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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 28205 | Data di udienza: 19 Marzo 2013

* RIFIUTI – Materiale da demolizione e da scavo – Impianto mobile di frantumazione – Trasformazione dei materiali – Autorizzazione – Necessità – Responsabilità della ditta proprietaria dei macchinari – Artt. 208 c.15 e 256 d.lgs. n.152/2006.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 28 Giugno 2013
Numero: 28205
Data di udienza: 19 Marzo 2013
Presidente: Teresi
Estensore: Marini


Premassima

* RIFIUTI – Materiale da demolizione e da scavo – Impianto mobile di frantumazione – Trasformazione dei materiali – Autorizzazione – Necessità – Responsabilità della ditta proprietaria dei macchinari – Artt. 208 c.15 e 256 d.lgs. n.152/2006.



Massima

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 28 Giugno 2013 (Ud. 19/03/2013) Sentenza n. 28205


RIFIUTI – Materiale da demolizione e da scavo – Impianto mobile di frantumazione – Trasformazione dei materiali  – Autorizzazione – Necessità – Responsabilità della ditta proprietaria dei macchinari – Artt. 208 c.15 e 256 d.lgs. n.152/2006
 
Gli impianti mobili adibiti alla macinatura, vagliatura e deferrizzazione dei materiali inerti prodotti da cantieri edili di demolizione debbono munirsi dell’autorizzazione prevista dal comma 15 dell’art.208 del d.Igs. 3 aprile 2006, n.152, in quanto gli stessi non possono essere considerati impianti che effettuano le semplice riduzione volumetrica e separazione di eventuali frazioni estranee, ma operano una vera trasformazione dei materiali. Fattispecie: “nolo a caldo” del macchinario per lo smaltimento di rifiuti non pericolosi (materiale da demolizione e da scavo) mediante frantumazione in assenza di autorizzazione e responsabilità della ditta proprietaria dei macchinari.
 
(conferma sentenza del 27/4/2012 del Tribunale di Verbania) Pres. Teresi, Est. Marini, Ric. Lietta

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 28 Giugno 2013 (Ud. 19/03/2013) Sentenza n. 28205

SENTENZA

 

REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta da
 
Alfredo Teresi – Presidente
Mario Gentile 
Luigi Marini                     – Relatore   
Lorenzo Orilia 
Luca Ramacci
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
– sul ricorso proposto da LIETTA Pierino, nato a Premosello-Chiovenda il 14/11/1956;
– avverso la sentenza del 27/4/2012 del Tribunale di Verbania, che lo ha condannato alla pena di 1.800,00 euro di ammenda perché colpevole del reato previsto dall’art.256 del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152, commesso fino al 22/7/2009;
– visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; 
– udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini; 
– udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Gabriele Mazzotta, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Su opposizione al decreto penale di condanna emesso dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Verbania in data 20/8/2010 (depositato in data 19/8/2010), il Tribunale ha condannato il sig.Lietta perché colpevole, quale amministratore della “Cava di San Bernardino S.r.l.”, del reato contestato al capo 13 (artt.208 e 256, comma 1, lett.a del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152), in esso assorbito il reato contestato al capo A (art.20, comma 1, lett.b, e 256 della medesima legge) con riferimento allo smaltimento di rifiuti non pericolosi (materiale da demolizione e da scavo) mediante frantumazione in assenza di autorizzazione.
 
Osserva il Tribunale che la società amministrata dal sig. Lietta ha noleggiato “a caldo” un impianto mobile di frantumazione, per il cui esercizio non detiene alcuna autorizzazione, ad altra ditta che la utilizzava nel cantiere ove stava demolendo un edificio industriale e procedendo agli scavi per la realizzazione dei plinti di un nuovo edificio. Il Tribunale ha escluso che il macchinario rientri tra quelli il cui utilizzo è riconducibile all’ipotesi prevista dal comma 15 dell’art.208 del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152, e ha escluso che la condotta illecita sia ascrivibile al solo titolare della ditta che utilizzava l’impianto.
 
