Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 31 Agosto 2012
Numero: 33540
Data di udienza: 19 Giugno 2012
Presidente: Mannino
Estensore: Sarno
Premassima
* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Vincolo paesaggistico e abuso edilizio – Proprietario dell’area – Responsabilità – Configurabilità e limiti – DIRITTO URBANISTICO – Abusivismo edilizio – Concorso del proprietario non committente – Presupposti – Giurisprudenza – Art. 44 lettere C) d.p.r. n.380/01 – Art. 181 d.L.vo n.42/04 – Art. 40 c.p. – Art. 41, c.2, Cost..
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 31 agosto 2012 (Ud. 19/06/2012) Sentenza n. 33540
Se la qualità di proprietario del terreno non può essere da sola sufficiente ad affermare la responsabilità per l’abuso, è ravvisabile in ogni caso il concorso nel reato del proprietario del terreno non committente dei lavori nel caso in cui quest’ultimo vi abbia interesse o abbia comunque consentito – sia pure tacitamente – alla loro esecuzione.
(annulla con rinvio sentenza n. 20364/2010 TRIB.SEZ.DIST. di MANFREDONIA, del 31/03/2011) Pres. Mannino, Est. Sarno, Ric. PM in proc. Grilli ed altri
DIRITTO URBANISTICO – Abusivismo edilizio – Concorso del proprietario non committente – Presupposti – Giurisprudenza.
In tema di abusivismo edilizio, si configura il concorso del proprietario non committente nel caso in cui costui abbia piena consapevolezza dell’esecuzione delle opere da parte del coimputato o abbia prestato consenso, seppure implicito o tacito, all’attività edilizia posta in essere (Cass. Sez. 3, n. 44160 del 01/10/2003). Talora viene riaffermata per il proprietario l’esistenza dell’obbligo giuridico di non consentire che con l’utilizzo della cosa propria si realizzi l’evento dannoso o pericoloso, affermando il concorso morale nel reato consumato dall’autore della edificazione abusiva, in capo al proprietario che potendo intervenire se ne astenga deliberatamente, (Cass. Sez. 3, n. 43232 del 12/11/2002). Non è sufficiente per escludere il concorso nel reato, che il proprietario del terreno non abbia commissionato materialmente i lavori ma occorre sostanzialmente qualcosa in più e, cioè, che dagli atti emerga che lo stesso non abbia interesse all’abuso e non sia stato nelle condizioni di impedirne l’esecuzione. Così, gli elementi in base ai quali possa ragionevolmente presumersi che questi abbia concorso, anche solo moralmente, con il committente o l’esecutore dei lavori, possono essere individuati, nella piena disponibilità giuridica e di fatto del suolo e nell’interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione, così come dei rapporti di parentela o affinità tra terzo e proprietario, nella eventuale presenza di quest’ultimo “in loco”, nello svolgimento di attività di vigilanza dell’esecuzione dei lavori, nella richiesta di provvedimenti abilitativi in sanatoria, nel regime patrimoniale dei coniugi, ovvero in tutte quelle situazioni e comportamenti positivi o negativi dai quali possano trarsi elementi integrativi della colpa (Sez. 3, n. 26121 del 12/04/2005 Rv. 231954). In altra sentenze, in linea con i rilievi del PM ricorrente, si è effettivamente precisato che può essere attribuita al proprietario non formalmente committente dell’opera abusiva la responsabilità anche in relazione all’accertamento che questi abiti nello stesso territorio comunale ove è stata eretta la costruzione abusiva, che sia stato individuato sul luogo, che sia il destinatario finale dell’opera (Sez. 3, n. 9536 del 20/01/2004 Rv. 227403). Appare di conseguenza evidente che l’esclusione della responsabilità del proprietario non committente possa essere ritenuta solo qualora, all’esito del vaglio degli elementi di prova, si possa escludere l’interesse o il consenso di quest’ultimo dell’abuso.
(annulla con rinvio sentenza n. 20364/2010 TRIB.SEZ.DIST. di MANFREDONIA, del 31/03/2011) Pres. Mannino, Est. Sarno, Ric. PM in proc. Grilli ed altri
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 31 agosto 2012 (Ud. 19/06/2012) Sentenza n. 33540
SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill mi Sigg ri Magistrati:
Dott. SAVERIO FELICE MANNINO – Presidente
Dott. ALDO FIALE – Consigliere
Dott. GIULIO SARNO – Consigliere Rel.
Dott. ELISABETTA ROSI – Consigliere
Dott. SANTI GAZZARA – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da PMT PRESSO TRIBUNALE DI FOGGIA nei confronti di:
1) GRILLI MATTEO N. IL 18/03/1966 * C/
2) GRILLI GIOVANNI N. IL 05/10/1967 * C/
3) GRILLI GINA N. IL 24/03/1969 * C/
4) GRILLI RAFFAELLA N. IL 18/12/1971 * C/
avverso la sentenza n. 20364/2010 TRIB.SEZ.DIST. di MANFREDONIA, del 31/03/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/06/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIO SARNO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Policastro Aldo che ha concluso per l’annullamento con rinvio
Ritenuto in fatto
1.
