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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 53661 | Data di udienza: 11 Ottobre 2018

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Prescrizione dell’ordine di demolizione del manufatto abusivo – Esclusione – Natura di sanzione amministrativa a carattere ripristinatorio – Giurisprudenza della Corte EDU – Art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 – Reati edilizi – Ordine di demolizione – Eventuale «disapplicazione» dell’atto amministrativo – Potere-dovere di verifica del giudice penale – Fattispecie: Sentenza passata in giudicato – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Definizione della collocazione dell’immobile in sede di legittimità – Preclusione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 29 Novembre 2018
Numero: 53661
Data di udienza: 11 Ottobre 2018
Presidente: ROSI
Estensore: SEMERARO


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Prescrizione dell’ordine di demolizione del manufatto abusivo – Esclusione – Natura di sanzione amministrativa a carattere ripristinatorio – Giurisprudenza della Corte EDU – Art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 – Reati edilizi – Ordine di demolizione – Eventuale «disapplicazione» dell’atto amministrativo – Potere-dovere di verifica del giudice penale – Fattispecie: Sentenza passata in giudicato – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Definizione della collocazione dell’immobile in sede di legittimità – Preclusione.



Massima

 

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 29/11/2018 (Ud. 11/10/2018), Sentenza n.53661
 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Prescrizione dell’ordine di demolizione del manufatto abusivo – Esclusione – Natura di sanzione amministrativa a carattere ripristinatorio – Giurisprudenza della Corte EDU – Art. 31 del d.P.R. n. 380/2001.
 
In materia di reati concernenti violazioni edilizie, l’ordine di demolizione del manufatto abusivo non è sottoposto alla disciplina della prescrizione stabilita dall’art. 173 cod. pen. per le sanzioni penali, avendo natura di sanzione amministrativa a carattere ripristinatorio, priva di finalità punitive e con effetti che ricadono sul soggetto che è in rapporto col bene, indipendentemente dal fatto che questi sia l’autore dell’abuso. 
 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Reati edilizi – Ordine di demolizione – Eventuale «disapplicazione» dell’atto amministrativo – Potere-dovere di verifica del giudice penale – Fattispecie: Sentenza passata in giudicato.
 
In tema di reati edilizi, il giudice penale ha il potere-dovere di verificare in via incidentale la legittimità del permesso di costruire in sanatoria e la conformità delle opere agli strumenti urbanistici, ai regolamenti edilizi ed alla disciplina legislativa in materia urbanistico-edilizia, senza che ciò comporti l’eventuale «disapplicazione» dell’atto amministrativo ai sensi dell’art. 5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, allegato E, atteso che viene operata una identificazione in concreto della fattispecie con riferimento all’oggetto della tutela, da identificarsi nella salvaguardia degli usi pubblici e sociali del territorio regolati dagli strumenti urbanistici. Nella specie, il richiamo all’art. 5 dell’all. e) della legge 2248 del 1865 è del tutto inconferente, posto che l’ordine di demolizione deriva dalla sentenza passata in giudicato. Per altro, il diniego del condono edilizio non risultava neanche essere stato impugnato (Cass. Sez. 3, n. 46477 del 13/07/2017, Menga). 
 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Definizione della collocazione dell’immobile in sede di legittimità – Preclusione.
 
In sede processuale, la collocazione dell’immobile concerne un accertamento di fatto precluso alla Corte di Cassazione, in presenza della motivazione congrua della Corte di appello.  
 
 
(dich. inammissibili i ricorsi avverso ordinanza del 07/11/2017 – CORTE APPELLO di CALTANISSETTA) Pres. ROSI, Rel. SEMERARO, Ric. Damante 
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 29/11/2018 (Ud. 11/10/2018), Sentenza n.53661

SENTENZA

 

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 29/11/2018 (Ud. 11/10/2018), Sentenza n.53661

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE,
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sui ricorsi proposti da:
 
DAMANTE CONSOLATA MARIA nato a GELA;
 
DAMANTE CARMELA nato a GELA;
 
avverso l’ordinanza del 07/11/2017 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA;
 
udita la relazione svolta dal Consigliere LUCA SEMERARO;
 
sentite le conclusioni del PG
 
Il P.G. chiede di dichiarare inammissibile il ricorso. 
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Il difensore di Consolata Maria Damante e Carmela Damante ha proposto il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza della Corte di appello di Caltanissetta del 7 novembre 2017. Ha premesso la difesa che con la sentenza del 12 giugno 1997, irrevocabile il 25 marzo 1998 la Corte di Appello di Caltanissetta ha condannato Stamilla Anna, dante causa delle ricorrenti, alla pena di mesi sette di reclusione e lire 1.000.000 di multa confermando l’ordine di demolizione del manufatto abusivo in Gela già disposto in primo grado.
 
