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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Rifiuti Numero: 6295 | Data di udienza: 15 Gennaio 2013

* RIFIUTI – Disciplina ordinaria in tema di rifiuti – Deroghe – Limiti – Onere della prova – Art. 110 cod. pen. – Artt. 230, 255 e 256, c.1, lett. a) d.lgs. n.152/06 – Deposito temporaneo in luogo diverso da quello di produzione – Deroghe al divieto – Presupposti – Diversità tra il luogo di produzione e realizzazione del deposito – C.d. collegamento funzionale – Art. 230 d.lgs. n.152/06 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Determinazione della pena – Minimo o massimo edittale – Discrezionalità del giudice – Motivazione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 8 Febbraio 2013
Numero: 6295
Data di udienza: 15 Gennaio 2013
Presidente: Squassoni
Estensore: Ramacci


Premassima

* RIFIUTI – Disciplina ordinaria in tema di rifiuti – Deroghe – Limiti – Onere della prova – Art. 110 cod. pen. – Artt. 230, 255 e 256, c.1, lett. a) d.lgs. n.152/06 – Deposito temporaneo in luogo diverso da quello di produzione – Deroghe al divieto – Presupposti – Diversità tra il luogo di produzione e realizzazione del deposito – C.d. collegamento funzionale – Art. 230 d.lgs. n.152/06 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Determinazione della pena – Minimo o massimo edittale – Discrezionalità del giudice – Motivazione.



Massima

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 8 Febbraio 2013 (Ud. 15/01/2013), Sentenza n. 6295

RIFIUTI – Disciplina ordinaria in tema di rifiuti – Deroghe – Limiti – Onere della prova – Art. 110 cod. pen. – Artt. 230, 255 e 256, c.1, lett. a) d.lgs. n.152/06.
 
L’onere della prova in ordine al verificarsi delle condizioni fissate per la liceità del deposito temporaneo grava sul produttore dei rifiuti in considerazione della natura eccezionale e derogatoria del deposito temporaneo rispetto alla disciplina ordinaria in tema di rifiuti (Cass. Sez. III n. 15680, 23/04/2010; Cass. Sez. III n. 21587, 17/03/2004; Cass. Sez3^ n. 30647, 15/06/2004). Tale principio, specificamente riferito, al deposito temporaneo, è peraltro applicabile in tutti i casi in cui venga invocata, in tema di rifiuti, l’applicazione di disposizioni di favore che derogano ai principi generali.
 
(conferma sentenza n. 25/2010 TRIB.SEZ.DIST. di ESTE, del 07/06/2011) Pres. Squassoni, Est. Ramacci, Ric. Zangirolami ed altri
 
 
RIFIUTI – Deposito temporaneo in luogo diverso da quello di produzione – Deroghe al divieto – Presupposti.
 
L’eccezione alla regola generale del divieto di creazione del deposito temporaneo in luogo diverso da quello di produzione, individuata dall’art. 230 d.lgs. n.152/06, è espressamente rivolta a consentire l’effettuazione della valutazione tecnica, finalizzata all’individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento (Cass. Sez.III n. 33866, 5/9/2007).

(conferma sentenza n. 25/2010 TRIB.SEZ.DIST. di ESTE, del 07/06/2011) Pres. Squassoni, Est. Ramacci, Ric. Zangirolami ed altri
 
 
RIFIUTI – Deposito temporaneo – Diversità tra il luogo di produzione e realizzazione del deposito – C.d. collegamento funzionale – Art. 230 d.lgs. n.152/06.
 
Deve escludersi, in linea di principio, il deposito temporaneo quando viene realizzato in luogo diverso da quello di produzione dei rifiuti. Pertanto, la precisa prescrizione della norma che impone l’effettuazione del deposito temporaneo nel luogo di produzione dei rifiuti non si può superare semplicemente individuando un’area, ovunque ubicata, come destinata a raccoglierli. Eccezion fatta per il c.d. collegamento funzionale individuato dall’art. 230 d.lgs. n.152/06.
 
(conferma sentenza n. 25/2010 TRIB.SEZ.DIST. di ESTE, del 07/06/2011) Pres. Squassoni, Est. Ramacci, Ric. Zangirolami ed altri
 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Determinazione della pena – Minimo o massimo edittale – Discrezionalità del giudice – Motivazione.
 
La determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell’ampio potere discrezionale attribuito al giudice di merito, che risulta legittimamente esercitato anche attraverso la globale considerazione degli elementi indicati nella richiamata disposizione (Cass. Sez. IV n.41702, 26/10/2004). Quanto alla motivazione, si è osservato che una specifica e dettagliata giustificazione sulla quantità della pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto nel caso in cui essa sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, ritenendosi negli altri casi adeguato il riferimento all’impiego dei criteri di cui all’articolo 133 C.P. mediante espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (Cass. Sez. Il n. 36245, 18/9/2009).
 
