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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia, Pubblica amministrazione Numero: 49839 | Data di udienza: 13 Ottobre 2016

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Interventi edilizi su strutture ricettive all’aperto (villaggi turistici, campeggi, attività agrituristiche, parchi vacanza…) – Permanenza temporanea – Nuova formulazione dell’art. 3 comma1, lett. e5) del d.P.R.3801 – Codice del turismo – Sosta e soggiorno di turisti – Art. 13 d.lgs. 23/05/2011 n.79 – Intervento edilizio abusivo – Rilevanza, elementi, consistenza e parametri di valutazione – Giurisprudenza – Artt. 3, 10, 44 lett. b) dpr 380/2001 – Le definizioni contenute nell’art. 3, d.P.R. n. 80/2001 prevalgono su quelle contenute negli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi – Natura precaria di un manufatto – Connotato della precarietà – Verifiche – Uso realmente precario e temporaneo per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente possibilità di successiva e sollecita eliminazione – Disciplina urbanistica e interesse protetto – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Controllo della P.A. sugli interventi di modifica del territorio – Reato di costruzione abusiva – Natura di reato formale e di pericolo presunto – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Abusi edilizi e reato permanente – Particolare tenuità dell’offesa – Beneficio ex art. 131-bis cod. pen..


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 24 Novembre 2016
Numero: 49839
Data di udienza: 13 Ottobre 2016
Presidente: FIALE
Estensore: Di Stasi


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Interventi edilizi su strutture ricettive all’aperto (villaggi turistici, campeggi, attività agrituristiche, parchi vacanza…) – Permanenza temporanea – Nuova formulazione dell’art. 3 comma1, lett. e5) del d.P.R.3801 – Codice del turismo – Sosta e soggiorno di turisti – Art. 13 d.lgs. 23/05/2011 n.79 – Intervento edilizio abusivo – Rilevanza, elementi, consistenza e parametri di valutazione – Giurisprudenza – Artt. 3, 10, 44 lett. b) dpr 380/2001 – Le definizioni contenute nell’art. 3, d.P.R. n. 80/2001 prevalgono su quelle contenute negli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi – Natura precaria di un manufatto – Connotato della precarietà – Verifiche – Uso realmente precario e temporaneo per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente possibilità di successiva e sollecita eliminazione – Disciplina urbanistica e interesse protetto – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Controllo della P.A. sugli interventi di modifica del territorio – Reato di costruzione abusiva – Natura di reato formale e di pericolo presunto – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Abusi edilizi e reato permanente – Particolare tenuità dell’offesa – Beneficio ex art. 131-bis cod. pen..



Massima

 

 
 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 24/11/2016 (Ud. 13/10/2016) Sentenza n.49839 


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Interventi edilizi su strutture ricettive all’aperto – Permanenza temporanea – Nuova formulazione dell’art. 3 comma1, lett. e5) del d.P.R.3801 – Codice del turismo – Sosta e soggiorno di turisti – Art. 13 d.lgs. 23/05/2011 n.79.
 
Affinchè i manufatti menzionati nell’art. 3 comma 1, lett. e5) del d.P.R.3801 non siano considerati interventi di nuova costruzione e, non richiedano, pertanto, il rilascio di permesso di costruire, essi devono trovarsi all’interno di strutture ricettive all’aperto e, cioè, quelle individuate dall’art. 13 del d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79 (c.d. Codice del turismo) e, segnatamente, i villaggi turistici i campeggi, i campeggi nell’ambito delle attività agrituristiche ed i parchi di vacanza , tali strutture dovranno essere debitamente autorizzate e condotte in conformità alla normativa regionale di settore, la destinazione dei manufatti dovrà essere quella della sosta ed il soggiorno di turisti (Sez.3, n.41067 del 15/09/2015). Con riferimento a tale ultimo requisito (destinazione alla sosta e soggiorno di turisti) deve osservarsi (Sez. 3, n. 41479 del 24/9/2013, Valle), con riferimento ai campeggi, che il riferimento alla «sosta» ed al «soggiorno», i quali presuppongono una permanenza temporanea, porta ad escludere ogni forma di stabile residenza, così come il riferimento alla figura del «turista», il quale è individuabile, secondo il significato della parola stessa, come un soggetto che viaggia e soggiorna in località diverse dalla sua residenza abituale per un periodo di tempo limitato per piacere, affari o altri scopi, ricordando come tale definizione coincida sostanzialmente con quella data dalla Organizzazione Mondiale del Turismo, agenzia delle Nazioni Unite (WTO, Ottawa Conference on Travel and Tourism Statistics, 1991).


