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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Inquinamento atmosferico Numero: 34187 | Data di udienza: 10 Luglio 2019

INQUINAMENTO ATMOSFERICO – ARIA – Impianto di macinazione e separazione inerti – Totale assenza di autorizzazione alle emissioni in atmosfera – Sequestro preventivo – Autorizzazioni – Necessità – DPR 203/88 e d.lgs. 183/2017 – Disciplina applicabile – Art. 279, 281, d.lgs. n.152/2006.


Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 26 Luglio 2019
Numero: 34187
Data di udienza: 10 Luglio 2019
Presidente: LAPALORCIA
Estensore: RAMACCI


Premassima

INQUINAMENTO ATMOSFERICO – ARIA – Impianto di macinazione e separazione inerti – Totale assenza di autorizzazione alle emissioni in atmosfera – Sequestro preventivo – Autorizzazioni – Necessità – DPR 203/88 e d.lgs. 183/2017 – Disciplina applicabile – Art. 279, 281, d.lgs. n.152/2006.



Massima

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 26/07/2019 (Ud. 10/07/2019), Sentenza n.34187

INQUINAMENTO ATMOSFERICO – ARIA – Impianto di macinazione e separazione inerti – Totale assenza di autorizzazione alle emissioni in atmosfera – Sequestro preventivo – Autorizzazioni – Necessità – DPR 203/88 e d.lgs. 183/2017 – Disciplina applicabile – Art. 279, 281, d.lgs. n.152/2006.

In tema di emissioni in atmosfera, l’abrogazione, ad opera del d.lgs. 183/2017 dei commi 1 e 2 dell’art. 281 d.lgs. 152/86 ha riguardato disposizioni che contemplavano limiti temporali ormai maturati e non ha determinato alcuna reviviscenza degli effetti delle autorizzazioni precedentemente rilasciate e già decadute, ai sensi dell’art. 281, comma 1, in conseguenza della mancata presentazione della domanda di cui al medesimo comma 1, lett. a), b) e c) nei termini dallo stesso individuati”

(annulla con rinvio ordinanza del 10/01/2019 del TRIB. LIBERTA di GORIZIA) Pres. LAPALORCIA, Rel. RAMACCI, Ric. P.M. nei confronti di Mosole


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 26/07/2019 (Ud. 10/07/2019), Sentenza n.34187

SENTENZA

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 26/07/2019 (Ud. 10/07/2019), Sentenza n.34187

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI GORIZIA nei confronti di: MOSOLE nato a BREDA DI PIAVE;

avverso l’ordinanza del 10/01/2019 del TRIB. LIBERTA di GORIZIA;

udita la relazione svolta dal Consigliere LUCA RAMACCI;

sentite le conclusioni del PG GIUSEPPINA CASELLA;

Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento con rinvio udito il difensore;

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Gorizia, con ordinanza del 10 gennaio 2019 ha parzialmente accolto la richiesta di riesame presentata nell’interesse di Remo MOSOLE, legale rappresentante della “GRANULATI DOLOMITICI PEROGLIO s.p.a”, limitatamente ad un impianto di micronizzazione per la produzione di micronizzati calcarei e, per l’effetto, ha revocato il provvedimento di convalida, emesso il 20 dicembre 2018 dal GIP del medesimo Tribunale, del sequestro preventivo effettuato dalla polizia giudiziaria il 14 dicembre 2018 in relazione al reato di cui all’art. 279, comma 1, d.lgs. 152/2006.

In particolare, al ricorrente è stato attribuito l’esercizio dell’impianto suddetto in totale assenza di autorizzazione alle emissioni in atmosfera, per essere quelle precedentemente rilasciate il 16 luglio 1999 ed il 2 marzo 2005 ai sensi del d.P.R. 203/1988, decadute sulla base delle disposizioni transitorie di cui all’art. 281, comma 1, d.lgs. 152/2006 (fatti accertati in Fogliano-Redipuglia il 14 dicembre 2018).

Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Gorizia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2. Osserva il pubblico ministero ricorrente, con un unico motivo di ricorso, che il Tribunale avrebbe erroneamente applicato l’art. 281 d.lgs. 152/2006, non tenendo conto del fatto che, sulla base delle disposizioni in esso contenute, i titoli abilitativi rilasciati all’indagato erano ormai decaduti da quasi tre anni e che l’abrogazione di tale disposizione ad opera del d.lgs. 183/2017 non avrebbe determinato, come invece ritenuto dal Tribunale, la reviviscenza del d.P.R. 203/1988 e dei titoli in base ad esso ottenuti, con conseguente fissazione di un nuovo termine per la presentazione della domanda di autorizzazione all’esercizio dell’impianto scadente il 31 dicembre 2018.

Assume inoltre il Pubblico Ministero ricorrente che, dagli atti, risulterebbe in ogni caso che l’impianto attuale sarebbe del tutto diverso da quello autorizzato in precedenza, avendo subito modifiche abusive sostanziali.

Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.

2. Risulta dal provvedimento impugnato e dal ricorso, unici atti ai quali questa Corte ha accesso, che lo stabilimento dell’indagato disponeva di due titoli abilitativi, rilasciati alla società della quale egli è legale rappresentante, il primo rilasciato il 16 luglio 1999 per la realizzazione di un “impianto di macinazione e separazione inerti” ed il secondo il 3 marzo 2005 per la realizzazione di un “impianto di essiccazione sabbia e graniglia”.

A tali atti autorizzatori si riferisce dunque il Tribunale, affermando che, alla data del sequestro e della sua convalida, non solo l’art. 281, comma 1, d.lgs. 152/2006 risultava abrogato dall’art. 1, comma 1, lett. q), d.lgs. 183/2017, ma neppure era spirato definitivamente il termine finale previsto dallo stesso art. 281 per la presentazione della domanda di autorizzazione all’esercizio dell’impianto di essiccazione della sabbia della graniglia, in quanto questo era stato fissato al 31 dicembre 2018.