(conferma sentenza n. 25/2010 TRIB.SEZ.DIST. di ESTE, del 07/06/2011) Pres. Squassoni, Est. Ramacci, Ric. Zangirolami ed altri


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 8 Febbraio 2013 (Ud. 15/01/2013), Sentenza n. 6295

SENTENZA

 

 
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
Dott. CLAUDIA SQUASSONI – Presidente
Dott. AMEDEO FRANCO – Consigliere
Dott. LUCA RAMACCI – Consigliere Rel.
Dott. ELISABETTA ROSI – Consigliere  
Dott. CHIARA GRAZIOSI – Consigliere
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da:
1) ZANGIROLAMI ALBERTO N. IL 06/07/1939;
2) ZANGIROLAMI ANTONIO N. IL 04/09/1950;
3) ZANGIROLAMI MARIO N. IL 25/03/1928;
– avverso la sentenza n. 25/2010 TRIB.SEZ.DIST. di ESTE, del 07/06/2011
– visti gli atti, la sentenza e il ricorso
– udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/01/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
– Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. A. Policastro che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per Zangirolami Mario per essersi il reato estinto per morte dell’imputato. Rigetto del ricorso per gli altri imputati.
– Uditi difensor Avv. passera Giovanni – Torino sostituto processuale avv. Marconini Luigi
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Il Tribunale di Padova – Sezione Distaccata di Este, con sentenza del 7 giugno 2011 ha riconosciuto Alberto ZANGIROLAMI, Antonio ZANGIROLAMI e Mario ZANGIROLAMI responsabili del reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 256, comma 1, lett. a) d.lgs. n.152/06 e li ha condannati alla pena dell’ammenda perché, quali legali responsabili della s.n.c. «Fratelli ZANGIROLAMI», effettuavano in un piazzale adiacente ad un capannone in via Roma n. 84 di Boara Pisani, un deposito sul suolo (operazione prevista al punto D1 dell’allegato B) e/o una messa in riserva (operazione prevista al punto R13 dell’allegato C) di circa 150 mc di rifiuti misti da costruzione e demolizione, non pericolosi, con codice CER 17 09 04, in assenza del prescritto titolo abilitativo.
 
Avverso tale pronuncia gli interessati propongono due distinti ricorsi per cassazione di identico contenuto, uno nell’interesse di Alberto ZANGIROLAMI e Mario ZANGIROLAMI ed un altro nell’interesse di Antonio ZANGIROLAMI.
 
2. Con un primo motivo di ricorso deducono il vizio di motivazione, osservando che la sentenza impugnata risulterebbe connotata da palese contraddizione, in quanto il giudicante avrebbe condannato gli imputati per la violazione dell’art. 256, comma 1 d.lgs. n.152/06 oggetto di contestazione, pur imperniando la motivazione sull’applicazione della diversa ipotesi contravvenzionale contemplata dal secondo comma della medesima disposizione, come emergerebbe dall’utilizzazione, da parte del giudice, dell’espressione «il fatto accertato, in quanto compiuto a un’impresa, non può essere qualificato come illecito amministrativo ex art. 255 d.lgs. citato».
 
Aggiungono che tale indebita sovrapposizione tra diverse ipotesi contravvenzionali avrebbe determinato una palese violazione dei diritti della difesa e la condanna per un fatto diverso da quello contestato e sarebbe comunque priva di adeguata motivazione.
 
3. Con un secondo motivo di ricorso denunciano la violazione di legge ed il vizio di motivazione, rilevando che il Tribunale avrebbe erroneamente ed immotivatamente escluso la sussistenza, nella fattispecie, di un deposito temporaneo, nonostante il luogo ove i rifiuti erano depositati fosse espressamente adibito a tale scopo dall’impresa e, pertanto, in collegamento funzionale, intendendosi come tale «un rapporto di subordinazione utilistica» con il luogo di produzione dei rifiuti (un ponte stradale in comune di Battaglia Terme e la conca di bacino di un canale navigabile in comune di Dolo).
 
Inoltre, osservano, trattandosi di interventi effettuati su «strutture ad uso pubblico», la decisione sarebbe stata assunta in palese violazione dell’art. 230 d.lgs. n.152/06.
 
