DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Violazioni urbanistiche – Modalità di calcolo dei termini di prescrizione – Artt. 44, 45 d.P.R. n. 380/2001.
Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 28 Settembre 2021
Numero: 35627
Data di udienza: 9 Luglio 2021
Presidente: RAMACCI
Estensore: ANDREAZZA
Premassima
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Violazioni urbanistiche – Modalità di calcolo dei termini di prescrizione – Artt. 44, 45 d.P.R. n. 380/2001.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 28 settembre 2021 (Ud. 09/07/2021), Sentenza n.35627
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Violazioni urbanistiche – Modalità di calcolo dei termini di prescrizione – Artt. 44, 45 d.P.R. n. 380/2001.
Per il calcolo dei termini in materia di violazioni urbanistiche, può farsi riferimento alla data della sentenza di primo grado quale momento di cessazione dell’attività edilizia quando i lavori siano proseguiti dopo l’accertamento degli stessi e fino alla data del giudizio, diversamente essendo invece l’accertamento (salvo che non si dimostri una sospensione addirittura anteriore) il momento di consumazione del reato coincidente con il dies a quo del termine di prescrizione.
(rigetta il ricorso avverso sentenza del 13/11/2019 del TRIBUNALE di BENEVENTO) Pres. RAMACCI, Rel. ANDREAZZA, Ric. Fusco ed altri
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 28/09/2021 (Ud. 09/07/2021), Sentenza n.35627SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
FUSCO EMILIO nato a BENEVENTO;
DEL SORBO UGO nato a AVELLINO;
MARINO PIERINO nato a BUONALBERGO;
avverso la sentenza del 13/11/2019 del TRIBUNALE di BENEVENTO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GASTONE ANDREAZZA;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FELICETTA MARINELLI;
che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso;
Ricorso trattato ai sensi dell’art. 23 comma 8 del d.l. n. 137 del 2020
RITENUTO IN FATTO
1. Fusco Emilio, Del Sorbo Ugo e Marino Pierino hanno presentato ricorso per Cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Benevento in composizione monocratica che li condannava alla pena di 5.000 euro di ammenda per avere, in violazione dell’art. 44 comma 1, lett. a) del d.P.R. n. 380 del 2001, realizzato abusivamente l’opera edilizia consistita, tra l’altro, in aumenti di prospetti e prolungamento di una scala, relativa ad un vecchio fabbricato urbano demolito in via S. Colombaia civ. 17-19-21 in difformità, per struttura e volumetria, rispetto a quanto autorizzato nel permesso di costruire n. 1411 del 21/07/2009, rilasciato a Marino Pierino dal Comune di Benevento e prorogato con atto 59017/2012, così come accertato in data 2 aprile 2013.
2. I ricorsi di Del Sorbo Ugo e Marino Pierino si compongono ciascuno di tre motivi di analogo contenuto.
2.1. Con il primo motivo si lamenta la mancata dichiarata estinzione del reato per intervenuta sanatoria rilasciata il 29 marzo 2019 e di cui la sentenza impugnata ha tuttavia dato conto, con conseguente violazione dell’art.45, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta la manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art.44, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001, essendo la condanna intervenuta in relazione alla fattispecie di cui alla lett. a) del citato art. 44 pur a fronte, successivamente alla modifica dell’imputazione operata dal P.M. in udienza, di contestazione riguardante la difformità dell’opera da permesso di costruire rispetto alla quale, peraltro, la stessa sentenza ha dichiarato non essere l’opera risultata diversa per caratteristiche tipologiche e plano volumetriche da quella oggetto del permesso di costruire.
2.3. Con il terzo motivo si deduce l’inosservanza dell’art. 157 cod. pen. non avendo la sentenza dichiarato estinto il reato per prescrizione, essendo la permanenza cessata per effetto dell’ultimazione, trattandosi di ristrutturazione di fabbricato già esistente.
3. Fusco Emilio deduce, con un primo motivo, la inosservanza e/o erronea applicazione della disciplina degli artt. 157 e ss. cod. pen., essendo trascorsi cinque anni tra la data di accertamento del fatto (02/04/2013) e l’intervenuto decreto di citazione diretta a giudizio (24/09/2018) non avendo la sentenza dichiarato estinto il reato per prescrizione, essendo la permanenza cessata per effetto dell’ultimazione, trattandosi di ristrutturazione di fabbricato già esistente.
Aggiunge che in sede dibattimentale non veniva prodotta prova alcuna della concreta prosecuzione dei lavori anche dopo la data di accertamento della contravvenzione, quale onere specifico della Pubblica Accusa.
Anche a non volere ritenere fondato l’effettivo completamento dei lavori in data antecedente all’avvio del procedimento penale, non si potrebbe non considerare inoltre come la sospensione degli stessi anche per effetto di un provvedimento giurisdizionale nella specie decreto di sequestro delle opere- avrebbe necessariamente determinato la fine della permanenza e, quale conseguenza indefettibile, la estinzione del reato.
3.1. Con il secondo motivo deduce la mancata dichiarata estinzione del reato per intervenuta sanatoria rilasciata il 29 marzo 2019 e di cui la sentenza impugnata ha tuttavia dato conto, con conseguente violazione dell’art.45, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001.
3.2. Con il terzo motivo di ricorso lamenta la manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art.44, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001, essendo la condanna intervenuta in relazione alla fattispecie di cui alla lett. a) del citato art. 44 pur a fronte, successivamente alla modifica dell’imputazione operata dal P.M. in udienza, di contestazione riguardante la difformità dell’opera da permesso di costruire rispetto alla quale, peraltro, la stessa sentenza ha dichiarato non essere l’opera risultata diversa per caratteristiche tipologiche, plano volumetriche da quella oggetto del permesso di costruire.
4. E’ fondato il pregiudiziale motivo, sollevato da tutti i ricorrenti, in ordine alla intervenuta prescrizione del reato.
La sentenza impugnata ha invero disatteso la relativa eccezione, fondata sulla consumazione del reato al momento dell’accertamento dello stesso, intervenuto in data 02/04/2013, avendo ritenuto il reato permanente, con conseguente decorrenza del termine di prescrizione dalla pronuncia stessa di primo grado, in ragione, fondamentalmente, della mancata ultimazione dei lavori (mancata ultimazione che, per inciso, parrebbe avere giustificato la ritenuta non operatività del provvedimento di sanatoria intervenuto il 23/01/2019).
Sennonché, risulta evidentemente dalla stessa sentenza, che, al fine di individuare le difformità dell’opera rispetto a quanto originariamente autorizzato, ha fatto riferimento a null’altro che alle risultanze dello stesso accertamento del 02/04/2013, come, successivamente ad esso, i lavori non siano più proseguiti.
Ma se è così, il Tribunale avrebbe allora dovuto fare applicazione del principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui in tanto può farsi riferimento alla data della sentenza di primo grado quale momento di cessazione dell’attività edilizia in quanto i lavori siano proseguiti dopo l’accertamento degli stessi e fino alla data del giudizio, diversamente essendo invece l’accertamento (salvo che addirittura non si dimostri una sospensione addirittura anteriore) il momento di consumazione del reato coincidente con il dies a quo del termine di prescrizione (tra le altre, Sez. 3, n. 38136 del 25/09/2001, Triassi, Rv. 220351; Sez. 3, n. 29974 del 06/05/2014, P.M. in proc. Sullo, Rv. 260498).
5. Ne consegue, assorbiti i restanti motivi che, in ogni caso, comporterebbero, ove fondati, l’annullamento con rinvio della sentenza, non compatibile con la intervenuta prescrizione, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per estinzione del reato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2021