In data agosto-settembre 2013 la Procura Generale di Caltanissetta ha ingiunto alle ricorrenti la demolizione del manufatto.
 
Damante Giovanni, germano delle ricorrenti, agendo in nome e per conto di tutti i coeredi, ha proposto nell’anno 1986 istanza di condono edilizio ex lege 47 del 1985 rigettata in data 25 settembre 2008 perché il fabbricato insisterebbe entro i 150 metri dalla battigia.
 
 
1.1. Con l’incidente di esecuzione Damante Consolata Maria e Damante Carmela hanno lamentato l’illegittimità dell’ingiunzione perché il decorso del tempo aveva determinato l’estinzione della sanzione amministrativa dell’ordine di demolizione e perché, in presenza di istanza di domanda di condono edilizio regolarmente proposta e la cui oblazione era stata per intero pagata, l’autorità giudiziaria non poteva dare corso all’ordine di demolizione di manufatti che non ricadono all’interno dell’area di inedificabilità assoluta; per la difesa, il manufatto era al di fuori della striscia di mt. 150 dalla battigia e ciò a prescindere dalle determinazioni dell’autorità amministrativa, per l’effetto estintivo del reato per il pagamento della oblazione. Rileva la difesa di aver prodotto, nell’incidente di esecuzione, numerose planimetrie ed aerofotogrammetrie ufficiali che indicavano che il manufatto non insisteva all’interno della fascia dei 150 metri ed era allocato in zona completamente edificata; è stato acquisito il nulla osta della Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Caltanissetta che, tra l’altro, avrebbe attestato che il fabbricato insisteva ad una distanza superiore al limite di 150 metri dalla battigia e non rientrava tra quelli non sanabili per la inedificabilità assoluta dell’area.
 
La Corte di appello di Caltanissetta ha rigettato l’incidente di esecuzione.
 
 
1.2. La difesa ha dedotto il vizio di violazione di legge ex art. 606 lett. b) cod. proc. pen. per l’inosservanza dell’art. 38 della legge n. 47/1985: afferma in sintesi la difesa che il versamento integrale della somma in denaro dovuta ai fini dell’oblazione, ai sensi dell’art. 38, estingue il reato per cui è intervenuta condanna; pertanto, per la difesa, non poteva più irrogarsi o eseguirsi in relazione ad esso alcuna sanzione, neanche di natura amministrativa e\o accessoria. 
 
 
1. 3. La difesa ha poi dedotto il vizio di violazione di legge, ex art. 606 lett. b) per inosservanza dell’art. 5 della legge 2248 del 1865 all. E) e delle norme del d.lgs. 42\2004: la Corte di Appello di Caltanissetta, preso atto che l’immobile non insisteva nella fascia di 150 metri dalla battigia, avrebbe avuto l’obbligo di disapplicare l’atto amministrativo di diniego dell’istanza di condono. La difesa ha richiamato i principi della sentenza della Corte di Cassazione 24665 del 2009; ha invocato la formazione del silenzio-assenso; ha contestato l’omessa valutazione del nulla osta favorevole che dava atto che l’immobile non insisteva nella fascia di 150 metri dalla battigia e la mancata disapplicazione del diniego di condono edilizio.
 
 
2. Con il secondo motivo la difesa ha dedotto i vizi di violazione di legge e della mancanza della motivazione, ex art. 606 lett. e) ed e) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 142 del d.lgs. 42\2004, 5 all. e) legge 2248 del 1865 rilevando di aver dedotto e documentato con l’incidente di esecuzione che il fabbricato insiste in una zona interamente edificata, inserita nell’ambito del perimetro urbano dell’abitato di Gela quale zona "C". La Corte di appello di Caltanissetta non avrebbe tenuto conto che la previsione di inedificabilità assoluta, e quindi l’impossibilità di accoglimento di domande di condono, non si applica ex art. 142 d.lgs. 42\2004 alle aree che fanno parte del perimetro urbano.
 
 
3. Con il terzo motivo la difesa ha dedotto il vizio di violazione di legge con riferimento agli artt. 39 comma 4 della legge 724\94, 38 comma 4 e 31 L. 47 del 1985: si sarebbe formato il silenzio assenso sulla domanda di concessione edilizia in sanatoria, e ciò impedirebbe l’irrogazione o l’esecuzione della demolizione. La difesa ha inoltre dedotto la mancanza di motivazione dell’ordinanza impugnata per non avere la Corte di appello di Caltanissetta valutato la formazione del silenzio assenso. La difesa ha richiamato i principi espressi da Cass. Sez. 3 n.23996/2011.
 
