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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 6294 | Data di udienza: 15 Gennaio 2013

* RIFIUTI – Attività di gestione di rifiuti non autorizzata – Territori in cui vige lo stato di emergenza – Violazioni art. 256 d.lgs. n.152/06 – Natura di reato comune – Art. 6, c. 1, lett. d) L. n. 210/2008 – Fattispecie.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 8 Febbraio 2013
Numero: 6294
Data di udienza: 15 Gennaio 2013
Presidente: Squassoni
Estensore: Ramacci


Premassima

* RIFIUTI – Attività di gestione di rifiuti non autorizzata – Territori in cui vige lo stato di emergenza – Violazioni art. 256 d.lgs. n.152/06 – Natura di reato comune – Art. 6, c. 1, lett. d) L. n. 210/2008 – Fattispecie.



Massima

 

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 8 Febbraio 2013 (Ud. 15/01/2013) Sentenza n. 6294

RIFIUTI – Attività di gestione di rifiuti non autorizzata – Territori in cui vige lo stato di emergenza – Violazioni art. 256 d.lgs. 152/06 – Natura di reato comune – Art. 6, c. 1, lett. d) L. n. 210/2008 – Fattispecie.
 
Le violazioni contenute nell’art. 256 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, configurano un’ipotesi di reato comune, che può essere commesso anche da chi esercita attività di gestione dei rifiuti in modo secondario o consequenziale all’esercizio di una attività primaria diversa, dovendosi pertanto escludere la natura di reato proprio la cui commissione sia possibile solo da soggetti esercenti professionalmente una attività di gestione di rifiuti (Cass. Sez. III n. 7462, 19/02/2008; Cass. Sez. III n. 24731, 22/06/2007; Cass. Sez. III n. 16698, 8/04/2004; Cass. Sez. III n. 21925, 14/05/2002). A conclusioni analoghe si è pervenuti per quanto attiene la disciplina emergenziale (Cass. Sez. III n. 1406, 17/01/2012; Cass. Sez. III n. 24428, 17/06/2011; Cass. Sez. III n. 79, 7/01/2010) e, più recentemente, si è avuto modo di precisare che l’utilizzazione del termine «attività» da parte del legislatore deve intendersi riferita ad ogni condotta che non sia connotata da assoluta occasionalità, mentre la disposizione non richiede ulteriori requisiti di carattere soggettivo o oggettivo per l’integrazione della violazione, stante la sua natura di reato comune che può essere commesso da «chiunque» e non richiede i requisiti della professionalità della condotta, ovvero di un’organizzazione imprenditoriale della stessa (Cass. Sez. III n. 5031, 9/02/2012). Fattispecie: attività di raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi (materiale ferroso vario, motori di lavatrici, termosifoni, fili elettrici e pneumatici) in assenza di titolo abilitativo.
 
(conferma sentenza n. 1395/2011 CORTE APPELLO di CATANZARO, del 10/01/2012) Pres. Squassoni, Est. Ramacci, Ric. Berlingieri
 

 


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 8 Febbraio 2013 (Ud. 15/01/2013) Sentenza n. 6294

SENTENZA

 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
Dott. CLAUDIA SQUASSONI – Presidente 
Dott. AMEDEO FRANCO – Consigliere
Dott. LUCA RAMACCI – Consigliere Rel.
Dott. ELISABETTA ROSI – Consigliere  
Dott. CHIARA GRAZIOSI – Consigliere
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da BERLINGERI MASSIMO N. IL 23/07/1976
avverso la sentenza n. 1395/2011 CORTE APPELLO di CATANZARO, del 10/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/01/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.A. P. 
che ha concluso per il rigetto del ricorso;
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. La Corte di appello di Catanzaro, con sentenza del 10.1.2012, ha confermato la decisione con la quale, in data 23.2.2011, il Tribunale di Lamezia Terme aveva affermato la penale responsabilità di Massimo BERLINGERI in ordine al reato di cui all’art. 6, comma 1, lett. d) legge n. 210/2008, per avere effettuato, in assenza di titolo abilitativo, attività di raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi (materiale ferroso vario, motori di lavatrici, termosifoni, fili elettrici e pneumatici).
 
