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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 33258 | Data di udienza: 14 Giugno 2022

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Lottizzazione abusiva – Violazioni edilizie – Limiti della sanatoria per doppia conformità nel caso di lottizzazione abusiva – Artt. 23, 36, 93-95, d.P.R. n. 380/2001 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Reato estinto per prescrizione – Sentenza di proscioglimento nel merito – Poteri del giudice – Causa di proscioglimento che emerga ictu oculi – Art. 129, c.2, cod. proc. pen..


Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 9 Settembre 2022
Numero: 33258
Data di udienza: 14 Giugno 2022
Presidente: ACETO
Estensore: MENGONI


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Lottizzazione abusiva – Violazioni edilizie – Limiti della sanatoria per doppia conformità nel caso di lottizzazione abusiva – Artt. 23, 36, 93-95, d.P.R. n. 380/2001 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Reato estinto per prescrizione – Sentenza di proscioglimento nel merito – Poteri del giudice – Causa di proscioglimento che emerga ictu oculi – Art. 129, c.2, cod. proc. pen..



Massima

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 9 settembre 2022 (Ud. 14/06/2022), Sentenza n.33258

 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Lottizzazione abusiva – Violazioni edilizie – Limiti della sanatoria per doppia conformità nel caso di lottizzazione abusiva – Artt. 23, 36, 93-95, d.P.R. n. 380/2001.

La sanatoria delle violazioni edilizie che, ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, determina l’estinzione del reato, non è applicabile alla lottizzazione abusiva in quanto essa presuppone la conformità delle opere eseguite alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione del manufatto, sia a quello della presentazione della domanda di sanatoria, mentre nel caso di lottizzazione abusiva, le opere non possono mai considerarsi conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente, al momento della loro costruzione.

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Reato estinto per prescrizione – Sentenza di proscioglimento nel merito – Poteri del giudice – Causa di proscioglimento che emerga ictu oculi – Art. 129, c.2, cod. proc. pen.

A norma dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., a fronte di un reato estinto per prescrizione il giudice può emettere sentenza di proscioglimento nel merito soltanto se dagli atti risulti evidente una delle cause espressamente previste per una tale decisione, ai sensi della stessa norma In tale ipotesi si presuppone, in capo al giudice, un’attività di mera constatazione, ossia di ricognizione immediata di una causa di proscioglimento che emerga ictu oculi, senza necessità di approfondimenti istruttori o valutazioni di sorta.

(dich. inammissibile il ricorso avverso sentenza del 13/7/2021 della CORTE DI APPELLO DI ROMA) Pres. ACETO, Rel. MENGONI, Ric. Porticelli


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 09/09/2022 (Ud. 14/06/2022), Sentenza n.33258

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:
Porticelli R., nato a Leonessa (RI);
Aloisi A., nato a Cada (Pg);

avverso la sentenza del 13/7/2021 della CORTE DI APPELLO DI ROMA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Francesca Costantini, che ha chiesto integrare il dispositivo della sentenza con la conferma della confisca; rigetto nel resto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 13/7/2021, la Corte di appello di Roma, in riforma della pronuncia emessa il 26/2/2015 dal Tribunale di Rieti, dichiarava non doversi procedere nei confronti di Q. Vannimartini, R. Porticelli ed A. Aloisi in ordine ai reati loro ascritti, perché estinti, quanto al primo, per morte dell’imputato, e, quanto agli altri, per intervenuta prescrizione.

