Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 5 Giugno 2013
Numero: 24539
Data di udienza: 20 Marzo 2013
Presidente: Teresi
Estensore: Fiale
Premassima
* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Reati paesaggistici – Opera abusiva ultimata o meno – Sequestro preventivo – Art. 181, c.1-bis, d.Lgs. n. 42/2004 – DIRITTO URBANISTICO – Reati urbanistici – Sequestro preventivo di cosa pertinente al reato – Presupposti e limiti – Disciplina generale – Artt. 44, lett. c), 93 e 95 del T.U. n. 380/2001.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 5 Giugno 2013 (Cc. 20/3/2013), Sentenza n. 24539
In tema di reati paesaggistici, ai fini della legittimità del provvedimento di sequestro preventivo, la sola esistenza di una struttura abusiva, realizzata senza autorizzazione in area sottoposta a vincolo paesaggistico, integra il requisito dell’attualità del pericolo, indipendentemente all’essere l’edificazione criminosa ultimata o meno, in quanto il rischio di offesa al territorio ed all’equilibrio ambientale (a prescindere dall’effettivo danno al paesaggio) perdura in stretta connessione all’utilizzazione della costruzione ultimata (Cass. Sez.3^, 12.6.2003, n. 32247; Sez. III, 30.9.2004, n. 43880; Sez. II, 14.5.2008, n. 23681; Sez. III, 19.5.2009, n. 309321).
(conferma ordinanza n. 1216/2012 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del 28/06/2012) Pres. Teresi, Est. Fiale, Ric. Chiantone
In materia di reati urbanistici, il sequestro preventivo di cosa pertinente al reato è consentito anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi, purché il pericolo della libera disponibilità della cosa stessa – che va accertato dal giudice con adeguata motivazione – presenti i requisiti della concretezza e dell’attualità e le conseguenze del reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano connotazione di antigiuridicità, consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi dell’offesa al bene protetto che sia in rapporto di stretta connessione con la condotta penalmente illecita e possano essere definitivamente rimosse con l’accertamento irrevocabile del reato. Inoltre, compete al giudice di merito, con adeguata motivazione, compiere una attenta valutazione del pericolo derivante da libero uso della cosa pertinente all’illecito penale. In particolare, vanno approfonditi la reale compromissione degli interessi attinenti al territorio ed ogni altro dato utile a stabilire in che misura il godimento e la disponibilità attuale della cosa, da parte dell’indagato o di terzi, possa implicare una effettiva ulteriore lesione del bene giuridico protetto, ovvero se l’attuale disponibilità del manufatto costituisca un elemento neutro sotto il profilo della offensività. In altri termini, il giudice deve determinare in concreto, il livello di pericolosità che la utilizzazione della cosa appare in grado di raggiungere in ordine all’oggetto della tutela penale, in correlazione al potere processuale di intervenire con la misura preventiva cautelare. Per esempio, nel caso di ipotizzato aggravamento del c.d. carico urbanistico, va delibata in fatto tale evenienza sotto il profilo della consistenza reale ed intensità del pregiudizio paventato, tenendo conto della situazione esistente al momento dell’adozione del provvedimento coercitivo.
(conferma ordinanza n. 1216/2012 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del 28/06/2012) Pres. Teresi, Est. Fiale, Ric. Chiantone
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 5 Giugno 2013 (Cc. 20/3/2013), Sentenza n. 24539
SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ALFREDO TERESI – Presidente
Dott. ALDO FIALE – Consigliere Rel.
Dott. RENATO GRILLO – Consigliere
Dott. LUIGI MARINI – Consigliere
Dott. LORENZO ORILIA – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da CHIANTONE GIUSEPPINA N. IL 01/01/1963
avverso l’ordinanza n. 1216/2012 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del 28/06/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE;
sentite le conclusioni del PG Dott. Mario Fraticelli il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il G.I.P. del Tribunale di Nola, con provvedimento del 25.5.2012, disponeva il sequestro preventivo di manufatti siti nel territorio del Comune di San Giuseppe Vesuviano, dichiarato di notevole interesse pubblico con D.M. 6.10.1961, realizzati in assenza dell’autorizzazione paesaggistica.
