Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Appalti,
Diritto processuale penale,
Rifiuti,
Sicurezza sul lavoro,
231
Numero: 12876 |
Data di udienza: 8 Febbraio 2019
RIFIUTI – Responsabilità per la gestione dei rifiuti – Stoccaggio o smaltimento a mezzo di impianto indipendente – Sostanze gassose – Omessa classificazione – Produttore o detentore di rifiuto – Individuazione – Posizione di garanzia apicale – Obblighi di legge – Soggetti coinvolti nella produzione o nella detenzione – Omessa classificazione – Protezione della salute umana – Omessa imprudente vigilanza sulle operazioni di bonifica – Art. 183 e ss. 208 e ss. D. Lgs. n.152/2006 – Fattispecie: Vittime dovuti dalla pulitura di cisterne dai rifiuti interni rimasti dopo lo scarico di zolfo liquido – ADR – Tank container – Violazione di cui agli artt. 5 e 25 septies D.L.vo 231/2011 – Norme antinfortunistiche violate e all’art.2087 cod.civ. – DVR non aggiornato – Rischi derivanti dal lavaggio di autocisterne utilizzate per il trasporto di prodotti chimici – Caso Eni di Taranto e Scarlino – APPALTI – Responsabilità dei committenti e rischio interferenziale – Obblighi di coordinamento e cooperazione – Dovere informativo su eventuali pericoli – Contratto di appalto e accordo per una mera prestazione d’opera – Posizione di garanzia propria dell’imprenditore – Infortuni sul lavoro – Responsabilità del committente per “culpa in eligendo” – Verifica dell’idoneità tecnico professionale – Fattispecie: pericolosità derivante dai rifiuti gestiti – SICUREZZA SUL LAVORO – Subappaltato dei lavori – Responsabilità dell’imprenditore che frazioni il ciclo produttivo – Norme antinfortunistiche – Casi di lesioni e di omicidi colposi – Nesso di causalità – Evento dannoso un legame causale – Giurisprudenza – Prevenzione degli infortuni sul lavoro – Individuazione del garante nelle strutture complesse – Relazioni intersoggettive – Datore di lavoro – Persona giuridica – Responsabilità del legale rappresentante dell’ente – Successione di norme e corrispondenza contenutistica – Datore di lavoro dell’impresa appaltatrice – Valutazioni di rischio – Omessa redazione del DVR – Prevenzione dei rischi generici e processo causale che ha dato origine all’infortunio – Sistema di sicurezza aziendale – Procedimento di programmazione della prevenzione globale dei rischi – Responsabilità del datore di lavoro committente – Documento di valutazione dei rischi – Obblighi di cooperazione e coordinamento – Titolari della posizione di garanzia – Responsabilità di ogni singola posizione di garanzia – Nesso di causalità e rischio interferenziale – Coinvolgimento funzionale – Violazione di norme antinfortunistiche – Aggravante speciale – Procedibilità di ufficio in caso di lesioni gravi e gravissime – Addebito di colpa specifica – Posizione di garanzia – Assenza di diligenza, prudenza e accortezza – Impresa strutturata come persona giuridica – Legale rappresentante e responsabilità penale – Destinatario delle normativa antinfortunistica – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Corte di Cassazione annullamento della sentenza impugnata – Effetti civili e penali.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 4^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 25 Marzo 2019
Numero: 12876
Data di udienza: 8 Febbraio 2019
Presidente: CIAMPI
Estensore: FERRANTI
Premassima
RIFIUTI – Responsabilità per la gestione dei rifiuti – Stoccaggio o smaltimento a mezzo di impianto indipendente – Sostanze gassose – Omessa classificazione – Produttore o detentore di rifiuto – Individuazione – Posizione di garanzia apicale – Obblighi di legge – Soggetti coinvolti nella produzione o nella detenzione – Omessa classificazione – Protezione della salute umana – Omessa imprudente vigilanza sulle operazioni di bonifica – Art. 183 e ss. 208 e ss. D. Lgs. n.152/2006 – Fattispecie: Vittime dovuti dalla pulitura di cisterne dai rifiuti interni rimasti dopo lo scarico di zolfo liquido – ADR – Tank container – Violazione di cui agli artt. 5 e 25 septies D.L.vo 231/2011 – Norme antinfortunistiche violate e all’art.2087 cod.civ. – DVR non aggiornato – Rischi derivanti dal lavaggio di autocisterne utilizzate per il trasporto di prodotti chimici – Caso Eni di Taranto e Scarlino – APPALTI – Responsabilità dei committenti e rischio interferenziale – Obblighi di coordinamento e cooperazione – Dovere informativo su eventuali pericoli – Contratto di appalto e accordo per una mera prestazione d’opera – Posizione di garanzia propria dell’imprenditore – Infortuni sul lavoro – Responsabilità del committente per “culpa in eligendo” – Verifica dell’idoneità tecnico professionale – Fattispecie: pericolosità derivante dai rifiuti gestiti – SICUREZZA SUL LAVORO – Subappaltato dei lavori – Responsabilità dell’imprenditore che frazioni il ciclo produttivo – Norme antinfortunistiche – Casi di lesioni e di omicidi colposi – Nesso di causalità – Evento dannoso un legame causale – Giurisprudenza – Prevenzione degli infortuni sul lavoro – Individuazione del garante nelle strutture complesse – Relazioni intersoggettive – Datore di lavoro – Persona giuridica – Responsabilità del legale rappresentante dell’ente – Successione di norme e corrispondenza contenutistica – Datore di lavoro dell’impresa appaltatrice – Valutazioni di rischio – Omessa redazione del DVR – Prevenzione dei rischi generici e processo causale che ha dato origine all’infortunio – Sistema di sicurezza aziendale – Procedimento di programmazione della prevenzione globale dei rischi – Responsabilità del datore di lavoro committente – Documento di valutazione dei rischi – Obblighi di cooperazione e coordinamento – Titolari della posizione di garanzia – Responsabilità di ogni singola posizione di garanzia – Nesso di causalità e rischio interferenziale – Coinvolgimento funzionale – Violazione di norme antinfortunistiche – Aggravante speciale – Procedibilità di ufficio in caso di lesioni gravi e gravissime – Addebito di colpa specifica – Posizione di garanzia – Assenza di diligenza, prudenza e accortezza – Impresa strutturata come persona giuridica – Legale rappresentante e responsabilità penale – Destinatario delle normativa antinfortunistica – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Corte di Cassazione annullamento della sentenza impugnata – Effetti civili e penali.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.4^ 25/03/2019 (Ud. 08/02/2019), Sentenza n.12876
RIFIUTI – Responsabilità per la gestione dei rifiuti – Stoccaggio o smaltimento a mezzo di impianto indipendente – Sostanze gassose – Omessa classificazione – Produttore o detentore di rifiuto – Individuazione.
Possono costituire “rifiuto” anche le sostanze gassose qualora ai fini dello smaltimento siano immesse da sole o insieme ad altra sostanza in contenitori oppure quegli effluenti gassosi che vengono stoccati o smaltiti a mezzo di impianto indipendente diverso da quello in cui sono stati prodotto nel corso dell’attività produttiva. Inoltre, deve intendersi produttore o detentore di rifiuto non solo chi svolge l’attività materiale ma colui al quale è riferibile l’attività giuridica e quindi qualsiasi intervento che determina in concreto la produzione di rifiuti e da cui deriva la posizione di garanzia dell’adempimento di determinati obblighi in materia di smaltimento.
RIFIUTI – Responsabilità per la gestione dei rifiuti – Posizione di garanzia apicale – Obblighi di legge – Soggetti coinvolti nella produzione o nella detenzione – Omessa classificazione – Protezione della salute umana – Omessa imprudente vigilanza sulle operazioni di bonifica – Art. 183 e ss. 208 e ss. D. Lgs. n.152/2006 – Fattispecie: Vittime dovuti dalla pulitura di cisterne dai rifiuti interni rimasti dopo lo scarico di zolfo liquido – ADR – Tank container – Violazione di cui agli artt. 5 e 25 septies D.L.vo n.231/2011 – Norme antinfortunistiche violate e all’art.2087 cod.civ. – DVR non aggiornato – Rischi derivanti dal lavaggio di autocisterne utilizzate per il trasporto di prodotti chimici – Caso Eni di Taranto e Scarlino.
