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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Rifiuti Numero: 41809 | Data di udienza: 29 Settembre 2022

RIFIUTI – Gestione dei rifiuti – Principio della responsabilità condivisa – Culpa in vigilando – Esclusione della particolare tenuità del fatto – Fattispecie – Artt. 192, 256, d.lgs. n.152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche – Valutazione del giudice del merito – Personalità del colpevole, entità del reato e modalità di esecuzione – Art. 133 cod. pen. – Struttura motivazionale della sentenza di appello – Concordanza della sentenze di primo e secondo grado – Unico complesso corpo argomentativo.


Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 7 Novembre 2022
Numero: 41809
Data di udienza: 29 Settembre 2022
Presidente: RAMACCI
Estensore: CERRONI


Premassima

RIFIUTI – Gestione dei rifiuti – Principio della responsabilità condivisa – Culpa in vigilando – Esclusione della particolare tenuità del fatto – Fattispecie – Artt. 192, 256, d.lgs. n.152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche – Valutazione del giudice del merito – Personalità del colpevole, entità del reato e modalità di esecuzione – Art. 133 cod. pen. – Struttura motivazionale della sentenza di appello – Concordanza della sentenze di primo e secondo grado – Unico complesso corpo argomentativo.



Massima

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 7 novembre 2022 (Ud. 29/09/2022), Sentenza n.41809

 

 

RIFIUTI – Gestione dei rifiuti – Principio della responsabilità condivisa – Culpa in vigilando – Esclusione della particolare tenuità del fatto – Fattispecie – Artt. 192, 256, d.lgs. n.152/2006.

In materia di rifiuti, si applica il cd. principio della responsabilità condivisa, secondo cui la responsabilità per la corretta gestione dei rifiuti grava su tutti i soggetti coinvolti nella loro produzione, detenzione, trasporto e smaltimento, essendo detti soggetti investiti di una posizione di garanzia in ordine al corretto smaltimento dei rifiuti stessi. Nella specie, inoltre, è stata esclusa dai Giudici del merito la particolare tenuità del fatto, proprio per la peculiare condotta tenuta (ad es. abbandono di molteplici tipologie di rifiuti, anche pericolosi e per un quantitativo non trascurabile, in zona destinata a cantiere di opera stradale pubblica, oltretutto trasformando l’area interessata da lavori di pubblica utilità in una discarica) sì che doveva escludersi la mera marginalità del comportamento tenuto.

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche – Valutazione del giudice del merito – Personalità del colpevole, entità del reato e modalità di esecuzione – Art. 133 cod. pen..

In materia procedurale, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto sul mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (in specie era stato così ritenuto sufficiente, ai fini dell’esclusione delle attenuanti generiche, proprio il richiamo in sentenza ai numerosi precedenti penali dell’imputato). Infatti, al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente.

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Struttura motivazionale della sentenza di appello – Concordanza della sentenze di primo e secondo grado – Unico complesso corpo argomentativo.

In tema di diritto processuale penale, allorché, le sentenze di primo e secondo grado concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo, cui occorre far riferimento per giudicare della congruità della motivazione, integrando e completando quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quella d’appello.

(dich. inammissibile il ricorso avverso sentenza del 02/10/2020 della CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA) Pres. RAMACCI, Rel. CERRONI, Ric. Santoro


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 07/11/2022 (Ud. 29/09/2022), Sentenza n.41809

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da S. R., nato a San Severo;

avverso la sentenza del 02/10/2020 della CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Claudio Cerroni;

lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pietro Molino, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 2 ottobre 2020 la Corte di Appello di Bologna ha confermato la sentenza del 2 luglio 2018 del Tribunale di Bologna, in forza della quale R. Santoro, quale titolare della ditta S.R. Autoriparazioni, era stato condannato alla pena di mesi sette di arresto ed euro trentamila di ammenda per i reati di cui all’art. 192, comma 1, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 in relazione all’art. 256, comma 1, lett. a) e lett. b) d.lgs. 152 del, 2006.

2. Avverso la predetta decisione è stato proposto ricorso per cassazione articolato su tre motivi di impugnazione.

2.1. Col primo motivo il ricorrente, invocando violazione di legge quanto all’affermazione di responsabilità, ha osservato che la culpa in vigilando che incombeva sull’imprenditore postulava l’accertamento pieno in ordine alle effettive modalità di realizzazione della condotta abbandonica relativa ai rifiuti, sì da non incorrere in ipotesi di responsabilità oggettiva in ipotesi di condotta del dipendente all’insaputa o contro le direttive del datore di lavoro.

Al contrario non erano stati svolti accertamenti in proposito, e la responsabilità era stata ricondotta al ricorrente solamente in forza di presunzioni, in considerazione del rinvenimento di documentazione riferibile alla ditta dello stesso Santoro e alla natura dei beni ritrovati, riconducibili all’attività svolta. Mentre era stato altresì rilevato che la rimozione dei rifiuti era avvenuta da parte dello stesso Santoro.

Erano stati così violati i canoni di imputazione della responsabilità, dal momento che era stato applicato il sillogismo in forza del quale il titolare rispondeva, in quanto produttore dei rifiuti, di tutte le condotte illecite in tesi commesse nella gestione dei rifiuti stessi.

2.2. Col secondo motivo sono state lamentate violazione di legge nonché manifesta illogicità, contraddittorietà e carenza di motivazione in ordine alla mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131- bis cod. pen..