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Intervento edilizio abusivo – Rilevanza, elementi, consistenza e parametri di valutazione – Giurisprudenza – Artt. 3, 10, 44 lett. b) dpr 380/2001.
 
In materia urbanistica, la consistenza dell’intervento abusivo (tipologia di intervento, dimensioni e caratteristiche costruttive) costituisce solo uno dei parametri di valutazione, assumendo rilievo, riguardo agli aspetti urbanistici, anche altri elementi, quali, ad esempio, la destinazione dell’immobile, l’incidenza sul carico urbanistico, l’eventuale contrasto con gli strumenti urbanistici e l’impossibilità di sanatoria, il mancato rispetto di vincoli (idrogeologici, paesaggistici, ambientali, etc.), l’eventuale collegamento dell’opera abusiva con interventi preesistenti, il rispetto o meno di provvedimenti autoritativi emessi dall’amministrazione competente, la totale assenza di titolo abilitativo o il grado di difformità dallo stesso, le modalità di esecuzione dell’intervento, la contestuale violazione di più disposizioni quale conseguenza dell’intervento abusivo, come nel caso in cui siano violate, mediante la realizzazione dell’opera, anche altre disposizioni finalizzate alla tutela di interessi diversi, quali le norme in materia di costruzioni in zone sismiche, di opere in cemento armato, di tutela del paesaggio e dell’ambiente, a quelle relative alla fruizione delle aree demaniali (Sez.3, n.47039 del 08/10/2015; Sez.3, n. 47039 del 08/10/2015, dep.27/11/2015).
 
 
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Le definizioni contenute nell’art. 3, d.P.R. n. 80/2001 prevalgono su quelle contenute negli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi.
 
In materia edilizia, le previsioni contenute nel Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari  (d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) e specificamente le definizioni contenute nell’art. 3, comma primo, prevalgono su quelle contenute negli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi, le cui disposizioni devono essere interpretate in conformità di quanto stabilito dal testo unico sull’edilizia (Sez.3, n.8088 del 26/01/2011, dep.02/03/2011;Sez.3, n.24242 del 24/03/2010).
 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Natura precaria di un manufatto – Connotato della precarietà – Verifiche – Uso realmente precario e temporaneo per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente possibilità di successiva e sollecita eliminazione.
 
Ai fini del riscontro del connotato della precarietà e della relativa esclusione della modifica dell’assetto del territorio, non sono rilevanti le caratteristiche costruttive, i materiali impiegati e l’agevole rimovibilità, ma l’intrinseca destinazione materiale dell’opera ad un uso realmente precario e temporaneo (Sez. 3, n. 22054 del 25.2.2009, Frank; Sez.3, n.14329 del 10/01/2008; sez. 3, n. 24898 del 4.4.2003, Nagni). Inoltre, la natura precaria di un manufatto non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all’opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi alla intrinseca destinazione materiale dell’opera ad un uso realmente precario e temporaneo per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente possibilità di successiva e sollecita eliminazione (Sez.3, n.966 del 26/11/2014, dep.13/01/2015, Rv.261636; sez. 3, n. 24898 del 4.4.2003, Nagni, Rv. 225380)


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Disciplina urbanistica e interesse protetto – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Controllo della P.A. sugli interventi di modifica del territorio – Reato di costruzione abusiva – Natura di reato formale e di pericolo presunto.
 
Costituisce ius receptum che l’interesse protetto dalla disciplina urbanistica non è soltanto quello di assicurare il controllo della P.A. sugli interventi di modifica del territorio, ma anche quello di garantire che ciò si verifichi in piena aderenza all’assetto urbanistico e, quindi, esso si identifica nell’interesse all’ordinato sviluppo del territorio. Va ricordato che il bene oggetto della tutela urbanistica è lo stesso territorio, bene esposto a pregiudizio da ogni condotta che produca alterazioni in danno del benessere complessivo della collettività e delle sue attività ed il cui parametro di legalità è dato dalla disciplina degli strumenti urbanistici e dalla normativa vigente (Sez.U., n.11635 del 12/11/1993). E’ stato, conseguentemente, affermato che il reato di costruzione abusiva ha natura di reato formale e di pericolo presunto, connesso con il suo inserimento in un sistema di tutela basato sulla pianificazione amministrativa dell’attività urbanistica del territorio, rispetto al quale ogni abuso edilizio costituisce comunque ed obiettivamente una lesione, con conseguente sottrazione al giudice di un qualsiasi sindacato in ordine alla concreta pericolosità della condotta (Sez.3, n.33886 del 18/05/2001,Rv.220098, con riferimento alla previgente normativa di cui all’art. 20 L n. 47/85). 