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione.
 
2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, rilevando che la condotta accertata non sarebbe idonea a configurare il reato ascrittogli, difettando dei necessari requisiti di stabilità ed organizzazione che la distinguono dalle attività meramente estemporanee ed occasionali e che su tale circostanza i giudici del merito avrebbero omesso ogni considerazione.
 
Aggiunge che la mancanza dei requisiti di professionalità ed organizzazione che sarebbero richiesti perché possa configurarsi il reato previsto dalla disciplina emergenziale avrebbe potuto, al più, configurare la meno grave violazione di natura contravvenzionale prevista dalla disciplina generale in tema di rifiuti nell’art. 256 d.lgs. 152/06.
 
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
3. Il ricorso è inammissibile.
 
Occorre in primo luogo osservare che, da quanto emerge dall’esame della decisione impugnata e dell’atto di appello, le doglianze prospettate al giudice del gravame concernevano la mancata effettuazione di un accertamento peritale volto a qualificare esattamente i materiali trasportati quali rifiuti, la sussistenza dell’elemento psicologico e la richiesta di riduzione della pena inflitta dal primo giudice.
 
Le questioni dedotte in ricorso non sono state invece prospettate alla Corte del merito e vengono per la prima volta proposte in questa sede. La Corte territoriale ha pertanto omesso del tutto legittimamente ogni considerazione sul punto, mancando una formale e specifica doglianza.
 
4. In ogni caso, le censure formulate risultano manifestamente infondate.
 
L’art. 6, comma 1, lett. d) legge 210/2008 stabilisce che, nei territori in cui vige lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti dichiarato ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza dell’autorizzazione, iscrizione comunicazione prescritte dalla normativa vigente è sanzionato con pene diverse in ragione della natura del rifiuto, prevedendo una maggiore severità nel caso in cui l’attività di gestione riguardi rifiuti pericolosi.
 
La condotta descritta dalla disposizione richiamata è perfettamente coincidente con quella contemplata dalla disciplina generale nell’art. 256 d.lgs. 152/06.
 
5. Quanto a quest’ultima, la giurisprudenza di questa Corte ha in più occasioni rilevato che le violazioni in essa contenute configurano un’ipotesi di reato comune, che può essere commesso anche da chi esercita attività di gestione dei rifiuti in modo secondario o consequenziale all’esercizio di una attività primaria diversa, dovendosi pertanto escludere la natura di reato proprio la cui commissione sia possibile solo da soggetti esercenti professionalmente una attività di gestione di rifiuti (Sez. III n. 7462, 19 febbraio 2008; Sez. III n. 24731, 22 giugno 2007; Sez. III n. 16698, 8 aprile 2004; Sez. III n. 21925, 14 maggio 2002).
 
6. A conclusioni analoghe si è pervenuti per quanto attiene la disciplina emergenziale (Sez. III n. 1406, 17 gennaio 2012; Sez. III n. 24428, 17 giugno 2011; Sez. III n. 79, 7 gennaio 2010) e, più recentemente, si è avuto modo di precisare che l’utilizzazione del termine «attività» da parte del legislatore deve intendersi riferita ad ogni condotta che non sia connotata da assoluta occasionalità, mentre la disposizione non richiede ulteriori requisiti di carattere soggettivo o oggettivo per l’integrazione della violazione, stante la sua natura di reato comune che può essere commesso da «chiunque» e non richiede i requisiti della professionalità della condotta, ovvero di un’organizzazione imprenditoriale della stessa (Sez. III n. 5031, 9 febbraio 2012, citata anche in ricorso).
 
7. Tali principi sono condivisi dal Collegio e vanno ribaditi, osservando come, nella fattispecie, la Corte territoriale abbia evidenziato comunque che l’imputato non era stato in grado di giustificare in alcun modo la destinazione e la provenienza dei rifiuti e lo svolgimento dell’attività in assenza di titolo abilitativo.
 
Non risulta inoltre, come si è già detto, che la questione della occasionalità della condotta sia stata prospettata ai giudici del gravame.
 
8. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
 
Così deciso in data 15.1.2013
 
 

 

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