Aggiungono i giudici che vi è stata successione fra norme relative alla stessa fattispecie, con la conseguenza che la norma abrogatrice avrebbe determinato una ripresa di efficacia della norma precedente all’emanazione di quella transitoria e, cioè, il d.P.R. 203/1988, in base al quale erano state originariamente emesse, senza fissazione del termine finale, le due autorizzazioni oggetto di contestazione.

Tale assunto non è condivisibile.

3. L’art. 281, comma 1, d.lgs. 152/2006, nella sua formulazione originaria stabiliva che i gestori degli impianti autorizzati, anche in via provvisoria o in forma tacita, ai sensi del d.P.R. 203/1988, devono presentare una domanda di autorizzazione ai sensi dell’art. 269 entro i seguenti termini: a) tra la data di entrata in vigore della Parte Quinta del d.lgs. 152/2006 ed il 31 dicembre 2010, per impianti anteriori al 1988; b) tra il 1 gennaio 2011 ed il 31 dicembre 2014, per impianti anteriori al 2006 che siano stati autorizzati in data anteriore al 1 gennaio 2000; c) tra il 1 gennaio 2015 ed il 31 dicembre 2018, per impianti anteriori al 2006 che siano stati autorizzati in data successiva al 31 dicembre 1999.

La disposizione ha subito, nel tempo, plurime modifiche, tra le quali rileva, nel caso di specie, quella ad opera del d.lgs. 128/2010, che riguarda i termini di presentazione delle domande, i quali risultavano così modificati: a) tra la data di entrata in vigore della Parte Quinta del d.lgs. 152/2006 ed il 31 dicembre 2011, per stabilimenti anteriori al 1988; b) tra il 1 gennaio 2012 ed il 31 dicembre 2013, per stabilimenti anteriori al 2006 che siano stati autorizzati in data anteriore al 1 gennaio 2000; c) tra il 1 gennaio 2014 ed il 31 dicembre 2015, per stabilimenti anteriori al 2006 che siano stati autorizzati in data successiva al 31 dicembre 1999.

Infine, con il già citato d.lgs. 183/2017, i commi 1 e 2 dell’art. 281 venivano, come si è detto, abrogati.

4. Avuto riguardo alla successione di leggi appena indicata, dunque, i termini da tenere presenti con riferimento alle autorizzazioni relative all’impianto interessato dalla misura cautelare reale poi revocata dal Tribunale sono quelli di cui alla lettera b) per l’impianto autorizzato nel 1999 e alla lettera c) per quello autorizzato nel 2005.

Invero, il Pubblico Ministero ricorrente richiama in ricorso la sola lettera b), ma l’erroneo riferimento è irrilevante, poiché, in ogni caso, il termine ultimo individuabile nell’art. 281, comma 1, come modificato dal d.lgs. 128/2010, è quello del 31 dicembre 2015.

5. Ciò posto, è di tutta evidenza che l’abrogazione dei commi 1 e 2 dell’art. 281 d.lgs. 152/2006 ad opera del d.lgs. 183/2017 è intervenuta quando anche il termine ultimo come sopra individuato era ormai spirato.

Dunque l’intervento normativo, finalizzato peraltro ad un considerevole riordino della disciplina delle emissioni in atmosfera, era esclusivamente giustificato, nel caso dei commi 1 e 2 dell’art. 281, dal fatto che le disposizioni in essi contenute avevano ormai esaurito i loro effetti, riguardando termini ormai decorsi, non rinvenendosi altre plausibili ragioni.

Il ragionamento posto alla base del provvedimento impugnato è, quindi, del tutto errato, poiché viene fatto più volte riferimento ai termini di cui alle lettere b) e c) del comma 1 dell’art. 281 nella sua originaria formulazione, senza considerare le modifiche successivamente apportate dal d.lgs. 128/2010 e si attribuisce efficacia ad atti abilitativi ormai decaduti, disponendo espressamente l’art. 281, nel medesimo comma, che la mancata presentazione della domanda nei termini comporta la decadenza della precedente autorizzazione ed attribuendo, peraltro, rinnovata efficacia al d.P.R. 203/1988, disposizione espressamente abrogata dall’art. 280, comma 1, lett. a) del d.lgs. 152/2006, il quale, altresì, è stato oggetto di modifiche, sempre ad opera del d.lgs. 183/2017 (art. 1, comma 1, lett. p)), senza ovviamente alcun intervento sulla parte che abroga il d.P.R. 203/1988.

6. Resta da aggiungere, per inciso, che la asserita presenza di modifiche sostanziali, richiamate sommariamente dal Pubblico Ministero al termine del ricorso per porre in evidenza la diversa consistenza attuale dell’impianto rispetto a quanto originariamente autorizzato, risulta superata dalla riconosciuta insussistenza di validi titoli abilitativi per lo stabilimento già oggetto di sequestro.

7. L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Gorizia, il quale si atterrà al seguente principio di diritto: “l’abrogazione, ad opera del d.lgs. 183/2017 dei commi 1 e 2 dell’art. 281 d.lgs. 152/86 ha riguardato disposizioni che contemplavano limiti temporali ormai maturati e non ha determinato alcuna reviviscenza degli effetti delle autorizzazioni precedentemente rilasciate e già decadute, ai sensi dell’art. 281, comma 1, in conseguenza della mancata presentazione della domanda di cui al medesimo comma 1, lett. a), b) e c) nei termini dallo stesso individuati”

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Gorizia per nuovo esame.

Così deciso in data 10/7/2019

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