ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Nozione di acque meteoriche o di prima pioggia – Acque piovane del piazzale antistante la sede dell’opificio – Sistema di trattamento e raccolta delle acque meteoriche di prima pioggia – Assenza di contatto con sostanze o materiali inquinanti giacenti sulla superficie del terreno – Qualifica di reflui industriali – Esclusione – Artt. 74, 137, dlgs n. 152/2006.
Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 3 Agosto 2021
Numero: 30261
Data di udienza: 13 Aprile 2021
Presidente: RAMACCI
Estensore: GENTILI
Premassima
ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Nozione di acque meteoriche o di prima pioggia – Acque piovane del piazzale antistante la sede dell’opificio – Sistema di trattamento e raccolta delle acque meteoriche di prima pioggia – Assenza di contatto con sostanze o materiali inquinanti giacenti sulla superficie del terreno – Qualifica di reflui industriali – Esclusione – Artt. 74, 137, dlgs n. 152/2006.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 3 agosto 2021 (Ud. 13/04/2021), Sentenza n.30261
ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Nozione di acque meteoriche o di prima pioggia – Acque piovane del piazzale antistante la sede dell’opificio – Sistema di trattamento e raccolta delle acque meteoriche di prima pioggia – Assenza di contatto con sostanze o materiali inquinanti giacenti sulla superficie del terreno – Qualifica di reflui industriali – Esclusione – Artt. 74, 137, dlgs n. 152/2006.
In tema di trattamento e gestione delle acque, esulano dalla nozione di acque meteoriche o di prima pioggia le acque piovane che, una volta cadute per terra ed oggetto di convogliamento anche per effetto della naturale pendenza del terreno, siano entrate in contatto con sostanze o materiali inquinanti giacenti sulla superficie del terreno in quanto frutto del processo produttivo in corso presso lo stabilimento ove le acque meteoriche sono raccolte; in tale caso, ma solo in tal caso, dette acque debbono essere qualificate come reflui industriali ai sensi dell’art. 74, comma 1, lettera h), del dlgs n. 152 del 2006, e, pertanto, il loro indiscriminato convogliamento verso il corpo recettore, in assenza di un loro preventivo trattamento volto alla purificazione dagli agenti inquinanti, integra gli estremi del reato di cui all’art. 137 del dlgs n. 152 del 2006.
(annulla senza rinvio sentenza n. 1599/19 del TRIBUNALE DI CASSINO del 5/12/2019) Pres. RAMACCI, Rel. GENTILI, Ric. Patriarca
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 03/08/2021 (Ud. 13/04/2021), Sentenza n.30261SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da PATRIARCA Antonio, nato a Pontecorvo (Fr);
avverso la sentenza n. 1599/19 del TRIBUNALE DI CASSINO del 5 dicembre 2019;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Pasquale FIMIANI, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Cassino, con sentenza pronunziata in data 5 dicembre 2019, ha dichiarato la penale responsabilità di Patriarca Antonio in ordine al reato di cui all’art. 137, commi 1 e 9, del dlgs n. 152 del 2006, per non avere costui, in qualità di legale rappresentante della Sri ARFECA Servizi, osservato le prescrizioni previste in via generale dalla Regione Lazio con l’art. 24 delle norme di attuazione del Piano regionale per la tutela delle acque, non avendo previsto un sistema di raccolta e trattamento delle acque di prima pioggia provenienti dai piazzali dell’impianto industriale gestito dalla società in questione.
Con la medesima sentenza il Tribunale cassinate ha irrogato a carico dell’imputato, concesse le circostanze attenuanti generiche in suo favore, la pena pecuniaria, sospesa, di euro 1.000,00 di ammenda.
Avverso la predetta sentenza ha interposto appello, tramite il proprio difensore fiduciario, il Patriarca, lamentando la insussistenza del fatto, trattandosi di acque di prima pioggia e non di liquidi inquinanti; il fatto che il piazzale antistante l’opificio della ALFECA Servizi non fosse impermeabilizzato, sicchè le acque meteoriche vengono assorbite dal terreno e non ruscellavano verso il sottostante fiume Liri; infine il fatto che la attività svolta dalla ALFECA Servizi non è fra quelle interessate dal DGR della Regione Lazio n. 139 del 2011, per cui alla stessa non si applica la normativa che nel capo di imputazione a lui contestato si assume violata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso – previa sua conversione in ricorso per cassazione essendo stato lo stesso formulato avverso una sentenza di condanna che, per essere relativa ad una contravvenzione es essendo in essa prevista solo una pena pecuniaria, sarebbe inappellabile – è fondato e, pertanto, lo stesso deve essere accolto.
Osserva, infatti, il Collegio che la contestazione mossa al ricorrente ha ad oggetto la mancanza, nel piazzale antistante la sede dell’opificio da lui gestito, spazio utilizzato esclusivamente per il carico e lo scarico delle merci e non anche per lo svolgimento della attività di lavanderia industriale costituente l’oggetto sociale della Srl ARFECA Servizi, di un sistema di trattamento e raccolta delle acque meteoriche di prima pioggia.
Si rileva che, questa essendo la condotta oggetto di contestazione, la medesima non appare idonea a costituire violazione della disposizione il cui precetto si assume essere stato infranto.
Come infatti questa Corte ha precisato esulano dalla nozione dì acque meteoriche o di prima pioggia le acque piovane che, una volta cadute per terra ed oggetto di convogliamento anche per effetto della naturale pendenza del terreno, siano entrate in contatto con sostanze o materiali inquinanti giacenti sulla superficie del terreno in quanto frutto del processo produttivo in corso presso lo stabilimento ove le acque meteoriche sono raccolte; in tale caso, infatti, ma solo in tal caso, dette acque debbono essere qualificate come reflui industriali ai sensi dell’art. 74, comma 1, lettera h), del dlgs n. 152 del 2006, e, pertanto, il loro indiscriminato convogliamento verso il corpo recettore, in assenza di un loro preventivo trattamento volto alla purificazione dagli agenti inquinanti, integra gli estremi del reato di cui all’art. 137 del dlgs n. 152 del 2006 (in tal senso, infatti, Corte di cassazione, Sezione III penale, 8 febbraio 2019, n. 6260; idem Sezione III penale, 22 gennaio 2015, n. 2832).
Nel caso ora in esame, considerato che l’attività industriale svolta dalla società gestita dal Patriarca, si tratta come detto di una lavanderia industriale, non prevede di regola (a differenza di quello che, secondo un plausibile giudizio di inferenza statistica è legittimo affermare per altre attività quali quelle dei distributori di carburante per autoveicoli, dei meccanici dei veicoli a motore e degli autolavaggi) lo sversamento di agenti inquinanti sul terreno ubicato al di fuori dei locali all’interno dei quali siffatta attività viene condotta, non è stato chiarito nella sentenza impugnata, la cui motivazione pertanto appare sul punto manifestamente illogica nella parte in cui qualifica di per sé come illecito il mancato trattamento delle acque di prima pioggia, la ragione per la quale sarebbe stato onere dell’imputato dotare di un sistema di raccolta e di trattamento delle acque meteoriche e di dilavamento del piazzale posto di fronte all’opificio della società da lui gestita, cioè, in altre parole, in quale modo dette acque potevano entrare, in base ad una valutazione di carattere logico fondata sul tipo di attività svolta, in contatto con gli agenti inquinanti.
Siffatta mancanza, incidendo sulla stessa riconducibilità della condotta contestata alla fattispecie di reato, determina l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per non essere il fatto ascritto al Patriarca previsto dalla legge come reato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Così deciso in Roma, il 13 aprile 2021