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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Sicurezza sul lavoro Numero: 24087 | Data di udienza: 15 Febbraio 2024

SICUREZZA SUL LAVORO – Tutela della salute e sicurezza dei lavoratori – Infortunio sul lavoro mortale – Lavoro in cantiere – Cooperazione nel delitto colposo – Omicidio colposo – Colpa generica – Violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro – Responsabilità del coordinatore per la sicurezza – Art. 92, D.Lgs. n. 81/2008 – Compiti di alta vigilanza – Piano di sicurezza e coordinamento – Procedure di lavoro – POS – Adeguamento del piano di sicurezza in relazione all’evoluzione dei lavori – Responsabilità del lavoratore autonomo – Obbligo di garanzia circoscritto e specifico – Art. 21, D.Lgs. n. 81/2008 – Attrezzature di lavoro conformi alle disposizioni prevenzionistiche – Rischi presenti nell’ambiente di lavoro – Rischi derivanti dall’impiego di attrezzature – Fattispecie: decesso del lavoratore a seguito di crollo della parete per le vibrazioni causate dall’uso di un martello pneumatico in cantiereDIRITTO PROCESSUALE PENALE – Motivazione della decisione di primo grado e sentenza di appello – c.d. “doppia conforme” – Unico corpo motivazionale. (Segnalazione e massime a cura di Ambra Mostarda)


Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 4^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 18 Giugno 2024
Numero: 24087
Data di udienza: 15 Febbraio 2024
Presidente: DOVERE
Estensore: DAWAN


Premassima

SICUREZZA SUL LAVORO – Tutela della salute e sicurezza dei lavoratori – Infortunio sul lavoro mortale – Lavoro in cantiere – Cooperazione nel delitto colposo – Omicidio colposo – Colpa generica – Violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro – Responsabilità del coordinatore per la sicurezza – Art. 92, D.Lgs. n. 81/2008 – Compiti di alta vigilanza – Piano di sicurezza e coordinamento – Procedure di lavoro – POS – Adeguamento del piano di sicurezza in relazione all’evoluzione dei lavori – Responsabilità del lavoratore autonomo – Obbligo di garanzia circoscritto e specifico – Art. 21, D.Lgs. n. 81/2008 – Attrezzature di lavoro conformi alle disposizioni prevenzionistiche – Rischi presenti nell’ambiente di lavoro – Rischi derivanti dall’impiego di attrezzature – Fattispecie: decesso del lavoratore a seguito di crollo della parete per le vibrazioni causate dall’uso di un martello pneumatico in cantiereDIRITTO PROCESSUALE PENALE – Motivazione della decisione di primo grado e sentenza di appello – c.d. “doppia conforme” – Unico corpo motivazionale. (Segnalazione e massime a cura di Ambra Mostarda)



Massima

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 4^, 18 giugno 2024 (Ud. 15/02/2024), Sentenza n. 24087

 

 

SICUREZZA SUL LAVORO – Tutela della salute e sicurezza dei lavoratori – Infortunio sul lavoro mortale – Lavoro in cantiere – Cooperazione nel delitto colposo – Omicidio colposo – Colpa generica – Violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro – Responsabilità del coordinatore per la sicurezza – Art. 92, D.Lgs. n. 81/2008 – Compiti di alta vigilanza – Piano di sicurezza e coordinamento – Procedure di lavoro – Visione del POS – Adeguamento del piano di sicurezza in relazione all’evoluzione dei lavori – Responsabilità del lavoratore autonomo – Obbligo di garanzia circoscritto e specifico – Art. 21, D.Lgs. n. 81/2008 – Attrezzature di lavoro conformi alle disposizioni prevenzionistiche – Rischi presenti nell’ambiente di lavoro – Rischi derivanti dall’impiego di attrezzature – Fattispecie: decesso del lavoratore a seguito di crollo della parete per le vibrazioni causate dall’uso di un martello pneumatico in cantiere.

In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, secondo l’art. 92 D.Lgs. n. 81 del 2008, il coordinatore per la sicurezza è titolare di una posizione di garanzia in quanto gli spettano compiti di alta vigilanza, consistenti a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell’incolumità dei lavoratori; b) nella verifica dell’idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e nell’assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento; c) nell’adeguamento dei piani in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS. Secondo l’art. 21 D.Lgs. n. 81 del 2008, il lavoratore autonomo deve utilizzare attrezzature di lavoro conformi alle disposizioni prevenzionistiche, prendendo in considerazione le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere, i rischi presenti nell’ambiente di lavoro e i rischi derivanti dall’impiego delle attrezzature.

