stoccaggio – laguna, idoneo a resistere ad eventi naturali capaci di modificare lo stato dei luoghi. Ed invero, non s’era trattato di un diluvio improvviso ma solo di piogge intense, oltre la media storica, per le quali gli imputati avrebbero potuto predisporre gli interventi del caso. Nonostante l’assenza di campionamenti, non v’era dubbio in ordine alla compromissione delle acque del Fosso della Costa, schiumose e maleodoranti proprio a valle dell’immissione dei reflui dal terreno al Fosso.
 
La motivazione resa non è manifestamente illogica o contraddittoria e si colloca in continuità con il consolidato orientamento di legittimità.  Si vedano, in particolare Cass., Sez. 3, n. 3954 del 07/02/1995,  Bettinsoli, Rv. 201985, secondo cui in tema di tutela delle acque dall’inquinamento, non è consentito all’interessato invocare genericamente il caso fortuito o la forza maggiore, sì da escludere il nesso psichico tra azione ed evento, in relazione ad accadimenti naturali, quali l’inclemenza atmosferica, che possono e devono essere previsti attraverso la positiva adozione di accorgimenti tecnici adeguati negli impianti di depurazione, atti ad evitare sversamenti, pur nel caso di rottura accidentale di tubi, guarnizioni o di arresto della energia; questo dovere di speciale diligenza non va confuso con la cosiddetta responsabilità oggettiva, perché implica l’adozione di misure tecniche ed organizzative onde, evitare non qualsiasi inquinamento, ma solo quello che supera i limiti legali, considerati invalicabili nell’interesse della salute dei cittadini e della salvaguardia ambientale, e più recentemente, Sez. 3, n. 24333 del 13/05/2014, Soster, Rv. 259195, secondo cui la rottura della condotta di adduzione di liquami inquinanti all’impianto di depurazione per effetto dell’azione dannosa dei reflui sversati, in ragione della loro qualità e delle loro caratteristiche, non integra gli estremi del caso fortuito o della forza maggiore, trattandosi di un accadimento che, sebbene eccezionale, può essere in concreto previsto con l’ordinaria diligenza ed evitato con la manutenzione e l’adeguamento degli impianti.
 
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili, con conseguente onere per i ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che i ricorrenti versino la somma, determinata in via equitativa, di euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
 
P.Q.M.
 
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
 
Così deciso il 3 ottobre 2018

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