DANNO AMBIENTALE – Lesione dell’interesse pubblico e generale all’ambiente – Risarcimento del danno ambientale di natura pubblica – Legittimazione alla costituzione di parte civile nel procedimento per reati ambientali – Stato e Ministro dell’Ambiente – Artt. 256, 309, 318 d.lgs n.152/2006 – Soggetti diversi dallo Stato – RISARCIMENTO DEL DANNO – Risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali diversi dall’interesse pubblico alla tutela dell’ambiente – Art. 2043 cod. civ..
Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 4 Marzo 2021
Numero: 8795
Data di udienza: 2 Dicembre 2020
Presidente: LAPALORCIA
Estensore: DI STASI
Premassima
DANNO AMBIENTALE – Lesione dell’interesse pubblico e generale all’ambiente – Risarcimento del danno ambientale di natura pubblica – Legittimazione alla costituzione di parte civile nel procedimento per reati ambientali – Stato e Ministro dell’Ambiente – Artt. 256, 309, 318 d.lgs n.152/2006 – Soggetti diversi dallo Stato – RISARCIMENTO DEL DANNO – Risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali diversi dall’interesse pubblico alla tutela dell’ambiente – Art. 2043 cod. civ..
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 4 marzo 2021 (Ud. 02/12/2020), Sentenza n.8795
DANNO AMBIENTALE – Lesione dell’interesse pubblico e generale all’ambiente – Risarcimento del danno ambientale di natura pubblica – Legittimazione alla costituzione di parte civile nel procedimento per reati ambientali – Stato e Ministro dell’Ambiente – Artt. 256, 309, 318 d.lgs n.152/2006 – RISARCIMENTO DEL DANNO – Soggetti diversi dallo Stato – Risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali diversi dall’interesse pubblico alla tutela dell’ambiente – Art. 2043 cod. civ..
In tema di reati ambientali, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 318, comma 2, lett. a), d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, spetta soltanto allo Stato, e per esso al Ministro dell’Ambiente, la legittimazione alla costituzione di parte civile nel procedimento per reati ambientali, al fine di ottenere il risarcimento del danno ambientale di natura pubblica, in sé considerato come lesione dell’interesse pubblico e generale all’ambiente; tutti i soggetti diversi dallo Stato, singoli o associati, comprese le Regioni e gli altri enti pubblici territoriali, possono esercitare l’azione civile in sede penale, ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, ulteriori e concreti, conseguenti alla lesione di diritti particolari, diversi dall’interesse pubblico alla tutela dell’ambiente, pur se derivanti dalla stessa condotta lesiva.
(annulla senza rinvio sentenza del 02/07/2019 – CORTE DI APPELLO DI MILANO) Pres. LAPALORCIA, Rel. DI STASI, Ric. Lazzarini
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 4/03/2021 (Ud. 02/12/2020), Sentenza n.8795SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Lazzarini Emilio, nato a Brignano Gera D’Adda;
avverso la sentenza del 02/07/2019 della CORTE DI APPELLO DI MILANO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonella Di Stasi;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Stefano Tocci, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 02/07/2019, la Corte di appello di Milano confermava la sentenza del 22/10/2018 del Tribunale di Milano, con la quale Lazzarini Emilio, all’esito di giudizio abbreviato, era stato dichiarato responsabile del reato di cui agli artt. 256, comma 1, lett. a) e b) del d.lgs 152/2006 (perché quale legale rappresentante della Milano Trade s.r.l. effettuava lo stoccaggio di rifiuti speciali pericolosi e non in assenza delle prescritte autorizzazioni) e condannato alla pena di mesi quattro di arresto ed euro 5.000 di ammenda per il reato di cui artt. 256, comma 1, lett. a) del d.lgs 152/2006 ed alla pena di mesi sei di arresto ed euro 5.000 di ammenda per il reato di cui artt. 256, comma 1, lett. b) del d.lgs 152/2006 nonché al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Lazzarini Emilio, a mezzo del difensore di fiducia, articolando cinque motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce violazione degli artt. 309 e 311 d.lgs n. 152/2006 e dell’art. 185 cod.pen. e correlato vizio di motivazione in relazione al risarcimento del danno ambientale in favore della costituita parte civile.
Argomenta che la Corte di appello aveva erroneamente riconosciuto la Città Metropolitana di Milano titolare del diritto al risarcimento del danno ambientale, così confermando la erronea valutazione del Tribunale; il nuovo testo TUA, infatti, riserva esclusivamente allo Stato ed in particolare al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio ad agire per il risarcimento del danno ambientale.
Con il secondo motivo deduce violazione 256, comma 1, del d.lgs 152/2006 quanto alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.
Argomenta che la Corte di appello si era limitata a confermare la sentenza del Tribunale, senza argomentare in maniera specifica in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo in capo al ricorrente: tale elemento era stato desunto solo dalla sua qualità di legale rappresentante della Milano Trade srl e fondato su una asserita culpa in vigilando, con evidente sconfinamento nella responsabilità oggettiva.
Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione del comma 4 dell’art. 256 d.lgs 152/2006, lamentando che, nonostante motivo di gravame sul punto, la Corte territoriale era rimasta silente sul punto né era stata valutata la documentazione rilevante in tal senso prodotto nel giudizio di primo grado.
Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio.
Lamenta che, nonostante motivo di gravame sul punto, la Corte territoriale confermava l’irrogazione della pena detentiva con motivazione carente e nulla argomentava in ordine al quantum della pena pecuniaria.
Con il quinto motivo deduce l’intervenuta prescrizione del reato alla data del 02/09/2019 e chiede dichiararsi l’estinzione del reato.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Deve anzitutto rilevarsi che, per quanto emerge dagli atti, il reato contestato, consumatosi nel settembre 2014, si è estinto per prescrizione in data 02/09/2019, ai sensi del combinato disposto degli artt. 157, 160 e 161 cod. pen.. Per procedere all’applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen., comma 1, peraltro, deve considerarsi l’insegnamento della consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte per cui può condurre alla dichiarazione di prescrizione, anche d’ufficio ai sensi dell’art. 609, comma 2, cod. proc. pen, solo il ricorso idoneo a instaurare un valido rapporto di impugnazione, vale a dire non affetto da inammissibilità (Sez. U n. 21 del 11 novembre 1994, dep.11 febbraio 1995, Cresci; Sez. U n. 11493 del 3 novembre 1998, Verga; Sez. U n. 23428 del 22 giugno 2005, Bracale; Sez U n. 12602 del 17.12.2015, dep. 25.3.2016, Ricci).
Per quanto appena osservato in ordine alla maturazione della prescrizione, allora, deve darsi atto che il terzo motivo di ricorso risulta fondato.
La Corte territoriale, nonostante la questione avesse formato oggetto di specifico motivo di appello, nulla ha argomentato in ordine alla applicabilità dell’art. 256, comma 4, d.lgs 152/2006.
Deve, quindi, richiamarsi, il principio più volte espresso da questa Corte regolatrice, alla stregua dei quali la sentenza di appello confermativa della decisione di primo grado è viziata per carenza di motivazione, e si pone dunque fuori dal pur legittimo ambito del ricorso alla motivazione “per relationem”, se si limita a riprodurre la decisione confermata, senza dare conto degli specifici motivi di impugnazione che censurino in modo puntuale le soluzioni adottate dal giudice di primo grado, e senza argomentare sull’inconsistenza o sulla non pertinenza di detti motivi (Sez. 6, n. 6221 del 20/04/2005, Aglieri ed altri, Rv. 233082; Sez. 6, n. 49754 del 21/11/2012 Casulli, Rv. 254102).
Il silenzio della decisione sul tema vizia parzialmente l’atto decisorio.
Il principio di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità sancito dall’art. 129 cod.proc.pen., impone che nel giudizio di cassazione, qualora ricorrano contestualmente una causa estintiva del reato e una nullità processuale assoluta e insanabile o un vizio di motivazione, sia data prevalenza alla prima, salvo che – circostanza che non ricorre nella specie – l’operatività della causa estintiva presupponga specifici accertamenti e valutazioni riservati al giudice di merito (Sez. U, n.35490 del 28/05/2009, Rv.244275; Sez. 4, n.36896 del 13/06/2014, Rv. 260299; Sez.2, n.6338 del 18/12/2014, dep.13/02/2015, Rv.262761; Sez.3, n.42703 del 07/07/2015, Rv.265194).
La sentenza impugnata, pertanto, va annullata senza rinvio agli effetti penali per essere il reato estinto per prescrizione.
2. Le statuizioni civili vanno revocate, essendo fondato anche il primo motivo di ricorso.
Costituisce principio consolidato che, in tema di reati ambientali, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 318, comma 2, lett. a), d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, spetta soltanto allo Stato, e per esso al Ministro dell’Ambiente, la legittimazione alla costituzione di parte civile nel procedimento per reati ambientali, al fine di ottenere il risarcimento del danno ambientale di natura pubblica, in sé considerato come lesione dell’interesse pubblico e generale all’ambiente; tutti i soggetti diversi dallo Stato, singoli o associati, comprese le Regioni e gli altri enti pubblici territoriali, possono esercitare l’azione civile in sede penale, ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, ulteriori e concreti, conseguenti alla lesione di diritti particolari, diversi dall’interesse pubblico alla tutela dell’ambiente, pur se derivanti dalla stessa condotta lesiva (Sez.1,n.44528 del 25/09/2018, dep.31/10/2019,Rv.277148 – 03; Sez.3, n.24677 del 09/07/2014,dep.11/06/2015,Rv 264114 – 01; Sez.3,n.41015 del 21/10/2010, Rv.248707 – 01).
Nella specie, i Giudici di merito hanno riconosciuto e liquidato in favore della parte civile, Città Metropolitana di Milano il danno ambientale di natura pubblica, per il quale il predetto ente era sfornito di legittimazione ad agire.
3. La sentenza impugnata, in definitiva, va annullata senza rinvio agli effetti penale perché il reato è estinto per prescrizione e vanno revocate le statuizioni civili.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio agli effetti penali la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione. Revoca le statuizioni civili.
Così deciso il 02/12/2020