(La Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva riconosciuto la responsabilità del coordinatore e del lavoratore autonomo per il reato di cooperazione nel delitto colposo e omicidio colposo ai danni di un lavoratore deceduto a seguito di crollo della parete per le vibrazioni causate dall’uso di un martello pneumatico in cantiere, per non aver l’uno verificato con opportune azioni di coordinamento e controllo l’applicazione da parte dei lavoratori autonomi delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro, per non aver organizzato tra i lavoratori autonomi la cooperazione e il coordinamento dell’attività nonché la reciproca formazione, e l’altro per non aver valutato il possibile rischio di caduta cagionato dalle vibrazioni derivanti dall’uso delle suddette attrezzature di lavoro.)

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Motivazione della decisione di primo grado e sentenza di appello – c.d. “doppia conforme” – Unico corpo motivazionale.

La sentenza di appello deve essere considerata a tutti gli effetti una c.d. “doppia conforme” della decisione di primo grado, quando le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente, costituendo un unico corpo motivazionale.

(rigetta i ricorsi avverso sentenza del 19/06/2023 della CORTE D’APPELLO di MILANO), Pres. DOVERE, Est. DAWAN, Ric. A.A. e B.B.


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 4^, 18/06/2024 (Ud. 15/02/2024), Sentenza n. 24087

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta da:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

A.A. nato a S il omissis

B.B. nato a M il omissis

avverso la sentenza del 19/06/2023 della CORTE APPELLO di MILANO

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere DANIELA DAWAN;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore SABRINA PASSAFIUME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso del A.A. e il rigetto del ricorso del B.B.

È presente l’avvocato VIGLIONE FABIO del foro di ROMA in difesa di A.A., che riportandosi ai motivi chiede l’accoglimento del ricorso.

FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza resa il 04/07/2022 dal Tribunale di Sondrio nei confronti di A.A. e B.B., dichiarati colpevoli del reato di cui agli artt. 113, 589, commi 1 e 2, cod. pen., perché, per colpa generica e per violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, ponendo in essere, nelle rispettive qualità, le condotte contravvenzionali già definite in via amministrativa con la procedura di cui all’art. 24 commi 1 e 2, D.Lgs. 758/94, in cooperazione colposa tra loro, contribuivano a cagionare la morte del lavoratore autonomo C.C.

1.2. Secondo la prospettazione accusatoria, il A.A., quale progettista, direttore dei lavori e coordinatore per la sicurezza, progettazione ed esecuzione, dei lavori di manutenzione e ristrutturazione dell’edificio, censito catastalmente al mappale — del Comune di V…, non verificava, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l’applicazione da parte dei lavoratori autonomi delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, redatto per il cantiere in questione, nonché la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro; lo stesso inoltre non organizzava tra i lavoratori autonomi la cooperazione e il coordinamento dell’attività, nonché la reciproca formazione in occasione dell’evento lesivo di cui si tratta.

Il B.B., titolare dell’omonima ditta individuale “B.B.”, anche in ragione della propria qualifica di lavoratore autonomo, operante all’interno dell’area di cantiere afferente ai lavori di manutenzione e ristrutturazione dell’edificio più sopra richiamato, utilizzava attrezzature di lavoro non conformi alle disposizioni prevenzionistiche, non prendendo in considerazione le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere; i rischi presenti nell’ambiente di lavoro; i rischi derivanti dall’impiego delle attrezzature.