Dalla posizione di garanzia apicale discendono gli obblighi di legge riferiti al produttore di rifiuti ex art. 183 d.lgs n.152/2006 che, alla lett. f), che definisce tale il soggetto la cui attività produce rifiuti, senza alcun riferimento, alla lettera h), che qualifica il detentore come il produttore di rifiuto o la persona giuridica o fisica che ne è in possesso. È dunque pacifico che la responsabilità per la gestione dei rifiuti in relazione alle disposizioni nazionali e comunitarie gravi su tutti i soggetti coinvolti nella produzione o nella detenzione di beni dai quali originano i rifiuti pericolosi e che la normativa di riferimento è posta a protezione della salute umana per tutti coloro, quindi anche i lavoratori, che vengono in contatto con i rifiuti nelle attività di gestione degli stessi. Nella specie, il comportamento degli imputati non ha avuto un ruolo meramente occasionale, ma si è posto come condizione necessaria ed antecedente rispetto all’evento in concreto verificatosi. È quindi, applicabile al caso la regola inserita nell’art.41 c.p., comma 1, perché gli imputati con la loro condotta colposa (mancato controllo sulla affidabilità delle persone delegate allo smaltimento dei rifiuti) hanno posto in essere una condizione della catena causale senza la quale l’evento, prevedibile e non dovuto a fattori imponderabili, non si sarebbe verificato. Pertanto, sotto il profilo della colpa generica e specifica, le omissioni di informazioni attribuibili agli altri imputati committenti dell’operazione di bonifica rappresentano concause nella produzione dell’evento e non già cause sopravvenute idonee a elidere il nesso di causalità materiale ai sensi dell’art. 41 comma 2 cod.pen.
APPALTI – Responsabilità dei committenti e rischio interferenziale – Obblighi di coordinamento e cooperazione – Dovere informativo su eventuali pericoli – SICUREZZA SUL LAVORO – Contratto di appalto e accordo per una mera prestazione d’opera – Posizione di garanzia propria dell’imprenditore – Infortuni sul lavoro – Responsabilità del committente per “culpa in eligendo” – Verifica dell’idoneità tecnico professionale – Fattispecie: pericolosità derivante dai rifiuti gestiti.
In tema di appalti, i committenti in relazione agli obblighi di coordinamento e cooperazione connessi al rischio interferenziale, dettati dall’art. 7 D. Lgs n.626/1994 (ora art. 26 D.Lgs 81/08), sono tutti senz’altro tenuti a informare gli affidatari del rischio rappresentato dalla presenza di eventuali pericoli (in specie acido solfidrico nella cisterna). Tale dovere informativo prescinde dalla contingenza e fa riferimento ai rischi strutturalmente insiti nell’operazione relativa allo svolgimento di un’attività da considerarsi pericolosa in ragione della pericolosità dei rifiuti gestiti (art. 2087 e 2050 cod.civ.). Mentre, in materia di infortuni sul lavoro, ai fini della configurabilità di una responsabilità del committente per “culpa in eligendo” nella verifica dell’idoneità tecnico professionale dell’impresa affidataria di lavori, non ritiene neppure necessario il perfezionamento di un contratto di appalto, essendo sufficiente un accordo per una mera prestazione d’opera (Sez. 3, n. 10014 del 01/03/2017). Inoltre, la culpa in eligendo, cioè la verifica dell’idoneità tecnico professionale della ditta appaltatrice, in relazione all’entità e alla tipologia della prestazione richiesta, inerisce alla posizione di garanzia propria dell’imprenditore e agli obblighi di valutazione del rischio specifico che scaturiscono dall’art.2087, 2050 cod.civ. e trova il proprio fondamento anche nell’art. 26 D.Lgs n.81/08.
APPALTI – SICUREZZA SUL LAVORO – Subappaltato dei lavori – Responsabilità dell’imprenditore che frazioni il ciclo produttivo – Norme antinfortunistiche – Casi di lesioni e di omicidi colposi – Nesso di causalità – Evento dannoso un legame causale – Giurisprudenza.
In tema di sicurezza sul lavoro, quand’anche l’imprenditore frazioni il ciclo produttivo avvalendosi di strumenti contrattuali finalizzati ad alleggerire sul piano burocratico-organizzativo la struttura aziendale, non perde la sua posizione di garante dell’incolumità fisica e della salvaguardia della personalità di tutti coloro che contribuiscono alla realizzazione del suo programma lavorativo e produttivo, (Cass. Sez. 4, n. 37588 del 12/10/2007) che in applicazione di tale principio ha ritenuto la responsabilità dell’imprenditore che aveva subappaltato i lavori in luoghi esterni all’impresa). Inoltre, è da rilevare che le norme antinfortunistiche non sono dettate soltanto per la tutela dei lavoratori, ossia per eliminare il rischio che i lavoratori possano subire danni nell’esercizio della loro attività, ma sono dettate anche a tutela dei terzi, cioè di tutti coloro che, per una qualsiasi legittima ragione, accedono in luoghi di lavoro che, non muniti dei presidi antinfortunistici voluti dalla legge, possono essere causa di eventi dannosi (Cass., Sezione 4, 6/11/2009, Morelli). Le disposizioni prevenzionali sono quindi da considerare emanate nell’interesse di tutti, finanche degli estranei al rapporto di lavoro, occasionalmente presenti nel medesimo ambiente lavorativo, a prescindere, quindi, da un rapporto di dipendenza diretta con il titolare dell’impresa. Con la conseguenza che, in caso di lesioni e di omicidio colposi, perché possa ravvisarsi l’ipotesi del fatto commesso con violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, è necessario e sufficiente che sussista tra siffatta violazione e l’evento dannoso un legame causale, il quale ricorre tutte le volte che il fatto sia ricollegabile alla inosservanza delle norme stesse secondo i principi dettati dagli artt. 40 e 41 cod.pen.. In tale evenienza deve ravvisarsi l’aggravante di cui all’art. 589 c.p., comma 2, e art. 590 c.p., comma 3, nonché il requisito della perseguibilità d’ufficio delle lesioni gravi e gravissime, ex art.590 c.p., u.c., anche nel caso di soggetto passivo estraneo all’attività ed all’ambiente di lavoro, purché la presenza di tale soggetto nel luogo e nel momento dell’infortunio non abbia tali caratteri di anormalità, atipicità ed eccezionalità da far ritenere interrotto il nesso eziologico tra l’evento e la condotta inosservante e purché, ovviamente, la norma violata miri a prevenire incidenti come quello in effetti verificatosi.
SICUREZZA SUL LAVORO – Prevenzione degli infortuni sul lavoro – Individuazione del garante nelle strutture complesse – Relazioni intersoggettive – Datore di lavoro – Persona giuridica – Responsabilità del legale rappresentante dell’ente.
In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai fini dell’individuazione del garante nelle strutture complesse occorre far riferimento al soggetto deputato alla gestione del rischio essendo comunque riconosciuto come riconducibile alla sfera del preposto, il rischio occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa, a quella del dirigente, il sinistro riconducibile al dettaglio dell’organizzazione dell’attività lavorativa, al datore di lavoro l’incidente derivante da scelte gestionali di fondo (Sez. 4 n. 22606 del 4.04.2017). Pertanto, se il datore di lavoro è una persona giuridica, destinatario delle norme è il legale rappresentante dell’ente imprenditore, quale persona fisica attraverso la quale il soggetto collettivo agisce nel campo delle relazioni intersoggettive, cos? che la sua responsabilità penale, in assenza di valida delega, è indipendente dallo svolgimento o meno di mansioni tecniche, attesa la sua qualità di preposto alla gestione societaria, (Sez. 3, n. 28358 del 08/08/2006; Nell’occasione la Corte ha ulteriormente affermato che il legale rappresentante non pu? esimersi da responsabilità adducendo una propria incapacità tecnica, in quanto tale condizione lo obbliga al conferimento a terzi dei compiti in materia antinfortunistica).
