BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Interventi edilizi in zona paesaggisticamente vincolata – Qualificazione giuridica e individuazione della sanzione penale applicabile – Difformità totale o parziale – Ininfluenza – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ordine di demolizione dell’opera edilizia abusiva – Presupposti – Reato urbanistico – Cessazione della permanenza – Individuazione del termine prescrizionale – Artt. 31, 32, D.P.R. n. 380/2001 (T.U.E.) – Art. 181 d.lgs n. 42/2004.
Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 3 Maggio 2021
Numero: 16669
Data di udienza: 15 Gennaio 2021
Presidente: DI NICOLA
Estensore: CERRONI
Premassima
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Interventi edilizi in zona paesaggisticamente vincolata – Qualificazione giuridica e individuazione della sanzione penale applicabile – Difformità totale o parziale – Ininfluenza – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ordine di demolizione dell’opera edilizia abusiva – Presupposti – Reato urbanistico – Cessazione della permanenza – Individuazione del termine prescrizionale – Artt. 31, 32, D.P.R. n. 380/2001 (T.U.E.) – Art. 181 d.lgs n. 42/2004.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 3 maggio 2021 (Ud. 15/01/2021), Sentenza n.16669
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Interventi edilizi in zona paesaggisticamente vincolata – Qualificazione giuridica e individuazione della sanzione penale applicabile – Difformità totale o parziale – Ininfluenza – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ordine di demolizione dell’opera edilizia abusiva – Presupposti – Artt. 31, 32, D.P.R. n. 380/2001 (T.U.E.) – Art. 181 d.lgs n. 42/2004.
In presenza di opere realizzate in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, ai fini della loro qualificazione giuridica e dell’individuazione della sanzione penale applicabile, è indifferente la distinzione tra interventi eseguiti in difformità totale o parziale ovvero in variazione essenziale, in quanto l’art. 32, comma terzo, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, prevede espressamente che tutti gli interventi realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico eseguiti in difformità dal titolo abilitativo, inclusi quelli eseguiti in parziale difformità, si considerano come variazioni essenziali e, quindi, quali difformità totali. Tuttavia, l’ordine di demolizione dell’opera edilizia abusiva, previsto dall’art. 31, comma 9, d.P.R. n. 380 del 2001, presuppone comunque la pronuncia di una sentenza di condanna, non risultando sufficiente l’avvenuto accertamento della commissione dell’abuso, come nel caso di sentenza che rileva l’intervenuta prescrizione del reato.
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Reato urbanistico – Cessazione della permanenza – Individuazione del termine prescrizionale.
La permanenza del reato urbanistico cessa con l’ultimazione dei lavori del manufatto, in essa comprese le rifiniture, ovvero al momento della desistenza definitiva dagli stessi, da dimostrare in base a dati obiettivi ed univoci, ai fini dell’individuazione del termine prescrizionale detta cessazione richiede, necessariamente, di essere efficacemente dimostrata attraverso dati obiettivi ed inequivocabili, non potendosi basare su mere attestazioni.
(riforma sentenza del 08/10/2020 – CORTE DI APPELLO DI NAPOLI) Pres. DI NICOLA, Rel. CERRONI, Ric. Pisano
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 03/05/2021 (Ud. 15/01/2021), Sentenza n.16669SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Pisano Maria Carmina, nata a Pozzuoli;
avverso la sentenza del 08/10/2020 della CORTE DI APPELLO DI NAPOLI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Claudio Cerroni;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Luigi Cuomo, che ha concluso chiedendo di annullare senza rinvio la sentenza impugnata con eliminazione del beneficio della sospensione
condizionale della pena, dichiarando nel resto inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza dell’8 ottobre 2020 la Corte di Appello di Napoli, in riforma della sentenza del 18 ottobre 2018 del Tribunale di Napoli, ha assolto Maria Carmina Pisano dai reati di cui agli artt. 44, lett. c) d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e 81 capoverso cod. pen., nonché di cui all’art. 181, comma 1 -bis d.P.R. 22 gennaio 2004, n. 42 per la particolare tenuità del fatto.