4. Con un terzo motivo di ricorso lamentano, infine, la eccessività della pena, che avrebbe dovuto essere contenuta entro il minimo edittale in considerazione della tenuità del fatto, della concessione delle attenuanti generiche e del comportamento successivo alla commissione del reato, rilevando, altresì, che il giudice del merito avrebbe arbitrariamente privato gli imputati della sospensione condizionale della pena nonostante ne avessero diritto e senza che vi avessero espressamente rinunciato.
 
Insistono, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
 
All’odierna udienza veniva depositato certificato di morte relativo a Mario ZANGIROLAMI
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
5. Il ricorso è infondato.
 
Le censure formulate nel primo motivo di ricorso sono il risultato di un palese travisamento di quanto chiaramente indicato dal giudice del merito nell’impugnata decisione e della estrapolazione di una singola espressione dal contesto generale della motivazione.
 
Invero, il Tribunale, dopo aver osservato che l’istruzione dibattimentale aveva confermato la sussistenza del reato contestato, evidenzia che non poteva essere condivisa la tesi difensiva della qualificazione del reato come illecito amministrativo ai sensi dell’art. 255 d.lgs. n.152/06 o come deposito temporaneo.
 
A tale affermazione segue la descrizione del fatto, come risultante dalle deposizioni testimoniali, con l’indicazione delle caratteristiche dei rifiuti, che vengono indicati come «cumulo di rifiuti eterogenei provenienti da demolizioni edili delle dimensioni di metri dieci per quattro per tre di altezza media al colmo», richiamando il contenuto della documentazione fotografica ed osservando che, sul posto, non vi era alcun cantiere edile né alcuna attività di riutilizzo dei materiali.
 
Fornite altre indicazioni sulla vicenda, il Tribunale procede poi alla verifica della qualificazione giuridica del fatto in contestazione, che giudica correttamente inquadrata dal Pubblico Ministero nell’ipotesi contravvenzionale di cui all’art. 256 comma 1 d.lgs. 152/06.
 
Fatta tale affermazione, in evidente risposta alle prospettazioni della difesa già in precedenza indicate come non condivisibili, il giudice osserva che la condotta posta in essere dagli imputati non poteva comunque essere ricondotta, come richiesto dalla difesa, alla diversa fattispecie contemplata dall’art. 255 d.lgs. n.152/06, trattandosi di fatto commesso da titolari di impresa né, tanto meno, sussistevano i presupposti per ritenere configurabile il deposito temporaneo.
 
Non si ravvisa, dunque,alcuna contraddittorietà o manifesta illogicità della decisione impugnata che si presenta lineare nella esplicazione del percorso interpretativo sviluppato dal giudicante, chiaramente finalizzato a giustificare l’applicazione della disposizione richiamata nell’imputazione e confutare la diversa tesi difensiva.
 
6. La qualificazione del fatto come illecita gestione di rifiuti risulta, inoltre, giuridicamente corretta, con la conseguenza che anche il secondo motivo di  ricorso risulta del tutto infondato.
 
Deve in primo luogo ricordarsi, a tale proposito, che (con riferimento alla disciplina vigente all’epoca dei fatti, accertati il 15.2.2008 e fino al 9.5.2008) il deposito temporaneo era descritto, nell’articolo 183, lettera m) del D.Lv. 152/06, come il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, a determinate condizioni dettagliatamente specificate:
– il raggruppamento dei rifiuti deve avvenire nel luogo di produzione dei rifiuti medesimi;
– il deposito temporaneo non può riguardare rifiuti prodotti da terzi, come si desume chiaramente dalla legge, ma solo rifiuti propri;
– i rifiuti non devono contenere quantitativi di determinate sostanze al di sopra di un certo limite (policlorodibenzodiossine, policlorodibenzofurani, policlorodibenzofenoli policlorobifenile e policlorotrifenili in quantità superiore a 25 parti per milione);
– sono previsti limiti quantitativi e temporali entro i quali i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento. Tali limiti consentono al produttore di scegliere, in alternativa, di contenere il quantitativo dei rifiuti entro un certo volume (10 metri cubi per i rifiuti pericolosi e 20 metri cubi per quelli non pericolosi), superato il quale deve recuperarli o smaltirli, oppure di effettuare tali operazioni, indipendentemente dal quantitativo dei rifiuti, con cadenza trimestrale. In ogni caso, pur rispettando il dato quantitativo appena indicato, il deposito non può avere durata superiore ad un anno (per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate specifiche modalità di gestione del deposito temporaneo);
– il deposito temporaneo deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;
– devono essere rispettate le norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura dei rifiuti pericolosi.
 
