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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 12926 | Data di udienza: 16 Marzo 2016

DIRITTO URBANISTICO – Reati edilizi – Abuso edilizio – Ordine di demolizione – Natura di atto dovuto insuscettibile di valutazione discrezionale e sottratto alla disponibilità delle parti – Esclusione della prescrizione – Art. 31 DPR n. 380/2001 – Artt. 172 e 173 c.p. – Art. 28 L. n. 689/1981 – Artt. 606 lett.b) e 616 c.p.p..


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 31 Marzo 2016
Numero: 12926
Data di udienza: 16 Marzo 2016
Presidente: AMORESANO
Estensore: Mocci


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – Reati edilizi – Abuso edilizio – Ordine di demolizione – Natura di atto dovuto insuscettibile di valutazione discrezionale e sottratto alla disponibilità delle parti – Esclusione della prescrizione – Art. 31 DPR n. 380/2001 – Artt. 172 e 173 c.p. – Art. 28 L. n. 689/1981 – Artt. 606 lett.b) e 616 c.p.p..



Massima

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 31/03/2016 (ud. 16/03/2016) Sentenza n.12926


DIRITTO URBANISTICO – Reati edilizi – Abuso edilizio – Ordine di demolizione – Natura di atto dovuto insuscettibile di valutazione discrezionale e sottratto alla disponibilità delle parti – Esclusione della prescrizione – Art. 31 DPR n. 380/2001Artt. 172 e 173 c.p. – Art. 28 L. n. 689/1981Artt. 606 lett.b) e 616 c.p.p..
 
In tema di reati edilizi, l’ordine di demolizione del manufatto abusivo non è soggetto né alla prescrizione stabilita dall’art. 173 cod. pen. per le sanzioni penali, in quanto sanzione amministrativa, né alla prescrizione stabilita dall’art. 28 legge n. 689 del 1981 riguardante, infatti, unicamente le sanzioni pecuniarie con finalità punitiva. In altri termini, l’ordine di demolizione, essendo un atto dovuto, non è suscettibile di valutazione discrezionale ed è sottratto, conseguentemente, alla disponibilità delle parti. L’ordine di demolizione, inoltre, non viene disposto dall’A.G. in supplenza dell’autorità amministrativa. Pertanto, il giudice è garante della tutela assicurata dalla legislazione urbanistica e che a tale tutela si riconnette l’attribuzione di un autonomo potere di emettere provvedimenti ripristinatori specifici, qualora perduri la situazione di illegalità offensiva dell’interesse protetto dalla norma penale violata e ciò anche quando l’autorità amministrativa non sia rimasta inerte, ma abbia essa stessa adottato provvedimenti analoghi per eliminare l’abuso edilizio. Non avendo l’ordine di demolizione natura di sanzione penale, non può certamente ipotizzarsi l’estinzione dello stesso per decorso del tempo. Peraltro, in ogni caso, non potrebbe determinarsi l’estinzione ex art. 173 c.p., atteso che tale disposizione si riferisce alle sole pene principali.
 
 
(conferma ordinanza del 26/05/2015 del Tribunale di Palermo) Pres. AMORESANO, Rel. MOCCI, Ric. Morana
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 31/03/2016 (ud. 16/03/2016) Sentenza n.12926

SENTENZA

 

 

 
 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 31/03/2016 (ud. 16/03/2016) Sentenza n.12926
 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
 
Composta dagli Ili.mi Sigg.ri Magistrati:
 
Omissis 
 
ha pronunciato la seguente:
 
SENTENZA 
 
sul ricorso proposto da
 
1. Morana Santi, nato a Palermo il 04/05/1958
– avverso l’ordinanza del 26/05/2015 del Tribunale di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
– udita la relazione svolta dal consigliere Mauro Mocci;
– lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pasquale Fimiani, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Santi Morana ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del 26 maggio 2015, con la quale il Tribunale di Palermo aveva rigettato l’istanza di revoca e dichiarazione di estinzione per prescrizione dell’ordine di demolizione, coevo alla sentenza dello stesso Tribunale, in data 9 dicembre 2005, parzialmente riformata con sentenza della Corte d’Appello di Palermo il 4 aprile 2007, irrevocabile il 14 maggio 2008.
 