2. Avverso la predetta decisione è stato proposto ricorso per cassazione articolato su tre motivi di impugnazione.
2.1. Col primo motivo, invocando violazione dell’art. 157 cod. pen., la ricorrente ha osservato che i lavori erano terminati in data 9 marzo 2015, dies a quo del termine prescrizionale in ragione della comunicazione di fine lavori, per cui alla data della sentenza della Corte territoriale il termine era spirato anche tenendo conto della sospensione della prescrizione a causa dell’emergenza sanitaria. Tanto più che in caso di incertezza il termine non poteva che essere computato in favor rei, e al momento del sopralluogo del 13 novembre 2015 si evinceva che la tettoia era stata completata.
Né la Corte territoriale, investita dell’eccezione, aveva detto alcunché in ordine al tempus commissi delicti, allegando che la certificazione del direttore dei lavori nulla diceva con riguardo al materiale utilizzato per la copertura della tettoia (tavole di legno fisse con grondaie di raccolta e scolo, in luogo dei prescritti teli ombreggianti scorrevoli). In specie era stata quindi adottata una pronuncia meno favorevole per l’imputato, l’accertamento della speciale causa di non punibilità presupponendo l’accertamento dell’illecito.
2.2. Col secondo motivo la ricorrente ha rilevato di essersi munita di tutte le autorizzazioni necessarie in occasione della realizzazione dell’opera, con i pareri favorevoli della Commissione per il paesaggio, della Sovrintendenza archeologica e della Sovrintendenza delle Belle arti e il paesaggio di Napoli. In particolare la tettoia oggetto di autorizzazione era aperta su quattro lati e non era appoggiata ad alcun altro muro, non impedendo la visuale dai luoghi elevati e non sottintendendo ad alcun volume. In ogni caso non vi era stata alcuna variazione essenziale né una totale difformità del permesso rilasciato. Del pari non vi era stata alcuna violazione ambientale.
2.3. Col terzo motivo è stata lamentata la conferma della sentenza nella parte in cui la sospensione condizionale della pena era subordinata alla demolizione delle opere abusive, non essendo possibile alcuna subordinazione in quanto non essendovi statuizione di condanna non vi era neppure sospensione condizionale.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso di annullare senza rinvio la sentenza impugnata con eliminazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, dichiarando nel resto inammissibile il ricorso, con le pronunce consequenziali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
4.1. In relazione al primo motivo di impugnazione, la Corte territoriale ha osservato che la certificazione di avvenuto collaudo attestava la conformità dell’opera ai tipi progettuali, da intendersi in termini dimensionali e di volumetria, ma alcunché specificava con riferimento al materiale utilizzato per l’esecuzione del lavoro, laddove proprio la difformità del materiale rispetto al permesso di costruire rappresentava il nucleo della violazione contestata.
4.1.1. Ciò posto, se la permanenza del reato urbanistico cessa con l’ultimazione dei lavori del manufatto, in essa comprese le rifiniture, ovvero al momento della desistenza definitiva dagli stessi, da dimostrare in base a dati obiettivi ed univoci (cfr. Sez. 3, n. 13607 del 08/02/2019, Martina, Rv. 275900), ai fini dell’individuazione del termine prescrizionale detta cessazione richiede, necessariamente, di essere efficacemente dimostrata attraverso dati obiettivi ed inequivocabili, non potendosi basare su mere attestazioni.
In specie la Corte territoriale, correttamente applicando il principio, ha appunto rappresentato che – quanto al contestato materiale utilizzato per la copertura della tettoia – alcuna certificazione, in grado di assicurare dati obiettivi ed inequivocabili al riguardo, era stata prodotta. Sì che in realtà non può che rimanere ferma la data di accertamento del reato, così fissata nel 13 novembre 2015 (il termine quinquennale di prescrizione, trattandosi di reati contravvenzionali, non è neppure decorso alla data della presente decisione, attesa la, pacifica, sospensione della prescrizione altresì intervenuta per impedimento dell’imputata).