In particolare, il B.B. effettuava lavori di taglio e sminuzzamento di blocchi di granito avvalendosi di attrezzature tecno vibranti, alimentate ad aria pneumatica, senza tenere in considerazione l’esistenza di una parete realizzata in sasso a vista, non adeguatamente consolidata, e senza valutare il possibile rischio di caduta cagionato dalle vibrazioni derivanti dall’uso delle suddette attrezzature di lavoro. Accadeva così che il 16/07/2015, intorno alle 10:15, nell’area di cantiere ricavata tra un ammasso roccioso, a ridosso del quale l’immobile oggetto di restauro era accostato e un rialzo di terra in prossimità di un piccolo sentiero, superficie priva di opere previsionali atte a garantirne la sicurezza, mentre il C.C. e il B.B. stavano eseguendo la frammentazione di sassi e pietrame derivati dalla porzione del macigno rimasto sul terreno per la successiva rimozione, attraverso l’utilizzo di mezzi meccanici per lo scavo e perforatrici alimentate ad aria compressa per realizzare dei fori sulla pietra in contiguità della parete esterna dell’immobile, già resa instabile dai trascorsi lavori demolitori, priva di collegamenti strutturali di supporto e senza opere di stabilizzazione in grado di assicurarne la tenuta, le violenti vibrazioni provocate si propagassero alla muratura in pietra, determinandone il collasso e il successivo crollo. Il materiale pietroso precipitato sugli arti inferiori del C.C. ne provocava la perdita di equilibrio, con conseguente caduta e violento impatto del capo contro il materiale lapideo, presente sul suolo. L’uomo riportava gravissime lesioni che lo conducevano a morte dopo pochi minuti.

2. Il fatto per cui è processo è stato ricostruito, nei gradi di merito, nei seguenti termini: D.D., nell’interesse della madre E.E., aveva commissionato alle imprese individuali C.C. e B.B. l’esecuzione dei lavori di manutenzione e ristrutturazione della propria baita sita nel Comune di V….. (SO), individuando quale progettista, direttore dei lavori e coordinatore per la sicurezza, la progettazione e l’esecuzione dei lavori, l’arch. A.A. I lavori, consistenti nel recupero abitativo di un fabbricato esistente destinato a stalla, erano stati programmati per essere eseguiti in tre fasi, con l’intervento in ciascuna fase di imprese diverse a seconda della tipologia delle opere e della relativa specializzazione, secondo il piano di sicurezza e coordinamento predisposto dal F.F. La prima fase – consistente nell’allestimento dell’area di cantiere, pulizia, rimozione della copertura e del solaio intermedio in legno – era stata eseguita nell’autunno 2014 dalle imprese C.C. e B.B., cui era seguito, nei mesi di ottobre e novembre 2014, l’intervento di “Nuova Cosmosystemi Srl”, per l’esecuzione dei lavori di taglio di un masso granitico, con appoggio a terra e spezzettamento della roccia di risulta: lavori che, tuttavia, erano stati eseguiti solo nei mesi di aprile e maggio 2015, a causa di divergenze insorte fra la proprietà e l’impresa appaltatrice.

Tali divergenze portavano alla risoluzione del contratto tra la proprietà e la “Nuova Cosmosystemi Srl”, con conseguente affidamento delle opere non eseguite – nella specie, riduzione e sgombero delle macerie di risulta – alle imprese individuali C.C. e B.B., senza adozione di alcun formale provvedimento di sospensione del cantiere, essendosi attuato un mero fermo lavori, imposto dalla committenza e seguito dall’aggiornamento del PSC. Le operazioni di taglio e sminuzzamento dei blocchi di granito erano iniziate la mattina del 13/07/2015, con l’impiego, da parte di B.B. e C.C., di attrezzature tecno-vibranti alimentate ad aria pneumatica, cui era seguito, nel pomeriggio dello stesso giorno, un sopralluogo da parte della proprietà, del A.A., del socio e del dipendente della “Nuova Cosmosystemi” per una quantificazione dei danni; nel corso di detto sopralluogo, questi ultimi avevano segnalato all’arch. A.A. criticità in ordine alla stabilità delle opere edili.

Il crollo della parete esterna a lato est dell’immobile, che aveva investito il C.C. causandone il decesso, era avvenuto quando quest’ultimo stava posizionando dei cunei a terra e il B.B. stava utilizzando un martello pneumatico per frammentare i sassi e il pietrame derivanti dalla porzione del macigno. Accanto al corpo della vittima venivano rinvenuti, oltre ad alcuni strumenti di protezione, uno zainetto con all’interno tre copie sottoscritte del P.S.C, aggiornato alla data dell’08/07/2015 e i POS dei lavoratori C.C. e B.B., parzialmente compilati. Le cause del crollo della muratura perimetrale erano state individuate nella instabilità della stessa, determinata da una serie di concause ascrivibili alle modalità esecutive di taglio del masso granitico ad opera della “Nuova Cosmosystemi Srl”, alla rimozione del cantonale, all’impiego di mezzi meccanici e di perforatrici ad aria compressa nel corso delle lavorazioni e, infine, alla mancanza di opere previsionali di messa in sicurezza dell’area interessata dai lavori.

