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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 4189 | Data di udienza: 4 Ottobre 2017

RIFIUTI – Trasporto e abbandono sul suolo di rifiuti speciali non pericolosi – Trasporto di rifiuti senza autorizzazione – Natura di reato istantaneo – Consapevolezza dell’illiceità del fatto – Art. 256, c.1°, D.Lgs. n.152/2006.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 30 Gennaio 2018
Numero: 4189
Data di udienza: 4 Ottobre 2017
Presidente: RAMACCI
Estensore: CIRIELLO


Premassima

RIFIUTI – Trasporto e abbandono sul suolo di rifiuti speciali non pericolosi – Trasporto di rifiuti senza autorizzazione – Natura di reato istantaneo – Consapevolezza dell’illiceità del fatto – Art. 256, c.1°, D.Lgs. n.152/2006.



Massima

 

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 30/01/2018 (Ud. 04/10/2017), Sentenza n.4189
 
 
RIFIUTI – Trasporto e abbandono sul suolo di rifiuti speciali non pericolosi – Trasporto di rifiuti senza autorizzazione – Natura di reato istantaneo – Consapevolezza dell’illiceità del fatto – Art. 256, c.1°, D.Lgs. n.152/2006.
 
Il reato di trasporto di rifiuti senza autorizzazione (art. 256, comma primo, D.Lgs. 3 aprile 2006, n.152) ha natura istantanea, in quanto si perfeziona nel momento in cui si realizza la singola condotta tipica, essendo sufficiente un unico trasporto ad integrare la fattispecie incriminatrice (Cass. Sez. 3, n. 41529 del 15/12/2016). Nella specie, l’imputato non poteva invocare la buona fede, ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche, non ravvisandosi mancanza di consapevolezza dell’illiceità del fatto nella sua condotta.
 
 
(dich. inammissibile il ricorso avverso sentenza del 13/10/2016 del TRIBUNALE di AREZZO) Pres. RAMACCI, Rel. CIRIELLO, Ric. Bidini 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 30/01/2018 (Ud. 04/10/2017), Sentenza n.4189

SENTENZA

 

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 30/01/2018 (Ud. 04/10/2017), Sentenza n.4189

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 
sul ricorso proposto da BIDINI LUCIANO nato il 29/03/1964 a AREZZO;
 
avverso la sentenza del 13/10/2016 del TRIBUNALE di AREZZO;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal Consigliere ANTONELLA CIRIELLO;
 
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore STEFANO TOCCI che ha concluso per l’inammissibilita’;
 
Udito il difensore, avv. FABIO BELARDI (nominato sostituto processuale per l’udienza) che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza del 13.10.2016 il Tribunale di Arezzo ha, per quanto qui rileva, condannato Bidini Luciano alla pena di euro 3.000,00 di ammenda, per avere il medesimo, in qualità di titolare e legale rappresentante dell’impresa individuale "Bidini Luciano", effettuato il trasporto e l’abbandono sul suolo di rifiuti speciali non pericolosi, consistenti in 4 mc. di rifiuti misti (detriti da costruzione – demolizione, plastica e legno), riconducibili alla propria attività di impresa e di provenienza esterna al luogo di abbandono.
 
2. Avverso tale sentenza propone ricorso per Cassazione l’imputato, tramite il proprio difensore di fiducia, chiedendone l’annullamento, deducendo il vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la sentenza stessa, nel ritenere attendibili le dichiarazioni  dei testi Bagaglini, Polvani e Grottini (quest’ultimi vicini di casa) che avevano denunciato i fatti e che avevano riferito come i detriti fossero riconducibili alla impresa dell’imputato e non ai lavori di ristrutturazione presso il proprio immobile (come questi aveva invece affermato), riferendo altresì che non vi erano lavori di ristrutturazione in corso e che l’imputato era solito accumulare sul posto rifiuti provenienti dalla propria attività (nonostante si trattasse di pochi metri cubi, circostanza incompatibile con quanto riferito).
 
