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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 19461 | Data di udienza: 14 Febbraio 2013

RIFIUTI – Ordine sindacale di rimozione dei rifiuti – Inottemperanza all’ordinanza – Natura di reato permanente – Continuità normativa tra l’art. 50 d.lgs 22/97 e l’art. 255 d.lgs n.152/2006.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 6 Maggio 2013
Numero: 19461
Data di udienza: 14 Febbraio 2013
Presidente: Squassoni
Estensore: Mulliri


Premassima

RIFIUTI – Ordine sindacale di rimozione dei rifiuti – Inottemperanza all’ordinanza – Natura di reato permanente – Continuità normativa tra l’art. 50 d.lgs 22/97 e l’art. 255 d.lgs n.152/2006.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 6 Maggio 2013 (Ud. 14/02/2013) Sentenza n. 19461

RIFIUTI – Ordine sindacale di rimozione dei rifiuti – Inottemperanza all’ordinanza – Natura di reato permanente – Art. 255, c.3, D. Lgs. n. 152/2006.
 
Il reato di mancata ottemperanza all’ordine sindacale di rimozione dei rifiuti, di cui all’art. 50, comma secondo, D. Lgs. n. 22 del 1997 ora sostituito dall’art. 255, comma terzo, D. Lgs. n. 152 del 2006, ha natura di reato permanente, nel quale la scadenza del termine per l’adempimento non indica il momento di esaurimento della fattispecie, bensì l’inizio della fase di consumazione che si protrae sino al momento dell’ottemperanza all’ordine ricevuto.
 
(conferma sentenza della Corte d’Appello di Potenza del 20.1.12 ) Pres. Squassoni, Est. Mulliri, Ric. Scardino
 
 
RIFIUTI – Continuità normativa tra l’art. 50 d.lgs 22/97 e l’art. 255 d.lgs 152/06.
 
Tra l’art. 50 d.lgs 22/97 e l’attuale art. 255 d.lgs 152/06 esiste un indubbio rapporto di “continuità normativa” ed è, quindi, del tutto inconferente la denunciata violazione dell’art. 521 c.p.p. (che comunque, riguarda l’ipotesi di mutamento del “fatto” contestato, laddove, nel caso in esame, si è al cospetto di una semplice successione di norme nella disciplina dello stesso fatto).

(conferma sentenza della Corte d’Appello di Potenza del 20.1.12 ) Pres. Squassoni, Est. Mulliri, Ric. Scardino


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 6 Maggio 2013 (Ud. 14/02/2013) Sentenza n. 19461

SENTENZA

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Terza Sezione Penale
 
Composta dai Signori:
 
1. dr.ssa Claudia Squassoni          – Presidente
2. dr. Mario Gentile – Consigliere
3. dr.ssa Guicla Mulliri             – Consigliere rel.
4. dr. Luca Ramacci – Consigliere
5. dr.ssa Chiara Graziosi – Consigliere
 
all’esito dell’udienza pubblica del 14 febbraio 2013  
 
ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente
 
SENTENZA
 
– sul ricorso proposto da Scardino Emilio Umberto, nato a Castelluccio Superiore Il 6.9.44 imputato art. 50 d.Lgs 22/97
– avverso la sentenza della Corte d’Appello di Potenza del 20.1.12
– Sentita, in pubblica udienza, la relazione del cons. Guida Mùlliri;
– Sentito il P.M., nella persona del P.G. dr. Mario Fraticelli, che ha chiesto una declaratoria di inammissibilità del ricorso
– Sentito il difensore di P.C., avv. Piermarini, in sostituzione dell’avv. Angelo La Banca, che ha insistito per il rigetto del ricorso;
– Sentito il difensore dell’imputato avv. Alfonso Amato, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato. 
 
Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello ha respinto la doglianza del ricorrente volta ad ottenere l’assoluzione dall’accusa di non avere ottemperato all’ordine del sindaco di rimozione dei rifiuti (in quanto tale adempimento sarebbe avvenuto nel 2008) ed ha anche respinto l’eccezione di sopraggiunta estinzione per prescrizione del reato contestato di cui all’art. 50 d.lgs 22/97 (ora 255 d.lgs 152/06).
 
