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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 3258 | Data di udienza: 10 Gennaio 2023

BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Reati paesaggistici – Richiesta della sanatoria per abusi edilizi in zona vincolata – Creazione di superfici utili o volumi – Impossibilità di rilascio del permesso di costruire in sanatoria – Rilascio postumo dell’autorizzazione paesaggistica – Limite ai cd. abusi minori – Artt. 146, 161, 167, 181, d.lgs. n. 42/2004 – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Differenza tra reati urbanistici e reati paesaggistici – Disciplina difforme e differenziata – Reati urbanistici – Sanatoria degli abusi edilizi – Effetti e limiti – c.d. doppia conformità delle opere – Artt. 31, 36, 44, 45, d.P.R. n. 380/2001 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto – Rieducazione del condannato – Natura di extrema ratio della pena – Art. 131-bis cod. pen.


Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 25 Gennaio 2023
Numero: 3258
Data di udienza: 10 Gennaio 2023
Presidente: RAMACCI
Estensore: SEMERARO


Premassima

BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Reati paesaggistici – Richiesta della sanatoria per abusi edilizi in zona vincolata – Creazione di superfici utili o volumi – Impossibilità di rilascio del permesso di costruire in sanatoria – Rilascio postumo dell’autorizzazione paesaggistica – Limite ai cd. abusi minori – Artt. 146, 161, 167, 181, d.lgs. n. 42/2004 – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Differenza tra reati urbanistici e reati paesaggistici – Disciplina difforme e differenziata – Reati urbanistici – Sanatoria degli abusi edilizi – Effetti e limiti – c.d. doppia conformità delle opere – Artt. 31, 36, 44, 45, d.P.R. n. 380/2001 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto – Rieducazione del condannato – Natura di extrema ratio della pena – Art. 131-bis cod. pen.



Massima

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 25 gennaio 2023 (Ud. 10/01/2023), Sentenza n.3258

 

BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Reati paesaggistici – Richiesta della sanatoria per abusi edilizi in zona vincolata – Creazione di superfici utili o volumi – Impossibilità di rilascio del permesso di costruire in sanatoria – Rilascio postumo dell’autorizzazione paesaggistica – Limite ai cd. abusi minori – Artt. 146, 161, 167, 181, d.lgs. n. 42/2004.

Il rilascio postumo dell’autorizzazione paesaggistica al di fuori dei limiti in cui essa è consentita ai sensi dell’art. 167, commi 4 e 5, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, non consente la sanatoria urbanistica ex art. 36 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e non produce alcun effetto estintivo dei reati edilizi né preclude l’emissione dell’ordine di rimessione in pristino dell’immobile abusivo edificato in zona vincolata. Poiché l’autorizzazione paesaggistica, secondo l’art. 146, comma 4, del d.lgs. 42 del 2004, costituisce un atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio, lo stesso permesso di costruire resta subordinato al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica la quale, però, sempre secondo la norma richiamata, non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi, tranne nei casi dei cd. abusi minori, tassativamente individuati dall’art. 167, commi 4 e 5, d.lgs. n. 42 del 2004. Tale preclusione, considerato che l’autorizzazione paesaggistica è presupposto per il rilascio del permesso di costruire, impedisce di conseguenza anche la sanatoria urbanistica ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001. Inoltre, va ricordato che si sensi degli artt. 167 e 182 d.lgs. n. 42 del 2004 l’accertamento di compatibilità paesaggistica non può mai avvenire quando i lavori realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati.

 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Differenza tra reati urbanistici e reati paesaggistici – Disciplina difforme e differenziata.

Il titolo abilitativo rilasciato a seguito di accertamento di conformità (art. 36 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) estingue esclusivamente i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti; non estingue i reati paesaggistici previsti dal d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, che sono soggetti ad una disciplina difforme e differenziata, legittimamente e costituzionalmente distinta, avente oggettività giuridica diversa, rispetto a quella che riguarda l’assetto del territorio sotto il profilo edilizio.

 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Reati urbanistici – Sanatoria degli abusi edilizi – Effetti e limiti – c.d. doppia conformità delle opere – Artt. 31, 36, 44, 45, d.P.R. n. 380/2001.

