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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, VIA VAS AIA Numero: 37051 | Data di udienza: 30 Maggio 2012

VALUTAZIONE IMPATTO AMBIENTALE – Nozione di V.i.a. nell’accezione più ampia – Strumento di tutela e procedure di V.a.s. e di V.i.a – Procedura di valutazione di impatto ambientale – Fasi, Valutazioni, Motivazioni e Garanzie – BENI CULTURALI E AMBIENTALIArtt. 163-181 del d.lgs. n.42/2004Artt. 1, 2, 19 e ss. D.lgs. n.152/2006 – Art.734 cod. pen..


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 26 Settembre 2012
Numero: 37051
Data di udienza: 30 Maggio 2012
Presidente: Petti
Estensore: Marini


Premassima

VALUTAZIONE IMPATTO AMBIENTALE – Nozione di V.i.a. nell’accezione più ampia – Strumento di tutela e procedure di V.a.s. e di V.i.a – Procedura di valutazione di impatto ambientale – Fasi, Valutazioni, Motivazioni e Garanzie – BENI CULTURALI E AMBIENTALIArtt. 163-181 del d.lgs. n.42/2004Artt. 1, 2, 19 e ss. D.lgs. n.152/2006 – Art.734 cod. pen..



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 26 Settembre 2012 (Ud. 30/05/2012), Sentenza n. 37051 

 

 
VALUTAZIONE IMPATTO AMBIENTALE – Nozione di V.i.a. nell’accezione più ampia – Strumento di tutela e procedure di V.a.s. e di V.i.a – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Artt. 163-181 del d.lgs. n.42/2004 – Artt. 1, 2, 19 e ss. D.lgs. n.152/2006 – Art.734 cod. pen.
 
La V.i.a. è stata individuata come uno strumento di tutela dell’ambiente nella sua accezione più ampia, e cioè quale sistema integrato che condiziona la qualità della vita dell’uomo anche nella sua proiezione futura. Appare, dunque errato, limitare la disciplina in tema di V.i.a. alla sola tutela delle specie animali e vegetali e omettere l’importanza rivestita anche ai fini del paesaggio e del contesto in cui le specie viventi e l’uomo si collocano. Tale impostazione appare pienamente confermata d.lgs. 3 aprile 2006, n.152, come emerge dai contenuti del preambolo, dall’art.1, comma 1, lett.b, ove le procedure di V.a.s. e di V.i.a, sono poste in relazione anche alla tutela del suolo, dall’art.2, concernente le specifiche finalità che la disciplina si propone. 
 
(annulla con rinvio sentenza del 7/3/2011 della Corte di appello di Catanzaro) Pres. Petti, Est. Marini, Ric. PG in proc. Polillo

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 26 Settembre 2012 (Ud. 30/05/2012), Sentenza n. 37051

SENTENZA

 

 
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta da
 
Ciro Petti – Presidente
Silvio Amoresano – Consigliere
Luigi Marini – Consigliere Rel.
Luca Ramacci   – Consigliere
Alessandro Maria Andronio   – Consigliere
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
– sul ricorso proposto dal Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Catanzaro nel procedimento nei confronti Polillo;
– avverso la sentenza del 7/3/2011 della Corte di appello di Catanzaro che ha confermato la sentenza dell’11/12/2007 del Tribunale di Paola, sez.dist. di Scalea, che aveva assolto l’imputato dal reato previsto dagli artt.110 cod. pen., 163 del d.lgs. 29 ottobre 1999, n.490 e 181 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42, commesso dal 6/11/2003 al 30/6/2005.
– visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
– udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
– udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Gabriele Mazzotta, che ha concluso chiedendo ACR;
– udito per la parte civile l’avv. Vittorio Amedeo Marinelli,
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza dell’11/12/2007 il Tribunale di Paola, sez.dist. di Scalea, ha condannato i sigg. Praticò e Argirò, il primo quale sindaco del Comune di Praia a Mare e il secondo quale responsabile del procedimento, perché colpevoli del reato previsto dagli artt.110 e 353, commi 1 e 2, cod. pen. (capo A) avendo costoro favorito illegalmente la “M. S.r.l.” per i lavori di realizzazione di un grande complesso alberghiero in loc. Fiuzzi; ha assolto il sig. Polillo, quale legale rappresentante della “M. S.r.l.” dal reato ex artt.110 cod. pen., 163 del d.lgs. 29 ottobre 1999, n.490 e 181 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42 (capo B), con la formula perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, e dal reato ex art.734 cod. pen. (capo C) perché il fatto non costituisce reato; ha, infine, respinto le richieste di risarcimento delle parti civile costituite.
 