3. Avverso la sentenza di appello ricorrono gli imputati a mezzo dei rispettivi difensori.

4. Il ricorso di A.A. consta di un unico, articolato motivo, suddiviso in tre sotto paragrafi, con cui si deduce violazione dell’art. 589 cod. pen., per erronea configurazione del reato; insussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo della fattispecie, nonché carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Questa, oltre a richiamare per relationem le erronee determinazioni del primo Giudice, muove da veri e propri travisamenti della prova. Dall’istruttoria dibattimentale è invero emerso che l’architetto A.A. non era consapevole dell’affidamento, da parte della committente, dell’incarico delle opere non eseguite dalla “Nuova Cosmosystemi” alle ditte individuali B.B. e C.C.

La Corte territoriale ha, sul punto, travisato le emergenze istruttorie così come dedotte dalla difesa, secondo cui il PSC, recante data 08/07/2015 non era affatto destinato a disciplinare l’attività di sminuzzamento del masso ma riguardava la fase tre del cantiere (ricostruzione e completamento del fabbricato), di competenza delle imprese C.C. e B.B., fase che, tuttavia, non veniva mai avviata poiché il cantiere necessitava preliminarmente della conclusione dei lavori della fase due (il completamento dello sminuzzamento del masso) che aveva quale destinatario la sola “Nuova Cosmosystemi”. Sostiene la difesa che il vulnus motivazionale sarebbe ancora più manifesto perché la Corte di merito ha omesso di valutare il contributo del consulente della difesa, G.G., il quale ha spiegato le ragioni del contestato inserimento delle ditte C.C. e B.B. nella relativa anagrafica di cantiere.

Si legge, nel provvedimento ricorso, che il Giudice di primo grado avrebbe tratto la prova della consapevolezza, da parte dell’imputato, circa l’affidamento dell’incarico alle ditte C.C. e B.B. e dell’avvio dei lavori dalla presenza del A.A. in cantiere il 13/07/2015, quando l’imputato consegnò a B.B. e a C.C. la copia del PSC. aggiornato, poi rinvenuta nello zainetto in uso a C.C. il giorno del sinistro mortale. Si tratta, tuttavia, di una circostanza sconfessata dall’istruttoria dibattimentale, poiché nessuna emergenza istruttoria ha consentito di ricavare che l’imputato fosse a conoscenza del fatto che la committente avesse autonomamente incaricato B.B. e C.C. di concludere i lavori di sminuzzamento o che tali lavori fossero stati comunque dagli stessi intrapresi.

Da nessuna risultanza istruttoria è emersa la presenza di costoro in cantiere il giorno del sopralluogo effettuato il 13/07/2015. Né la sentenza impugnata ha tenuto conto di quanto affermato in sede di incidente probatorio dal perito, ing. H.H., secondo cui il coordinatore per la sicurezza attendeva di visionare il POS delle ditte prima di confermare il prosieguo dei lavori. Quanto alle attrezzature, rinvenute nei pressi del cantiere il giorno del citato sopralluogo (un compressore dell’aria, un generatore di corrente e un mini escavatore), la cui presenza, a detta della Corte di appello, avrebbe dovuto allarmare l’imputato A.A., la difesa evidenzia che vi è prova che le attrezzature non si trovassero all’interno del cantiere; che non vi è prova che le stesse appartenessero alle ditte C.C. e B.B.; che vi è prova che le attrezzature non fossero di tipologia tecnovibrante; e che non vi è prova certa in relazione alla ripresa dei lavori. Il A.A., così come osservato nei motivi di appello, non era affatto tenuto a coordinare B.B. e C.C., essendo tali soggetti estranei alle opere di taglio del macigno rientranti nella fase due. La difesa ricorda di aver contestato in appello l’attribuzione all’imputato, operata dal Giudice di primo grado, della qualifica di datore di lavoro di C.C. e B.B. La Corte di appello lo qualifica addirittura come responsabile dei lavori: si tratta di un ulteriore travisamento probatorio, perché già dalla mera lettura del PSC., in tutte le sue versioni, emerge l’espressa dichiarazione di mancata nomina del responsabile dei lavori.