In tema di reati urbanistici, la sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui all’art. 44 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, a precludere l’irrogazione dell’ordine di demolizione dell’opera abusiva previsto dall’art. 31, comma 9, del T.U.E. e a determinare, se eventualmente emanata successivamente al passaggio in giudicato della sentenza, la revoca di detto ordine, può essere solo quella rispondente alle condizioni espressamente indicate dall’art. 36 del decreto stesso citato, che richiede la doppia conformità delle opere alla disciplina urbanistica vigente, sia al momento della realizzazione del manufatto, sia al momento della presentazione della domanda di permesso in sanatoria, dovendo escludersi la possibilità che tali effetti possano essere attribuiti alla cd. «sanatoria giurisprudenziale» o «impropria», che consiste nel riconoscimento della legittimità di opere originariamente abusive che, solo dopo la loro realizzazione, siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica.

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto – Rieducazione del condannato – Natura di extrema ratio della pena – Art. 131-bis cod. pen.

L’esimente cui fa riferimento l’art. 131-bis cod. pen., trova fondamento non già nella mancanza di offensività del fatto, ma nel rilievo per cui, in corrispondenza di un giudizio di «lieve» offensività, l’esigenza punitiva diviene recessiva.L’istituto – che costituisce «innovazione di diritto penale sostanziale – si iscrive nella logica dell‘extrema ratio della sanzione penale»

(riforma sentenza del 05/04/2022 del TRIBUNALE di GROSSETO) Pres. RAMACCI, Rel. SEMERARO, Ric. Procaccini


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 25/01/2023 (Ud. 10/01/2023), Sentenza n.3258

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto dalla parte civile PROCACCINI S. nato a MENTANA;
nel procedimento a carico di:
SEPE C. nato a NAPOLI;
ALESSANDRONI M. nato a ROMA;
CIPOLLONE E. nato a ORBETELLO;
NAVA GORI F. nato a GROSSETO;

avverso la sentenza del 05/04/2022 del TRIBUNALE di GROSSETO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere LUCA SEMERARO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore CIRO ANGELILLIS

Il P.G. conclude: inammissibilità del ricorso.

uditi i difensori

È presente l’avvocato Giacomoni Claudio, difensore di PROCACCINI S., che chiede l’accoglimento dei motivi del ricorso.

È presente l’avvocato Fabiani Patrizia, difensore di SEPE C. e CIPOLLONE E., che si riporta alle conclusioni del P.G. e chiede l’accoglimento dei motivi del ricorso;

È presente l’avvocato Guggioli Loredana, difensore di ALESSANDRONI M., che si riporta alle conclusioni del P.G. e quindi che il ricorso venga dichiarato inammissibile o comunque infondato.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza del 5 aprile 2022 il Tribunale di Grosseto ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di C. Sepe, M. Alessandroni ed E. Cipolloni in ordine ai reati di cui al capo A), ex artt. 44, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001 e 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004 (in Monte Argentario il 24 marzo 2016), essendo estinti per intervenuta sanatoria; ha assolto F. Nava Gori dai reati a lui ascritti al capo A) per non aver commesso il fatto.

Ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen. ha assolto M. Alessandroni dal reato a lui ascritto al capo B), ex art. 481 cod. pen. (commesso in Monte Argentario il 29 gennaio 2016), perché non punibile essendo l’offesa risultata di particolare unità ed essendo il comportamento risultato non abituale.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore della parte civile Sergio Procaccini; il ricorso non concerne la posizione di F. Nava Gori.

2.1. Dopo aver ricostruito la vicenda processuale (pag. 2-5) e riassunto la motivazione della sentenza (pag. 5-6), con il primo motivo si deduce il vizio di violazione di legge con riferimento agli articoli 146, 167, commi 4 e 5, 181 d.lgs. n. 42 del 2004, in combinato disposto con gli art. 36 e 45 del d.P.R. n. 380 del 2001, e 479 cod. proc. pen.

Il Tribunale avrebbe erroneamente applicato la sanatoria prevista dagli art. 36 e 45 d.P.R. n. 380 del 2001, che attiene al solo abuso urbanistico, al reato paesaggistico, per il quale può essere pronunciata l’estinzione soltanto ex art. 181 d.lgs. n. 42 del 2004.

Il Tribunale, quanto alla sanatoria del reato urbanistico, non avrebbe valutato l’assenza della doppia conformità (pag. 8-10 del ricorso) e del parere sulla condonabilità delle opere da parte dell’ente preposto alla tutela del vincolo parentesi (pag. 10 e ss.), non trattandosi di interventi minori bensì di volumetrie realizzate a fini abitativi.