2. Avverso tale decisione il sig. Lietta ha proposto ricorso, in sintesi osservando:
a. Errata applicazione di legge ai sensi dell’art.606, lett.b) e lett.c) cod.proc.pen. in relazione all’art.552, comma 2, cod. proc. peri. e 111 Costituzione in quanto i capi di imputazione riportati in sentenza non sono gli stessi di quelli contestati in sede di decreto penale di condanna e di decreto di citazione a giudizio, posto che questi omettono l’indicazione della norma violata e recano in modo errato l’indicazione del dell’all.IV e sue parti; si tratta di errore di cui il P.M. e il giudice e l’imputato hanno avuto contezza soltanto alla udienza del 27/4/2012, allorché il P.M. ha individuato per la prima volta la normativa applicabile.
 
Erroneamente, dunque, il Tribunale ha rigettato con l’ordinanza 7/2/2012 l’eccezione di nullità dei capi di imputazione;
 
b. Errata applicazione di legge ai sensi dell’art.606, lett.b) cod.proc.pen. e vizio motivazionale ai sensi dell’art.606, lett.e) cod.proc.pen. in relazione agli artt.478 e 125 cod. proc. pen. Il teste Ruschetta (ud.16/4/2012) ha riferito che nella indicazione delle norme oggetto d’imputazione vi era un errore e che dove si legge “comma 7” deve leggersi “paragrafo 7” e dove si legge “lettera 7.b” deve leggersi “lettera z.b”; la Difesa ha riproposto l’eccezione di nullità dell’imputazione e il giudice si è riservato di decidere, che non ha poi sciolto, con conseguente violazione degli artt.478 e 125 cod. proc. pen.;
 
c. Errata applicazione di legge ai sensi dell’art.606, lett.b) cod.proc.pen., difettando non solo l’indicazione corretta delle fattispecie violate, ma anche l’indicazione della disciplina regionale cui rinvia l’all.IV. Inoltre, che il reato sub a) per cui vi è stata affermazione di assorbimento nel capo b) non è quello previsto con riferimento alla lett.b) dell’art.20 del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152, bensì quello previsto dalla lett.c), alla luce delle modifiche apportate con il d.lgs. 2 giugno 2010, n.128;
 
d. Errata applicazione di legge ai sensi dell’art.606, lett.b) cod.proc.pen. in relazione all’art.208, comma 1, d.lgs. 3 aprile 2006, n.152, essendo emerso in dibattimento (testi Ruschetta e Lojodice) che il frantoio era stato utilizzato esclusivamente per la riduzione volumetrica dei materiali, essendo stata la separazione effettuata preliminarmente da terzi, così che, escluso che i materiali ferrosi fossero trattati dall’impianto, si versa nella ipotesi di deroga prevista dal comma 15 del citato art.208. Inoltre, la società dell’imputato si limitava a noleggiare l’impianto, così che non svolgeva in proprio l’attività di recupero contestata, che veniva svolta dalla ditta che utilizzava l’impianto, con la conseguenza che il “gestore” deve essere individuato in cui colui che è tenuto alla presentazione del progetto;
 
e. Errata applicazione di legge ai sensi dell’art.606, lett.b) cod.proc.pen. in relazione all’art.5 cod. pen. apparendo la normativa in materia generica e difficile da ricostruire.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. La dettagliata esposizione della vicenda processuale e dei motivi di ricorso consente alla Corte di provvedere alla sintetica enunciazione delle ragioni che sostengono la presente decisione.
 
2. Osserva preliminarmente la Corte che la ricostruzione del fatto e della disciplina come operata da Tribunale, che ha concluso per l’assorbimento del reato previsto dal capo A in quello previsto dal capo B, risultano frutto di una chiara individuazione del fatto storico e consentono a questo giudice di apprezzare la qualificazione giuridica che al fatto è stata attribuita.
 
3. Osserva, ancora, che la contestazione mossa al ricorrente concerne le modalità di gestione di macchinari specializzati che la ditta utilizzava e noleggiava in modo professionale, così che la materia delle necessarie autorizzazioni amministrative non può dirsi estranea alla sfera di conoscenza richiesta per svolgere detta attività imprenditoriale. A ciò consegue la palese infondatezza del quinto motivo di ricorso in ordine alla scarsa comprensione della disciplina esistente, disciplina che inoltre, come si dirà, può essere con certezza individuata.
 