SICUREZZA SUL LAVORO – Successione di norme e corrispondenza contenutistica – Datore di lavoro dell’impresa appaltatrice – Valutazioni di rischio – Omessa redazione del DVR – Prevenzione dei rischi generici e processo causale che ha dato origine all’infortunio.
In materia di sicurezza sul lavoro, le valutazioni di rischio contenuti nel Dlgs n.626/1994 (artt. 4 e 7), hanno una corrispondenza contenutistica con le disposizioni succedutesi con il D.Lgs n. 81/2008 (Sez. 4 42018 del 12.10.2011). Pertanto, fermo restando l’obbligo della valutazione dei rischi di cui all’art. 4 d. Lgs n. 626/1994 e fermi restando gli obblighi di cooperazione e di coordinamento previsti dall’art. 7 d.lgs 626/1994, confermati dalla nuova disciplina – art. 26 comma 1 D.Lgs n.81/2008 – il datore di lavoro dell’impresa appaltatrice non può più essere ritenuto responsabile – in applicazione dell’art. 2 quarto comma cod.pen – dell’omessa redazione del documento di valutazione dei rischi di cui all’art. 7 comma 1 d. Lgs 626/1994, gravando tale obbligo sul datore di lavoro committente, e cioè su colui che ha la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo (Sez. 4 n.14167 del 12.03.2015 Marzano). Grava specularmente sugli stessi datori di lavoro, ai quali sono stati appaltati segmenti dell’opera complessa, l’obbligo di collaborare all’attuazione del sistema prevenzionistico globalmente inteso, sia mediante la programmazione del rischio specifico della singola attività in ordine alla quale la posizione di garanzia rimane a carico del singolo datore di lavoro, sia mediante la cooperazione nella prevenzione dei rischi generici derivanti dall’interferenza tra le diverse attività rispetto a cui la posizione di garanzia si estende a tutti i datori di lavoro ai quali siano riferibili le plurime attività coinvolte nel processo causale che ha dato origine all’infortunio (Sez. 4 n. 30557 del 7.06.2016).
SICUREZZA SUL LAVORO – Sistema di sicurezza aziendale – Procedimento di programmazione della prevenzione globale dei rischi – Responsabilità del datore di lavoro committente – Documento di valutazione dei rischi – Obblighi di cooperazione e coordinamento.
Il sistema di sicurezza aziendale, si configura come procedimento di programmazione della prevenzione globale dei rischi e tale logica riguarda anche la gestione dei rischi in caso di affidamento dei lavori a singole imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi all’interno dell’azienda o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell’ambito del ciclo produttivo dell’azienda medesima. Grava, pertanto, sul datore di lavoro committente, l’obbligo di predisporre il documento di valutazione dei rischi derivanti dalle possibili interferenze tra le diverse attività che si svolgono in successione o contestualmente all’interno di un’area. Pertanto, gli obblighi di cooperazione e coordinamento gravanti, dall’esigenza antinfortunistica, sui datori di lavoro rappresentano la “cifra” della loro posizione di garanzia e sono rilevanti anche per delimitare l’ambito della loro responsabilità.
SICUREZZA SUL LAVORO – Sistema di sicurezza aziendale con più i titolari della posizione di garanzia – Responsabilità di ogni singola posizione di garanzia – Nesso di causalità e rischio interferenziale – Coinvolgimento funzionale – Fattispecie: bonifica della cisterna recante rifiuti pericolosi.
Nel sistema di sicurezza aziendale, se sono più i titolari della posizione di garanzia come nel caso di specie, ciascun garante risulta per intero destinatario dell’obbligo di impedire l’evento fino a che non si esaurisca il rapporto che ha originato la singola posizione di garanzia. Sicché, quando l’obbligo di impedire un evento ricade su più persone che debbano intervenire o intervengano in momenti diversi, il nesso di causalità tra la condotta omissiva o commissiva del titolare di una posizione di garanzia non viene meno per effetto del successivo mancato intervento da parte di altro soggetto, parimenti destinatario dell’obbligo di impedire l’evento, configurandosi un concorso di cause ex art. 41 comma primo cod. pen (Sez. 4 n. 244455 del 22.04.2015; sez. 4 n. 37992 del 11.07.2012; sez. 4 n.1194 del 15.11.2013). Inoltre, si è precisato che, ai fini della attività di valutazione di coordinamento e cooperazione connessa al rischio interferenziale, secondo quanto previsto dall’art. 7 D. Lgs 626/1994 ( ora art. 26 D.Igs 81/08 ), occorre avere riguardo non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro – contratto di appalto, d’opera o di somministrazione -, ma all’effetto che da tale rapporto origina, vale a dire alla concreta interferenza e coesistenza – nella specie, la bonifica della cisterna recante rifiuti pericolosi – di più organizzazioni, che genera la posizione di garanzia dei datori di lavoro ai quali fanno capo le distinte organizzazioni (sez. 4 n. 44792 del 17.06.2015). Tale coinvolgimento, funzionale nella procedura di lavoro di diversi plessi organizzativi, non esclude poi la necessità di adottare le misure previste per i diversi rischi specifici, a meno che non risultino inefficaci o dannose ai fini della sicurezza dell’ambiente di lavoro (Sez. 4 n.18200 del 7.01.2016).
SICUREZZA SUL LAVORO – Violazione di norme antinfortunistiche – Aggravante speciale – Procedibilità di ufficio in caso di lesioni gravi e gravissime – Addebito di colpa specifica – Posizione di garanzia – Assenza di diligenza, prudenza e accortezza.
In materia di reati colposi derivanti da infortunio sul lavoro, per la configurabilità dell’aggravante speciale della violazione delle norme antinfortunistiche (rilevante per la procedibilità di ufficio in caso di lesioni gravi e gravissime e per il raddoppio della prescrizione ai sensi dell’art. 157 cod. pen) non occorre che sia integrata la violazione di norme specifiche dettate per prevenire infortuni sul lavoro, giacché per l’addebito di colpa specifica, è sufficiente che l’evento dannoso si sia verificato a causa della violazione del citato art. 2087, che fa carico all’imprenditore di adottare nell’esercizio dell’impresa tutte le misure che secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori. Infatti, il datore di lavoro e gli altri soggetti investiti della posizione di garanzia devono in proposito ispirare la loro condotta alle acquisizioni della migliore scienza ed esperienza, per fare in modo che il lavoratore sia posto nelle condizioni di operare con assoluta sicurezza. In sintesi, sussiste una posizione di garanzia a condizione che: un bene giuridico necessiti di protezione, poiché il titolare da solo non è in grado di proteggerlo; una fonte giuridica – anche negoziale – abbia la finalità di tutelarlo; tale obbligo gravi su una o più persone specificamente individuate sulla base di un’investitura formale o l’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante; queste ultime siano dotate di poteri atti ad impedire la lesione del bene garantito, ovvero siano ad esse riservati mezzi idonei a sollecitare gli interventi necessari ad evitare che l’evento dannoso sia cagionato (Sez. 4, n. 9855 del 27/01/2015, Chiappa; Sez 4,n.2536 de123/10/2015; Sez.4, n.38991 del 10/06/2010, Quaglierini). In questa prospettiva, merita di essere ricordato che l’obbligo posto a carico dei titolari delle posizione di garanzia individuate, da ultimo, nel D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 2, comma 1, lett. b), d) ed e), di attivarsi positivamente per organizzare le attività lavorative in modo sicuro è di tale spessore che non potrebbe neppure escludersi una responsabilità colposa dei medesimi allorquando non abbiano assicurato tali condizioni, in quanto, al di là dell’obbligo di rispettare le prescrizioni specificamente volte a prevenire situazioni di pericolo o di danno, sussiste pur sempre quello di agire in ogni caso con la diligenza, la prudenza e l’accortezza necessarie ad evitare che dalla propria attività derivi un nocumento a terzi, in quanto l’obbligo di garantire la sicurezza sul luogo di lavoro si estende anche nei confronti di terzi non dipendenti dall’impresa.