2. Propongono congiunto ricorso per cassazione Porticelli ed Aloisi, a mezzo del proprio difensore, deducendo i seguenti motivi:
– violazione di legge e vizio di motivazione quanto al profilo soggettivo dei reati. La Corte di appello, pur investita della questione, non avrebbe steso alcuna motivazione in punto di dolo delle fattispecie, imponendosi, dunque, l’annullamento della sentenza. Questa, peraltro, sarebbe viziata anche per violazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., dato che la documentazione prodotta dalla difesa avrebbe reso immediatamente percepibile – ictu oculi – l’assenza di responsabilità in capo ai ricorrenti;
– le stesse censure, di seguito, concernono la contravvenzione di cui agli artt. 93-95, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380; la Corte di merito avrebbe confermato la condanna pur a fronte di una preventiva denuncia di inizio dei lavori, così confutandosi il contenuto del capo di imputazione;
– violazione di legge e vizio di motivazione, ancora, emergerebbero quanto al reato di cui al capo A); la lottizzazione abusiva, infatti, sarebbe risultata esclusa in modo evidente, senza necessità di approfondimenti, e dunque la sentenza – che pur avrebbe svolto una disamina approfondita dei motivi di ricorso – avrebbe dovuto constatare l’assenza di profili di responsabilità;
– negli stessi termini, ancora, si contesta la mancata applicazione dell’art. 23, d.P.R. n. 380 del 2001, che subordina a SCIA – in alternativa al permesso di costruire – anche gli interventi di nuova costruzione disciplinati da piani attuativi comunque denominati, ivi compresi gli accordi negoziali aventi valore di piano attuativo. Ebbene, nel caso di specie questi piani sarebbero esistiti ben prima dell’intervento edilizio (delibere del Consiglio comunale di Leonessa nn. 93/1994 e 87/1995, che intervenivano nel Programma di fabbricazione comunale approvato con delibera regionale n. 1336/1987) e, poiché precedenti alla L. 21 dicembre 2001, n. 443, la loro esistenza (anche con riguardo alle opere in oggetto) sarebbe stata asseverata con relazione del geometra Aloisi; questi, peraltro, sarebbe stato assolto dalla contestazione di falso di cui al capo C), così emergendo un palese indice di illogicità della sentenza. La Corte di appello, inoltre, non avrebbe considerato la sufficiente urbanizzazione dell’area, da ritenere equipollente alla pianificazione urbanistica, né il Piano particolareggiato in sanatoria approvato dal Comune di Leonessa con delibera n. 81 dell’8/12/2018 (ed avallato dalla Regione Lazio con delibera n. 261 del 12/5/2020), da considerare piano attuativo a norma del citato art. 23;
– la manifesta illogicità della motivazione, ancora, emergerebbe dalla (già menzionata) assoluzione dell’Aloisi dal delitto di falso di cui al capo C); questa statuizione, infatti, avrebbe imposto l’assoluzione degli imputati anche dai reati sub A) e C), come naturale corollario immediatamente conseguente;
– la violazione di legge, di seguito, risulterebbe anche dall’evidente ingerenza che i Giudici del merito avrebbero compiuto in ambiti giurisdizionali amministrativi, ritenendo di fatto illegittima la normativa comunale e regionale sopra citata;
– le medesime censure, poi, riguarderebbero la conferma della confisca. A fronte di un reato prescritto, e risultando evidente l’assenza di ogni profilo di responsabilità, la sentenza avrebbe dovuto revocare la misura di sicurezza, non sussistendone i presupposti;
– infine, ancora sulla confisca, si lamenta che la Corte non ne avrebbe fatto menzione nel dispositivo, occorrendo quindi l’annullamento della sentenza senza rinvio nella parte avrebbe omesso di pronunciare la conferma della misura sui beni in sequestro.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. I ricorsi risultano manifestamente infondati; tutte le censure, peraltro, possono essere trattate in modo congiunto, alla luce della sostanziale identità di contenuto.

4. Occorre premettere che, a norma dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., a fronte di un reato estinto per prescrizione il giudice può emettere sentenza di proscioglimento nel merito soltanto se dagli atti risulti evidente una delle cause espressamente previste per una tale decisione, ai sensi della stessa norma; la giurisprudenza di questa Corte – come riportato anche nelle impugnazioni – ha quindi precisato che tale ipotesi presuppone, in capo al giudice, un’attività di mera constatazione, ossia di ricognizione immediata di una causa di proscioglimento che emerga ictu oculi, senza necessità di approfondimenti istruttori o valutazioni di sorta.