L’ordinanza impugnata rilevava come la sanzione della demolizione si sottraesse alla regola del giudicato e come, nella specie, non risultasse dedotto né dimostrato l’intervento di atti amministrativi incompatibili. Aggiungeva che l’ordine, avente natura di sanzione amministrativa, non era soggetto a prescrizione e che la questione – di cui alla sentenza n. 49 del 14 gennaio 2015 della Corte Costituzionale – riguardava la diversa problematica dell’applicabilità della confisca nei confronti dei terzi acquirenti di immobili oggetto di lottizzazione abusiva, nonostante la dichiarazione di estinzione del reato.
 
2. Il ricorrente deduce un unico motivo, lamentando l’erronea applicazione della legge penale [art. 606 lett.b) c.p.p.]. Assume che la pena accessoria della demolizione sarebbe stata indicata dall’art. 7 della CEDU come “pena” ad ogni effetto e non come sanzione amministrativa. La questione, sia pur riguardante la problematica dell’applicabilità della confisca ai terzi acquirenti di immobili abusivi – già sottoposta al vaglio della Grande Camera della CEDU il 2 settembre 2015 – si sarebbe riflessa anche sulla qualificazione della natura giuridica delle pene accessorie nei reati di abusivismo edilizio. L’orientamento richiamato dal giudice palermitano sarebbe superato, sulla scorta di un’interpretazione ragionevole della sentenza della Corte Costituzionale n. 13 del 2015. In ogni caso, anche l’interpretazione sistematica dell’art. 31 DPR n. 380 del 2001 condurrebbe a ritenere la natura penale dell’ordine di demolizione. Ma anche ove si dovesse negare la natura sostanzialmente penale dell’ordine di demolizione, esso ricadrebbe nel contesto applicativo degli artt. 172 e 173 c.p. e sarebbe perciò soggetto a prescrizione.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
 
In ordine alla dedotta prescrizione, costituisce jus receptum di questa Corte Suprema l’affermazione secondo cui in tema di reati edilizi, l’ordine di demolizione del manufatto abusivo non è soggetto né alla prescrizione stabilita dall’art. 173 cod. pen. per le sanzioni penali, in quanto sanzione amministrativa, né alla prescrizione stabilita dall’art. 28 legge n. 689 del 1981 riguardante, infatti, unicamente le sanzioni pecuniarie con finalità punitiva (Sez. 3, n. 49331 del 15/12/2015, Delorier, Rv. 265540; Sez. 3, n. 36387 del 07/07/2015, Formisano, Rv.264736; Sez. 3, n. 19742 del 14.4.2011, Mercurio ed altro, Rv.250336).
 
In altri termini, l’ordine di demolizione, essendo un atto dovuto, non è suscettibile di valutazione discrezionale ed è sottratto, conseguentemente, alla disponibilità delle parti. L’ordine di demolizione, inoltre, non viene disposto dall’A.G. in supplenza dell’autorità amministrativa. La giurisprudenza di questa Corte ha da tempo superato tale impostazione, avendo ritenuto che anche il giudice “è garante della tutela assicurata dalla legislazione urbanistica e che a tale tutela si riconnette l’attribuzione di un autonomo potere di emettere provvedimenti ripristinatori specifici, qualora perduri la situazione di illegalità offensiva dell’interesse protetto dalla norma penale violata e ciò anche quando l’autorità amministrativa non sia rimasta inerte, ma abbia essa stessa adottato provvedimenti analoghi per eliminare l’abuso edilizio” [Sez. 3, n. 43006 del 10/11/2010 (dep. 03/12/2010), La Mela, Rv.248670].
 
Non avendo l’ordine di demolizione natura di sanzione penale, non può certamente ipotizzarsi l’estinzione dello stesso per decorso del tempo. Peraltro, in ogni caso, non potrebbe determinarsi l’estinzione ex art. 173 c.p., atteso che tale disposizione si riferisce alle sole pene principali (cfr. Cass. pen. sez. 3, 21.10.2003, n. 39705 – c.c. 30.4.2003 – RV 226573).
 
In applicazione dell’art. 616 c.p.p., segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – in mancanza di elementi che possano far ritenere incolpevole la causa di inammissibilità del ricorso (cfr. Corte Cast., sent. n. 186 del 2000) – al pagamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si stima equo fissare in € 1.500,00.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
 
Così deciso il 16/03/2016
 
 
 
 
 
 
 

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