DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Reato di lottizzazione abusiva – Rilevanza della condotta – Momento della consumazione del reato di lottizzazione materiale – Inizio e termine di prescrizione – Lottizzazione c.d. materiale, negoziale” e “mista” – Configurabilità – Giurisprudenza – Tutela del bene giuridico protetto – Trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio – Aree a destinazione agricola e collegamento funzionale con la destinazione del fondo – Artt. 30 e 44, lett. c), d.P.R. 380/2001.
Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 9 Novembre 2021
Numero: 40327
Data di udienza: 21 Ottobre 2021
Presidente: PETRUZZELLIS
Estensore: RAMACCI
Premassima
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Reato di lottizzazione abusiva – Rilevanza della condotta – Momento della consumazione del reato di lottizzazione materiale – Inizio e termine di prescrizione – Lottizzazione c.d. materiale, negoziale” e “mista” – Configurabilità – Giurisprudenza – Tutela del bene giuridico protetto – Trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio – Aree a destinazione agricola e collegamento funzionale con la destinazione del fondo – Artt. 30 e 44, lett. c), d.P.R. 380/2001.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^, 9 novembre 2021 (Ud. 21/10/2021), Sentenza n.40327
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Reato di lottizzazione abusiva – Rilevanza della condotta – Momento della consumazione del reato di lottizzazione materiale – Inizio e termine di prescrizione – Artt. 30 e 44, lett. c), d.P.R. 380/2001.
Si configura il reato di lottizzazione abusiva, anche se ancora in corso di consumazione, anche nei casi in cui la condotta si estrinseca con modalità e tempi differenti non soltanto a causa della tipologia dell’intervento lottizzatorio, ma anche in relazione al ruolo svolto dai vari soggetti coinvolti, trattandosi peraltro, di reato a forma libera, permanente e progressivo nell’evento. Pertanto, il termine di prescrizione inizia a decorrere solo dopo il compimento dell’ultimo atto integrante la condotta illecita, che può consistere nella stipulazione di atti di trasferimento, nell’esecuzione di opere di urbanizzazione o nell’ultimazione dei manufatti che compongono l’insediamento, pur potendo continuare le conseguenze dannose costituite dall’utilizzazione del territorio in perdurante contrasto con la pianificazione urbanistica. In conclusione, la progressione che può caratterizzare l’attività lottizzatoria non si esaurisce con l’iniziale trasformazione del territorio, l’aggressione al quale si protrae fintanto che perdurano condotte che compromettono la scelta di destinazione e di uso riservata alla competenza pubblica, tra le quali pacificamente rientrano la realizzazione di nuovi interventi, anche di urbanizzazione e che risulta altrettanto evidente come assumano rilievo, a tal fine, non soltanto quelle condotte che si concretano nella realizzazione di interventi o che comunque aggravino lo stravolgimento dell’assetto attribuito al territorio dagli strumenti urbanistici, ma anche ogni altra condotta che tenda a consolidare le trasformazioni già attuate mediante modifiche, migliorie o integrazioni del preesistente.
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Lottizzazione c.d. materiale, negoziale” e “mista” – Configurabilità – Giurisprudenza – Tutela del bene giuridico protetto – Trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio – Aree a destinazione agricola e collegamento funzionale con la destinazione del fondo.