 
4. Con il quarto motivo la difesa ha dedotto il vizio di violazione di legge con riferimento agli artt. 28 della legge 689\81 sulla prescrizione delle sanzioni amministrative, ed artt. 2934 e 2946 cod. civ. sulla prescrizione dei diritti nonché il vizio della motivazione sul punto. La difesa, in base alle norme indicate, ha eccepito l’estinzione della sanzione amministrativa dell’ordine di demolizione.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Va premesso che con l’incidente di esecuzione la difesa ha dedotto tre questioni: la prescrizione dell’ordine di demolizione; l’effetto estintivo dell’oblazione; la presenza dell’immobile al di fuori della fascia dei 150 metri e l’insussistenza del vincolo di inedificabilità assoluta dell’area. Ne consegue che è inammissibile il terzo motivo, concernente il silenzio assenso, in quanto dedotto per la prima volta con il ricorso per cassazione.
 
 
2. Il primo motivo è manifestamente infondato perché è la stessa difesa che ha rappresentato che la domanda di condono edilizio è stata rigetta nel 2008, sicchè alcun effetto estintivo può sussistere.
 
 
3. Il secondo motivo è manifestamente infondato: la collocazione dell’immobile concerne un accertamento di fatto precluso alla Corte di Cassazione, in presenza della motivazione congrua della Corte di appello. Tale motivazione non è in contraddizione con il documento prodotto dalla difesa il quale fa riferimento alla collocazione dell’immobile all’interno della fascia di rispetto di 300 metri dalla battigia del mare: dunque, in alcun modo si indica che l’immobile non sia all’interno della fascia di 150 metri.
 
Il richiamo all’art. 5 dell’all. e) della legge 2248 del 1865 è del tutto inconferente, posto che l’ordine di demolizione deriva dalla sentenza passata in giudicato. Per altro, il diniego del condono edilizio non risulta neanche essere stato impugnato. Va poi ricordato che è secondo l’orientamento della Corte di Cassazione, cfr. sul punto Cass. Sez. 3, n. 46477 del 13/07/2017, Menga, Rv. 273218, in tema di reati edilizi, il giudice penale ha il potere-dovere di verificare in via incidentale la legittimità del permesso di costruire in sanatoria e la conformità delle opere agli strumenti urbanistici, ai regolamenti edilizi ed alla disciplina legislativa in materia urbanistico-edilizia, senza che ciò comporti l’eventuale «disapplicazione» dell’atto amministrativo ai sensi dell’art. 5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, allegato E, atteso che viene operata una identificazione in concreto della fattispecie con riferimento all’oggetto della tutela, da identificarsi nella salvaguardia degli usi pubblici e sociali del territorio regolati dagli strumenti urbanistici.
 
 
4. Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato perché contrario al costante orientamento della Corte di Cassazione, secondo il quale all’ordine di demolizione non si applica alcuna prescrizione. Si è affermato, cfr. Cass. Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015, Delorier, Rv. 265540, che in materia di reati concernenti violazioni edilizie, l’ordine di demolizione del manufatto abusivo non è sottoposto alla disciplina della prescrizione stabilita dall’art. 173 cod. pen. per le sanzioni penali, avendo natura di sanzione amministrativa a carattere ripristinatorio, priva di finalità punitive e con effetti che ricadono sul soggetto che è in rapporto col bene, indipendentemente dal fatto che questi sia l’autore dell’abuso. In motivazione, la Corte di Cassazione ha precisato che tali caratteristiche dell’ordine di demolizione escludono la sua riconducibilità anche alla nozione convenzionale di pena elaborata dalla giurisprudenza della Corte EDU.
 
La Corte di Cassazione, con la sentenza della Sez. 3, n. 41475 del 03/05/2016, Porcu, Rv. 267977, ha anche affermato che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 117 Cost., dell’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 per mancata previsione di un termine di prescrizione dell’ordine di demolizione del manufatto abusivo disposto con la sentenza di condanna, in quanto le caratteristiche di detta sanzione amministrativa – che assolve ad una funzione ripristinatoria del bene leso, configura un obbligo di fare per ragioni di tutela del territorio, non ha finalità punitive ed ha carattere reale, producendo effetti sul soggetto che si trova in rapporto con il bene, anche se non è l’autore dell’abuso – non consentono di ritenerla pena nel senso individuato dalla giurisprudenza della Corte EDU, e, pertanto, è da escludere sia la irragionevolezza della disciplina che la riguarda rispetto a quella delle sanzioni penali soggette a prescrizione, sia una violazione del parametro interposto di cui all’art. 117 Cost.
 
 
5. Pertanto, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. si condannano le ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, si condanna altresì le ricorrenti al pagamento della somma di euro 2.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
 
Così deciso il 11/10/2018
 

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