2. Avverso tale decisione hanno proposto appello sia i sigg. Praticò e Argirò sia il Pubblico ministero, che ha impugnato la decisione unicamente nei confronti della posizione Polillo.
 
3. La Corte di appello di Catanzaro ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dei due imputati appellanti per essere il reato estinto per prescrizione; ha confermato nel resto la sentenza impugnata dal Pubblico ministero.
 
Propone appello il Procuratore generale in sede con riferimento al solo imputato Polillo con riferimento al capo B) della rubrica. Il ricorrente lamenta:
a) Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. con riferimento agli art.163 del d.lgs. 29 ottobre 1999, n.490 e 181 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42;
b) Vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen..
 
Osserva il ricorrente che in modo del tutto erroneo la Corte di appello ha ritenuto (pag.2 motivazione) che la mancanza di preventiva V.i.a. non costituisca elemento rilevante ai fini della commissione del reato contestato.
 
Premesso che il complesso alberghiero si compone di 50 mila metri cubi e di 900 posti letto e che la gara per il trasferimento del diritto di superficie su cui insiste il complesso fu effettuata con modalità irregolari, il ricorrente osserva che la collocazione dell’albergo si pone a ridosso di due aree protette di grande pregio paesaggistico e ambientale. Tali caratteristiche avrebbero richiesto l’espletamento della procedura di valutazione ambientale e, in assenza di essa, il nulla osta paesaggistico rilasciato dal sindaco Praticò risulta illegittimo, anche perché motivato con riferimento a indicazioni non conformi a verità, e rende privo di validità il successivo nulla osta rilasciato dalla Soprintendenza calabrese. A ciò si aggiunga che in data 12/12/2006 la Regione Calabria ha espresso “valutazione di incidenza negativa per la realizzazione del complesso alberghiero”.
 
Posto che la concessione rilasciata dal Comune è illegittima in quanto fondata su un falso ideologico, assumono specifico rilievo le osservazioni del Ministero dell’Ambiente (pag.6 del ricorso) e la circostanza che la V.i.a. è obbligatoria per le strutture alberghiere che, non rientrando nel perimetro del centro abitato, abbiano volumetria superiore a 25.000 metri quadri. Osserva il ricorrente che, procedendo con valutazione ex ante in ordine all’impatto della struttura alberghiera con l’ambiente, viene in luce la disposizione dell’art.5 del d.P.R. 8 settembre 1997, n.357 (recepimento della Direttiva CE 21 maggio 1992, n.9243), che ai commi 3 e 4 prevede in casi del genere la necessità di una valutazione d’impatto, obbligo ribadito dall’art.40 del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152.
 
Sostiene, in conclusione, il ricorrente che i nulla osta rilasciati sono illegittimi e che difetta la necessaria valutazione d’impatto ambientale, con conseguente necessità di annullare la sentenza impugnata e di considerare che il reato ex art.181 d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42 deve essere ritenuto permanente, e dunque non ancora prescritto, in quanto l’area edificata risulta di notevole interesse ambientale e paesaggistico ai sensi della legge n.1498 del 1979.
 
Con memoria in data 20/5/2012 il Sig. Polillo contesta che la violazione ex artt.163-181 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42 possa essere integrata dalla mancanza della valutazione di incidenza, attesa la differenza della materia disciplinata dalle due normative richiamate dalla Corte di appello e atteso che la sanzione ex art.182, citato, opera con riferimento alla sola parte III del d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42 e certamente non con riferimento alla disciplina contenuta nel d.P.R. n, 357 del 1997, disciplina meramente recettizia di quella comunitaria e non assistita da sanzione penale.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
Ritiene la Corte che il ricorso meriti parziale accoglimento, nei termini di seguito specificati.
 