SICUREZZA SUL LAVORO – Impresa strutturata come persona giuridica – Legale rappresentante e responsabilità penale – Destinatario delle normativa antinfortunistica.
In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, destinatario delle normativa antinfortunistica in una impresa strutturata come persona giuridica è il suo legale rappresentante, persona fisica attraverso cui l’ente ha agito e agisce nel campo delle relazioni intersoggettive; ne consegue che la responsabilità penale del predetto, ad eccezione delle ipotesi di valida delega, deriva proprio dalla sua qualità di preposto alla gestione societaria ed è indipendente dallo svolgimento, o meno, di mansioni tecniche.
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Corte di Cassazione annullamento della sentenza impugnata – Effetti civili e penali.
In tema di annullamento da parte della Corte di Cassazione della sentenza impugnata ai soli effetti civili il rinvio al giudice civile di cui alla seconda parte dell’art. 622 cod.proc.pen è limitato alle ipotesi in cui la sentenza di proscioglimento dell’imputato venga caducata esclusivamente in accoglimento del ricorso di parte civile, mancando e venendo in toto respinti altri ricorsi rilevanti agli effetti penali (mentre nel caso di specie è accolto il ricorso agli effetti penali del Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Bari), il che è in linea con la ratio della norma, cioè quella di evitare ulteriori interventi del giudice penale ove non vi sia più nulla da accertare agli effetti penali.
(riforma sentenza del 19/07/2017 – CORTE APPELLO di BARI) Pres. CIAMPI, Rel. FERRANTI, Ric. P.M. nel proc. Campanile ed altri
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.4^ 25/03/2019 (Ud. 08/02/2019), Sentenza n.12876
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.4^ 25/03/2019 (Ud. 08/02/2019), Sentenza n.12876
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI BARI;
dalla parte civile CASTRIOTTA MAURO nato a MOLFETTA;
dalla parte civile SCIANCALEPORE MARIA nato a MOLFETTA;
dalla parte civile SCIANCALEPORE GRAZIA nato a MOLFETTA;
dalla parte civile SCIANCALEPORE MAURO nato a MOLFETTA;
dalla parte civile PETRUZZELLA BRIGIDA nato a MOLFETTA;
dalla parte civile SCIANCALEPORE FELICE
dalla parte civile COMUNE DI MOLFETTA
nel procedimento a carico di:
CAMPANILE PASQUALE nato a BARI;
TRUCK CENTER S.A.S;
nel procedimento a carico di questi ultimi
BUONAPANE ALESSANDRO nato a SALERNO;
CASTALDO MARIO nato a NOLA;
FS LOGISTICA – B.U. CARGO CHEMICAL S.P.A.;
LA CINQUE BIOTRANZ DI CAMPANILE GIUSEPPE & C. SNC;
BALESTRI GIULIANO nato a GAVORRANO;
LOLINI OTTORINO nato a PIOMBINO;
MANSI LUIGI nato a AMALFI;
NUOVA SOLMINE S.P.A.;
PANICHI MAURO nato a MASSA MARITTIMA;
PAZZAGLI GABRIELE nato a LIVORNO;
inoltre:
PARTE CIVILE;
avverso la sentenza del 19/07/2017 della CORTE APPELLO di BARI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere DONATELLA FERRANTI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FRANCA ZACCO che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio con restituzione atti alla Corte di Appello di Bari.
Rigetto per CAMPANILE GIUSEPPE e per TRUCK CENTER. Deposita relazione scritta delle conclusioni.
E’ presente l’avvocato NASCA PASQUALE del foro di TRANI in difesa di:
SCIANCALEPORE MARIA
SCIANCALEPORE GRAZIA
SCIANCALEPORE MAURO
PETRUZZELLA BRIGIDA
SCIANCALEPORE FELICE
il quale chiede l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza gravata e deposita conclusioni.
E’ presente l’avvocato LOGRIECO FRANCESCO del foro di TRANI in difesa di:
COMUNE DI MOLFETTA anche come sostituto processuale con delega depositata in aula dell’avv MANIGLIO GIUSEPPE difensore di CASTRIOTTA MAURO PARTE CIVILE il quale si associa al PG deposita conclusioni anche per l’avv MANIGLIO e nota spese e sentenza Corte Appello di Bari.
E’ presente l’avvocato LOSAPPIO GIUSEPPE del foro di TRANI in difesa di:
PARTE CIVILE il quale chiede l’accoglimento del ricorso del PG e il rigetto del ricorso degli imputati. Deposita conclusioni.
E’ presente l’avvocato BELSITO MARCELLO del foro di TRANI in difesa di:
CAMPANILE PASQUALE
TRUCK CENTER S.A.S il quale si riporta ai motivi di ricorso.
E’ presente l’avvocato VOZZA VINCENZO del foro di TARANTO in difesa di:
BUONAPANE ALESSANDRO CASTALDO MARIO FS LOGISTICA – B.U. CARGO CHEMICAL S.P.A.
TRUCK CENTER S.A.S il quale chiede il rigetto del ricorso del PG e conferma della sentenza.
E’ presente l’avvocato MITTONE ALBERTO del foro di TORINO in difesa di:
CASTALDO MARIO e FS LOGISTICA il quale chiede il rigetto dei ricorsi delle PC e del PG.
E’ presente l’avvocato LAFORGIA MICHELE del foro di BARI in difesa di:
BALESTRI GIULIANO
PANICHI MAURO
PAZZAGLI GABRIELE il quale chiede il rigetto del ricorso del PG
E’ presente l’avvocato MARENGHI FRANCESCO del foro di PISA in difesa di:
LOLINI OTTORINO
MANSI LUIGI il quale chiede il rigetto del ricorso del PG.
E presente l’avvocato PADOVANI TULLIO del foro di PISA in difesa di:
NUOVA SOLMINE S.P.A. il quale chiede il rigetto del ricorso del PG
E’ presente l’avv DE FEO FABIO FORO BARI con delega depositata in aula come sostituto processuale dell’avvocato SISTO FRANCESCO PAOLO del foro di BARI in difesa di:
LA CINQUE BIOTRANZ DI CAMPANILE GIUSEPPE & C. SNC
FS LOGISTICA – B.U. CARGO CHEMICAL S.P.A. il quale chiede il rigetto del ricorso del PG
E’ presente l’avv BUZZELLI DARIO FORO ROMA difensore di LOLINI OTTORINO e MANSI LUIGI si associa all’avv MARENGHI.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Bari, con la sentenza in data 19.07.2017, riuniti i procedimenti definiti in primo grado, con le sentenze del Tribunale di Trani Sez. Molfetta in data 26.10.2009 e del Tribunale di Trani in data 11.07.2014, in parziale riforma, assolveva Castaldo Mario dai reati ascritti per non aver commesso il fatto; dichiarava non doversi procedere per intervenuta prescrizione, esclusa l’aggravante di cui al comma 2 art. 589 cod. pen. nei confronti di Buonopane Alessandro e Campanile Pasquale; assolveva Balestri Giuliano, Lolini Ottorino, Mansi Luigi, Panichi Mauro e Pazzagli Gabriele, per non aver commesso il fatto.
Riduceva la sanzione amministrativa a carico di Truck Center s.a.s (legalmente rappresentata fino al 3.03.2008, data del suo decesso, da Altomare Vincenzo e dal 2.09.2008 da Altamura Susanna) per l’illecito amministrativo di cui agli artt. 5 comma 1 lett. a) e b), 25-septies D.L.vo 8.06.2001 n.231 e la determinava nella misura di 300.000,00 euro. Conseguentemente assolveva FS Logistica B.0 Cargo Cheminal, La Cinque Biotrans di Campanile Giuseppe & C e la Nuova Solmine s.p.a per non aver commesso il fatto. Assolveva Poccetti Loris dal reato di cui all’art. 372 cod.pen. perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione.