2.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 9 del D.M. 24 Aprile 1968 n. 1444 in combinato disposto con gli articoli 146, 167, commi 4 e 5, 181 d.lgs. n. 42 del 2004.

Il Tribunale non avrebbe valutato la conformità dell’abuso rispetto agli strumenti urbanistici per verificare se il permesso in sanatoria potesse giuridicamente produrre l’estinzione del reato. In particolare, il Tribunale non avrebbe considerato che le opere sarebbero state in contrasto con la disciplina urbanistica in tema di distanze, prevista dall’art 9 del citato D.M.

2.3. Con il terzo motivo si deduce il vizio di violazione di legge e la nullità della sentenza per motivazione apparente con riferimento ai presupposti utilizzati nell’applicazione dell’articolo 131-bis cod. pen.

Il Tribunale avrebbe ritenuto sussistente la minore offensività solo mediante la ricezione delle determinazioni della pubblica amministrazione.

La falsa dichiarazione non sarebbe stata relativa al mero spostamento temporale nell’esecuzione dell’opera quanto alla realizzazione della stessa in violazione delle norme previste dalla legge in relazione alla natura dell’opera. In particolare, l’edificazione di un muro di contenimento sarebbe coincidente con la definizione di muro di fabbrica e come tale sarebbe assoggettata alle norme previste dal R.D. N. 274 del 1929 e dalla legge N. 1082 del 1971 per la cui progettazione ed esecuzione sarebbe previsto l’intervento di un professionista qualificato.

3. Il difensore di F. Nava Gori, avendo ricevuto l’avviso per l’udienza, ha depositato una memoria con cui ha rilevato che il ricorso non è stato proposto nei confronti di quest’ultimo ed ha chiesto di dichiarare che la sentenza n. 394/2022 del Tribunale di Grosseto, depositata in data 5 aprile 2022, è passata in giudicato, oltre che per gli effetti della responsabilità penale, anche per gli effetti della responsabilità civile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

Il Tribunale di Grosseto ha dichiarato estinti i reati di cui al capo A) senza alcuna concreta verifica sull’efficacia del permesso di costruire in sanatoria rispetto ai fatti oggetto dell’imputazione sub A).

1.1. Quanto al reato ex art. 44 d.P.R. n. 380 del 2001, va ricordato (cfr. Sez. 3, n. 45845 del 19/09/2019, Caprio, Rv. 277265 – 01), che, in tema di reati urbanistici, la sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui all’art. 44 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, a precludere l’irrogazione dell’ordine di demolizione dell’opera abusiva previsto dall’art. 31, comma 9, del medesimo d.P.R. e a determinare, se eventualmente emanata successivamente al passaggio in giudicato della sentenza, la revoca di detto ordine, può essere solo quella rispondente alle condizioni espressamente indicate dall’art. 36 del decreto stesso citato, che richiede la doppia conformità delle opere alla disciplina urbanistica vigente, sia al momento della realizzazione del manufatto, sia al momento della presentazione della domanda di permesso in sanatoria, dovendo escludersi la possibilità che tali effetti possano essere attribuiti alla cd. «sanatoria giurisprudenziale» o «impropria», che consiste nel riconoscimento della legittimità di opere originariamente abusive che, solo dopo la loro realizzazione, siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica.

Tale verifica è del tutto mancata da parte del Tribunale.

1.2. Inoltre, il titolo abilitativo rilasciato a seguito di accertamento di conformità (art. 36 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) estingue esclusivamente i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti; non estingue i reati paesaggistici previsti dal d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, che sono soggetti ad una disciplina difforme e differenziata, legittimamente e costituzionalmente distinta, avente oggettività giuridica diversa, rispetto a quella che riguarda l’assetto del territorio sotto il profilo edilizio (Sez. 3, n. 40375 del 09/09/2015, Casalanguida Rv. 264931 – 01, che richiama Corte Cost., ord. 21 luglio 2000, n. 327).