5. Muovendo da questa premessa, la Corte di appello – con affermazione in fatto qui non sindacabile – ha sostenuto che una tale evidenza non ricorreva nel caso di specie e che, anzi, l’istruttoria aveva consegnato un compendio probatorio solido a sostegno delle accuse mosse a Porticelli ed Aloisi; un compendio, ancora, che la sentenza ha poi diffusamente esaminato con riferimento alla confisca, dato che – come da nota evoluzione giurisprudenziale interna e sovranazionale, espressamente richiamata – questa può essere confermata, in presenza di un reato prescritto, soltanto qualora siano emersi tutti i tratti oggettivi e psicologici dell’illecito, e l’imputato abbia potuto esercitare le proprie prerogative difensive.

6. In particolare, il Giudice del gravame ha evidenziato che la lottizzazione in oggetto – 4 villette, di cui 2 monofamiliari e 2 bifamiliari, per un totale di 23.567 mq. – era stata realizzata previa presentazione di una dichiarazione di inizio attività (una prima ed una seconda, in variante), e pur in assenza di un piano attuativo del Piano regolatore generale, approvato nel 1999; ancora, la sentenza ha sottolineato che difettavano del tutto le condizioni che avrebbero potuto consentire – in difetto del citato strumento urbanistico – l’intervento edificatorio in presenza di permesso di costruire (non già, comunque, di una semplice D.I.A.), quali il carattere di fondo intercluso proprio dell’area interessata e l’esistenza di opere di urbanizzazione primaria e secondaria idonee a sostenere l’intervento che si voleva realizzare. Con particolare riferimento a queste ultime, peraltro, già il primo Giudice aveva evidenziato l’assenza di un’adeguata prova da parte degli imputati, in quanto l’attestato del sindaco di Leonessa dell’8/6/2012 – in punto di rete idrica, elettrica, telefonica e di gas – costituiva una mera ricognizione dell’esistenza di opere di urbanizzazione primaria, ma non certificava l’adeguatezza delle stesse strutture con riguardo al maggior carico che sarebbe derivato dalla realizzazione del complesso “Sorgente Verde 3”.

In assenza di piano attuativo, oltre che di permesso di costruire, lo stesso intervento doveva, dunque, ritenersi illegittimo, oltre che insuscettibile di sanatoria postuma, con conseguente consumazione delle fattispecie contravvenzionali indicate ai capi A) e D) della rubrica.

7. Ebbene, a fronte di questa motivazione – si ribadisce, emessa su condotte ormai prescritte – i ricorsi lamentano una complessiva carenza argomentativa, sostenendo, tra l’altro, che l’istruttoria avrebbe offerto al Giudice di appello ogni elemento per il proscioglimento degli imputati nel merito ai sensi dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen.

8. Questa tesi non può essere accolta.

9. Quanto al primo motivo, che contesta l’assenza di motivazione in punto di elemento soggettivo delle fattispecie, si osserva che le stesse – di natura contravvenzionale – sono state riscontrate in tutti i loro caratteri, così implicitamente riconoscendo che dagli atti non emergeva alcun elemento (peraltro, neppure riportato nei ricorsi) che consentisse di individuare l’assenza anche solo di un profilo di colpa.

10. Alle stesse conclusioni, poi, si giunge quanto alla seconda censura, che riguarda la contravvenzione di cui agli artt. 93-95, d.P.R. n. 380 del 2001.

I ricorsi contestano che la Corte avrebbe riconosciuto il reato pur in presenza di una denuncia di inizio lavori, ritualmente presentata; gli stessi, tuttavia, non evidenziano che la normativa – art. 94, d.P.R. citato – prevedeva, nel testo allora vigente, che fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio (qui assente), nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all’uopo indicate nei decreti di cui all’articolo 83, non si potevano iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione.

Provvedimento mai rilasciato in questa vicenda.