1. La Corte osserva, in primo luogo, che la sentenza impugnata incorre in una evidente contraddizione nel momento in cui giunge a un giudizio di responsabilità dei pubblici ufficiali per le ipotesi loro contestate e nello stesso tempo omette di rilevare che l’esigenza di favorire la società privata si collega a una serie di condotte che non sono certo irrilevanti ai fini della commissione del reato sub B).
 
A tale proposito il ricorrente evidenzia che il nulla osta rilasciato dal sindaco nel corso dell’anno 2003 si fonda sulla falsa attestazione secondo cui il complesso in costruzione ricade all’interno dell’area edificata; tale falsa premessa si collega ai limiti previsti dalla legge per le opere che, come quella realizzata, hanno cubatura superiore ai 25.000 metri cubi e prevedono un numero di posti letto superiore a 300. Già questa circostanza rende invalido il procedimento che ha condotto al rilascio del permesso di costruire e impone al giudice penale di non ritenere esistente il nulla osta sindacale.
 
Osserva sul punto la Corte che la sentenza impugnata ha, con motivazione solo parziale e, dunque, carente, limitato l’esame al solo profilo della rilevanza della procedura di V.i.a. rispetto alla legittimità del procedimento e alla sussistenza del reato contestato, omettendo di prendere in esame i diversi profili di illiceità degli atti amministrativi che sia il capo d’imputazione sia l’atto di appello mettevano in evidenza.
 
2. L’esame degli allegati al ricorso del pubblico ministero sottopongono all’attenzione di questa Corte alcuni profili di illegittimità dei provvedimenti sindacali e dell’intera procedura che i giudici di appello avrebbero dovuto esaminare e valutare. Il primo di essi concerne la illegittimità del decreto sindacale 5/7/2003, e del conseguente provvedimento adottato dalla Soprintendenza cosentina, sia perché rilasciato in difformità dai vincoli esistenti sull’area sia perché fondato su un duplice falso ideologico: la collocazione del progettato intervento edilizio in area ormai urbanizzata, mentre si era in presenza di area di completamento; l’avvenuta attestazione dell’assenza di vincoli e di limitazioni da parte della stessa autorità centrale preposta, e ciò sulla base del richiamo in motivazione ad un precedente provvedimento che, invece, si riferiva a diverso immobile situato in altra e non comparabile area del territorio comunale (fatto per cui lo stesso sindacato è stato oggetto di citazione a giudizio per reato di falso).
 
La presenza di due e radicali vizi ora ricordati appaiono privare di legittimità l’atto di assenso, circostanza che i giudici di appello erroneamente non hanno preso in considerazione, così incorrendo nel vizio di carenza e contraddittorietà della motivazione. La sentenza deve, pertanto, essere annullata con rinvio al giudice di merito perché, alla luce dei principi affermati con la presente decisione, provveda a un nuovo giudizio.
 
3. Venendo al tema del mancato espletamento della procedura di V.i.a., la Corte ricorda che, oltre alla disciplina citata in precedenza, la Direttiva 85/337/CEE del 27/6/1985 e la successiva modifica ex Direttiva n.97/11 CE, del 3 marzo 1997, hanno preso in esame l’impatto che sul suolo, sull’aria, sul clima, sulle specie animali e sul paesaggio può discendere dalla realizzazione di grandi opere, sia pubbliche sia private, individuate negli allegati I e II. Si tratta in particolare di insediamenti produttivi e di interventi con significativo rischio di inquinamento o con forte impatto negativo sulla realtà circostante. Dalla rilevanza di tale impatto sulla qualità della vita dell’uomo è stato fatto discendere l’obbligo che i progetti delle grandi opere siano sottoposti a preventiva procedura d’impatto ambientale.
 
La disciplina europea qui richiamata è stata progressivamente recepita, inizialmente con la legge 8 luglio 1986, n.349, istitutiva del Ministero dell’Ambiente, che all’art.6 rinvia a successivi D.P.C.M., e quindi col D.P.C.M. 10 agosto 1988 e con i d.P.R. 5/12/1991, 27/4/1992 e 11/2/1998, per giungere alla disciplina del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152, artt.23 e 25, norma successiva ai fatti oggetto del presente procedimento.
 