2. Agli imputati, ad eccezione del Poccetti, veniva contestato, nelle qualità per ciascuno indicate, quanto segue:
– Castaldo Mario e Buonopane Alessandro, rispettivamente il primo di rappresentante legale e il secondo di responsabile dell’unità organizzativa che, nell’ambito della FS Logistica BU Cargo Chemical s.p.a, curava l’esecuzione del contratto stipulato con la Nuova Solmine, avente ad oggetto il trasporto Taranto-Scarlino di zolfo liquido e successivamente anche il trasporto di acido solforico;
– Campanile Pasquale, di legale rappresentante della Cinque Biotrans di Campanile G. & C, s.n.c, che per la Fs Logistica- Cargo, curava il trasporto su strada;
– Balestri Giuliano, Lolini Ottorino, Mansi Luigi, Panichi Mauro e Pazzagli Gabriele, che per nella Nuova Solmine s.p.a., rivestivano la qualità di Direttore tecnico e consigliere di amministrazione con delega alla funzione tecnica il primo, di amministratore delegato il secondo, di presidente del CDA il terzo, di responsabile del servizio di prevenzione protezione il quarto, di responsabile delle attività tecnico produttive dello stabilimento il quinto;
– tutti chiamati a rispondere, anche per la condotta concausale di Altomare Vincenzo, legale rappresentante e responsabile della prevenzione e protezione dal 9.5.2007 della Truck Center s.a.s, deceduto nell’infortunio del 3.03.2008, dei reati di cui agli artt. 589 commi 1,2,3 e 590 commi 1,2- (in relazione all’art. 583 comma 1 n.1)- 3 e 5 cod.pen., perché con condotte attive e omissive colpose, generiche e specifiche, connesse alla inosservanza delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, e in particolare di quelle riguardanti le informazioni specifiche concernenti il trasporto e la gestione di preparati pericolosi e lo smaltimento di rifiuti chimici (residui di zolfo e di acido solfidrico derivanti dalla desolforizzazione del petrolio contenuti nel tank container SGU 900527/5 da bonificare), condotte indipendenti e/o in cooperazione tra loro, connesse alle posizioni di garanzia assunte nell’ambito delle società di riferimento, avevano causato la morte dello stesso Altomare e degli operai della Truck Center s.a.s, Mangano Gugliemo, Tasca Michele, Farinola Luigi e oltre che di Sciancalepore Biagio (cliente della Truck), per intossicazione acuta da acido solfidrico e cagionato lesioni personali gravi a Ventrella Cosimo, anche lui dipendente della Truck, in particolare “stato tossico da inalazione di acido solfidrico con conseguente lieve sindrome depressivo-ansiosa e disturbo post-traumatico da stress”, con malattia e incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni, protrattasi per oltre quaranta giorni dal 3.03.2008. Fatti avvenuti in Molfetta il 3/4marzo 2008.
2.1. Si contestavano in particolare alla Truck Center e per essa al legale rappresentante, Altomare Vincenzo, deceduto proprio a seguito dell’infortunio del 3.03.2008, i seguenti comportamenti colposi: l’avere omesso accorgimenti organizzativi, tecnici, strutturali e di vigilanza, informativi e di addestramento specifico, anche mediante la richiesta al committente delle schede di sicurezza redatte dall’originario produttore ENI, relative allo zolfo fuso, classificato merce pericolosa (ADR 2007 punto5.4.3), che era stato trasportato nelle cisterne da bonificare e al connesso rischio di esposizione dei lavoratori alle esalazioni di acido solfidrico; nonchè idonei mezzi di protezione individuale per i dipendenti, addetti alla bonifica delle cisterne (autorespiratori, cinture di sicurezza con meccanismi di richiamo per consentire l’immediata risalita dell’operaio in caso di emergenza o salvataggio dall’esterno), pure imposti dalla normativa prevenzionale specifica e necessari a evitare o comunque prevenire il rischio relativo all’attività di bonifica di cisterne già adibite al trasporto di zolfo liquido fuso e in particolare all’esposizione delle esalazioni dell’agente chimico acido solfidrico, che si liberara dallo zolfo al momento del suo immagazzinamento allo stato fuso e che permane all’interno delle cisterne da bonificare proprio in relazione alla presenza di residui di zolfo.
2.2 I profili di colpa contestati a Castaldo, a Buonopane e a Campanile nelle rispettive qualità sopra descritte consistevano:- nel non aver fornito ciascuno, per quanto di competenza, alla Truck Center sas, quali committenti, la scheda dati di sicurezza redatta dal produttore Eni relativa all’agente chimico che era contenuto a seguito della fornitura di zolfo liquido del 19.12.2007 (26.060 KG di zolfo allo stato fuso), trasportato nel tank container SGCU 900527/5, da Fs logistica alla Nuova Solmine, presso lo stabilimento di Scarlino, container che poi, vuoto, senza essere ripulito, (Rid NO), era stato riportato al deposito dello scalo di Ferruccio di Bari, dove era rimasto fino al 3.03.2008 (fol 54 sentenza di primo grado), quando era stato trasportato presso la Truck Center, da un autista di La Cinque Biotrans;- nell’aver omesso di comunicare tutte le informazioni per
la completa valutazione del rischio conseguente al lavaggio e alla bonifica del tank container e alle situazioni di pericolo che si sviluppano durante le manipolazioni o lo stoccaggio a caldo di zolfo fuso per la presenza di idrogeno solforato che può accumularsi nel serbatoio; -nonché per aver, in violazione le regole di prudenza e diligenza, culpa in eligendo, appaltato la Fs logistica alla Cinque Biotrans, non munita dei titoli prescritti di legge né della necessaria capacità tecnica e professionale, l’incarico di procedere al lavaggio del tank container SGCU 900527/5, con contestuale bonifica dei residui di zolfo, al fine della successiva riutilizzazione per il trasporto di acido solforico, in esecuzione della modifica del contratto di trasporto concordato con la Nuova Solmine; operazione di bonifica che a sua volta La Cinque Biotrans aveva subappaltato alla Truck Center, formalmente autorizzata solo per lo svolgimento di attività di autorimessa e lavaggio (comunicata al comune di Molfetta il 9.07.2007 ), ma che di fatto esercitava anche la più pericolosa attività di bonifica di cisterne, recanti residui chimici, senza la prescritta capacità tecnico-professionale e organizzativa, idonea a garantire la incolumità dei lavoratori e dei terzi.
2.3. I profili di colpa riguardanti Balestri Giuliano, Lolini Ottorino, Mansi Luigi, Panichi Mauro e Pazzagli Gabriele, nelle rispettive qualità sopra descritte, consistevano nel fatto che, benché consapevoli della commistione di zolfo fuso e di acido solfidrico, liberato nelle cisterne addette al trasporto di zolfo liquido, tanto che nello scarico adottavano appositi protocolli operativi di sicurezza; nonché a conoscenza anche dell’abnorme presenza di acido solfidrico negli ultimi carichi di zolfo liquido, (oggetto di plurime contestazioni nei confronti del produttore Eni per l’anno 2007) avevano omesso di attivarsi, (anche ai sensi dell’art. 40 cpv e 2050 cod.civ.), rispetto agli obblighi di informazione e etichettatura affinché i contenitori che avevano trasportato a Scarlino zolfo liquido e, quindi anche la cisterna N SGCU 900527/5, dopo lo scarico, fosse bonificata in conformità del D.L.vo 3.04.2006 n.152 o, comunque fosse dotata delle segnalazioni RID, corrispondente al pericolo di tossicità per inalazione e il container, ” vuoto e non ripulito”, fosse rispedito quindi, con i relativi documenti recanti le istruzioni necessarie per la gestione della pericolosità del rifiuto, in vista delle operazioni di bonifica e l’autolavaggio, che la Nuova Solmine aveva commissionato a FS logistica e che quest’ultima aveva affidato a La Cinque Biotrans, che a sua volta aveva subappaltato alla Truck Center di Altomare.