Il Tribunale di Napoli – con ordinanza del 28.6.2012 – ha rigettato l’istanza di riesame proposta nell’interesse della Chiantone.
Avverso tale ordinanza il difensore dell’indagata ha proposto ricorso per cassazione, con il quale ha eccepito:
– l’insussistenza del periculum in mora, tenuto conto della accertata ultimazione del lavori in data prossima al 21 aprile 2008 e dell’inesistenza di alcun aggravio del carico urbanistico, il che comporterebbe la inconfigurabilità di ogni esigenza di cautela.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato, poiché infondato.
1. La fattispecie In oggetto è caratterizzata dalla progressiva realizzazione, in un fondo sul quale originariamente insistevano vetusti casotti rurali ed è vietata l’edificazione in assenza di piano attuativo: di un recinzione in muratura alta circa 2 metri, di una piscina di drca 72 mq. con relativi impianti tecnologici, di due fabbricati rispettivamente adibiti a deposito ed a spogliatoio, di altro manufatto di circa 50 mq. adibito a tavernetta con micro-piscina e di una copertura per autovetture.
2. Le Sezioni Unite di questa Corte Suprema – con la sentenza 29.1.2003, n. 2, Innocenti – in relazione ai reati edilizi ed urbanistici, hanno ritenuto ammissibile il sequestro preventivo di una costruzione abusiva già ultimata, affermando che:
– il sequestro preventivo di cosa pertinente al reato è consentito anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi, purché il pericolo della libera disponibilità della cosa stessa – che va accertato dal giudice con adeguata motivazione – presenti i requisiti della concretezza e dell’attualità e le conseguenze del reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano connotazione di antigiuridicità, consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi dell’offesa al bene protetto che sia in rapporto di stretta connessione con la condotta penalmente illecita e possano essere definitivamente rimosse con l’accertamento irrevocabile del reato;
– “spetta al giudice di merito, con adeguata motivazione, compiere una attenta valutazione del pericolo derivante da libero uso della cosa pertinente all’illecito penale. In particolare, vanno approfonditi la reale compromissione degli interessi attinenti al territorio ed ogni altro dato utile a stabilire in che misura il godimento e la disponibilità attuale della cosa, da parte dell’indagato o di terzi, possa implicare una effettiva ulteriore lesione del bene giuridico protetto, ovvero se l’attuale disponibilità del manufatto costituisca un elemento neutro sotto il profilo della offensività. In altri termini, il giudice deve determinare in concreto, il livello di pericolosità che la utilizzazione della cosa appare in grado di raggiungere in ordine all’oggetto della tutela penale, in correlazione al potere processuale di intervenire con la misura preventiva cautelare. Per esempio, nel caso di ipotizzato aggravamento del c.d. carico urbanistico, va delibata in fatto tale evenienza sotto il profilo della consistenza reale ed intensità del pregiudizio paventato, tenendo conto della situazione esistente al momento dell’adozione del provvedimento coercitivo”.
3. Diversa deve ritenersi, invece, la situazione con riferimento ai reati paesaggistici, poiché per tali reati, al fini della legittimità del provvedimento di sequestro preventivo, la sola esistenza di una struttura abusiva, realizzata senza autorizzazione in area sottoposta a vincolo paesaggistico, integra il requisito dell’attualità del pericolo, indipendentemente all’essere l’edificazione criminosa ultimata o meno, in quanto il rischio di offesa al territorio ed all’equilibrio ambientale (a prescindere dall’effettivo danno al paesaggio) perdura in stretta connessione all’utilizzazione della costruzione ultimata [vedi Cass.: Sez. III, 12.6.2003, n. 32247; Sez. III, 30.9.2004, n. 43880; Sez. II, 14.5.2008, n. 23681; Sez. III, 19.5.2009, n. 309321.
In applicazione del principio anzidetto corrette devono ritenersi le conclusioni alle quali è pervenuta l’ordinanza impugnata.
4. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
ROMA, 20.3.2013