(Dichiara inammissibile il ricorso avverso la sentenza del 22/09/2014 della CORTE DI APPELLO DI FIRENZE) Pres. FIALE, Rel. DI STASI, Ric. Masserini
 
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 24/11/2016 (Ud. 13/10/2016) Sentenza n.49839

SENTENZA

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 24/11/2016 (Ud. 13/10/2016) Sentenza n.49839 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
sul ricorso proposto da:
MASSERINI STEFANO nato a Firenze il 28/05/1969
avverso la sentenza del 22/09/2014 della Corte di Appello di Firenze visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.ssa Paola Filippi, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Saverio Giangrandi, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio, riportandosi ai motivi di ricorso.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza del 22.9.2014, la Corte di Appello di Firenze confermava la sentenza del 31.1.2013 del Tribunale di Siena, sez. dist. di Poggibonsi, con la quale Masserini Stefano era stato dichiarato responsabile del reato di cui all’art. 44 lett. b) dpr 380/2001 – perchè, nella qualità di legale rappresentante del ristorante Eco Divino, realizzava in assenza di permesso di costruire e di ogni altra autorizzazione tre manufatti in San Gimignano (un gazebo in legno con base di mt 12,65 per 6,20; una pensilina di collegamento tra il gazebo e l’edificio della lunghezza di mt 10,40 e profondità di mt 2,74; una tettoia in legno e copertura impermeabile di mt 11,50 di lunghezza e mt 4,20 di profondità)- ed era stato condannato alla pena di giorni dieci di arresto ed euro 2.370,00 di ammenda, con sostituzione della pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria.
 
La Corte territoriale rilevava, quanto ai fatti, che: la realizzazione dei tre manufatti, posti a servizio della struttura alberghiera con annesso ristorante denominata “Eco Divino”, veniva accertata in sede di sopralluogo effettuato nel giugno 2010 dai Vigili Urbani del Comune di San Gimignano; nel marzo precedente l’imputato, quale gestore della predetta struttura, aveva presentato istanza avente ad oggetto la realizzazione di tali opere ai sensi dell’art. 119 del Regolamento comunale (che prevedeva la possibilità di porre in essere strutture in legno a servizio di attività di ristorazione nel limite del 20% della superficie di vendita) sulla quale la commissione edilizia integrata aveva espresso parere negativo; al momento del sopralluogo era in corso di valutazione una successiva istanza presentata dal legale rappresentante della società proprietaria dell’immobile e nessuna valutazione positiva era stata espressa dal comune; a seguito della demolizione delle opere oggetto di accertamento, la società proprietaria dell’immobile presentava una richiesta di permesso a costruire avente ad oggetto il solo gazebo sulla quale il Comune di San Gimignano si pronunciava favorevolmente rilasciando il permesso di costruire.
 
Confermava, quindi, l’affermazione di responsabilità del reato contestato -e la pena inflitta-, escludendola natura precaria dell’opera e ribadendo che le opere realizzate dall’imputato nella primavera del 2010 dovevano essere autorizzate con permesso a costruire e che le disposizioni normative del testo unico dell’edilizia prevalevano sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi.
 
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Masserini Stefano, per il tramite del difensore di fiducia, articolando quattro motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. pen. 
 
Con il primo motivo deduce violazione di legge e omessa motivazione in ordine alle modifiche legislative apportate all’art.3 lett. E.5 dpr n. 380/2001 dal di 28.3.2014 conv. con mod. dalla legge 23.5.2014 n. 80.
 