Il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Foggia propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale il tribunale di Foggia, sezione distaccata di Manfredonia, ha assolto Grilli Matteo, Grilli Giovanni, Grilli Gina dal reato di cui all’
articolo 44 lettere C) d.p.r. n.380/01 e
181 d.L.vo n.42/04 contestati per la realizzazione in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, senza permesso di costruire e senza autorizzazione ambientale, di tre manufatti in muratura della superficie di metri quadrati 112 circa.
2. Il tribunale é pervenuto all’assoluzione, ed ha contestualmente disposto la trasmissione degli atti al PM per procedere nei confronti di Grilli Giuseppe, padre degli odierni imputati, rilevando che pur essendo palese l’esistenza del reato, non vi era la prova sufficiente circa l’attribuibilità della condotta degli imputati. E ciò in quanto dalla documentazione esibita dal pm risultava che gli stessi erano comproprietari del fondo ma nessuna prova era stata offerta circa il fatto che gli imputati stessi avessero concorso nella realizzazione delle opere indicate in rubrica laddove dall’istruttoria svolta era emersa invece la prova che le opere in questione fossero state eseguite dal padre degli imputati Grilli Giuseppe che, pur senza essere formalmente proprietario, aveva commissionato l’esecuzione dei lavori.
3. Deduce in questa sede il PM ricorrente il vizio di motivazione sotto 3 profili:
a) per avere i giudici dapprima affermato la sussistenza del reato e poi negato la responsabilità degli imputati;
b) per aver omesso di considerare che gli imputati (e non il padre) sono proprietari del terreno e che Grilli Giuseppe non poteva che avere agito per favorire i figli e, quindi, nel loro esclusivo interesse, tenuto anche conto dell’avanzata età;
c) gli imputati abitano in un paese limitrofo a quello in cui insiste il terreno e, dunque, é evidente che i lavori non possono che essere stati eseguiti con il loro consenso essendo per essi agevole accorgersi dell’abuso.
Considerato in diritto.
Il ricorso é fondato.
A prescindere dai profili di contraddittorietà evidenziati dal procuratore della Repubblica ricorrente, probabilmente dovuti ad imprecisioni della esposizione, ritiene il Collegio che nella specie la sentenza non abbia fatto buon governo dei principi più recenti enunciati dalla Corte in ordine al concorso del proprietario del terreno non committente dei lavori nella perpetrazione dell’illecito edilizio.
La sentenza impugnata sostiene che non sia stata offerta prova sufficiente circa l’attribuibilità della condotta agli imputati (proprietari del terreno) in quanto nessuna prova sarebbe stata fornita circa il fatto che essi abbiano concorso nella realizzazione dei fatto illecito posto che dall’istruttoria eseguita è invece emerso che le opere sono state eseguite dal padre degli imputati Grilli Giuseppe, non proprietario del fondo.
In questo senso la sentenza sembra richiamare l’indirizzo inizialmente (ed a lungo) sostenuto dalla Corte secondo cui in tema di reati edilizi, non può essere attribuito ad un soggetto, per il mero fatto di essere proprietario dell’area, un dovere di controllo, dalla cui violazione derivi una responsabilità penale per costruzione abusiva, prescindendo dalla concreta situazione in cui venne svolta l’attività incriminata, cioè senza identificare, in relazione alla specifica situazione di fatto, il comportamento positivo o negativo posto in essere dal soggetto medesimo che possa essere assunto ad elemento integrativo della colpa. In relazione a tale orientamento coerentemente si è ritenuto che il proprietario risponde dei relativi reati non in quanto tale, ma solo se abbia la disponibilità dell’immobile ed abbia dato incarico dei lavori o li abbia eseguiti personalmente; mentre se l’incarico sia stato dato da altro proprietario o da altro detentore, non può essere ritenuto responsabile dell’abuso, anche se abbia espresso adesione alla realizzazione dell’opera.” (Sez. III n. 859 del 7/9/2000, ric. Cutaia ed altro, rv. 216945).
Tale indirizzo è stato, tuttavia, successivamente rivisitato.