2. Motivi del ricorso.
 
Avverso tale decisione, il condannato ha proposto ricorso, tramite il difensore deducendo violazione di legge, sia, con riferimento all’art. 521 C.P.P., che,  per mancata declaratoria di prescrizione.
 
In primo luogo, il ricorrente fa osservare che l’ordinanza cui il lo Scardino non ha ottemperato non è quella del 21.1.06 bensì quella del 20.12.02. Ciò, in quanto la stessa contestazione fa riferimento al fatto che, con la prima ordinanza, lo Scardino era stato diffidato a dare esecuzione all’ordinanza precedente (quella, appunto, del 2002).
 
Sulla scorta di ciò, la declaratoria di prescrizione sarebbe inevitabile.
 
Altrettanto, evidente, poi, sarebbe che, per l’epoca di commissione del fatto, al ricorrente non si potrebbe contestare l’art. 255 bensì l’art. 50 d.lgs 22/97. Pertanto, anche a voler ritenere la permanenza del reato sino alla data di accertamento (18.3.06), il giudice avrebbe dovuto pronunciare sentenza ex art. 521 c.p.p. ma non certo condannare l’imputato per un fatto-reato diverso da come esso era qualificabile per l’epoca ed avrebbe, comunque, dovuto dichiarare la sopraggiunta prescrizione.
 
Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
 
3. Motivi della decisione.
 
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile sia perché meramente assertivo che perché manifestamente infondato.
 
3.1. In primo luogo, deve ricordarsi che tra l’art. 50 d.lgs 22/97 e l’attuale art. 255 d.lgs 152/06 esiste un indubbio rapporto di “continuità normativa” (sez. IV, 15.4.08, Mollo, Rv. 242109) ed è, quindi, del tutto inconferente la denunciata violazione dell’art. 521 c.p.p. (che comunque, riguarda l’ipotesi di mutamento del “fatto” contestato, laddove, nel caso in esame, si è al cospetto di una semplice successione di norme nella disciplina dello stesso fatto).
 
3.2. Venendo, poi, al dibattuto tema della prescrizione, è bene mettere come punto fermo il concetto, espresso da questa S.C., proprio con riferimento all’art. 50, secondo cui il reato di mancata ottemperanza all’ordine sindacale di rimozione dei rifiuti, <<di cui all’art. 50, comma secondo, D. Lgs. n. 22 del 1997 ora sostituito dall’art. 255, comma terzo, D. Lgs. n. 152 del 2006>>, ha natura di reato permanente, nel quale la scadenza del termine per l’adempimento non indica il momento di esaurimento della fattispecie, bensì l’inizio della fase di consumazione che si protrae sino al momento dell’ottemperanza all’ordine ricevuto» (sez. III, 18.5.06, Marini, Rv. 234484).
 
Tenendo ciò, presente, risulta palese anche la irrilevanza dei discorsi difensivi circa la data dell’ordinanza di cui si assume la inottemperanza.
 
La ordinanza n. 23 del 20.12.02, aveva come termine per l’ottemperanza, quello di giorni 60 ma è fin troppo evidente che la stessa necessità di emissione della ulteriore ordinanza n. 147 (del 12.1.06) è prova emblematica del fatto che fino a quella data non vi era stato alcun adempimento.
 
Peraltro, la Corte afferma (senza essere in alcun modo smentita dal ricorrente) che vi è stato un adempimento (peraltro parziale) solo in data 31.3.08. Pertanto, anche a voler tener conto di tale ultima data, i 5 anni necessari per la prescrizione (anche prescindendo dalle numerose cause di sospensione) non sono ancora decorsi. La giustezza del ragionamento dei giudici permane sebbene essi abbiano voluto considerare, in favor rei (ma erroneamente, visto che il reato si è consumato oltre la data dell’8.12.05) il regime prescrizionale antecedente la riforma introdotta dalla c.d. legge Cirielli.
 
Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 € nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel grado che si liquidano in € 1981,00 oltre accessori di legge.
 
P.Q.M.
 
Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 € ed alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel grado che liquida in € 1981,00 oltre accessori di legge.
 
Così deciso il 14 febbraio 2013
 

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