1.3. Va poi ricordato che, secondo la giurisprudenza (cfr. Sez. 3, n. 190 del 12/11/2020, dep. 2021, Susana, Rv. 281131 – 01) il rilascio postumo dell’autorizzazione paesaggistica al di fuori dei limiti in cui essa è consentita ai sensi dell’art. 167, commi 4 e 5, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, non consente la sanatoria urbanistica ex art. 36 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e non produce alcun effetto estintivo dei reati edilizi né preclude l’emissione dell’ordine di rimessione in pristino dell’immobile abusivo edificato in zona vincolata. Poiché l’autorizzazione paesaggistica, secondo l’art. 146, comma 4, del d.lgs. 42 del 2004, costituisce un atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio, lo stesso permesso di costruire resta subordinato al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica la quale, però, sempre secondo la norma richiamata, non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi, tranne nei casi dei cd. abusi minori, tassativamente individuati dall’art. 167, commi 4 e 5, d.lgs. n. 42 del 2004. Tale preclusione, considerato che l’autorizzazione paesaggistica è presupposto per il rilascio del permesso di costruire, impedisce di conseguenza anche la sanatoria urbanistica ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001.

1.4. Quanto al reato ex art. 181 d.lgs. n. 42 del 2004, il Tribunale, ai fini dell’estinzione del reato, ha erroneamente ritenuto sufficiente l’archiviazione della pratica da parte del Dirigente dell’area competente in ordine all’accertamento di compatibilità ambientale del comune di Monte Argentario, senza alcun confronto con la fattispecie concreta; nel capo di imputazione la condotta ascritta concerne una sopraelevazione, quindi la realizzazione di una nuova volumetria.

Va ricordato che si sensi degli artt. 167 e 182 d.lgs. n. 42 del 2004 l’accertamento di compatibilità paesaggistica non può mai avvenire quando i lavori realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati.

2. Il terzo motivo, relativo al capo B), è inammissibile.

2.1. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, anche della Corte costituzionale il fatto particolarmente lieve, cui fa riferimento l’art. 131-bis cod. pen., è comunque un fatto offensivo, che costituisce reato e che il legislatore preferisce non punire, sia per riaffermare la natura di extrema ratio della pena e agevolare la «rieducazione del condannato», sia per contenere il gravoso carico di contenzioso penale gravante sulla giurisdizione.
L’esimente, dunque, trova fondamento non già nella mancanza di offensività del fatto, ma nel rilievo per cui, in corrispondenza di un giudizio di «lieve» offensività, l’esigenza punitiva diviene recessiva.
L’istituto – che costituisce «innovazione di diritto penale sostanziale» (Corte di cassazione, sezioni unite penali, sentenza 25 febbraio-6 aprile 2016, n. 13681) – si iscrive nella logica dell’extrema ratio della sanzione penale» (così Corte costituzionale, sentenza n.173 del 12 luglio 2022).

2.2. L’art. 651-bis cod. proc. pen. attribuisce efficacia di giudicato in ordine all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni o per il risarcimento del danno.

La sentenza di proscioglimento ex art. 131-bis cod. pen. è caratterizzata dalla efficacia di giudicato non ex art. 652 cod. proc. pen., che riguarda le sentenze di assoluzione, ma ex art. 651-bis cod. proc. pen., che è di contenuto analogo all’art. 651 cod. proc. pen. relativo alle sentenze di condanna.

Il giudicato è modellato su quello tipico delle sentenze di condanna e non su quello delle sentenze di assoluzione; infatti, la sentenza di proscioglimento per non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. vaiscritta nel casellario giudiziario.

2.3. La parte civile, pertanto, non ha interesse a contestare esclusivamente l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., ma solo l’omessa decisione sulla domanda civile, oggi possibile per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 538 del codice di procedura penale, avvenuta con la sentenza citata della Corte costituzionale n. 173 del 2022, nella parte in cui non prevede che il giudice, quando pronuncia sentenza di proscioglimento per la particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale, decide sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno proposta dalla parte civile, a norma degli artt. 74 e seguenti cod. proc. pen.

2.4. Con il ricorso si contesta esclusivamente l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., ma non l’omessa decisione sulla domanda civile.

3. Quanto alla memoria del difensore di F. Nava Gori, non avendo l’impugnazione ad oggetto la sua posizione, non spetta alla Corte di cassazione l’adozione di alcun provvedimento nei suoi confronti.

4. In definitiva, la sentenza impugnata deve essere annullata – con riferimento alle condotte di cui al capo A) dell’imputazione e limitatamente, agli effetti civili – con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità.

Si dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con riferimento alle condotte di cui al capo a) dell’imputazione e limitatamente, agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità.

Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

Così deciso il 10/01/2023.

 
 

 

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