3. Le sentenze di primo grado avevano affermato, sulla base delle contestazioni sopra illustrate, la responsabilità penale degli imputati e condannato Castaldo, Buonopane e Campanile alla pena di quattro anni di reclusione ciascuno; gli imputati Balestri, Mansi, Lolini, Panichi e Pazzagli alla pena di anni due e mesi nove di reclusione; tutti gli imputati erano stati condannati e al risarcimento dei danni nei confronti delle costituite parti civili oltre al pagamento di provvisionali; le società Fs Logistica, La Cinque Biotrans, la Truck Center, la Nuova Solmine erano state ritenute responsabili dell’illecito amministrativo contestato e condannate alla sanzione amministrativa pecuniaria rispettivamente di euro 1.400.000,00, di euro 400.000.00, di euro 400.000,00, di euro 420.000,00.
3.1. La sentenza della Corte di Appello, come indicato in premessa, ha riformato parzialmente le decisioni di primo grado e in sintesi ha ritenuto quanto segue:
– quanto a Buonopane e Campanile e alle società di riferimento (FS Logistica e La Cinque Biotrans) che non fosse individuabile, neppure a titolo di cooperazione colposa, una posizione di garanzia per la sicurezza dei lavoratori operanti nell’ambiente di lavoro gestito in via autonoma dall’impresa di lavaggio, Truck Center di Altomare Vincenzo, datore di lavoro, unico gestore del rischio in ambiente esterno ai sensi dell’art. 7 D.L.vo 626/1994 e conseguentemente, dopo aver individuato profili di sola colpa generica, a carico degli imputati Buonopane e Campanile, sia sotto l’aspetto dell’omessa informazione dei rischi inerenti la ripulitura delle cisterne con residui di zolfo liquido che della colpa in eligendo, ha escluso l’ aggravante di cui all’art. 589 comma 2 cod.pen e ha dichiarato prescritti i reati di omicidio colposo plurimo e lesioni aggravate nei confronti di
Buonopane e Campanile e ha assolto Fs Logistica e La Cinque Biotrans dai rispettivi illeciti amministrativi contestati per non aver commesso il fatto;
– quanto alla posizione di Castaldo ha ritenuto la sua completa estraneità ai fatti perché, dopo aver partecipato alla novazione dell’accordo con La Nuova Solmine, in qualità di legale rappresentante di Fs logistica, non ha più seguito gli aspetti attuativi, non essendo provato tra l’altro che fosse a conoscenza dei rischi attinenti al trasporto di zolfo liquido contenuto nelle cisterne da bonificare, in quanto non ricopriva un ruolo tecnico ma solo commerciale e strategico relativo allo sviluppo di mercato dell’azienda e non avere compiti di vigilanza e ingerenza nell’attività svolta dal Buonopane, che era titolare dell’unità chimica, cioè di un’autonoma articolazione organizzativa con capacità di spesa;
– quanto alle posizioni degli imputati referenti della Nuova Solmine, ha escluso la sussistenza di responsabilità penale e quella conseguente da illecito amministrativo della società, non individuando alcuna posizione di garanzia a loro carico, sia sotto il profilo della qualifica di produttore o detentore di rifiuti ai sensi dell’art. 183 e ss. D.Lgs. n. 152/2006, con riferimento al gas acido solfidrico che scaturisce dallo zolfo liquido, sia perché la bonifica delle cisterne, da riutilizzare per il trasporto di acido solforico, in base al nuovo accordo commerciale concluso con Fs logistica, non rientrava e non era comunque riferibile all’attività della Nuova Solmine, in quanto oggetto degli adempimenti esecutivi facenti capo esclusivamente a Fs logistica, che aveva assunto la responsabilità complessiva del trasporto e quindi anche la titolarità della gestione del rischio.
4.1. Ricorsi
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati Pasquale Campanile, a mezzo del difensore Francesco Paolo Sisto; la Truck Center s.r.I., a mezzo del difensore Marcello Belsito.
4.1. La difesa di Pasquale Campanile
Con l’unico motivo lamenta violazione di legge stante la ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 129 comma 2 cod.proc.pen e omessa motivazione in relazione a prove orali decisive e articola le seguenti argomentazioni:
– deduce che l’addebito di colpa generica relativa all’aver modificato due delle cisterne che dovevano essere convertite (fol 93 sentenza impugnata) è errato e inesistente in quanto è pacifico che l’accordo, intercorso con FS logistica (Buonopane) e un dipendente della Cinque Biotrans di cui il Campanile era legale rappresentante, riguardava solo la bonifica delle cisterne;
– rileva che la Corte di Appello pur avendo escluso il profilo di colpa specifica e quindi la sussistenza di una posizione di garanzia ex art.2050 cod.civ. ha ravvisato erroneamente un profilo di colpa generica in quanto il Campanile, accettando l’incarico quale mandatario di fatto della FS logistica, di reperire un soggetto per la bonifica delle cisterne, pur non rientrando nell’attività propria di autotrasportatore, avrebbe dovuto informarsi in ordine alla tipologia di attività richiesta e scegliere un soggetto più qualificato; sottolinea il ricorrente che il Campanile non aveva alcun obbligo specifico in quanto non fu informato dal Buonopane che quelle cisterne presentavano un rischio specifico per aver trasportato zolfo liquido con la possibile esistenza del residuo tipico, H2S, cioè acido solfidrico. La Truck center era peraltro un operatore autorizzato per il lavaggio industria insalubre di prima classe lettera C attività 5, ai sensi del DM 5.09.1994; Campanile fece un sopralluogo verificando l’idoneità dell’impianto con testine rotanti e quindi senza necessità di intervento umano; fece in modo che il titolare della Truck, Altomare, si recasse a visionare i container da bonificare presso il deposito Cemat di Bari, mettendo in essere quindi tutta la diligenza necessaria in relazione al compito affidatogli.
– la responsabilità del Campanile è esclusa in radice dalla efficienza causale autonoma e indipendente derivante dall’anomalia della concentrazione, in percentuali letali dell’acido solfidrico, verificatosi nella cisterna in questione, SGCU00527-5. Risulta provato in atti che, da tempo dal febbraio 2007, lo zolfo liquido prodotto dalla raffineria Eni di Taranto destinato a Nuova Solmine aveva valori anomali di idrogeno solforato; il tank container “incriminato” era stato utilizzato l’ultima volta per il trasporto di zolfo liquido nel dicembre 2007 rimanendo poi chiuso nello scalo di Ferruccio di Bari; nessuno dei soggetti che erano a conoscenza si era preoccupato di segnalare al Campanile l’anomalia dei picchi alti di H2S, la cui inalazione ha certamente causato la morte dei dipendenti e del titolare della impresa di autolavaggio; è evidente che una concentrazione
abnorme del gas non nota nè conoscibile dal Campanile ha causato l’evento del 3.03.2008 che altrimenti non si sarebbe verificato, “considerato che l’inalazione del gas a concentrazioni normali sarebbe stata letale solo in pure ipotesi sperimentali e non accertabili nella fattispecie” fol 18 ricorso; tanto più che i primi sei container da riutilizzare erano stati bonificati senza nessun problema e le bonifiche erano state regolarmente certificate.
4.2. La difesa di Truck Center ha articolato i seguenti motivi:
I) Violazione di legge e illogicità e contraddittorietà della motivazione con riferimento alla insussistenza del profilo di colpa contestato nell’imputazione e del nesso causale tra la condotta di Altomare e gli eventi del 103.2008.