L’osservanza di tutte condizioni previste dalla legge per il deposito temporaneo sollevavano il produttore dagli obblighi previsti dal regime autorizzatorio delle attività di gestione, tranne quelli di tenuta dei registri di carico e scarico, fermo restando il divieto di miscelazione previsto dall’art. 187.
 
Ciò posto, deve anche ricordarsi che la giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide, è orientata nel ritenere che l’onere della prova in ordine al verificarsi delle condizioni fissate per la liceità del deposito temporaneo grava sul produttore dei rifiuti in considerazione della natura eccezionale e derogatoria del deposito temporaneo rispetto alla disciplina ordinaria in tema di rifiuti (Sez. III n. 15680, 23 aprile 2010; Sez. III n. 21587, 17 marzo 2004;. Sez, III n. 30647, 15 giugno 2004). Tale principio, specificamente riferito, nelle decisioni appena richiamate, al deposito temporaneo, è peraltro applicabile in tutti i casi in cui venga invocata, in tema di rifiuti, l’applicazione di disposizioni di favore che derogano ai principi generali.
 
7. Alla luce delle considerazioni appena svolte, risulta di tutta evidenza la mancanza, nella fattispecie, delle condizioni richieste per la sussistenza del deposito temporaneo e, conseguentemente, la legittimità della decisione impugnata sul punto.
 
In disparte, infatti, la circostanza che non risulta fornita dai ricorrenti la prova della sussistenza delle suddette condizioni, deve rilevarsi che la stessa risulta platealmente smentita da quanto indicato nella sentenza impugnata ed in ricorso.
 
Risulta, in primo luogo, non rispettata la prescrizione concernente l’effettuazione del deposito per categorie omogenee di rifiuti, atteso che nella sentenza impugnata (pag. 3) si evidenzia come il quantitativo di rifiuti oggetto di accertamento si presentasse come «un cumulo di rifiuti eterogenei provenienti da demolizioni edili».
 
Manca, inoltre, ogni riferimento al rispetto o meno dei limiti quantitativi e temporali che anzi, per quanto riguarda i primi, sembra potersi escludere sul presupposto che i rifiuti depositati vengono quantificati in 150 mc (cfr. imputazione, riportata anche in ricorso).
 
8. A tali significativi aspetti si aggiunge in sentenza l’ulteriore dato, ritenuto particolarmente significativo dal giudice del merito, relativo alla provenienza dei rifiuti. Osserva infatti il Tribunale che il deposito temporaneo doveva escludersi in ragione del fatto che esso era stato realizzato in luogo diverso da quello di produzione dei rifiuti.
 
Tale assunto, contestato dalla difesa, deve invece ritenersi del tutto corretto.
 
Risulta infatti dal provvedimento impugnato e dal ricorso che i rifiuti, secondo quanto riferito dai testi indotti dalla difesa, provenivano da due diversi cantieri ubicati in due distinti comuni, Battaglia Terme e Dolo ed erano stati collocati in un terreno ubicato in comune di Boara Pisani, ove ha sede l’impresa dei ricorrenti.
 
È pertanto di tutta evidenza la diversità tra il luogo di produzione e quello ove si afferma essere stato realizzato un deposito temporaneo, né può ritenersi valido il ragionamento dei ricorrenti, secondo il quale vi sarebbe stato un collegamento funzionale tra il luogo di produzione dei rifiuti e l’area del deposito in quanto destinata allo scopo.
 
Accedendo a tali conclusioni, infatti, la precisa prescrizione della norma che impone l’effettuazione del deposito temporaneo nel luogo di produzione dei rifiuti potrebbe agevolmente essere superata semplicemente individuando un’area, ovunque ubicata, come destinata a raccoglierli.
 
Né può sostenersi, come fanno i ricorrenti, che una tale affermazione sia supportata dalla giurisprudenza di questa Corte. Vengono infatti citate in ricorso due decisioni (Sez. III n. 28204, 18 luglio 2011 e Sez. III m.35622, 11 luglio 2007) del tutto impropriamente, in quanto la prima (28294\11) si limita a richiamare il principio di diritto affermato dalla seconda, escludendo poi ogni collegamento funzionale tra luogo di produzione dei rifiuti ed area di deposito posta a sette chilometri di distanza, mentre l’altra decisione (n.35622\07) aveva affermato che «… in via di principio la contiguità tra luogo di produzione del rifiuto e luogo che sia comunque nella disponibilità dell’impresa produttrice dello stesso, ancorché il primo e non il secondo sia recintato, consente di estendere al secondo, ove funzionalmente legato al primo, la qualificazione utile per la individuazione della nozione di deposito temporaneo», accogliendo così il ricorso del Pubblico Ministero rilevando che difettava in sentenza l’accertamento relativo a tale legame funzionale tra luogo di produzione dei rifiuti e contiguo terreno di deposito degli stessi, desumibile dall’assenza di una autonoma utilizzazione di quest’ultimo, diversa da quella accertata o da altre circostanze.
 