Avrebbe errato, il giudice di merito, nel ritenere i testi affidabili mentre -invece- l’esistenza di dissapori emergeva chiaramente dal loro comportamento (avendo essi denunciato il fatto invece di affrontare amichevolmente l’imputato) e fosse confermata da quanto riferito al dibattimento dal figlio dell’imputato.
 
Illogicamente il Tribunale non avrebbe considerato, per un verso le contraddizioni emergenti (la teste Grottini si era contraddetta affermando prima che il trasporto avvenisse con due furgoni e poi con uno solo, che era stato dimostrato, peraltro, non fosse utilizzabile per assenza della polizza assicurativa all’epoca dei fatti) e i documenti e le deposizioni a discarico da cui emergeva l’esistenza di lavori in corso presso l’appartamento dell’imputato, da cui nella prospettazione difensiva provenivano i detriti, circostanza confermata dal Geometra Galeotti per altro verso il fatto che la permanenza dei rifiuti sul luogo, in quantità incompatibile con l’abitualità del comportamento, fosse del tutto occasionale, come emergeva da quanto riferito da tale Capecchi, che curava il trasporto dei materiali per conto dell’imputato, il quale aveva raccontato di non aver potuto provvedere alla loro rimozione in ragione di un guasto al proprio automezzo.
 
2.1. Con atto del 05.09.2017 il ricorrente ha depositato motivi aggiunti, con i quali, in primo luogo, ha ribadito rilievi già proposti nel primo atto (come la circostanza che l’imputato avesse presentato idonea SCIA che comprovava l’esistenza di lavori di ristrutturazione nel suo appartamento, che emergeva -del resto- dalle dichiarazioni del Geometra Galeotti, e che non vi era prova che il camioncino, con il quale, secondo i vicini di casa, si effettuavano le operazioni trasporto delle macerie, fosse marciante) sottolineando che la condotta di trasporto contestata non era stata realizzata, giacchè i rifiuti era stati prodotti sul posto, provenendo dalla ristrutturazione dell’abitazione dell’imputato (non essendo indizio sufficiente a concludere per la provenienza esterna dei rifiuti, la mera circostanza che il Bidini sia titolare di una ditta che opera nel campo dei lavori edili).
 
2.2. Con un secondo motivo, nei motivi aggiunti, l’imputato deduce il vizio di motivazione del provvedimento gravato sul rilevo che il giudice non avrebbe adeguatamente valutato l’esistenza dell’elemento psicologico del reato, ossia la buona fede dell’imputato, rendendo una motivazione contraddittoria, ossia dando atto, per un verso, che questi si era adoperato per rimuovere i rifiuti (attività non realizzata per fatto indipendente dalla volontà dell’imputato, giacchè il soggetto incaricato, tale Capecchi, non aveva adempiuto all’incarico in ragione di un guasto all’automezzo di sua proprietà), per altro verso affermando la colpevolezza dell’imputato che non avrebbe fatto tutto ciò che poteva per osservare la norma violata.
 
2.3. Sotto altro profilo, nei motivi aggiunti, l’imputato evidenzia la violazione di legge in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata, in relazione agli artt. 131 bis e 133 c.p., per avere il Tribunale di Arezzo omesso la applicazione della speciale causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p., applicabile d’ufficio dal giudice, anche in assenza di una specifica richiesta da parte dell’imputato, nonostante i numerosi elementi emersi dimostrassero l’esiguità del danno o del pericolo e del grado di colpevolezza.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
3. Il ricorso è inammissibile; i motivi di ricorso, per lo più, si risolvono in censure in fatto della decisione impugnata, con le quali si richiede una nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali riservata al giudice del merito e non consentita in questa sede di legittimità, e sono comunque manifestamente infondati.
 