Argomenta che la Corte territoriale, nel valutare che il manufatto di cui all’imputazione non potesse essere considerato come manufatto diretto a “soddisfare esigenze meramente temporanee”, come previsto all’art.3 lett. E.5 dpr n. 380/2001, non teneva conto delle modifiche apportate a tale articolo dal di 28.3.2014 conv. con mod. dalla legge 23.5.2014 n. 80, applicabili alla fattispecie concreta in base al disposto di cui all’art. 2 comma 4 cod.pen.; tale norma, oltre a mantenere il requisito che le strutture siano destinate a “soddisfare esigenze meramente temporanee” aveva aggiunto alla disposizione un ulteriore periodo prevedendo che tali manufatti dovevano essere “installati con temporaneo ancoraggio al suolo, all’interno di strutture ricettive all’aperto, in conformità alla normativa regionale di settore, per la sosta e il soggiorno di turisti”.
 
Con il secondo motivo deduce violazione di legge e omessa motivazione in ordine al rapporto tra l’art.3 lett. E.5 dpr n. 380/2001 e l’art. 117 comma 7 del Regolamento Urbanistico del Comune di San Gimignano.
 
Argomenta che la Corte di Appello riteneva, in maniera errata ed illogica, che il manufatto di cui all’imputazione anche se conforme ai requisiti di cui l’art. 117 comma 7 del Regolamento Urbanistico del Comune di San Gimignano, sarebbe comunque illegittimo perchè realizzato in violazione dell’art.3 lett. E.5 dpr n. 380/2001, le cui disposizioni prevalgono, a norma del comma secondo, sulle disposizioni regolamentari degli enti locali, sulla base della considerazione che la normativa regolamentare prevede prescrizioni ed oneri certificatori a carico del costruttore maggiormente restrittivi per l’installazione di manufatti esenti dal permesso di costruire.
 
Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione, per illogicità e mancanza della motivazione, in ordine alle caratteristiche del manufatto di cui all’imputazione.
 
Argomenta che la Corte territoriale, in maniera illogica, nel ritenere provata la finalità del manufatto come non diretta a soddisfare esigenze meramente temporanee, dava rilievo al momento in cui lo stesso veniva rimosso e motivava, in maniera apodittica, che non essendo stato il manufatto rimosso con celerità tale circostanza avrebbe dimostrato che lo stesso fosse destinato ad una esistenza stabile; secondo la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, invece, deve essere dato rilievo alla oggettiva temporaneità e contingenze delle esigenze che l’opera è destinata a soddisfare. I Giudici di appello, inoltre, del pari in maniera illogica, davano rilievo anche alla circostanza che, successivamente ed a seguito del rilascio di permesso a costruire, il manufatto veniva realizzato con te stesse caratteristiche del precedente.
 
Inoltre, la Corte territoriale non valutava la circostanza dedotta dalla difesa e, cioè, che il ricorrente, in previsione di ospitare l’evento promosso dalla casa automobilistica Mercede nel maggio 2010 aveva provveduto a richiedere al Comune di San Gimignano atto di assenso l’art. 117 comma 7 del Regolamento Urbanistico del Comune, ma che su tale richiesta il Comune non si era pronunciato in tempo utile; da tale circostanza, emergente dalla sentenza di primo grado ma non considerata dal Giudice di appello, si evinceva la destinazione precaria del manufatto.
 
Con il quarto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’accertamento sulla sussistenza dell’offensività del manufatto.
 
La Corte territoriale basava fa sussistenza del reato sul criterio formale detta mera violazione senza considerare l’indice sostanziale di protezione degli assetti del territorio in conformità atta normativa urbanistica, considerando l’abuso edilizio quale reato di pericolo e non più reato di danno.
 
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
 
In sede di discussione il difensore del ricorrente ha chiesto, in via subordinata all’accoglimento del ricorso, l’applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod.pen.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
 
Occorre partire dalla premessa che l’articolo 10, lett. a) del d.P.R. 380\01 individua, tra gli interventi edilizi soggetti a permesso di costruire, gli “interventi di nuova costruzione”, la cui descrizione è fornita dall’articolo 3 dello stesso T.U..
 
L’art 3 lettera a) del d.P.R. n. 380/2001, che qui rileva, nella sua originaria formulazione, riconduceva nel novero degli interventi di nuova costruzione <<l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee»
 
Con l’art. 41, comma 4 del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, al testo suddetto è stata aggiunta la frase «ancorché siano installati, con temporaneo ancoraggio al suolo, all’interno di strutture ricettive all’aperto, in conformità alla normativa regionale di settore, per la sosta ed il soggiorno di turisti».
 
Successivamente, con l’art. 10-ter, comma 1 del d.l. 28 marzo 2014, n. 47, convertito con modificazioni dalla L. 23 maggio 2014, n. 80, la parola «ancorché» è stata sostituita con le parole «e salvo che». 
 