Si tratta, dunque, di situazione in nessun modo riconducibile a quella posta all’attenzione del Tribunale nel caso in esame, caratterizzata, come si è già detto, da un luogo di produzione ubicato i due comuni diversi da quello del deposito.
 
9. Neppure è applicabile, come pure sostenuto dai ricorrenti, il disposto dell’art. 230 d.Lgs. n.152/06.
 
La disposizione riguarda, infatti, rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture e stabilisce, al primo comma, che «il luogo di produzione dei rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle infrastrutture, effettuata direttamente dal gestore dell’infrastruttura a rete e degli impianti per l’erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o tramite terzi, può coincidere con la sede del cantiere che gestisce l’attività manutentiva o con la sede locale del gestore della infrastruttura nelle cui competenze rientra il tratto di infrastruttura interessata dai lavori di manutenzione ovvero con il luogo di concentramento dove il materiale tolto d’opera viene trasportato per la successiva valutazione tecnica, finalizzata all’individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento».
 
La valutazione tecnica del gestore della infrastruttura di cui al comma 1 deve essere eseguita (comma 2) non oltre sessanta giorni dalla data di ultimazione dei lavori e la documentazione relativa alla valutazione tecnica è conservata, unitamente ai registri di carico e scarico, per cinque anni. Tali disposizioni si applicano anche ai rifiuti derivanti da attività manutentiva, effettuata direttamente da gestori erogatori di pubblico servizio o tramite terzi, dei mezzi e degli impianti fruitori delle infrastrutture.
 
Ciò posto, appare chiaro che, nella fattispecie, mancavano i presupposti per l’applicazione dello speciale regime disciplinato dalla disposizione richiamata in considerazione dell’ubicazione dei cantieri ed il luogo di deposito, che non coincideva con la «sede locale del gestore della infrastruttura» e neppure poteva considerarsi come «luogo di concentramento» in quanto, come già osservato da questa Corte, l’eccezione alla regola generale del divieto di creazione del deposito temporaneo in luogo diverso da quello di produzione, individuata dall’art. 230 d.lgs. n.152/06, è espressamente rivolta a consentire l’effettuazione della «valutazione tecnica, finalizzata all’individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento» (Sez. III n. 33866, 5 settembre 2007) della quale non vi è traccia, così come dei registri di carico e scarico.
Anche sotto tale aspetto, pertanto, il ricorso risulta infondato.
 
10. A non diverse conclusioni deve pervenirsi con riferimento al terzo motivo di ricorso.
 
La quantificazione della pena risulta correttamente effettuata dal giudice del merito attraverso una valutazione complessiva sulla base dei criteri direttivi fissati dall’articolo 133 C.P.
 
La determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell’ampio potere discrezionale attribuito al giudice di merito, che risulta legittimamente esercitato anche attraverso la globale considerazione degli elementi indicati nella richiamata disposizione (Sez. IV n.41702, 26 ottobre 2004).
 
Quanto alla motivazione, si è osservato che una specifica e dettagliata giustificazione sulla quantità della pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto nel caso in cui essa sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, ritenendosi negli altri casi adeguato il riferimento all’impiego dei criteri di cui all’articolo 133 C.P. mediante espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (Sez. Il n. 36245, 18 settembre 2009).
 
Nella fattispecie, il giudice del gravame ha espressamente specificato di stimare equa la determinazione della pena nella quantità subito dopo specificata, discostandosi peraltro di molto poco dal minimo edittale di euro 2.600,00.
 
11. Quanto al mancato riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena, risulta dal provvedimento impugnato che gli imputati non ne avevano fatto richiesta e che il giudice, motivatamente, ha ritenuto più vantaggioso per gli imputati di non applicare il beneficio in ragione della condanna alla sola pena pecuniaria.
 
12. I ricorsi Alberto ZANGIROLAMI e Antonio ZANGIROLAMI devono pertanto essere rigettati, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.
 
La certificazione depositata e concernente l’avvenuto decesso di Mario ZANGIROLAMI comporta l’estinzione del reato per morte dell’imputato.
 
P.Q.M.
 
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Mario ZANGIROLAMI perché il reato è estinto per morte dell’imputato. Rigetta i ricorsi di Alberto ZANGIROLAMI e Antonio ZANGIROLAMI che condanna al pagamento delle spese del procedimento.
 
Così deciso in data 15.1.2013
 

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