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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale Numero: 36185 | Data di udienza: 19 Febbraio 2021

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Reati urbanistici – Notifica avvenuta a persona convivente con il destinatario – Eccezione di nullità fondata sull’inesistenza del rapporto di convivenza – Onere della prova a carico dall’imputato – Inammissibilità del ricorso per cassazione – Effetti – Cause di non punibilità – Preclusione – Art. 129 cod. proc. pen..


Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 6 Ottobre 2021
Numero: 36185
Data di udienza: 19 Febbraio 2021
Presidente: SARNO
Estensore: SOCCI


Premassima

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Reati urbanistici – Notifica avvenuta a persona convivente con il destinatario – Eccezione di nullità fondata sull’inesistenza del rapporto di convivenza – Onere della prova a carico dall’imputato – Inammissibilità del ricorso per cassazione – Effetti – Cause di non punibilità – Preclusione – Art. 129 cod. proc. pen..



Massima

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 6 ottobre 2021 (Ud. 19/02/2021), Sentenza n.36185

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Reati urbanistici – Notifica avvenuta a persona convivente con il destinatario – Eccezione di nullità fondata sull’inesistenza del rapporto di convivenza – Onere della prova a carico dall’imputato – Inammissibilità del ricorso per cassazione – Effetti – Cause di non punibilità – Preclusione – Art. 129 cod. proc. pen..

In tema di notificazioni all’imputato, l’attestazione, compiuta dall’ufficiale giudiziario, che la notifica è avvenuta a mani di persona convivente con il destinatario prevale sulle risultanze, eventualmente discordanti, delle certificazioni anagrafiche, e l’eccezione di nullità fondata sull’inesistenza del rapporto di convivenza deve essere rigorosamente provata dall’imputato che la invoca, non essendo sufficiente a tal fine l’allegazione di un certificato anagrafico di residenza in un luogo diverso da quello in cui è avvenuta la notifica, tanto più se vi sia uno stretto vincolo familiare tra questi ed il prenditore dell’atto. Inoltre, l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (Nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso).

(dich. inammissibile il ricorso avverso sentenza del 14/11/2019 della CORTE APPELLO di NAPOLI) Pres. SARNO, Rel. SOCCI, Ric. Bifulco


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 06/10/2021 (Ud. 19/02/2021), Sentenza n.36185

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da BIFULCO FERDINANDO nato a OTTAVIANO;

avverso la sentenza del 14/11/2019 della CORTE APPELLO di NAPOLI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO MATTE) SOCCI;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FULVIO BALDI: “Annullamento senza rinvio per estinzione dei reati per prescrizione”.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 14 novembre 2019, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Nola del 26 aprile 2018, ha rideterminato la pena nei confronti di Bifulco Ferdinando in mesi 3 di arresto ed € 16.500,00 di ammenda relativamente ai reati di cui agli art. 110, cod. pen. e 44, lettera C, d.P.R. 380/2001 – capo 1 -, art. 110 cod. pen. e 181 d. Lgs. 42 del 2004; accertati il 28 gennaio 2014.

2. L’imputato ha proposto ricorso in cassazione, con i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.

2. 1. Violazione di legge relativamente alla notifica del decreto di citazione in appello (art. 157 e 171 cod. proc. pen.); illogicità della motivazione dell’ordinanza, del 14 novembre 2019, di rigetto dell’eccezione della difesa.

Si sostiene nel ricorso che la citazione è stata consegnata a Bifulco Speranza, sorella dell’imputato non convivente con il ricorrente.

Si richiama in proposito la produzione della certificazione anagrafica della residenza e dello stato di famiglia del ricorrente e la copia del documento della sorella Speranza Bifulco, da cui si evince che Bifulco Speranza era residente a San Felice Circeo (LT) alla via Giacomo Leopardi e non faceva assolutamente parte del nucleo familiare del ricorrente.

2. 2. Violazione di legge (art. 157 e 159 cod. proc. pen.).

Secondo la sentenza impugnata il periodo di cui al rinvio disposto all’udienza del 25 maggio 2017, all’udienza del 7 dicembre 2017, va considerato quale sospensione della prescrizione stante l’astensione proclamata degli Avvocati (con l’adesione del difensore dell’imputato).

Eccepisce, tuttavia, il ricorrente che il rinvio era stato disposto anche per l’assenza del teste, citato ex art. 507 cod. proc. pen. e che, dunque, non poteva trovare applicazione la sospensione della prescrizione per il periodo del rinvio.

Conseguentemente il termine di sospensione della prescrizione è di soli giorni 304 con la prescrizione dei reati al 2 dicembre 2019.

Ha chiesto quindi l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile perché ì motivi di ricorso sono manifestamente infondati.

4. Relativamente al vizio della notificazione della citazione in appello deve rilevarsi che la stessa è avvenuta a mani della sorella del ricorrente, qualificatasi al notificante quale capace e convivente, il 21 ottobre 2019.

Deve sul punto ribadirsi la giurisprudenza di questa Corte che ha ritenuto: “In tema di notificazioni all’imputato, l’attestazione, compiuta dall’ufficiale giudiziario, che la notifica è avvenuta a mani di persona convivente con il destinatario prevale sulle risultanze, eventualmente discordanti, delle certificazioni anagrafiche, e l’eccezione di nullità fondata sull’inesistenza del rapporto di convivenza deve essere rigorosamente provata dall’imputato che la invoca, non essendo sufficiente a tal fine l’allegazione di un certificato anagrafico di residenza in un luogo diverso da quello in cui è avvenuta la notifica, tanto più se vi sia uno stretto vincolo familiare tra questi ed il prenditore dell’atto” (Sez. 3, Sentenza n. 229 del 28/06/2017 Cc. – dep. 09/01/2018 – Rv. 272092 – 01; vedi anche Sez. 4, Sentenza n. 14752 del 12/01/2006 Ud. – dep. 28/04/2006 – Rv. 234025 – 0).

Nella specie il ricorrente si è limitato ad allegare la certificazione anagrafica, senza altre prove. E, dunque, il motivo è manifestamente infondato.

5. Manifestamente infondato anche il motivo sulla prescrizione. Anche a ritenere fondato la prospettazione del ricorso, sul calcolo dei termini di sospensione per il rinvio dell’udienza del 25 maggio 2017 (rinvio motivato dall’adesione del difensore all’astensione di categoria e dall’assenza dei testi), per lo stesso ricorrente la prescrizione (termine massimo con le sospensioni) sarebbe maturata al 2 dicembre 2019 (data dei commessi reati del 28 gennaio 2014) mentre la sentenza impugnata risale al 14 novembre 2019.

Alla data della decisione impugnata, pertanto, i reati non erano prescritti.

L’inammissibilità del ricorso esclude la valutazione della prescrizione maturata dopo la sentenza impugnata: «L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (Nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso)» (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000 – dep. 21/12/2000, D. L, Rv. 217266).

6. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile.

Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso il 19/02/2021

 

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