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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 22254 | Data di udienza: 28 Aprile 2016

DIRITTO URBANISTICO – L’azione penale relativa alle violazioni edilizie – Esaurimento dei procedimenti amministrativi di sanatoria – Durata della sospensione – Effetti e termini – Silenzio rigetto – Artt. 36, 44, lett. b), 45, 64, 65, 71, 72, 93 e 95 d.P.R. 380/01 DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sospensione del corso della prescrizione – Applicazione e limiti – Astensione proclamata dagli organismi rappresentativi.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 29 Aprile 2016
Numero: 22254
Data di udienza: 28 Aprile 2016
Presidente: Fiale
Estensore: Ramacci


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – L’azione penale relativa alle violazioni edilizie – Esaurimento dei procedimenti amministrativi di sanatoria – Durata della sospensione – Effetti e termini – Silenzio rigetto – Artt. 36, 44, lett. b), 45, 64, 65, 71, 72, 93 e 95 d.P.R. 380/01 DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sospensione del corso della prescrizione – Applicazione e limiti – Astensione proclamata dagli organismi rappresentativi.



Massima

 



CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 29/04/2016 (Ud. 28/04/2016) Sentenza n.22254 



DIRITTO URBANISTICO – L’azione penale relativa alle violazioni edilizie – Esaurimento dei procedimenti amministrativi di sanatoria – Durata della sospensione – Effetti e termini – Silenzio rigetto – Artt. 36, 44, lett. b), 45, 64, 65, 71, 72, 93 e 95 d.P.R. 380/01.
 
L’art. 45 del d.P.R. 3801 stabilisce, al primo comma, che l’azione penale relativa alle violazioni edilizie rimane sospesa finché non siano stati esauriti i procedimenti amministrativi di sanatoria di cui all’articolo 36. L’ultimo comma dell’art. 45 del d.P.R. 380/01, prevede che, sulla richiesta di sanatoria, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale debba pronunciarsi entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda, poiché, decorso tale termine, la domanda si intende rifiutata. Tale ultima evenienza configura una ipotesi di silenzio rifiuto, al quale vengono collegati gli effetti di un provvedimento esplicito di diniego, sebbene l’Amministrazione non perda il potere di provvedere, in quanto il silenzio rigetto è esplicitamente previsto al solo fine di consentire all’interessato di adire il giudice. Si è tuttavia escluso che l’eventuale instaurazione di un procedimento amministrativo avviato mediante ricorso avverso il diniego di sanatoria comporti l’estensione della durata della sospensione fino alla sua definizione.
 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sospensione del corso della prescrizione – Applicazione e limiti – Astensione proclamata dagli organismi rappresentativi.
 
Il limite di sessanta giorni previsto dall’art. 159, comma 1, n. 3, cod. pen., non si applica nel caso in cui il differimento dell’udienza sia determinato dalla scelta del difensore di aderire alla astensione proclamata dagli organismi rappresentativi della categoria, con la conseguenza che, in tal caso, il corso della prescrizione può essere sospeso per il tempo, anche maggiore di sessanta giorni, ritenuto adeguato in relazione alle esigenze organizzative dell’Ufficio procedente e che la adesione alla astensione dalle udienze non può considerarsi quale impedimento a comparire in senso tecnico.

 
(annulla senza rinvio per prescrizione la sentenza del 31/03/2014 della CORTE APPELLO di SALERNO) Pres. FIALE, Rel. RAMACCI, Ric. Salerno
 
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 29/04/2016 (Ud. 28/04/2016) Sentenza n.22254