Non vanno, poi, dimenticate le direttive 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernenti la valutazione degli effetti sull’ambiente di determinati piani e programmi, e le direttive 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003.
 
Dall’insieme della disciplina fin qui citata emerge con evidenza che la V.i.a. è stata individuata come uno strumento di tutela dell’ambiente nella sua accezione più ampia, e cioè quale sistema integrato che condiziona la qualità della vita dell’uomo anche nella sua proiezione futura; appare, dunque errato, limitare la disciplina in tema di V.i.a. alla sola tutela delle specie animali e vegetali e omettere l’importanza rivestita anche ai fini del paesaggio e del contesto in cui le specie viventi e l’uomo si collocano.
 
Tale impostazione appare pienamente confermata d.lgs. 3 aprile 2006, n.152, come emerge dai contenuti del preambolo, dall’art.1, comma 1, lett.b, ove le procedure di V.a.s. e di V.i.a, sono poste in relazione anche alla tutela del suolo, dall’art.2, concernente le specifiche finalità che la disciplina si propone. A questo proposito appare utile riportare di seguito il contenuto dell’art.24 del d.lgs. citato, concernente le finalità della V.i.a.:
” 1. La procedura di valutazione di impatto ambientale deve assicurare che:
a) nei processi di formazione delle decisioni relative alla realizzazione di progetti individuati negli Allegati alla parte seconda del presente decreto siano considerati gli obiettivi di proteggere la salute e di migliorare la qualità della vita umana, al fine di contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento della varietà delle specie e conservare la capacità di riproduzione dell’ecosistema in quanto risorsa essenziale di vita, nonche’ gli obiettivi di garantire l’uso plurimo delle risorse naturali, dei beni pubblici destinati alla fruizione collettiva, e di assicurare lo sviluppo sostenibile;
b) per ciascun progetto siano valutati gli effetti diretti ed indiretti della sua realizzazione sull’uomo, sulla fauna, sulla flora, sul suolo, sulle acque di superficie e sotterranee, sull’aria, sul clima, sul paesaggio e sull’interazione tra detti fattori, sui beni materiali e sul patrimonio culturale ed ambientale;
c) per ciascun progetto siano esplicitate le principali ragioni della scelta fra le alternative proposte dal committente;
d) in ogni fase della procedura siano garantiti lo scambio di informazioni e la consultazione tra il soggetto proponente e l’autorità competente;
e) siano garantite l’informazione e la partecipazione del pubblico al procedimento;
f) siano conseguite la semplificazione, la razionalizzazione ed il coordinamento delle valutazioni e degli atti autorizzativi in materia ambientale.”
 
Cossi ricostruito il contenuto e le finalità della disciplina in termini di valutazione d’impatto, occorre verificare se possa condividersi l’assunto del ricorrente secondo cui la sentenza impugnata sarebbe incorsa in errore escludendo che il mancato rispetto degli obblighi concernenti la V.i.a. integri condotta rilevante rispetto alla fattispecie incriminatrice prevista dall’art.163 e dall’art.181 del d.lgs, 22 gennaio 2004, n.42.
 
La Corte, ritenute non applicabili ai fatti in esame la disciplina introdotta con il d.lgs. 3 aprile 2006, n.152 e le determinazioni amministrative adottate in epoca successiva alle condotte contestate, considera che spetti al giudice di merito valutare in concreto se la natura e le dimensioni dell’insediamento alberghiero collocassero l’intervento in esame tra quelli per i quali operava la disciplina in tema di V.i.a. come esaminata nelle pagine che precedono.
 
4. Il contenuto della decisione impone alla Corte di rimettere all’esito del giudizio di merito la valutazione in ordine soccombenza e alla conseguente liquidazione delle spese sostenute nel presente grado dalla parte civile.
 
P.Q.M.
 
Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Catanzaro, altra Sezione, per nuovo giudizio. 
 
Rimette al giudice del merito la liquidazione delle spese sostenute in questo grado dalla parte civile.
 
Così deciso il 30 Maggio 2012
 

 

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