Infine, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 189 del 24 luglio 2015, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del già citato art. 41, comma 4, d.l. 21 giugno 2013, n. 69. La Corte ha infatti rilevato che la norma individua «( … ) specifiche tipologie di interventi edilizi, realizzati nell’ambito delle strutture turistico-ricettive all’aperto, molto peculiari, che peraltro contraddicono i criteri generali (della trasformazione permanente del territorio e della precarietà strutturale e funzionale degli interventi) forniti, dallo stesso legislatore statale, ai fini dell’identificazione della necessità o meno del titolo abilitativo. In tal modo, la norma impugnata sottrae al legislatore regionale ogni spazio di intervento, determinando la compressione della sua competenza concorrente in materia di governo del territorio, nonché la lesione della competenza residuale del medesimo in materia di turismo, strettamente connessa, nel caso di specie, alla prima».
 
Altre modifiche sono state apportate, poi, con la legge 28.12.2015 n. 221, alla luce delle quali, l’art. 3, comma 1, lett. e5) del d.P.R. 380\01 si riferisce, attualmente, alla «installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o siano ricompresi in strutture ricettive all’aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti, previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, in conformità delle normative regionali di settore».
 
Il quadro normativo esposto ha consolidato la figura giuridica di “costruzione” elaborata dalla giurisprudenza di questa Corte, già antecedentemente all’entrata in vigore del T.U. edilizia. In tale concetto rientrano tutti quei manufatti che attuino una trasformazione stabile urbanistico-edilizia del territorio, con perdurante modifica dello stato dei luoghi, preordinata a soddisfare esigenze non precarie del committente sotto il profilo funzionale e della destinazione dell’immobile (ex multis Sez.3,n.5624 del 17/11/2011,dep.14/02/2012, Rv.251904; Cons. Stato, sez. V, 20 giugno 2011, n. 3683), con la precisazione che la stabilità si estrinseca nell’oggettiva destinazione dell’opera a soddisfare un bisogno non temporaneo.
 
La nuova formulazione dell’art. 3 comma1, lett. e5) del d.P.R.380\01, quindi, pur avendo espunto il requisito dell’ “ancoraggio temporaneo al suolo” del manufatto, non ha ampliato l’ambito delle opere non rientranti nel concetto di “costruzione”, ma ha esplicitato, come avvenuto per le precedenti modifiche ed in coerenza con i principi generali fissati dalla disciplina urbanistica, gli interventi che non comportano una stabile trasformazione del territorio rilevante sotto il profilo urbanistico. 
 
Secondo l’attuale previsione, quindi, i manufatti devono trovarsi all’interno di strutture ricettive all’aperto, tali strutture devono essere debitamente autorizzate e condotte in conformità alla normativa regionale di settore, la destinazione dei manufatti è quella della sosta ed il soggiorno di turisti.
 
Resta valido, pertanto, anche con riferimento agli attuali requisiti, quanto precisato da questa Corte in relazione alla disciplina vigente fino al 2016, e cioè, che affinchè i manufatti menzionati nell’art. 3 comma 1, lett. e5) del d.P.R.380\01 non siano considerati interventi di nuova costruzione e, non richiedano, pertanto, il rilascio di permesso di costruire, essi devono trovarsi all’interno di strutture ricettive all’aperto e, cioè, quelle individuate dall’art. 13 del d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79 (c.d. Codice del turismo) e, segnatamente, i villaggi turistici i campeggi, i campeggi nell’ambito delle attività agrituristiche ed i parchi di vacanza , tali strutture dovranno essere debitamente autorizzate e condotte in conformità alla normativa regionale di settore, la destinazione dei manufatti dovrà essere quella della sosta ed il soggiorno di turisti (Sez.3, n.41067 del 15/09/2015 Rv.264840).
 
Con riferimento a tale ultimo requisito (destinazione alla sosta e soggiorno di turisti) deve osservarsi che questa Corte (Sez. 3, n. 41479 del 24/9/2013, Valle, Rv. 257734) ha affermato, con riferimento ai campeggi, che il riferimento alla «sosta» ed al «soggiorno», i quali presuppongono una permanenza temporanea, porta ad escludere ogni forma di stabile residenza, così come il riferimento alla figura del «turista», il quale è individuabile, secondo il significato della parola stessa, come un soggetto che viaggia e soggiorna in località diverse dalla sua residenza abituale per un periodo di tempo limitato per piacere, affari o altri scopi, ricordando come tale definizione coincida sostanzialmente con quella data dalla Organizzazione Mondiale del Turismo, agenzia delle Nazioni Unite (WTO, Ottawa Conference on Travel and Tourism Statistics, 1991).
 