SENTENZA

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 29/04/2016 (Ud. 28/04/2016) Sentenza n.22254 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
– sul ricorso proposto da SALERNO FRANCO nato il 24/12/1959 a PIAGGINE
– avverso la sentenza del 31/03/2014 della CORTE APPELLO di SALERNO
– visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udito in PUBBLICA UDIENZA del 28/04/2016, la relazione svolta dal Consigliere LUCA RAMACCI Udito il Procuratore Generale in persona del PAOLA FILIPPI che ha concluso per lannullamento senza rinvio per prescrizione.
– Udito il difensore Avv. Bruno Antoni di Salerno; 
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. La Corte di appello di Salerno, con sentenza del 31/3/2014 ha riformato la decisione in data 31/1/2013 del Tribunale di quella città, assolvendo Salvatore APRILE dai reati a lui contestati per non aver commesso il fatto e confermando, nei confronti di Franco SALERNO, la sentenza impugnata, con la quale questi era stato ritenuto responsabile dei reati di cui agli artt. 44, lett. b). 64, 65, 71, 72, 93 e 95 d.P.R. 380\01, per la costruzione, in assenza di permesso di costruire ed in violazione della disciplina antisismica e sulle opere in cemento armato, di un corpo di fabbrica di circa 100 mq, nonché per l’esecuzione di movimenti di terra per 2.000 metri cubi e per la realizzazione di muri in pietrame (fatti accertati in Salerno, il 19 gennaio 2009).
 
Avverso tale pronuncia Franco SALERNO propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen..
 
2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge, lamentando che, a fronte di un domicilio dichiarato, presso il quale era stata sempre regolarmente recapitata la corrispondenza, la notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello era stata effettuata presso il difensore di fiducia, facendo impropriamente ricorso alla procedura di cui all’art. 161, comma 4 cod. proc. pen.. in quanto, dopo che all’udienza del 24/2/2014 la Corte territoriale aveva rilevato la mancata notifica, aveva disposto che la stessa venisse effettuata presso lo studio del difensore, dichiarando la contumacia dell’appellante nella successiva udienza del 31/3/2014.
 
Rileva, inoltre, che nonostante sia stata tempestivamente eccepita dalla difesa la nullità della notifica, i giudici del gravame avrebbero omesso di pronunciarsi sulla questione.
 
3. Con un secondo motivo di ricorso lamenta che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto della segnalata incompatibilità di un membro del Collegio – la dott.ssa Anita MELE – conseguente al fatto che la stessa aveva presieduto il Tribunale del riesame, al quale si era rivolto dopo il sequestro dell’immobile di cui all’imputazione e deduce, pertanto, la sussistenza di una nullità di cui all’art. 178, comma 1, lett. A) cod. proc. pen. 
 
4. Con un terzo motivo di ricorso rileva la violazione dell’art. 45 d.P.R. 380\01, asserendo che la Corte di appello avrebbe disatteso, senza motivare, una specifica richiesta della difesa di sospensione del processo penale in attesa della decisione del ricorso, proposto al giudice amministrativo, avverso il diniego della richiesta sanatoria per accertamento di conformità e l’ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi.
 
5. Con un quarto motivo di ricorso denuncia, infine, la violazione dell’art. 159, n. 3 cod. pen., assumendo che il calcolo dei periodi di sospensione del termine di prescrizione dei reati sarebbe stato erroneamente effettuato dalla Corte territoriale, avendo la stessa computato l’intero periodo di un rinvio dell’udienza, disposto per impedimento del difensore, in luogo del periodo massimo di sessanta giorni indicato dalla disposizione richiamata.
 
Da ciò conseguirebbe che i reati oggetto di imputazione sarebbero stati già travolti dalla prescrizione al momento della pronuncia della sentenza impugnata.
 
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.
 
Occorre preliminarmente osservare che, nell’atto di impugnazione, non viene posta in discussione l’affermazione di penale responsabilità, essendosi il ricorrente limitato a prospettare censure di natura processuale, lamentando, altresì, un erroneo computo dei termini massimi di prescrizione.
 
2. Fatta tale premessa, deve rilevarsi, con riferimento al primo motivo di ricorso, concernente la regolarità della notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello, che, dall’esame degli atti, la cui consultazione non è preclusa a questa Corte, stante la natura della censura formulata, emerge quanto segue.
 
Il ricorrente risulta indicato negli atti processuali come residente in Salerno, via Manzo n.17\A. La difesa indica, in ricorso (pag. 2), che l’imputato è residente da anni in Salerno, via Casa Manzo s.n.c..
 
Dall’esame degli atti emerge la sostanziale identità degli indirizzi, atteso che, all’interno della cartella contenente la documentazione allegata al ricorso per cassazione, si rinvengono, ad esempio, la fotocopia di un documento di identità del ricorrente rilasciato nel 2011 recante l’indirizzo via Casa Manzo, senza l’indicazione del numero civico ed un ricorso al TAR Campania, depositato nel 2012, ove il ricorrente specifica di essere residente in Salerno, Via Casa Manzo 17\A.
 