5. Il ricorso di B.B. si fonda su tre motivi con cui si deducono:

5.1. Vizio di motivazione, in specie mancanza assoluta della stessa in ordine alla ritenuta responsabilità dell’imputato. La Corte territoriale ha condiviso gli argomenti del primo Giudice riducendo in poche righe la propria analisi sulla responsabilità dell’imputato, di tal che la motivazione si configura come meramente apparente. Non vi è prova alcuna (e comunque non vi è prova certa) che il B.B. stesse operando con il martello pneumatico, ancor meno che lo stesse facendo al momento del crollo del muro. In tal senso, viene in soccorso la testimonianza di I.I., laddove questi affermava di non ricordare di preciso chi stesse usando il martello pneumatico.

5.2. Mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione, nonché inosservanza degli art. 113, 589 comma 2, 157 cod. pen. Il fatto va riqualificato come omicidio colposo semplice, per essere insussistente l’aggravante di cui all’art. 589, comma 2, cod. pen., atteso che l’imputato non rivestiva alcuna posizione di garanzia nei confronti del C.C., conseguendone la violazione di legge per l’omessa dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione già al momento della pronuncia di secondo grado.

5.3. Violazione dell’art. 62, n. 4, 133 cod. pen., nonché mancanza di motivazione sul punto. La Corte territoriale non ha tenuto conto dell’avvenuto risarcimento del danno avvenuto nel corso del processo.

DIRITTO

1. I ricorsi sono infondati e devono, pertanto, essere rigettati.

2. Occorre premettere che la sentenza di appello deve essere considerata a tutti gli effetti una c.d. “doppia conforme” della decisione di primo grado, conseguendone che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente, costituendo un unico corpo motivazionale, atteso che i Giudici di secondo grado hanno esaminato le censure proposte dagli appellanti con criteri omogenei a quelli usati dal primo Giudice e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, considerato altresì, a maggior ragione, che ì motivi di appello non hanno riguardato elementi nuovi, ma si sono limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione dì primo grado (Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615).

Ciò detto, la sentenza di appello ha confermato i profili di responsabilità individuati dal Tribunale di Sondrio, il quale si è soffermato, in maniera specifica e dettagliata, su tutte le circostanze dei fatti, così come si avrà modo di evidenziare trattando dei rispettivi ricorsi.

3. Il ricorso del A.A. si fonda sull’affermazione secondo cui egli non sarebbe stato a conoscenza dell’affidamento dell’incarico, da parte della committenza, alle imprese individuali di C.C. e B.B. L’assunto ha trovato congrua smentita nella sentenza di appello, la quale fa sul punto espresso riferimento alle argomentazioni ampie ed esaustive del Tribunale che ha tratto la prova di tale consapevolezza dai seguenti, plurimi, elementi: la redazione e l’aggiornamento in data 08/07/2015 del P.S.C, (terza versione), dove, nell’anagrafica di cantiere, erano inserite le imprese individuali B.B. e C.C. e, nelle fasi di lavoro, la lavorazione di completamento dell’intervento successivo alla rimozione del masso principale; la presenza dell’imputato in cantiere il 13/07/2015, allorché egli consegnò a B.B. e C.C. la copia del P.S.C, aggiornato, poi rinvenuta nello zainetto in uso a C.C. il giorno del sinistro mortale. Rispetto a tale ultima circostanza, le sentenze di merito illustrano, con motivazione in fatto, del tutto congrua, le ragioni per le quali hanno ritenuto poco credibile la dichiarazione dell’imputato di avere consegnato, il giorno del sopralluogo, il P.S.C, aggiornato ai due lavoratori che avrebbe incontrato, per caso, nei pressi del cantiere.