2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
 
Correttamente la Corte territoriale riteneva che le norme del regolamento edilizio del Comune di San Gimignano non potessero derogare alla disposizione di cui all‘art. 3 del d.P.R. n. 380/2001.
 
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, le previsioni contenute nel Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) e specificamente le definizioni contenute nell’art. 3, comma primo, prevalgono su quelle contenute negli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi, le cui disposizioni devono essere interpretate in conformità di quanto stabilito dal testo unico sull’edilizia (Sez.3, n.8088 del 26/01/2011, dep.02/03/2011, Rv.249575;Sez.3, n.24242 del 24/03/2010, Rv.247691).
 
3. il terzo motivo è manifestamente infondato. 
 
E’ pacifico nella giurisprudenza di questa Corte di che, ai fini del riscontro del connotato della precarietà e della relativa esclusione della modifica dell’assetto del territorio, non sono rilevanti le caratteristiche costruttive, i materiali impiegati e l’agevole rimovibilità, ma l’intrinseca destinazione materiale dell’opera ad un uso realmente precario e temporaneo (Sez. 3, n. 22054 del 25.2.2009, Frank, Rv.243710; Sez.3, n.14329 del 10/01/2008, Rv.239707; sez. 3, n. 24898 del 4.4.2003, Nagni, Rv. 225380).
 
Inoltre, la natura precaria di un manufatto non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all’opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi alla intrinseca destinazione materiale dell’opera ad un uso realmente precario e temporaneo per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente possibilità di successiva e sollecita eliminazione (Sez.3, n.966 del 26/11/2014, dep.13/01/2015, Rv.261636; sez. 3, n. 24898 del 4.4.2003, Nagni, Rv. 225380)
 
La motivazione offerta dalla Corte territoriale nell’escludere che il gazebo e le opere di raccordo realizzate dall’imputato assolvessero ad una funzione temporanea è del tutto congrua e priva di vizi logici nonché in linea con i principi di diritto suesposti.
 
4.II quarto motivo è manifestamente infondato
 
Costituisce ius receptum che l’interesse protetto dalla disciplina urbanistica non è soltanto quello di assicurare il controllo della P.A. sugli interventi di modifica del territorio, ma anche quello di garantire che ciò si verifichi in piena aderenza all’assetto urbanistico e, quindi, esso si identifica nell’interesse all’ordinato sviluppo del territorio.
 
Va ricordato che le Sezioni Unite hanno affermato che il bene oggetto della tutela urbanistica è lo stesso territorio, bene esposto a pregiudizio da ogni condotta che produca alterazioni in danno del benessere complessivo della collettività e delle sue attività ed il cui parametro di legalità è dato dalla disciplina degli strumenti urbanistici e dalla normativa vigente (Sez.U, n.11635 del 12/11/1993,Rv.195359).
 
E’ stato, conseguentemente, affermato che il reato di costruzione abusiva ha natura di reato formale e di pericolo presunto, connesso con il suo inserimento in un sistema di tutela basato sulla pianificazione amministrativa dell’attività urbanistica del territorio, rispetto al quale ogni abuso edilizio costituisce comunque ed obiettivamente una lesione, con conseguente sottrazione al giudice di un qualsiasi sindacato in ordine alla concreta pericolosità della condotta (Sez.3, n.33886 del 18/05/2001, Rv.220098, con riferimento alla previgente normativa di cui all’art. 20 L n. 47/85). 
 
Corretta, pertanto, è la valutazione della Corte territoriale che ha applicati i su esposti principi di diritto.
 
5. Infine, va esaminatala richiesta di applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod.pen..
 
Tale richiesta, pur proponibile in questa sede, va ritenuta manifestamente infondata.
 
5.1. Al riguardo occorre considerare che l’art. 131-bis cod. pen. è stato introdotto con l’art. 1, comma 2, d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28 e, quindi, in epoca successiva alla pronunzia d’appello, emessa il 22.9.2014 e relativa a fatto accertato il 21.6.2010.
 