Tale ultimo indirizzo è riportato anche nell’intestazione della sentenza di primo grado.
 
Inoltre, in un verbale di sequestro del 19 gennaio 2009, eseguito dalla Guardia di Finanza – Comando Sezione Operativa navale di Salerno e concernente l’immobile per cui è processo, risulta un’elezione di domicilio del ricorrente in Salerno, via Casa Manzo 17\A.
 
Nel fascicolo processuale si rinvengono due relate di notifica. Nella prima, recante il numero cronologico 5465, l’ufficiale giudiziario attesta di non aver rinvenuto il civico 17\A e che, da informazioni assunte sul posto, il destinatario dell’atto risulta sconosciuto. Nella seconda, individuata dal numero cronologico 9834, si legge che nella via Manzo non esiste il numero 17\A e che al numero 17 vi è un negozio chiuso da tempo.
 
Entrambe le relate, tuttavia, si riferiscono chiaramente ad un indirizzo diverso da quelli in precedenza indicati e, cioè, Via Manzo Francesca 17\A.
 
L’irregolarità della notifica risulta effettivamente eccepita dalla difesa, ma sulla stessa i giudici del gravame non hanno fornito risposta adeguata.
 
Il motivo di ricorso è, pertanto, fondato, mentre non lo sono i residui motivi.
 
3. Per ciò che concerne, infatti, il secondo motivo di ricorso, va ricordato come la giurisprudenza di questa Corte abbia ripetutamente affermato che l’incompatibilità ai sensi dell’art. 34, cod. proc. pen. non attiene alla capacità del giudice e non determina, pertanto, la nullità del provvedimento ex artt. 178 e 179, cod. proc. pen., ma costituisce soltanto motivo di possibile astensione, ovvero di ricusazione dello stesso giudice, che deve essere fatto valere tempestivamente con la procedura di cui all’art. 37 cod. proc. pen. (Sez. 6, n.39174 del 9/9/2015, Amato, Rv. 264637; Sez. 2, n. 12896 del 5/3/2015, Verdoni, Rv. 262780; Sez. 1, n. 24919 del 23/4/2014, Attanasio, Rv. 262302 ed altre prec. conf.).
 
Nel caso di specie nulla in tal senso è avvenuto, essendosi la difesa limitata a far rilevare la “eventuale incompatibilità” di un componente del collegio giudicante, non sollecitandone in alcun modo l’astensione né, tanto meno, attivandosi per la ricusazione.
 
Nessuna risposta era dunque dovuta dai giudici del gravame a fronte della prospettazione della questione proposta con le modalità appena descritte.
 
Ne consegue la manifesta infondatezza del motivo di ricorso esaminato. 
 
4. Parimenti manifesta risulta l’infondatezza del terzo motivo di ricorso.
 
Come recentemente ricordato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 15427 del 31/3/2016, Cavallo, non ancora massimata) l’art. 45 del d.P.R. 380\01 stabilisce, al primo comma, che l’azione penale relativa alle violazioni edilizie rimane sospesa finché non siano stati esauriti i procedimenti amministrativi di sanatoria di cui all’articolo 36.
 
L’ultimo comma del medesimo art. 45 prevede che, sulla richiesta di sanatoria, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale debba pronunciarsi entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda, poiché, decorso tale termine, la domanda si intende rifiutata.
 
Tale ultima evenienza configura una ipotesi di silenzio rifiuto (Sez. 3, n. 17954 del 26/2/2008, Termini, Rv. 240234; Sez. 3, n. 33292 del 28/4/2005, Pescara,Rv. 232181; Sez. 3, n. 16706 del 18/2/2004, Brilla, Rv. 227960; Sez. 3, n. 10640 del 30/1/2003, Petrillo, Rv. 224353), al quale vengono collegati gli effetti di un provvedimento esplicito di diniego, sebbene l’Amministrazione non perda il potere di provvedere, in quanto il silenzio rigetto è esplicitamente previsto al solo fine di consentire all’interessato di adire il giudice (ex pl. Sez. 3, n. 17954 del 26/02/2008, Termini, Rv. 240233. V. anche Sez. 3, n. 11604 del 11/11/1993, Schiavazzi, Rv. 196069; Sez. 3, n. 16245 del 10/10/1989, Allegrini, Rv. 182627).
 