La sentenza di primo grado ricorda poi che, come riferito da D.D. e I.I. e confermato dalla teste C. e dalle fotografie fornite dalla committenza, i due lavoratori autonomi iniziarono le operazioni di taglio e sminuzzamento dei blocchi di granito, mediante attrezzature tecno-vibranti alimentate ad aria pneumatica, la mattina del 13/07/2015; e ciò malgrado non avessero ancora provveduto a consegnare al A.A. il POS debitamente compilato. La sentenza di primo grado osserva, inoltre, che “non può esservi dubbio alcuno” in ordine al fatto che l’imputato fosse bene a conoscenza delle modalità operative di taglio del masso roccioso e della rimozione del cantonale e, conseguentemente, delle precarie condizioni statiche dell’edificio: ciò in ragione del fatto che lo stesso venne sempre messo in copia nelle diffide inviate dalla committenza alla ditta “Nuova Cosmosystemi Srl” e che si recò in cantiere, come testimoniato dalla teste D.D., circa una decina di volte dall’inizio dei lavori e, da ultimo, il 13/07/2015.

In risposta al rilievo difensivo, reiterato nella presente sede, secondo cui il PSC avrebbe riguardato la fase 3 (e non già la fase 2) e sarebbe stato prodromico alla redazione del POS da parte delle imprese C.C. e B.B., la Corte territoriale ha osservato, tra l’altro, che il chiaro riferimento del PSC datato 08/07/2015 al “taglio della parete interna del masso” smentisce in radice tale tesi difensiva, concludendo nel senso che la fase 2 dei lavori riguardava il taglio del masso di granito. Rispetto a questa conclusione, il motivo sul lamentato travisamento delle emergenze probatorie, rappresentate nel caso di specie dal richiamato PSC, oltre a risollecitare una inammissibile, diversa, lettura del compendio probatorio, non soddisfa il principio di autosufficienza del ricorso perché non supportato dalla allegazione della documentazione di riferimento (Sez. 2, n. 26725 del 01/03/2013, Natale e altri, Rv. 256723: “È inammissibile il ricorso per cassazione che deduca il vizio di manifesta illogicità della motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contenga la loro integrale trascrizione o allegazione, così da rendere lo stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze”).

La sentenza di appello disattende motivatamente anche la deduzione difensiva in ordine all’assenza in cantiere, il giorno del sopralluogo del 13/7/2015, di tracce della ripresa dei lavori (da parte dei lavoratori C.C. e B.B.), sostenendone, con motivazione congrua e non manifestamente illogica, la non credibilità, anche in considerazione del fatto che il teste J.J., presente il giorno del sopralluogo, ha dato atto della presenza, nei pressi del cantiere, di un compressore dell’aria, di un generatore di corrente e di un miniscavatore di colore blu, che il teste ha attribuito al B.B., altresì spiegando che la presenza di detta attrezzatura nei pressi del cantiere, e non al suo interno, era imposta dalle ridotte dimensioni nel cantiere, che non consentivano lo stazionamento dei mezzi. La Corte di merito osserva al proposito che, a prescindere dall’appartenenza delle citate attrezzature all’impresa B.B. o all’impresa C.C., il dato rilevante è la presenza in cantiere o, comunque, nelle immediate vicinanze, delle anzidette attrezzature il giorno del sopralluogo, circostanza che avrebbe dovuto allarmare il A.A., quantomeno in ordine all’ingresso in cantiere di soggetti diversi da “Nuova Cosmosystemi Srl”, che aveva già lasciato il cantiere portandosi via le attrezzature.

Quanto alle affermazioni del perito Ba, di cui il ricorrente lamenta l’omessa valutazione da parte della Corte di appello, il Collegio, richiamato il su esposto principio per il quale, in caso di c.d. “doppia conforme”, le due sentenze di merito si saldano in un unico corpo motivazionale, rileva che la sentenza di primo grado ha, sul punto, affermato che, in sede di incidente probatorio, il predetto perito ha osservato che tra le concause determinanti il crollo della muratura vi era anche la mancanza di opere previsionali di messa in sicurezza dell’area interessata dai lavori, atteso che un’attenta analisi dello stato dei luoghi prima di intraprendere le operazioni di taglio e sminuzzamento dei blocchi di granito avrebbe richiesto opere di puntellamento della muratura e soprattutto di riduzione della medesima ed eseguirsi secondo precise modalità.