In proposito la sentenza impugnata aveva fatto richiamo alla pluralità di precedenti penali, peraltro risalenti nel tempo e di natura del tutto diversa, mentre la condotta tenuta dal ricorrente in occasione del procedimento penale era stata positivamente connotata dall’immediata rimozione dei rifiuti, una volta avuto sentore del probabile abbandono di materiali provenienti dalla sua autofficina.

Quanto poi alla gravità del fatto, i rifiuti erano tutti ammassati in un sito e il deposito nel luogo dell’abbandono era durato solamente una notte.

Parimenti non poteva parlarsi di abitualità nella condotta, dal momento che non aveva trovato smentita la circostanza dello smaltimento dei rifiuti tramite ditte specializzate.

2.3. Col terzo motivo è stato censurato il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, attesa la mancata valutazione in senso favorevole della spontanea rimozione dei rifiuti senza attendere l’ordinanza sindacale di sgombero.

3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è inammissibile.

4.1. In relazione ai motivi di censura proposti, essi per vero ripropongono pedissequamente le doglianze già formulate in sede di appello quanto al merito della vicenda, e disattese dalla Corte territoriale con congrua motivazione. Vero è, infatti, che deve considerarsi inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che – al di là della mera terminologia adottata – si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Arnone e altro, Rv. 243838).

Sempre in via preliminare, osserva la Corte che i motivi di ricorso possono essere esaminati prendendo in considerazione sia la motivazione della sentenza impugnata sia quella della sentenza di primo grado, e ciò in quanto i Giudici di merito hanno adottato decisioni e percorsi motivazionali comuni, che possono essere valutati congiuntamente ai fini di una efficace ricostruzione della vicenda processuale e di una migliore comprensione delle censure del ricorrente. Allorché infatti le sentenze di primo e secondo grado concordino, come in specie, nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo (ex plurimis, Sez. 1, n. 8868 del 26/06/2000, Sangiorgi, Rv. 216906; cfr. da ult. Sez. 5, n. 40005 del 07/03/2014, Lubrano Di Giunno, Rv. 260303), cui occorre far riferimento per giudicare della congruità della motivazione, integrando e completando quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quella d’appello (Sez. 1, n. 1309 del 22/11/1993, dep. 1994, Scardaccione, Rv. 197250).

4.2. Ciò complessivamente posto, in ogni caso la sentenza impugnata ha correttamente applicato il cd. principio della responsabilità condivisa, secondo cui la responsabilità per la corretta gestione dei rifiuti grava su tutti i soggetti coinvolti nella loro produzione, detenzione, trasporto e smaltimento, essendo detti soggetti investiti di una posizione di garanzia in ordine al corretto smaltimento dei rifiuti stessi (cfr. Sez. 3, n. 5912 del 11/12/2019, dep. 2020, Arzaroli, Rv. 278411; cfr. altresì Sez. 3, n. 26526 del 20/05/2008, Maccatrozzo, Rv. 240550).

Al riguardo, ed in proposito il ricorso neppure si confronta appieno con siffatto percorso argomentativo, la sentenza impugnata ha appunto ricordato che documentazione contabile relativa alla ditta individuale del ricorrente era stata rinvenuta sul terreno unitamente a rifiuti ammassati alla rinfusa, e che in alcun modo l’odierno ricorrente aveva dato conto della propria estraneità alla vicenda, invero deducendo il caso fortuito ovvero la forza maggiore, ovvero ancora la trasgressione ad indicazioni circa il corretto smaltimento dei materiali rintracciati in tal modo. Né, parimenti, l’odierno ricorrente era stato in grado di dimostrare che i rifiuti rinvenuti corrispondessero a quanto già oggetto di corretto smaltimento, sì da comprovare anche in tal modo l’eventuale infedeltà di terzi soggetti.

4.3. Allo stesso tempo, quanto al secondo motivo di impugnazione, la particolare tenuità del fatto è stata correttamente esclusa dai Giudici del merito proprio per la peculiare condotta tenuta (abbandono di molteplici tipologie di
rifiuti, anche pericolosi e per un quantitativo non trascurabile, in zona destinata a cantiere di opera stradale pubblica, oltretutto trasformando l’area interessata da lavori di pubblica utilità in una discarica, cfr. Sez. 3, n. 31932 del 02/07/2015, Terrezza, Rv. 264449), sì che doveva escludersi la mera marginalità del comportamento tenuto.

4.4. In relazione infine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, a questo proposito il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (in specie era stato così ritenuto sufficiente, ai fini dell’esclusione delle attenuanti generiche, proprio il richiamo in sentenza ai numerosi precedenti penali dell’imputato)(Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269).

Infatti, al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549).

In specie siffatti principi sono stati correttamente rispettati, atteso che – quale elemento ritenuto prevalente nella valutazione – sono stati evocati i precedenti penali del ricorrente, ed al riguardo il ricorrente non ha preso posizione. Laddove comunque la rimozione dei rifiuti integra l’adempimento di un preciso dovere di legge, come è stato sottolineato dal Tribunale di Bologna, e ciò indipendentemente dall’ordinanza sindacale la cui inottemperanza, al più, avrebbe comportato la consumazione di ulteriore reato.

5. Non può quindi che concludersi, stante la manifesta infondatezza dei motivi di impugnazione, nel senso dell’inammissibilità del ricorso.

Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 29/09/2022

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