3.1. Ed invero, il giudice di merito ha fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione sulle ragioni per le quali ha ritenuto che l’imputato stesse effettivamente compiendo la ritenuta attività in contestazione, e, richiamandosi alle emergenze istruttorie, ha ricostruito correttamente i fatti (evidenziando che i coniugi Polvani Riccardo e Aurora Grottini, vicini di casa, hanno riferito con precisione che, nel corso dell’anno 2013, avevano potuto vedere il furgoncino della ditta edile di Bidini Luciano che, nelle ore serali, arrivava sulla proprietà dei Bidini e scaricava dei rifiuti di materiale edile, del tipo calcinacci, sul retro della abitazione, corroborando le dichiarazioni con riscontri fotografici che evidenziavano l’aumento di volume progressivo dei detriti e precisando, altresì, che i furgoncini che vedevano erano riferibili alla ditta di Bidini Luciano, che ben conoscevano perché aveva costruito la loro abitazione), dando atto anche delle dichiarazioni del teste a discarico (geometra Galeotti) e precisando che per un verso, mentre questi aveva riferito che i materiali dei lavori presso la abitazione dell’imputato, era depositati in loco, per altro verso non li aveva riconosciuti nelle fotografie, e che, comunque, tale circostanza non assumeva rilevanza a fronte della credibilità, adeguatamente motivata, degli altri testi che avevano assistito ai trasporti, e del fatto che, probabilmente, oltre a conferire sul posto i calcinacci provenienti da lavori esterni, l’imputato vi aveva "anche" depositato quelli prodotti sul posto.
 
3.1. Correttamente il giudice di merito ha richiamato la giurisprudenza di questa corte che ha, in diverse occasioni, evidenziato la natura istantanea del reato di trasporto di rifiuti senza autorizzazione (art. 256, comma primo, D.Lgs. 3 aprile 2006, n.152) in quanto si perfeziona nel momento in cui si realizza la singola condotta tipica, essendo sufficiente un unico trasporto ad integrare la fattispecie incriminatrice (cfr., ex multis, Sez. 3, n. 41529 del 15/12/2016 Rv. 270947) chiarendo con adeguata motivazione, che non presenta alcuna delle denunciate contraddizioni, che l’imputato non poteva invocare la buona fede, non ravvisandosi mancanza di consapevolezza dell’illiceità del fatto nella sua condotta e correttamente valorizzando la rimozione dei rifiuti prima della apertura del dibattimento, ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche.
 
3.2. A fronte di tali argomentazioni i rilievi difensivi che contestano la credibilità dei testi, risultano generici e inammissibili, avendo adeguatamente il giudice di merito argomentato sulla loro attendibilità in assenza di elementi che la inficiassero, (del resto solo genericamente dedotti e richiamati nel ricorso), e valorizzando i riscontri costituiti dal sequestro dei rifiuti e dal materiale fotografico acquisito (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata ove si richiamano le "fotografie a colori acquisite agli atti del fascicolo che sono state scattate nel corso del tempo dal Polvani e che attestanoun aumento di volumetria dei rifiuti fino al momento del sequestro del 6.12.2013).
 
3.3. Del tutto generico è anche l’ulteriore motivo di doglianza, avanzato nei motivi aggiunti, riferito al mancato riconoscimento della causa di non punibilità della particolarità tenuità del fatto. Non può invero censurarsi la motivazione per non avere, il giudice, di ufficio, ravvisato nei fatti la speciale causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p., pur in assenza della richiesta di parte, che pacificamente non è intervenuta pur essendo stata emessa la sentenza impugnata quando la novella codicistica introdotta a seguito della entrata in vigore del dlgs n. 28 del 2015 era già da tempo pienamente vigente (nel corso della udienza tenutasi in data 13.10.2016), giacchè, a prescindere dalla genericità del motivo, non si rileva, neppure sotto tale profilo, alcuna omissione di motivazione per avere Tribunale, con argomentazioni non illogica chiarito, richiamando i criteri di cui all’art. 133 cod.pen., la gravità del fatto, desumibile dalle modalità dell’azione.
 
4. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna alle spese del procedimento nonché al versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 2.000,00.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
 
Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2017.
 

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