Questa Corte ha ritenuto che l’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, previsto dall’art. 131-bis cod. pen., avendo natura sostanziale, è applicabile, per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore del d. lgs. 16 marzo 2015, n. 28, anche ai procedimenti pendenti davanti alla Corte di cassazione e per solo questi ultimi la relativa questione, in applicazione degli artt. 2, comma quarto, cod. pen. e 129 cod. proc. pen., è deducibile e rilevabile d’ufficio ex art. 609, comma secondo, cod. proc. pen. anche nel caso di ricorso inammissibile (Sez.U,n.13681del 25/02/2016, Rv.266593; Sez. 3, n. 24358 del 14/05/2015, Ferretti, Rv. 264109; Sez. 4, n. 22381 del 17/04/2015, Mauri, Rv. 263496; Sez. 3, n. 15449 del 08/04/2015, Mazzarotto, Rv. 263308).
 
Inoltre, quando la sentenza impugnata sia anteriore alla novella, l’applicazione dell’istituto nel giudizio di legittimità va ritenuta o esclusa senza che si debba rinviare il processo nella sede di merito. Ove esistano le condizioni di legge, l’epilogo decisorio è costituito, alla luce di quanto si è prima esposto ed alla stregua degli artt. 620, comma 1, lett. I), e 129 cod. proc. pen., da pronunzia di annullamento senza rinvio perché l’imputato non è punibile a causa della particolare tenuità del fatto (Sez.U,n.13681del 25/02/2016, Rv.266593, cit. in parte motiva).
 
5.2. Questa Corte ha, inoltre, affermato che il reato permanente, nel cui novero rientrano le contravvenzioni relative agli abusi edilizi, non essendo riconducibile nell’alveo del comportamento abituale ostativo al riconoscimento del beneficio ex art. 131-bis cod. pen., può essere oggetto di valutazione con riferimento all’ indice-criterio della particolare tenuità dell’offesa (Sez.3, n.47039 del 08/10/2015, dep.27/11/2015,Rv.265448; Sez.3,n.50215 del 08/10/2015, dep.22/12/2015, Rv.265434).
 
4.3. Si è, ulteriormente precisato che la consistenza dell’intervento abusivo (tipologia di intervento, dimensioni e caratteristiche costruttive) costituisce solo uno dei parametri di valutazione, assumendo rilievo, riguardo agli aspetti urbanistici, anche altri elementi, quali, ad esempio, la destinazione dell’immobile, l’incidenza sul carico urbanistico, l’eventuale contrasto con gli strumenti urbanistici e l’impossibilità di sanatoria, il mancato rispetto di vincoli (idrogeologici, paesaggistici, ambientali, etc.), l’eventuale collegamento dell’opera abusiva con interventi preesistenti, il rispetto o meno di provvedimenti autoritativi emessi dall’amministrazione competente, la totale assenza di titolo abilitativo o il grado di difformità dallo stesso, le modalità di esecuzione dell’intervento, la contestuale violazione di più disposizioni quale conseguenza dell’intervento abusivo, come nel caso in cui siano violate, mediante la realizzazione dell’opera, anche altre disposizioni finalizzate alla tutela di interessi diversi, quali le norme in materia di costruzioni in zone sismiche, di opere in cemento armato, di tutela del paesaggio e dell’ambiente, a quelle relative alla fruizione delle aree demaniali (Sez.3, n.47039 del 08/10/2015, Rv.265450; Sez.3, n. 47039 del 08/10/2015, dep.27/11/2015, Rv.265448, cit.).
 
5.4. Nella specie, alla luce di quanto emerso nel del giudizio di merito ed evincibile dallo stesso testo della sentenza impugnata, emergono plurimi dati chiaramente indicativi di un apprezzamento sulla gravità dei fatti addebitati all’odierno ricorrente che consentono di ritenere non configurabili i presupposti per l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen.
 
I Giudici di merito, infatti, hanno, rimarcato in senso negativo sia le modalità della condotta, con riferimento alle notevoli dimensioni dell’intervento abusivo realizzato, sia l’entità del danno con riferimento alla incidenza dell’opera abusiva sul carico urbanistico.
 
Tali elementi risultano, pertanto, ostativi alla configurabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod.pen.
 
6. Alla manifesta infondatezza dei motivi proposti consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
 
7. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura ritenuta equa indicata in dispositivo.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
 
Così deciso il 13/10/2016
 

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