11. Palesemente apodittico, di seguito, è il terzo motivo di ricorso, che – ancora per i capi A) e D) – si limita a ribadire che dagli atti sarebbe emersa “in modo non contestabile, senza necessità di approfondimento”, l’assenza dell’elemento oggettivo dei reati in questione, e che la Corte di appello ne avrebbe dovuto prendere atto. Una mera asserzione, per l’appunto, non una censura ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen.

12. Con gli stessi caratteri, poi, la Corte conclude quanto alla quarta doglianza, che richiama l’art. 23, d.P.R. n. 380 del 2001 e l’avvenuta adozione – per il territorio interessato – di “piani attuativi comunque denominati”, nei termini indicati nella premessa. Ebbene, i ricorsi si limitano ad affermare che tali provvedimenti amministrativi costituirebbero piani attuativi nei termini della norma citata, ma non evidenziano di aver offerto al Giudice del merito elementi positivi in tal senso. Ancora, il richiamo alla sufficiente urbanizzazione dell’area, da ritenere equipollente alla pianificazione urbanistica esecutiva, risulta argomento di puro merito, inammissibile in questa sede, e, peraltro, già superato dal Giudice di appello (e dal Tribunale) con le considerazioni sopra richiamate.

13. Quanto, poi, alla dedotta, intervenuta sanatoria (Piano particolareggiato approvato dal Comune di Leonessa l’8/12/2018), questa risulta ancora solo riferita dai ricorrenti, senza alcuna indicazione specifica. E con la precisazione, peraltro, che, per costante giurisprudenza, la sanatoria delle violazioni edilizie che, ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, determina l’estinzione del reato, non è applicabile alla lottizzazione abusiva in quanto essa presuppone la conformità delle opere eseguite alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione del manufatto, sia a quello della presentazione della domanda di sanatoria, mentre nel caso di lottizzazione abusiva, le opere non possono mai considerarsi conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente, al momento della loro costruzione (tra le molte, Sez. 3, n. 28784 del 16/5/2018, Amente, Rv. 273307). Sul punto, peraltro, i ricorsi deducono tale doppia conformità, ma solo in termini assertivi ed in forza dei citati “piani attuativi comunque denominati” e, dunque, con affermazione già superata con i precedenti argomenti.

14. Del tutto infondati, ancora, i ricorsi risultano in ordine alla sesta censura, che lamenta la manifesta illogicità di una motivazione che, per un verso, avrebbe assolto l’Aloisi dal delitto di falso, e, per altro verso, avrebbe condannato lo stesso ed il Porticelli per opere edilizie asseverate nella medesima relazione tecnica di cui al capo B). Nessuna aporia argomentativa, per contro, può essere ravvisata, dato che l’Aloisi è stato assolto dal delitto di cui all’art. 481 cod. pen. perché il fatto non costituisce reato e, dunque, per carenza dell’elemento soggettivo (peraltro ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen.), con piena “salvezza” del carattere oggettivo della falsità contestata.

15. Le considerazioni tutte che precedono, poi, comportano la manifesta infondatezza anche del settimo motivo di ricorso, in punto di confisca. Riportata per esteso la motivazione della sentenza in parte qua, infatti, la censura si limita a sostenere che la manifesta carenza di responsabilità in capo ai ricorrenti avrebbe imposto la revoca della misura di sicurezza; senza alcun accenno, dunque, alle considerazioni espresse nella precedente parte della decisione, che – come evidenziato – avevano individuato in modo del tutto congruo e completo gli elementi a sostegno della contestazione di cui ai capi A) e D). La doglianza in tema di confisca, dunque, costituisce un mero corollario delle precedenti, e ne deve seguire gli esiti.

16. Infine, quanto alla lamentata difformità tra motivazione e dispositivo ancora in ordine alla confisca, la Corte evidenzia l’assenza di interesse in capo ai ricorrenti, che non riceverebbero alcun reale beneficio dall’annullamento della decisione, senza rinvio, “nella parte in cui ha omesso di pronunciare sentenza di conferma della confisca dei beni”.

17. I ricorsi, pertanto, debbono essere dichiarati inammissibili.

Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2022

 
 

 

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