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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Rifiuti Numero: 39797 | Data di udienza: 1 Giugno 2016

* CODICE DELL’AMBIENTE – RIFIUTI – Terra e roccia da scavo – Proprietario di un terreno sul quale terzi abbiano abbandonato o depositato rifiuti in modo incontrollato – Art. 256, c.2°, D.Lgs. n. 152/2006 – Esclusione della configurabilità in forma omissiva – Fattispecie – PROCEDURA PENALE – Circostanze attenuanti generiche – Poteri del Giudice di merito. 


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 26 Settembre 2016
Numero: 39797
Data di udienza: 1 Giugno 2016
Presidente: AMOROSO
Estensore: GAI


Premassima

* CODICE DELL’AMBIENTE – RIFIUTI – Terra e roccia da scavo – Proprietario di un terreno sul quale terzi abbiano abbandonato o depositato rifiuti in modo incontrollato – Art. 256, c.2°, D.Lgs. n. 152/2006 – Esclusione della configurabilità in forma omissiva – Fattispecie – PROCEDURA PENALE – Circostanze attenuanti generiche – Poteri del Giudice di merito. 



Massima

 

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 26/09/2016 (ud. 01/06/2016) Sentenza n.39797



CODICE DELL’AMBIENTE – RIFIUTI – Terra e roccia da scavo – Proprietario di un terreno sul quale terzi abbiano abbandonato o depositato rifiuti in modo incontrollato – Art. 256, c.2°, D.Lgs. n. 152/2006 – Esclusione della configurabilità in forma omissiva – Fattispecie.
 
 
In materia di rifiuti, non è configurabile in forma omissiva il reato di cui all’art. 256, comma secondo, D.Lgs. n. 152 del 2006, nei confronti del proprietario di un terreno sul quale terzi abbiano abbandonato o depositato rifiuti in modo incontrollato, anche nel caso in cui non si attivi per la rimozione dei rifiuti, poiché tale responsabilità sussiste solo in presenza di un obbligo giuridico di impedire la realizzazione o il mantenimento dell’evento lesivo, che il proprietario può assumere solo ove compia atti di gestione o movimentazione dei rifiuti (Cass. Sez. 3, n. 50997 del 07/10/2015, Cucinella; Sez. 3, n. 40528 del 10/06/2014, Cantoni). In specie,  sono stati condannati le ricorrenti, proprietarie, non già per la loro qualità di possessore dell’area di deposito, ma per avere costoro consapevolmente partecipato all’attività illecita, mettendo a disposizione il terreno per il deposito di rocce e terra da scavo, con conseguente trasformazione dell’area che, per le dimensioni di questa, era necessariamente assentita dalle ricorrenti integrando, così, un atto di gestione.
 

PROCEDURA PENALE – Circostanze attenuanti generiche – Poteri del Giudice di merito. 
 
 
Il giudice di merito non è tenuto a riconoscere le circostanze attenuanti generiche, né è obbligato a motivarne il diniego, qualora in sede di conclusioni non sia stata formulata specifica istanza, non potendo equivalere la generica richiesta di assoluzione o di condanna al minimo della pena a quella di concessione delle predette attenuanti (Sez. 3, n. 11539 del 08/01/2014, Mammola).
 
 
(Dichiara inammissibili i ricorsi avverso sentenza del 11/11/2014 del TRIBUNALE DI AVELLINO) Pres. AMOROSO, Rel. GAI, Ric. D’Onofrio ed altro
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 26/09/2016 (ud. 01/06/2016) Sentenza n.39797

SENTENZA

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 26/09/2016 (ud. 01/06/2016) Sentenza n.39797

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sui ricorsi proposti da:
D’Onofrio Genoveffa, nata a San Martino Valle Caudina il 13/01/1946;
Adamo Concettina, nata a San Martino Valle Caudina il 06/03/1971;
avverso la sentenza del 11/11/2014 del Tribunale di Avellino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Fulvio Baldi, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi;
udito per le imputate l’avv. Angelo Adamo che ha concluso per l’accoglimento dei ricorsi.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Il Tribunale di Avellino, con sentenza dell’ll/11/2014, ha condannato D’Onofrio Genoveffa e Adamo Concettina per il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art.  256, comma 1, per aver conferito su un terreno di loro proprietà, senza la prescritta autorizzazione, terra e roccia da scavo, accertato in San Marino Valle Caudina il 3 giugno 2011, alla pena di€ 3000 di ammenda ciascuna.
 
2. Avverso tale pronuncia D’Onofrio Genoveffa e Adamo Concettina hanno proposto ricorso, deducendo, con il primo motivo la violazione dell’art 606 comma 1 lett. e) cod.proc.pen., in relazione agli artt. 125 e 546 cod.proc.pen., per assenza di motivazione sull’affermazione della responsabilità penale. Il Giudice sarebbe pervenuto all’affermazione della responsabilità delle ricorrenti con motivazione apodittica e senza esplicitare il percorso argomentativo attraverso cui sarebbe pervenuto alla configurazione del reato e all’attribuibilità della condotta alle ricorrenti, responsabilità fondata sulla mera presenza sul luogo del fatto.
 