Deduce che la sentenza impugnata ha omesso di motivare l’incidenza causale dell’accertata errata classificazione dello zolfo liquido in uscita dalla raffineria Eni di Taranto che doveva essere classificato non come fuso e quindi solo infiammabile ma come miscela di zolfo fuso con vapori di acido solfidrico, con conseguente obbligo di segnalazioni sulla cisterna di indicazioni riferite al fatto che si trattava di un gas tossico letale.
Sottolinea che nella lettera di vettura della cisterna redatta da La Cinque Biotrans vi era solo il riferimento alla dicitura ex cisterna zolfo, senza alcuna specifica circa la presenza di acido solfidrico contravvenendo alla specifica normativa ADR in materia di sicurezza dei trasporti; che anzi i container vuoti erano accompagnati da una dichiarazione di non pericolosità ( No RID).
Deduce inoltre che le società Eni, Nuova Solmine e La Cinque avrebbero dovuto evidenziare ad Altonnare che si trattava di residui con tossicità letale e quindi consegnare la scheda di sicurezza Eni, recante le informazioni prescritte (come poi è avvenuto dopo i fatti allorché nella scheda c.d. 16 punti elaborata il 9.02.2009 si fa riferimento al fatto che l’acido solfidrico è altamente tossico per inalazione e a concentrazioni elevate può condurre a morte oltre che a perdita immediata di conoscenza). Deduce pertanto che è carente ogni profilo di colpa a carico dell’Altomare e la inesigibilità di un suo diverso comportamento stante l’assoluta carenza di informazioni circa l’alto grado di rischio e tossicità dei residui contenuti nella cisterna.
II) Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge oltre che il vizio di motivazione con riferimento alla prevedibilità concreta dell’evento letale.
Il venir meno degli obblighi informativi a carico di Buonopane e di Campanile circa le anomalie riscontrate nello zolfo fuso prodotto a Taranto e quindi i rischi connessi con le operazioni di bonifica fa venire meno l’asserita imperizia e prevedibilità dell’evento che la Corte territoriale con un iter argomentativo del tutto illogico ha addebitato ad Altomare, ignaro dei pericoli reali sottostanti l’incarico.
Altomare non era stato informato dai committenti della specifica attività da svolgere: bonifica e non semplice lavaggio delle cisterne in cui oltre ai residui di zolfo era presente acido solfidrico, i cui effetti per inalazione possono essere letali.
III) Con il terzo motivo lamenta violazione di legge e contraddittorietà e illogicità della motivazione con riferimento al profilo della colpa da imperizia in capo all’Altomare, nonostante la posizione di garanzia di gestione del rischio derivante dallo smaltimento di rifiuti tossici facesse capo alla Fs logistica, responsabile da contratto della gestione organizzativa complessiva del trasporto, che invece ha omesso, nella specie, i più elementari obblighi informativi previsti dalla normativa in vigore e connessi con la classificazione dei rifiuti da smaltire (miscela di zolfo liquido e acido solfidrico).
4.3. Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Bari ha proposto ricorso articolando i seguenti motivi, riferiti alla parte in cui ha riformato la sentenza emessa dal Tribunale di Trani il 26.10.2009:
I) vizio di illogicità, manifesta contraddittorietà in relazione alla esclusione dell’aggravante di cui all’art. 589 comma 2 cod. pen.
Si duole di una asserita contraddizione interna alla motivazione della sentenza della Corte di Appello di Bari la quale, in relazione alla posizione di Buonopane Alessandro e Campanile Pasquale aveva dichiarato il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione, dopo aver escluso in motivazione la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 589 comma 2 cod. pen. dell’imputazione. Evidenzia che in maniera contraddittoria la Corte territoriale ha ritenuto che la posizione di garanzia della FS logistica BU Cargo Chemical e di La Cinque Biotrans, rispetto ai rischi derivanti dall’attività di bonifica/ripulitura delle cisterne che avevano trasportato zolfo fuso, da riconvertire al trasporto di acido solforico, difetti di un’adeguata base normativa e ha individuato solo un’omissione rilevante nell’ambito della colpa generica, consistente nella violazione dei doveri di informazione. Rileva il Pg ricorrente la contraddittorietà e illogicità della motivazione in quanto nel caso di specie, come contestato nel capo di accusa, vi è stata la violazione del Regolamento CEE 1907/2006 (art. 3 n.32 e 31) che attiene anche all’attività di smaltimento dei rifiuti pericolosi (art. 25 dei considerando de Reg. citato) e che imponeva, così come affermato dal primo Giudice, da parte di FS Logistica e della Cinque Biotrans, e quindi degli imputati Castaldo, Buonopane e Campanile, ben consapevoli dei rischi connessi al trasporto di zolfo liquido e all’attività di bonifica delle cisterne utilizzate per tale trasporto, la dovuta attività di informazione (cfr anche DM salute 4.04.1997), l’invio alla Truck Center della scheda di sicurezza a sedici punti redatta dall’Eni, e l’affidamento dell’operazione ad un’impresa che avesse caratteristiche tecnico-professionali specifiche. In base al punto 25 dei considerando del Regolamento Cee n. 1907/2006, infatti, le persone fisiche e giuridiche che trattano sostanze chimiche devono adottare le misure necessarie di gestione dei rischi delle sostanze pericolose e trasmettere le pertinenti raccomandazioni lungo la catena di approvvigionamento. Ciò include l’obbligo di descrivere documentare comunicare in modo trasparente ed appropriato i rischi per la salute umana e in particolare per i lavoratori e l’ambiente derivanti dalla produzione, dall’uso e dallo smaltimento di ogni sostanza pericolosa.
II) Contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla esclusione dell’istituto della cooperazione colposa con conseguente mancata estensione dell’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 589 comma 2 cod. pen. in forza dell’art. 59 cod.pen. Lamenta infatti che, da un lato si è sostenuto che il Buonopane e il Campanile hanno posto in essere comportamenti colposi caratterizzati dall’aver individuato un’impresa che dal punto di vista tecnico organizzativo era inidonea all’esecuzione del lavoro di bonifica e che tale comportamento ha avuto un’ efficienza causale in concorso con quella dell’Altomare titolare della Truck center di Molfetta al verificarsi degli eventi letali e lesivi, dall’altro ha escluso che fosse ipotizzabile e prevedibile da parte dei predetti imputati una condizione di rischio per i lavoratori incaricati di eseguire la bonifica.
III) Omessa e illogica motivazione sotto il profilo del coinvolgimento integrato di più soggetti nell’operazione di bonifica delle cisterne dai residui di rifiuti pericolosi, derivanti dallo zolfo fuso e da acido solfidrico, considerato che l’operazione di bonifica, concordata con la Nuova Solmine, fu commissionata da FS Logistica, che incaricò la Cinque Biotrans di ricercare una ditta e che l’operazione fu affidata alla Truck Center che fatturava a FS logistica: vi fu un conseguente coinvolgimento di più attori ognuno consapevole dell’altrui partecipazione e interessato al risultato comune, in una cornice caratterizzata dall’assenza di cautele doverose che ha avuto come epilogo la morte di tre lavoratori oltre al datore di lavoro dell’impresa di autolavaggio e lesioni gravissime a carico di un altro lavoratore.
IV) Manifesta illogicità della motivazione in ordine alla assoluzione dell’imputato Castaldo Mario, legale rappresentante della FS Logistica, che aveva partecipato all’accordo con la Nuova Solmine, relativo alla modifica parziale del contratto di trasporto avente ad oggetto il trasporto non più solo di zolfo liquido dalle raffineria Eni di Taranto ma anche di acido solforico da Scarlino al cliente della Solmine, Timac con stabilimento in Barletta, accordo che ha costituito il presupposto delle condotte omissive e commissive che hanno determinato l’evento.