Si è tuttavia escluso che l’eventuale instaurazione di un procedimento amministrativo avviato mediante ricorso avverso il diniego di sanatoria comporti l’estensione della durata della sospensione fino alla sua definizione (Sez. 3, n. 36902 del 13/5/2015, Milito, Rv. 265085; Sez. 3, n. 24245 del 24/3/2010, Chiarello, Rv. 247692; Sez. 3, n. 48523 del 18/11/2009, Righetti, Rv. 245418, non massimata sul punto; Sez. 6, n. 4614 del 13/1/1994, Cammariere, Rv. 197767; Sez. 3, n. 12779 del 2/12/1991, Leggio, Rv. 188743), come rilevato anche dalla Corte Costituzionale nel dichiarare la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 22, primo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione (Corte Cost. ord. 247 del 26/6/2000, la quale richiama anche la sentenza n. 85 del 1998 e ordinanza n. 309 del 1998).
 
Da ciò consegue che nessuna sospensione del procedimento era dovuta nel caso in esame.
 
5. Per ciò che concerne, infine, il quarto motivo di ricorso, va rilevato che la Corte territoriale ha correttamente collocato in sentenza (pag. 4) la prescrizione al 9 gennaio 2014, calcolando il termine massimo quinquennale dalla data di i accertamento dei fatti (9 gennaio 2009). 
 
I giudici del gravame hanno però rilevato che, nel corso del giudizio di primo grado, il dibattimento è rimasto sospeso per oltre quattro mesi ed hanno quindi computato anche tale termine escludendo che la prescrizione fosse maturata al momento della pronuncia della sentenza di appello.
 
L’esattezza del calcolo viene tuttavia posta in dubbio dal ricorrente, il quale, come si è detto in premessa, ritiene che il periodo di sospensione non andasse computato per intero, bensì nei limiti di cui all’art. 159, n. 3 cod. pen., trattandosi di rinvio disposto su richiesta del difensore per suo impedimento.
 
Anche in questo caso la questione può essere risolta attraverso la disamina dei verbali di udienza, dai quali emerge chiaramente che, complessivamente, il dibattimento è rimasto sospeso, nel giudizio di primo grado, dal 23 febbraio 2012 al 12 luglio 2012, per 140 giorni e che il rinvio era stato disposto per adesione del difensore all’astensione dalle udienze.
 
La giurisprudenza di questa Corte ha rilevato, a tale proposito, che il limite di sessanta giorni previsto dall’art. 159, comma 1, n. 3, cod. pen., non si applica nel caso in cui il differimento dell’udienza sia determinato dalla scelta del difensore di aderire alla astensione proclamata dagli organismi rappresentativi della categoria, con la conseguenza che, in tal caso, il corso della prescrizione può essere sospeso per il tempo, anche maggiore di sessanta giorni, ritenuto adeguato in relazione alle esigenze organizzative dell’Ufficio procedente e che la adesione alla astensione dalle udienze non può considerarsi quale impedimento a comparire in senso tecnico (Sez. 3, n. 11671 del 24/2/2015, Spignoli, Rv. 263052; Sez. 4, n. 10621 del 29/1/2013, M., Rv. 256067; Sez. 5, n. 18071 del 8/2/2010, Piacentino e altri, Rv. 247142 ed altre precedenti, tutte conformi).
 
Ne consegue che nessuna censura può essere mossa alla Corte territoriale, la quale ha correttamente escluso che il termine massimo di prescrizione dei reati fosse effettivamente maturato al momento della decisione.
 
6. Rileva tuttavia la Corte che, nelle more del presente giudizio di legittimità, il termine massimo di prescrizione è comunque spirato e la non manifesta infondatezza del ricorso, conseguente all’accoglimento del primo motivo di impugnazione, impone di rilevare l’intervenuta estinzione dei reati e, conseguentemente, di annullare senza rinvio l’impugnata sentenza.
 
All’annullamento consegue, necessariamente, la revoca dell’ordine di rimessione in pristino

P.Q.M.
 
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i reati sono estinti per prescrizione e revoca l’ordine di rimessione in pristino.
 
Così deciso in data 28.4.2015
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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