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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 26938 | Data di udienza: 4 Maggio 2017

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Attuazione all’ordine di demolizione emesso – Poteri e obblighi del pubblico ministero e del giudice dell’esecuzione – Esistenza di concorrenti provvedimenti dell’Amministrazione – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Onere di allegazione – Fattispecie: abuso edilizio in zona di protezione integrale.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 30 Maggio 2017
Numero: 26938
Data di udienza: 4 Maggio 2017
Presidente: FIALE
Estensore: MACRI'


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Attuazione all’ordine di demolizione emesso – Poteri e obblighi del pubblico ministero e del giudice dell’esecuzione – Esistenza di concorrenti provvedimenti dell’Amministrazione – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Onere di allegazione – Fattispecie: abuso edilizio in zona di protezione integrale.



Massima

 

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 30/05/2017 (Ud. 04/05/2017) Sentenza n.26938



DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Attuazione all’ordine di demolizione emesso – Poteri e obblighi del pubblico ministero e del giudice dell’esecuzione – Esistenza di concorrenti provvedimenti dell’Amministrazione – Onere di allegazione – Fattispecie: abuso edilizio in zona di protezione integrale. 
 
Spetta al pubblico ministero ed al giudice dell’esecuzione dare attuazione all’ordine di demolizione emesso ex art. 7 e 20 L. n. 47/85 ((abrogato dall’articolo 136 del d.P.R. n. 380 del 2001 e sostituiti dagli articolo 31 e 44 dello stesso d.P.R.), specificando ulteriormente che il pubblico ministero non ha l’obbligo di accertare preventivamente l’inerzia dell’Amministrazione nell’esercizio dei poteri che la legge riserva a questa o il contenuto degli eventuali provvedimenti adottati. Inoltre, spetta eventualmente agli interessati allegare l’esistenza di concorrenti provvedimenti dell’Amministrazione ed instaurare per tale motivo un giudizio innanzi al giudice dell’esecuzione. 
 
 
(conferma ordinanza del 13.4.2015 TRIBUNALE DI NAPOLI) Pres. FIALE, Rel. MACRI’, Ric. Cimitile Cortese
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 30/05/2017 (Ud. 04/05/2017) Sentenza n.26938

SENTENZA

 

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 30/05/2017 (Ud. 04/05/2017) Sentenza n.26938
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
sul ricorso proposto da Cimitile Cortese Vittorio, nato a Napoli l’11.4.1943;
 
avverso l’ordinanza in data 13.4.2015 del Tribunale di Napoli;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal consigliere Ubalda Macrì;
 
letta la memoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Paolo Canevelli, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso con condanna al pagamento delle spese e di una somma alla Cassa delle Ammende.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con ordinanza in data 13.4.2015, il Giudice del Tribunale di Napoli, sezione stralcio, ex sezioni di Afragola, Capri, Casoria, Frattamaggiore, Marane di Napoli, Portici e Pozzuoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza presentata da Cimitile Cortese Vittorio volta ad ottenere la revoca o l’annullamento dell’ordine di demolizione disposto con sentenza del Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Capri, in data 26.2.1997, passata in giudicato il 19.4.1997. 
 
Esaminata la documentazione nel contraddittorio delle parti, ha osservato che non vi era dubbio, nel caso specifico, che la Pubblica Amministrazione, nel rispetto della normativa vigente ed in considerazione dei vincoli imposti dalla qualificazione urbanistica della zona in cui sorgeva l’abuso (zona di protezione integrale), fosse orientata alla demolizione del manufatto piuttosto che al suo utilizzo per fini pubblici e che l’ordine di demolizione conservava la sua natura di sanzione di natura amministrativa applicata o inflitta dal giudice penale che non si poneva in alternativa all’azione di controllo e di programmazione della Pubblica Amministrazione, tanto che poteva essere revocata in caso di intervento di un provvedimento in sanatoria, una diversa scelta sulla destinazione del bene etc., e non ne costituiva un duplicato, ma era stata prevista dal legislatore per rafforzare il meccanismo sanzionatorio e di salvaguardia del territorio, mirando essenzialmente al ripristino della situazione antecedente all’abuso, salvo diverse e legittime determinazioni della Pubblica Amministrazione.
 
2. Con un unico motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p., per mancanza assoluta di motivazione in ordine alla richiesta principale di incidente di esecuzione. 
 
Deduce, innanzi tutto, che l’autorità giudiziaria penale aveva acquisito la competenza sull’esecuzione della sanzione amministrativa contenuta in sentenza solo a partire dal 28.11.1997, mentre le opere contestate erano state accertate il 9.5.1996; quindi ricorda che nell’udienza camerale aveva osservato che, al momento del passaggio in giudicato della sentenza, il cespite oggetto dell’ingiunzione a demolire era stato già acquisito al patrimonio comunale e che, nella specie, vi era un bis in idem, secondo la giurisprudenza della CEDU nel caso Grande Stevens. 
 
Precisa che il Giudice, nel ricapitolare le sue richieste, aveva affermato che la revoca era stata chiesta per due motivi, il primo relativo all’incompatibilità dell’ingiunzione emessa dalla Procura con il provvedimento di acquisizione del cespite al patrimonio comunale, ed il secondo relativo alle problematiche sollevate dalla sentenza della CEDU, laddove egli aveva sollevato un’unica questione, la mancanza di competenza dell’autorità giudiziaria penale ad eseguire le demolizioni per le sentenze precedenti al 28.11.1997. Chiede pertanto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata per incompetenza della Procura di Napoli non era competente ad eseguire l’ordine di demolizione ed in subordine chiede l’annullamento con rinvio affinché il giudice ad quem proceda alla suddetta valutazione.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
 
La doglianza del ricorrente secondo cui sarebbe competente all’esecuzione dell’ordine di demolizione la Pubblica Amministrazione piuttosto che il pubblico ministero è del tutto sprovvista di fondamento normativo. Con la sentenza a Sezioni Unite n. 15/96, la Cassazione, nel dirimere il contrasto interpretativo sul punto, ha stabilito che spetta al pubblico ministero ed al giudice dell’esecuzione dare attuazione all’ordine di demolizione emesso ex art. 7 e 20 L. n. 47/85, specificando ulteriormente che il pubblico ministero non ha l’obbligo di accertare preventivamente l’inerzia dell’Amministrazione nell’esercizio dei poteri che la legge riserva a questa o il contenuto degli eventuali provvedimenti adottati (si veda tra la giurisprudenza anteriore alle Sezioni Unite, Cass., Sez. 3, n. 8534/92 e tra quella posteriore, Cass., Sez. 3, n. 3336/97, Rv 206555, secondo cui spetta eventualmente agli interessati allegare l’esistenza di concorrenti provvedimenti dell’Amministrazione ed instaurare per tale motivo un giudizio innanzi al giudice dell’esecuzione). Non v’è alcuna norma che legittima la distinzione temporale che il ricorrente ha proposto né le menzionate circolari interpretative della Procura, peraltro non prodotte e quindi non valutabili, possono avere rilievo a sostegno delle ragioni dedotte.
 
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa in favore della Cassa delle Ammende, come da dispositivo.
 
P.Q.M.
 
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
 
Così deciso, il 4 maggio 2017.
 

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