Con il secondo motivo deduce l’omessa pronuncia della sentenza sulla richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche.
 
3. Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
4. I ricorsi sono connotati da evidente genericità dei motivi e, pertanto, sono inammissibili.
 
L’atto di impugnazione affermando, apoditticamente, che non sarebbe stata raggiunta la prova per l’affermazione della responsabilità, non si misura con la sentenza che, al contrario, ha sviluppato una motivazione congrua, adeguata e corretta sul piano del diritto per l’affermazione della responsabilità delle ricorrenti, D’Onofrio e Adamo, in ordine al reato di deposito non autorizzato di rifiuti. Alle argomentazioni del Giudice, le ricorrenti svolgono una generica censura limitandosi
a sostenere che sarebbe errata l’affermazione della responsabilità fondata sulla mera presenza sul posto.
 
L’assunto difensivo, connotato da genericità che sarebbe già sufficiente per la declaratoria di inammissibilità, è smentito dalla lettura della motivazione della sentenza impugnata. Il Giudice, dopo aver ricostruito il fatto, per come accertato dal Corpo Forestale dello Stato che aveva rilevato l’esistenza, all’interno di un fondo, di proprietà delle ricorrenti, di un cumulo di terra e rocce da scavo, avente misure in pianta di m. 21×26, con innalzamento del piano di campagna di circa 50-60 cm., e dunque di un cumulo di rilevanti dimensioni, aveva dato atto che le ricorrenti, presenti sul posto, interpellate non avevano esibito l’autorizzazione al deposito di rifiuti, e che non ricorreva l’esclusione dall’applicazione della disciplina sui rifiuti per le terre e rocce da scavo (art. 186 d.lgs 3 aprile 2006, n. 152), in assenza di prova positiva, gravante sulle ricorrenti, della loro riutilizzazione secondo un progetto ambientalmente compatibile.
 
Quanto al profilo dell’attribuzione del reato alle ricorrenti, il Tribunale ha, correttamente, evidenziato, oltre alla circostanza che le ricorrenti erano proprietarie del fondo, sul quale erano state depositate le terre e rocce da scavo con le dimensioni sopra indicate, la materiale disponibilità del fondo desunta dall’essere residenti presso il luogo del deposito e dall’essere presenti sul luogo al momento dell’accertamento. Al contrario, l’assenza di tali circostanze aveva condotto all’assoluzione di altra coimputata comproprietaria residente altrove. Il Tribunale di Avellino ha offerto adeguata, congrua motivazione delle ragioni per le quali è pervenuto all’affermazione della responsabilità penale delle ricorrenti ed ha fatto corretta applicazione dei principi, affermati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui in materia di rifiuti, non è configurabile in forma omissiva il reato di cui all’art. 256, comma secondo, D.Lgs. n. 152 del 2006, nei confronti del proprietario di un terreno sul quale terzi abbiano abbandonato o depositato rifiuti in modo incontrollato, anche nel caso in cui non si attivi per la rimozione dei rifiuti, poiché tale responsabilità sussiste solo in presenza di un obbligo giuridico di impedire la realizzazione o il mantenimento dell’evento lesivo, che il proprietario può assumere solo ove compia atti di gestione o movimentazione dei rifiuti (Sez. 3, n. 50997 del 07/10/2015, Cucinella, Rv. 266030; Sez. 3, n. 40528 del 10/06/2014, Cantoni Rv. 260754) ed ha condannato le ricorrenti, proprietarie, non già per la loro qualità di possessore dell’area di deposito, ma per avere costoro consapevolmente partecipato all’attività illecita, mettendo a disposizione il terreno per il deposito di rocce e terra da scavo, con conseguente trasformazione dell’area che, per le dimensioni di questa, era necessariamente assentita dalle ricorrenti integrando, così, un atto di gestione.
 
A fronte di siffatta motivazione, le ricorrenti oppongono genericamente l’assenza delle ricorrenti sul posto e richiedono una rivalutazione delle prove non consentita in questa sede.
 
5. Inammissibile è il secondo motivo non risultano, dagli atti a cui questa Corte ha accesso, la richiesta di riconoscimento delle circostanze di cui all’art. 62 bis cod. pen. Al riguardo il giudice di merito non è tenuto a riconoscere le circostanze attenuanti generiche, né è obbligato a motivarne il diniego, qualora in sede di conclusioni non sia stata formulata specifica istanza, non potendo equivalere la generica richiesta di assoluzione o di condanna al minimo della pena a quella di concessione delle predette attenuanti (Sez. 3, n. 11539 del 08/01/2014, Mammola, Rv. 258696).
 
6. I ricorsi, conseguentemente, devono essere dichiarati inammissibili e alla declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa delle ricorrenti (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 1.500,00 per ciascuna.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento di € 1.500,00 ciascuna in favore della Cassa delle Ammende.
 
Così deciso l’01/06/2016
 
 
 
 
 
 

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