4.1.2. Per quanto riguarda il secondo motivo di censura, esso è manifestamente infondato.
E’ stato infatti già ricordato dal Tribunale che, in presenza di interventi edilizi in zona paesaggisticamente vincolata, ai fini della loro qualificazione giuridica e dell’individuazione della sanzione penale applicabile, è indifferente la distinzione tra interventi eseguiti in difformità totale o parziale ovvero in variazione essenziale, in quanto l’art. 32, comma terzo, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, prevede espressamente che tutti gli interventi realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico eseguiti in difformità dal titolo abilitativo, inclusi quelli eseguiti in parziale difformità, si considerano come variazioni essenziali e, quindi, quali difformità totali (Sez. 3, n. 37169 del 06/05/2014, Longo, Rv. 260181).
Infatti – contrariamente ai rilievi della ricorrente – le opere realizzate in zona sottoposta a vincolo paesaggistico non possono essere mai essere ritenute “in parziale difformità”, atteso che tutti gli interventi realizzati in tale zona eseguiti in difformità dal titolo abilitativo si considerano in variazione essenziale e, quindi, in difformità totale rispetto all’intervento autorizzato (cfr. Sez. 3, n. 1443 del 18/11/2019, dep. 2020, Bellocco, Rv. 277724).
In proposito, già il primo Giudice – richiamato al riguardo dalla Corte territoriale – aveva correttamente evocato il principio appena richiamato, trattandosi di intervento realizzato in zona sottoposta a vincolo paesaggistico-ambientale e dichiarata di notevole interesse pubblico con decreto ministeriale del 12 settembre 1957. Né, per vero, le sentenze di merito hanno mai ascritto all’opera realizzata un incremento di volumetria (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 2288 del 28/11/2017, dep. 2018, Esposito e altro, Rv. 272487).
4.3. Fondato è infine il terzo motivo di censura.
Da un lato infatti la sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., ancorché contenga un accertamento di responsabilità, non costituisce una condanna, e, pertanto, non consente l’emissione dell’ordine di demolizione delle opere abusive o di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, fermo restando il potere dell’autorità amministrativa di adottare autonomamente tali provvedimenti (Sez. 3, n. 48248 del 10/05/2018, Violante, Rv. 274420).
Infatti l’ordine di demolizione dell’opera edilizia abusiva, previsto dall’art. 31, comma 9, d.P.R. n. 380 del 2001, presuppone comunque la pronuncia di una sentenza di condanna, non risultando sufficiente l’avvenuto accertamento della commissione dell’abuso, come nel caso di sentenza che rileva l’intervenuta prescrizione del reato (Sez. 3, n. 37836 del 29/03/2017, Catanzaro, Rv. 270907).
D’altronde, e decisivamente, alla demolizione delle opere abusive era subordinata la concessione della sospensione condizionale della pena, statuizione che non ha ragion d’essere nel momento in cui è stata riconosciuta la causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto. In ragione di ciò, non può che venire meno anche la condizione cui la sospensione era subordinata.
Né ovviamente rileva, ai fini della pronuncia in parte qua di annullamento senza rinvio, l’aggiunta manoscritta – senza data e senza sottoscrizione – in tesi apposta alla sentenza impugnata, che avrebbe dovuto dare conto della correzione della decisione impugnata attesa l’impossibilità di impartire l’ordine di demolizione in considerazione della pronuncia di cui all’art. 131-bis cit..
5. Alla stregua dei rilievi che precedono, pertanto, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio limitatamente alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, beneficio che elimina, e all’ordine di demolizione, ordine che revoca.
5.1. Attesa la manifesta infondatezza degli ulteriori profili di censura, il ricorso deve dichiararsi inammissibile nel resto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, beneficio che elimina, e all’ordine di demolizione, ordine che revoca.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma il 15/01/2021