3.1. Tanto premesso, giova ricordare che, a mente dell’art. 92 D.Lgs. n. 81 del 2008 (in cui è trasfuso l’originario contenuto dell’art. 5 D.Lgs. n. 494 del 1996), il coordinatore per la sicurezza è titolare di una posizione di garanzia – che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica – in quanto gli spettano compiti di “alta vigilanza”, consistenti: a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano dì sicurezza e di coordinamento, nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure dì lavoro a garanzia dell’incolumità dei lavoratori; b) nella verifica dell’idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e nell’assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento; c) nell’adeguamento dei piani in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS (Sez. 4, n. 45862 del 14/09/2017, Prina, Rv. 271026; nello stesso senso, Sez. 4, n. 47834 del 26/04/2016, Prette e altro, Rv. 268255, secondo cui “il coordinatore per l’esecuzione dei lavori ex art. 92 d.gs. 81/2008, oltre ad assicurare il collegamento fra impresa appaltatrice e committente al fine di realizzare la migliore organizzazione, ha il compito di vigilare sulla corretta osservanza delle prescrizioni del piano di sicurezza da parte delle stesse e sulla scrupolosa applicazione delle procedure a garanzia dell’incolumità dei lavoratori nonché di adeguare il piano di sicurezza in relazione alla evoluzione dei lavori, con conseguente obbligo di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, le singole lavorazioni”).

La pronuncia impugnata ha correttamente delineato il compito, normativamente previsto, al cui assolvimento il ricorrente, nella duplice veste di coordinatore per la sicurezza, progettazione ed esecuzione delle opere e di direttore dei lavori risulta essere stato non ottemperante. Il riferimento ivi contenuto al “responsabile dei lavori” è errato: si tratta, tuttavia, di mera imprecisione che non vale a scalfire la tenuta della motivazione sulla responsabilità del prevenuto, individuata in rapporto ai precisi compiti allo stesso spettanti in ragione delle sue qualifiche, come indicate nel capo di imputazione. Invero, la Corte di merito ha correttamente affermato che la ritenuta consapevolezza dell’imputato, in ordine all’affidamento dell’incarico di completamento delle opere non eseguite da “Nuova Cosmosystemi Srl” alle imprese B.B. e C.C. e all’inizio dei lavori da parte delle stesse, comportava il sorgere, in capo allo stesso, in qualità di coordinatore per la sicurezza, progettazione ed esecuzione dei lavori, di un obbligo di coordinamento dei lavori delle imprese individuali B.B. e C.C. relativi al taglio del masso e, a fronte della verificata presenza in cantiere di imprese diverse da “Nuova Cosmosystemi Srl”, e di sospensione delle lavorazioni, in attesa di disporre del POS delle anzidette imprese e di completare il PSC. Osserva sul punto il primo Giudice che, pur avendo il A.A. redatto e aggiornato il PSC in funzione delle ditte che intervennero in cantiere, egli aveva consentito che i lavoratori autonomi C.C. e B.B., in assenza di POS regolari, e con l’ausilio di attrezzature tecno-vibranti, operassero all’interno di un cantiere con murature in precarie condizioni statiche; con incoscienza e superficialità, non aveva esercitato un’oculata attività dì vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere di sminuzzamento del masso, non aveva adottato le necessarie precauzioni d’ordine tecnico e, al contempo, non aveva effettuato un’adeguata attività di coordinamento, controllo e cooperazione degli anzidetti lavori autonomi.

Sostiene il Tribunale che, proprio in seguito al sopralluogo del 13/07/2015, ove l’imputato apprese dell’utilizzo, da parte dei lavoratori, dì attrezzature tecno-vibranti alimentate ad area pneumatica, l’imputato avrebbe dovuto procedere ad un nuovo adeguamento del piano di sicurezza in relazione all’evoluzione dei lavori; prima di altra cosa, tuttavia, a fronte della precaria stabilità della muratura perimetrale, “direttamente riscontrata ed immediatamente percettibile”, avrebbe dovuto sospendere le singole lavorazioni delle imprese interessate onde procedere al loro coordinamento e alla loro opportuna formazione anche in relazione alla messa in sicurezza della parete poi soggetta a crollo, le cui criticità erano state espressamente segnalate al A.A. dai dipendenti della “Nuova Cosmosystemi Srl”, al momento di congedarsi.