Si è puntualizzato, infatti, che nel caso in cui il proprietario sia consapevole che sul suo terreno sia eseguita da un terzo una costruzione abusiva e, potendo intervenire, deliberatamente se ne astenga, pone in essere una condotta omissiva che condiziona, rendendola possibile, la realizzazione della predetta opera abusiva che è, quindi, conseguenza diretta anche della sua omissione della quale egli deve essere ritenuto responsabile ai sensi del principio generale di causalità di cui al primo comma dell’art. 40 cod. pen.. Si è aggiunto poi che anche il secondo comma del succitato art. 40 cod. pen., per il quale “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”, deve essere interpretato in termini solidaristici, alla luce dell’
art. 41, comma 2, Cost., sicché è da ritenere che il proprietario non possa utilizzare la cosa propria ne’ consentire che altri la utilizzi in modo che ne derivi danno ai consociati ed abbia, quindi, l’obbligo giuridico di non consentire che l’evento dannoso o pericoloso si realizzi.. ” (Sez 3 n. 12163, 12/7/1999 rv. 215078).
Anche nella successiva evoluzione giurisprudenziale si continua ad insistere sulla ravvisabilità del concorso del proprietario non committente nel caso in cui costui abbia piena consapevolezza dell’esecuzione delle opere da parte del coimputato o abbia prestato consenso, seppure implicito o tacito, all’attività edilizia posta in essere (Sez. 3, n. 44160 del 01/10/2003 Rv. 226589); e talora viene riaffermata per il proprietario l’esistenza dell’obbligo giuridico di non consentire che con l’utilizzo della cosa propria si realizzi l’evento dannoso o pericoloso, affermando il concorso morale nel reato consumato dall’autore della edificazione abusiva, in capo al proprietario che potendo intervenire se ne astenga deliberatamente, (Sez. 3, n. 43232 del 12/11/2002 Rv. 222969; ecc).
Non è sufficiente, dunque, sulla base di tali pronunciamenti, per escludere il concorso nel reato, che il proprietario del terreno non abbia commissionato materialmente i lavori ma occorre sostanzialmente qualcosa in più e, cioè, che dagli atti emerga che lo stesso non abbia interesse all’abuso e non sia stato nelle condizioni di impedirne l’esecuzione.
Si pone allora il problema di individuare gli elementi indizianti.
Al riguardo si è precisato con motivazioni del tutto condivise dal Collegio che gli elementi in base ai quali possa ragionevolmente presumersi che questi abbia concorso, anche solo moralmente, con il committente o l’esecutore dei lavori, possono essere individuati, nella piena disponibilità giuridica e di fatto del suolo e nell’interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione, così come dei rapporti di parentela o affinità tra terzo e proprietario, nella eventuale presenza di quest’ultimo “in loco“, nello svolgimento di attività di vigilanza dell’esecuzione dei lavori, nella richiesta di provvedimenti abilitativi in sanatoria, nel regime patrimoniale dei coniugi, ovvero in tutte quelle situazioni e comportamenti positivi o negativi dai quali possano trarsi elementi integrativi della colpa (Sez. 3, n. 26121 del 12/04/2005 Rv. 231954). In altra sentenze, in linea con i rilievi del PM ricorrente, si è effettivamente precisato che può essere attribuita al proprietario non formalmente committente dell’opera abusiva la responsabilità anche in relazione all’accertamento che questi abiti nello stesso territorio comunale ove è stata eretta la costruzione abusiva, che sia stato individuato sul luogo, che sia il destinatario finale dell’opera (Sez. 3, n. 9536 del 20/01/2004 Rv. 227403).
Appare di conseguenza evidente che l’esclusione della responsabilità del proprietario non committente possa essere ritenuta solo qualora, all’esito del vaglio degli elementi di prova, si possa escludere l’interesse o il consenso di quest’ultimo dell’abuso.
Ciò posto la motivazione della sentenza in questione appare viziata sul punto in quanto omette totalmente di confrontarsi con tali aspetti laddove, invece, il PM ricorrente afferma l’esistenza in atti di elementi dai quali desumere addirittura l’interesse esclusivo degli imputati alla realizzazione dell’abuso nonostante l’estraneità formale alla fase di commissione degli stessi alla ditta incaricata dell’esecuzione.
In conclusione si deve quindi ribadire che se la qualità di proprietario del terreno non può essere da sola sufficiente ad affermare la responsabilità per l’abuso, è ravvisabile in ogni caso il concorso nel reato del proprietario del terreno non committente dei lavori nel caso in cui quest’ultimo vi abbia interesse o abbia comunque consentito – sia pure tacitamente – alla loro esecuzione.
La sentenza va pertanto annullata con rinvio per un nuovo esame della questione, ferma restando ovviamente la sollecitazione alla Procura della Repubblica di verificare la posizione di Grilli Giuseppe quale esecutore materiale dell’abuso.
E naturalmente nell’indagine sul punto il giudice di rinvio dovrà tener conto di tutti quegli elementi indicati nelle decisioni in precedenza citate in quanto rilevanti per l’accertamento del cointeresse nella realizzazione dell’illecito.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione
Annulla la sentenza impugnata e rinvia al tribunale di Foggia per nuovo giudizio.
Così deciso in Roma il 19.6.2012