Si configura la lottizzazione “materiale” (cui si aggiungono le ulteriori categorie, anch’esse di derivazione giurisprudenziale, della lottizzazione “negoziale” e “mista”, che qui non rilevano) con il porre in essere qualsiasi tipologia di attività edilizie o di urbanizzazione atte a stravolgere l’assetto del territorio rendendone impraticabile la programmazione. Ciò in quanto il bene giuridico protetto dal citato art. 30 d.P.R. 380/2001, secondo la giurisprudenza amministrativa, è non solo quello dell’ordinata pianificazione urbanistica e del corretto uso del territorio, ma anche (e soprattutto) quello relativo all’effettivo controllo del territorio da parte del soggetto titolare della stessa funzione di pianificazione – cioè dal comune – al quale spetta di vigilare sul rispetto delle vigenti prescrizioni urbanistiche, con conseguente legittima repressione di qualsiasi intervento di tipo lottizzatorio, non previamente assentito. La lottizzazione abusiva si distingue, dunque, dal semplice abuso edilizio perché determina la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio in violazione delle prescrizioni espresse dagli strumenti urbanistici e delle leggi anche mediante la esecuzione di opere autorizzate. Con specifico riferimento alle aree a destinazione agricola l’edificazione in tali zone si riferisce, evidentemente, ad interventi in collegamento funzionale con la destinazione del fondo, sicché la realizzazione dell’intervento edilizio deve essere finalizzata alla conduzione del fondo in ragione della sua destinazione.
(dich. inammissibile il ricorso avverso ordinanza del 18/06/2021 del TRIB. LIBERTA’ di LECCE) Pres. PETRUZZELLIS, Rel. RAMACCI, Ric. Schito
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^, 09/11/2021 (Ud. 21/10/2021), Sentenza n.40327SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da SCHITO nato a UGGIANO LA CHIESA;
avverso l’ordinanza del 18/06/2021 del TRIB. LIBERTA’ di LECCE;
udita la relazione svolta dal Consigliere LUCA RAMACCI;
lette/sentite le conclusioni del PG PAOLA MASTROBERARDINO;
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto riportandosi alla requisitoria scritta;
udito il difensore, presente avv. Rocco Luigi Corvaglia insiste nell’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Lecce, con ordinanza del 18 giugno 2021 ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP del medesimo Tribunale il 19 maggio 2021 in relazione al reato di cui agli art. 110 cod. pen., 30 e 44, lett. c), d.P.R. 380\2001, avente ad oggetto alcuni immobili nella disponibilità di SCHITO realizzati in zona avente destinazione agricola sottoposta a vincolo paesaggistico ed idrogeologico e compresa in area SIC, sulla base di permessi di costruire ritenuti palesemente illegittimi.
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo il motivo di seguito enunciato.
2. Viene denunciata la violazione di legge, rappresentando che l’ordinanza impugnata avrebbe erroneamente escluso l’estinzione del reato contestato per prescrizione e sostenendo che un immobile precedentemente sottoposto a sequestro preventivo con decreto del 26 marzo 2021, nonché quelli successivamente sottoposti a vincolo cautelare con il provvedimento confermato nell’ordinanza impugnata sarebbero inseriti in un unico disegno lottizzatorio consumato in successione cronologica.
Si osserva che con il decreto del 26 marzo 2021 non sarebbe stata contestata la lottizzazione abusiva, bensì un semplice illecito edilizio in zona vincolata e che il primo immobile realizzato disterebbe dai lotti interessati dal secondo provvedimento ablativo oltre 150 metri. Su tali lotti insisterebbero, inoltre, immobili realizzati e completamente ultimati in una fascia temporale compresa tra il 1993 ed il 2003, tanto da essere destinati, fin dal 2004, a locazione per uso turistico.
Si aggiunge che non sarebbe stato acquisito alcun elemento indiziario indicativo di un unico disegno speculativo consumato in successione cronologica, trattandosi di condotte del tutto autonome ed indipendenti che non consentirebbero di considerare la consumazione in atto di una lottizzazione abusiva, la quale si sarebbe comunque perfezionata con l’ultimazione dei lavori, coincidente, quantomeno, con la stabile destinazione ad uso turistico dei manufatti già realizzati.
Si rileva, dunque, che sarebbe maturata la prescrizione del reato e che tale circostanza non consentirebbe l’applicazione della misura cautelare reale.