4. Ricorso B.B..

Quanto al primo motivo, devono richiamarsi le considerazioni già svolte al precedente paragrafo 2, conseguendone che è del tutto infondato il rilievo difensivo secondo cui la motivazione della sentenza di appello sarebbe apparente perché argomentata in maniera conforme a quella di primo grado. L’assunto difensivo secondo cui non vi sarebbe prova che il B.B. stesse operando con il martello pneumatico, soprattutto al momento del crollo del muro, trova adeguata smentita nelle sentenze di merito, ove si afferma che le dichiarazioni di I.I. e le fotografie dal medesimo scattate in data 14/07/2015 e 16/07/2015 (giorno dell’infortunio mortale) dimostrano che quella mattina, nel corso delle predette operazioni, mentre il C.C. posizionava dei cunei a terra, il B.B. stava utilizzando attrezzature tecno-vibranti alimentate ad aria pneumatica, senza tenere in adeguata considerazione l’esistenza di una muratura costituita da blocchi di pietra legati con poca malta a base di calce, non adeguatamente consolidata e, dunque, senza valutarne il possibile rischio di crollo cagionato dalle vibrazioni. E che l’imputato fosse perfettamente a conoscenza delle ridotte capacità statiche dell’anzidetta muratura è circostanza comprovata, secondo il primo Giudice, dal fatto che questi vi pose mano già nel corso della fase preliminare di allestimento dell’area di cantiere, eseguita all’inizio dell’autunno 2014, unitamente al C.C., allorquando procedette altresì alla parziale demolizione della parete a valle del fabbricato, esistente nella parte adiacente alla parete granito da tagliare. In conclusione, sul primo motivo, il Collegio osserva che la Corte territoriale ha preso in esame tutte le deduzioni difensive, pervenendo alle proprie conclusioni attraverso un itinerario logico-giuridico in alcun modo censurabile, sotto il profilo della razionalità e sulla base di apprezzamenti di fatto non manifestamente illogici e perciò insindacabili in questa sede.

Con il secondo motivo, il ricorrente afferma essere insussistente l’aggravante di cui all’art. 589, comma 2, cod. pen., assumendo che l’imputato non rivestisse alcuna posizione di garanzia nei confronti della vittima. Ora, a venire in rilievo nei confronti del B.B. non è una posizione di garanzia assimilabile a quella del datore di lavoro o dei dirigenti, ma un obbligo di garanzia più circoscritto e specifico. L’art. 3, comma 11, d. Igs. 81/2008 prevede che, nei confronti dei lavoratori autonomi di cui all’articolo 2222 cod. civ. si applichino le disposizioni di cui agli artt. 21 e 26. L’art. 21 del medesimo decreto legislativo, alla lettera a), stabilisce che “… i lavoratori autonomi devono utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al titolo III …”; nel titolo III, l’art. 71, commi 1 e 2, nell’indicare i criteri che devono presiedere alla scelta, da parte del datore di lavoro, delle apposite attrezzature, stabilisce che debba altresì tenersi conto dei “rischi presenti nell’ambiente di lavoro” (comma 2, lett. b) e di quelli “derivanti dall’impiego delle attrezzature stesse” (comma 2, lett. c). L’obbligo di garanzia facente capo all’imputato B.B. è dunque specifico, perché rapportato alle citate disposizioni. Consegue pertanto la sussistenza della contestata aggravante, con rigetto del secondo motivo.

Analoga sorte spetta al terzo motivo di ricorso. Premesso che il trattamento sanzionatorio è naturalmente rimesso alla discrezionalità del giudice di merito, salvo che la relativa quantificazione non sia frutto di arbitrio o sia assistita da motivazione manifestamente illogica, il Collegio rileva che tale evenienza non si rinviene nel caso di specie. Invero, la Corte territoriale, in risposta alla medesima censura proposta con l’atto di appello, nel richiamare il giudizio di equivalenza operato dal primo Giudice tra le circostanze attenuanti generiche e l’anzidetta aggravante, in ragione dell’elevato disvalore di quest’ultima, ha ritenuto, nell’esercizio della propria discrezionalità, che l’avvenuto risarcimento del danno da parte dell’imputato in favore degli eredi della persona offesa sia stato adeguatamente valorizzato dal primo Giudice ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non ravvisando pertanto i presupposti per far luogo ad un’ulteriore valorizzazione di tale elemento.

5. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 15 febbraio 2024.

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