4. Venendo alle contestazioni mosse dal ricorrente, occorre muovere da due circostanze: 
a) il Tribunale ha accertato che si è in presenza di ipotesi di “nolo a caldo” del macchinario, e cioè di accordo contrattuale e di successiva prestazione che comportano per la ditta noleggiante non solo la messa a disposizione del macchinario, ma anche la sua corretta utilizzazione da parte del personale messo anch’esso a disposizione rispetto ai materiali che vengono trattati e alle modalità di trattazione; in altri termini, pur all’interno del progetto di lavoro della ditta che usufruirà del macchinario questo continua ad essere gestito direttamente dalla ditta noleggiante, che non resta estranea alle attività svolte e deve assicurare la regolarità della utilizzazione dei macchinari; 
b) l’attività in concreto svolta dal macchinario e dal personale della ditta San Bernardino non consisteva nella mera riduzione volumetrica, ma nella trasformazione di un materiale composito in altro funzionale alle esigenze della ditta utilizzatrice.
 
5. Entrambi questi profili sono stati oggetto di accertamento in fatto operato dal Tribunale e sostenuto con motivazione né incoerente (si veda la nota del 25/8/2009 diretta dalla Cava San Bernardino alla ditta utilizzatrice) né illogica, così escludendo che il giudice di legittimità possa operare una diversa ricostruzione dei presupposti in fatto della decisione.
 
6. Deve questo punto ricordarsi che questa Sezione ha già affrontato il tema della corretta gestione degli impianti di frantumazione mobili, e con sentenza n.21859 del 27/4/2011, Colanzi, affermato il principio che gli impianti mobili adibiti alla macinatura, vagliatura e deferrizzazione dei materiali inerti prodotti da cantieri edili di demolizione debbono munirsi dell’autorizzazione prevista dal comma 15 dell’art.208 del d.Igs. 3 aprile 2006, n.152, in quanto gli stessi non possono essere considerati impianti che effettuano le semplice riduzione volumetrica e separazione di eventuali frazioni estranee, ma operano una vera trasformazione dei materiali.
 
7. L’art.208, comma 15, citato, è disposizione assolutamente chiara nel prevedere che spetta alla ditta proprietaria dei macchinari in esame provvedere a richiedere l’autorizzazione all’autorità competente per la sede legale, compresa in questo la sede legale dell’impresa straniera, e a procedere successivamente all’impiego dei macchinari previa comunicazione all’autorità del luogo ove l’impianto mobile viene utilizzato.
 
8. Nessun dubbio sussiste, in conclusione, circa il fatto che la garanzia in ordine al possesso delle autorizzazioni e all’avvenuta effettuazione delle comunicazioni spettasse alla Cave San Bernardino e che tale obbligo abbia formato oggetto delle contestazioni mosse in sede di rinvio a giudizio. Non si ravvisa, dunque, alcuna violazione del diritto di difesa a causa di quello che viene lamentato come un impreciso richiamo all’allegato 4 e alle sue parti.
 
9. Sempre con riferimento alla asserita violazione del diritto di difesa, la Corte ritiene che ulteriori due circostanze escludano l’esistenza della violazione:
a) In primo luogo, la censura del ricorrente si concentra sulla formulazione della capo A della rubrica, e cioè del capo concernente il reato ritenuto assorbito nel capo B che non è oggetto di censure, e già questo esclude la rilevanza di eventuali imprecisioni o errori di contestazione;
b) In secondo luogo, la lettura del capo A evidenzia come il primo capoverso riporti l’indicazione “paragrafo 7 lett. z.b)” e il secondo capoverso l’indicazione “comma 7 lett. 7.b”, con una imprecisione che consentiva alla difesa tecnica di comprendere quale fosse la fonte normativa richiamata in relazione al fatto chiaramente e univocamente descritto.
 
10. Alla luce delle considerazioni fin qui esposte il ricorso deve essere respinto e il ricorrente condannato, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
 
P.Q.M.
 
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. 
 
Così deciso il 19/3/2013

 

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