Si insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
2. Il Procuratore Generale, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. Occorre premettere che nel provvedimento impugnato viene dato atto del fatto che, con decreto del 26 marzo 2021, il GIP aveva disposto il sequestro preventivo di un immobile, di proprietà dell’odierno ricorrente, costituito da una casa colonica in corso di realizzazione in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ed idrogeologico compresa in area SIC sulla base di un permesso di costruire palesemente illegittimo.
Rileva il Tribunale come, nel corso delle indagini, fosse emerso che, su particelle di terreno di proprietà del medesimo ricorrente, erano stati realizzati quattro fabbricati, dettagliatamente indicati, mediante l’asservimento della cubatura e che, nel medesimo decreto di sequestro, il GIP affermava che gli interventi edilizi avevano comportato un’illecita trasformazione urbanistica dell’area, la quale aveva perso l’originaria connotazione agricola, configurandosi, pertanto, una vera e propria lottizzazione abusiva, anche in considerazione del fatto che l’unico fabbricato originariamente autorizzato era stato suddiviso in due diverse unità immobiliari e che l’insieme dell’attività edificatoria era indicativa di un intento speculativo totalmente eccentrico rispetto alla qualificazione della zona, sottoposta anche a vincolo paesaggistico.
Successivamente, osservano sempre i giudici del riesame, il Pubblico Ministero procedente richiedeva al GIP il sequestro preventivo di tutti gli immobili di proprietà dell’indagato, misura che veniva disposta ritenendo sussistente il fumus della lottizzazione abusiva e la necessità di evitare il completamento delle opere.
Si legge ancora nell’ordinanza che l’indagato aveva originariamente richiesto all’amministrazione comunale competente, nel 2000, il rilascio di un permesso di costruire per lavori di ristrutturazione ed ampliamento di un fabbricato agricolo esistente semi-diruto al fine di realizzare un’abitazione rurale e che i manufatti realizzati nel corso del tempo e poi ultimati, originariamente edificati con finalità diretta a soddisfare esigenze connesse con l’attività agricola, erano risultati essere in realtà villini destinati a finalità turistico-ricettive, come confermato dalla documentazione in atti.
Viene poi precisato che, a circa 150 metri da tali immobili, era in corso di costruzione un ulteriore fabbricato sulla base di un permesso di costruire rilasciato in violazione della normativa urbanistica, la quale prevede la possibilità realizzare, nella zona, solo immobili correlati all’attività agricola sul presupposto dell’appartenenza del titolare del permesso alla categoria degli imprenditori agricoli e che tali circostanze, oggettive e soggettive, erano risultate del tutto inesistenti.
Osserva ancora il Tribunale che il fabbricato in corso di ultimazione era composto da quattro camere da letto, quattro bagni, un vano cucina, un vano salotto-pranzo e due disimpegni, senza alcun vano a servizio dell’attività agricola e che, anzi, presentava tramezzature interne propedeutiche alla divisione in due distinti appartamenti. Si rileva dunque nell’ordinanza impugnata che tutti gli immobili realizzati costituirebbero un unico complesso residenziale con finalità turistico-ricettive che avrebbe determinato una rilevante trasformazione urbanistica dell’area, così da configurare una lottizzazione abusiva ancora in corso di consumazione.
3. Date tali premesse, osserva il Collegio come l’ordinanza impugnata descriva senza ombra di dubbio una condotta, oggetto di provvisoria incolpazione, pacificamente configurante un’ipotesi di lottizzazione c.d. materiale.
Come è noto, l’art. 30 del d.P.R. 380/01 stabilisce, al primo comma, che “si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio”.
La lottizzazione “materiale” (cui si aggiungono le ulteriori categorie, anch’esse di derivazione giurisprudenziale, della lottizzazione “negoziale” e “mista”, che qui non rilevano) si configura con il porre in essere qualsiasi tipologia di attività edilizie o di urbanizzazione atte a stravolgere l’assetto del territorio rendendone impraticabile la programmazione. Ciò in quanto il bene giuridico protetto dal citato art. 30 d.P.R. 380/1, secondo la giurisprudenza amministrativa, è non solo quello dell’ordinata pianificazione urbanistica e del corretto uso del territorio, ma anche (e soprattutto) quello relativo all’effettivo controllo del territorio da parte del soggetto titolare della stessa funzione di pianificazione – cioè dal comune — al quale spetta di vigilare sul rispetto delle vigenti prescrizioni urbanistiche, con conseguente legittima repressione di qualsiasi intervento di tipo lottizzatorio, non previamente assentito (Cons. Stato, Sez. IV n. 5849 del 6/10/2003. Tali concetti sono stati sostanzialmente ribaditi anche di recente in Cons. di Stato, Sez. IV n. 4772 del 30/6/2020. V. anche Cons. di Stato, Sez. VI, n. 3416 del 1/3/2018 ed altre prec. conf.).
La lottizzazione abusiva si distingue, dunque, dal semplice abuso edilizio perché determina la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio in violazione delle prescrizioni espresse dagli strumenti urbanistici e delle leggi anche mediante la esecuzione di opere autorizzate.
Con specifico riferimento alle aree a destinazione agricola l’edificazione in tali zone si riferisce, evidentemente, ad interventi in collegamento funzionale con la destinazione del fondo, sicché la realizzazione dell’intervento edilizio deve essere finalizzata alla conduzione del fondo in ragione della sua destinazione.
4. Nel caso di specie, come accertato in fatto dai giudici del riesame anche sulla base di documentazione prodotta dalla difesa, ciò non è avvenuto, essendo tutti gli immobili pacificamente realizzati ed utilizzati con finalità turistico-ricettive, assolutamente incompatibili con la destinazione di zona.
Secondo il Tribunale difetta inoltre, in capo al ricorrente, altrettanto pacificamente, il requisito soggettivo di imprenditore agricolo, peraltro non determinante, avendo già avuto modo questa Corte di affermare che detta qualifica, come quella di bracciante agricolo, non è di per sé indicativa della legittimità di un intervento edilizio, poiché ciò che davvero rileva è l’esistenza di un’effettiva relazione diretta tra edificio e conduzione del fondo, con la conseguenza che il possesso di tali qualifiche è indifferente quando un terreno agricolo venga frazionato e predisposto alla realizzazione di più edifici aventi destinazione residenziale snaturandone la originaria vocazione agricola in quanto l’attività edificatoria è solo fittiziamente connessa alla coltivazione ed allo sfruttamento produttivo del fondo (Sez. 3, n. 15605 del 31/3/2011, Manco, Rv. 250151, in motivazione).
E’ dunque pacifica la sussistenza del fumus del reato oggetto di provvisoria incolpazione, che il ricorrente neppure nega con riferimento ai primi immobili realizzati, limitandosi a sostenere la sostanziale autonomia dell’ultimo edificio in corso di realizzazione rispetto a quelli precedentemente ultimati.
Tale apodittica affermazione, tuttavia, risulta del tutto infondata, avendo i giudici del riesame chiaramente delineato una condotta chiaramente finalizzata ad una radicale trasformazione dell’area agricola attraverso la realizzazione di plurime unità immobiliari destinate alla locazione turistica.
L’evidente correlazione tra tutti i manufatti viene posta in luce nell’ordinanza impugnata richiamando i contenuti di una pagina web dedicata ed alcuni contratti di locazione prodotti dalla difesa ed evidenziando come, in prossimità degli immobili già aventi destinazione turistico-residenziale, fosse in corso di realizzazione, sempre in area agricola, un altro edificio, assentito con permesso di costruire rilasciato in violazione della normativa urbanistica, avente caratteristiche costruttive, precedentemente ricordate, chiaramente indicative di un’identica destinazione.
La tesi difensiva respinta dal Tribunale risulta, dunque, evidentemente finalizzata, scomponendo l’unitaria attività edilizia, a retrodatare la consumazione della lottizzazione, conseguentemente invocandone la prescrizione, confinando l’ultima costruzione nel più limitato ambito del singolo abuso edilizio, ma non vi è alcun elemento, tra quelli valorizzati dal Tribunale, che deponga in tal senso, né ve ne sono in ricorso, dove si tenta soltanto di aumentare la distanza (“oltre 150 metri”) dell’ultimo lotto oggetto di trasformazione rispetto a quella di “circa 150 metri” indicata dal Tribunale, peraltro inutilmente, atteso che trattasi di un dato numerico oggettivamente irrisorio se autonomamente considerato e che andrebbe comunque valutato con riferimento al complesso delle attività edificatorie poste in essere, le quali, lo si ripete, per come individuate dai giudici del riesame, risultano tutte finalizzate da un identico scopo.
Si tratta, peraltro, di un accertamento in fatto che non può essere posto in discussione in questa sede di legittimità, così come le motivazioni poste a sostegno dell’ordinanza impugnata, rispetto alla quale, vertendosi in tema di misura cautelare reale, il ricorso per cassazione può essere proposto esclusivamente per violazione di legge che, nella fattispecie, per quanto già detto, risulta insussistente.
5. Il Tribunale ha, conseguentemente, correttamente ritenuto la lottizzazione abusiva ancora in corso di consumazione, potendosi la stessa estrinsecare con modalità e tempi differenti non soltanto a causa della tipologia dell’intervento lottizzatorio, ma anche in relazione al ruolo svolto dai vari soggetti coinvolti, trattandosi peraltro, come evidenziato dalla giurisprudenza di questa Corte, di reato a forma libera, permanente e progressivo nell’evento (Sez. U, n. 4708 del 27/3/1992, Fogliani, Rv. 190829, in motivazione. Più recentemente, Sez. 3, n. 14053 del 20/2/2018, Ammaturo, Rv. 272697; Sez. 3, n. 24985 del 20/5/2015, Diturco, Rv. 264122; Sez. 3, n. 12772 del 28/2/2012, Tallarini, Rv. 252236).
Tali principi sono stati successivamente ribaditi affermando che, nel caso di lottizzazione abusiva, il termine di prescrizione inizia a decorrere solo dopo il compimento dell’ultimo atto integrante la condotta illecita, che può consistere nella stipulazione di atti di trasferimento, nell’esecuzione di opere di urbanizzazione o nell’ultimazione dei manufatti che compongono l’insediamento, pur potendo continuare le conseguenze dannose costituite dall’utilizzazione del territorio in perdurante contrasto con la pianificazione urbanistica (Sez. 3, n. 12459 del 13/01/2021, Merico, Rv. 281576).
Richiamando precedenti pronunce, si è anche posto in evidenza come la progressione che può caratterizzare l’attività lottizzatoria non si esaurisca con l’iniziale trasformazione del territorio, l’aggressione al quale si protrae fintanto che perdurano condotte che compromettono la scelta di destinazione e di uso riservata alla competenza pubblica, tra le quali pacificamente rientrano la realizzazione di nuovi interventi, anche di urbanizzazione e che risulta altrettanto evidente come assumano rilievo, a tal fine, non soltanto quelle condotte che si concretano nella realizzazione di interventi o che comunque aggravino lo stravolgimento dell’assetto attribuito al territorio dagli strumenti urbanistici, ma anche ogni altra condotta che tenda a consolidare le trasformazioni già attuate mediante modifiche, migliorie o integrazioni del preesistente (Sez. 3, n. 41479 del 24/9/2013, Valle, Rv. 257735; Sez. 3 n. 44836 del 6/2/2018, Attolini, non massimata).
Nel caso di specie, l’ultimo edificio era ancora in corso di realizzazione, sicché la condotta lottizzatoria non poteva dirsi esaurita, essendosi interrotta soltanto con la materiale esecuzione del sequestro, dovendosi conseguentemente individuare in tale data il termine iniziale di decorrenza del termine di prescrizione.
6. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 3.000,00
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 (tremila) in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 21/10/2021