Lamenta a tal proposito che illogicamente la Corte di appello ha escluso la posizione di garanzia del Castaldo quale legale rappresentante e la condotta colposa consistita nell’omessa vigilanza, nel non aver impartito cioè idonee disposizioni riferite alle operazioni di bonifica e alla scelta della ditta affidataria per le operazioni di pulizia oltre che alle informazioni connesse ai rischi che potevano derivare alla salute dei lavoratori impiegati nell’attività di bonifica, obblighi comunque connessi alla posizione apicale del Castaldo, in mancanza di una valida delega e ciò, nonostante che il Buonopane fosse titolare di un’autonoma articolazione dell’azienda, dotata anche di autonomia di spesa e competenze tecniche e quindi a conoscenza dei rischi derivanti dal trasporto di zolfo fuso e della normale presenza dell’idrogeno solforato all’interno delle cisterne e che si fosse occupato direttamente della necessità di bonifica di alcune cisterne tra cui quella che procurò l’infortunio di cui trattasi.
V) Violazione di legge in quanto la responsabilità del Castaldo, al pari di quella del Buonopane e del Campanile doveva essere ritenuta anche ai sensi dell’art. 7 comma 3 del D.Lvo n.626 del 1994, in quanto il tank container all’interno del quale è avvenuta la tragedia fa parte dell’azienda della FS Logistica e a nulla può rilevare la circostanza che l’operazione di bonifica doveva svolgersi materialmente presso l’azienda appaltatrice, in quanto proprio il rischio aggiuntivo di tipo interferenziale derivante dall’operatività nel medesimo luogo di più organizzazioni di lavoro gestite da diversi datori di lavoro, imponeva obblighi di cooperazione e coordinamento del tutto violati nel caso di specie.
VI) Erronea applicazione della legge penale in relazione alla assoluzione della FS logistica s.p.a. e della Cinque Biotrans di Campanile Giuseppe in relazione alla responsabilità degli enti per reati commessi nel loro interesse o a loro vantaggio ex art. 5 D.Lvo 231 del 2001 (art. 25 septies ).
Il Procuratore Generale con riferimento alla parte della sentenza impugnata che ha riformato la sentenza del Tribunale di Trani del 11.07.2014 ha articolato i seguenti motivi:
VII) Violazione di legge in relazione alla assoluzione per non aver commesso il fatto di Balestri Giuliano, Lolini Ottorino e Mansi Luigi, referenti della Nuova Solmine.
Allorchè la FS logistica e la Nuova Solmine avevano parzialmente novato il contratto di trasporto originario prevedendo anche il trasporto di acido solforico, con l’impiego di alcune delle cisterne utilizzate per lo zolfo, hanno compiuto un’attività che comunque generava rifiuto pericoloso costituito dallo zolfo residuato insieme all’acido solfidrico nelle cisterne e che doveva essere smaltito mediante la bonifica.
La Corte territoriale ha errato nel ritenere in motivazione che tutte le operazioni di modifica tecnica delle cisterne, il mantenimento ed l’efficienza dei mezzi e la bonifica delle cisterne facessero capo unicamente alla FS logistica; tanto più che la bonifica della cisterna che ha provocato l’incidente fu richiesta dalla Nuova Solmine alla luce dei reclami avuti dalla ditta acquirente, Timac, di acido solforico in relazione alle tracce residue di zolfo.
La Corte territoriale ha errato nel non qualificare l’attività in concreto svolta dalla società Nuova Solmine e quindi dai suoi rappresentanti a livello apicale, Mansi, Lolini e Balestri (presidente del Consiglio di Amministrazione, Amministratore delegato, consigliere di amministrazione e direttore tecnico dello stabilimento di Scarlino) come produttrice di rifiuti pericolosi, da cui derivavano obblighi connessi relativi all’informazione relativa al contenuto delle cisterne da bonificare e al rischio conseguente per gli operatori addetti alla bonifica, trattandosi di un luogo confinato la cui atmosfera, a seguito del trasporto e dello scarico dello zolfo fuso, rimane inquinata dalla presenza di acido solfidrico in quantità tale da recare danni alla salute o da provocare anche la morte.
VIII) Mancanza e comunque contraddittorietà e illogicità della motivazione con riferimento alla contestata responsabilità a titolo di cooperazione colposa in quanto i referenti della Nuova Solmine rivestono una posizione di garanzia per la gestione dei residui di zolfo e per la permanenza di acido solfidrico nelle cisterne dopo lo scarico, così come previsto dal Regolamento CEE 1907/2006, che attiene alla tutela della salute umana, in particolare dei lavoratori, oltre che e dell’ambiente e impone al punto 25 alla persone fisiche e giuridiche che devono valutare i rischi del trattamento di sostanze chimiche di adottare tutte le misure necessarie a trasmettere le pertinenti raccomandazioni lungo la catena degli approvvigionamenti con l’obbligo quindi di descrivere, documentare e comunicare in modo trasparente e appropriato i rischi derivanti dalla produzione dall’uso e dallo smaltimento di ogni sostanza. La Corte territoriale ha omesso di considerare la posizione di garanzia assunta dalla Nuova Solmine che con email del 1.12.2008 chiese in maniera perentoria la bonifica delle cisterne e non si è attivata in cooperazione con gli altri protagonisti dell’operazione per garantire lo smaltimento della sostanza pericolosa in totale sicurezza.
IX) Infine violazione di legge in relazione alla assoluzione della Nuova Solmine dalla violazione di cui agli artt. 5 e 25 septies D.L.vo 231/2011.
5.4. I difensori delle parti civili hanno proposto ricorso con riferimento alle posizioni degli imputati Balestri, Lolini, Mansi e della Nuova Solmine; nonché degli imputati Panichi, Pazzagli le cui posizioni non sono interessate dal ricorso del procuratore generale della Corte d’Appello di Bari.
5.4.1. La difesa del Comune di Molfetta
I) Con il primo motivo denuncia contradditorietà della motivazione nella parte in cui,esclude la responsabilità dei referenti di Nuova Solmine s.p.a. (pag. 105 e ss.) rispetto all’evento infortunio anche mortale accaduto il 3.3.2008 nella cisterna SGCU 900527/5.
Osserva a tal fine che La Nuova Solmine trattava come prima materia necessaria per la sua attività industriale lo zolfo liquido e solido e aveva stipulato vari contratti di approvvigionamento tra cui quello con Eni; si era affidata alla Cargo Chemical ossia FS logistica per l’intera gestione del trasporto dello zolfo liquido, in particolare da Taranto a Scarlino, e quest’ultima aveva messo a disposizione cisterne e container. Ad un certo punto Nuova Solmine decise d’intesa con Fs Logistica di convertire parte delle cisterne destinate al trasporto dello zolfo al trasporto di acido solforico, in quanto il numero di cisterne destinate al trasporto di zolfo (75) era diventato eccessivo rispetto alle necessità di vendita; si individuano 9 cisterne, tra cui quella dove si è verificato l’infortunio di cui trattasi, da convertire sia con l’ applicazione di una diversa valvola di scarico che attraverso l’operazione di bonifica dei residui di zolfo.
II) Lamenta che il giudice di appello con motivazione non logica ha apoditticamente escluso la qualifica di produttore di rifiuti pericolosi in capo alla Nuova Solmine, nonostante che fosse anche suo interesse convertire e bonificare i tank utilizzati per il trasporto dello zolfo da destinare al trasporto di acido solforico che veniva ceduto alla Timac di Barletta; conseguentemente la Nuova Solmine era da qualificarsi produttore in senso tecnico giuridico di un rifiuto da scartare, l’acido solfidrico, in sé pericoloso la cui operazione fu affidata dalla Nuova Solmine a FS logistica, senza essere accompagnata dalla scheda di sicurezza, senza accertarsi. che la bonifica fosse affidata ad un azienda specializzata. La motivazione della sentenza è carente e contraddittoria perché ritiene che l’infortunio si è realizzato in un contesto estraneo alla Nuova Solmine, in particolare non riconoscendo le posizioni di garanzia in capo a Balestri Lolini e Mansi rispettivamente direttore tecnico dell’ azienda e componente del consiglio di amministrazione, di amministratore delegato e di presidente CDA, e quelle in capo a Pazzagli Gabriele, responsabile dell’area Scartino e in capo a Panichi, preposto al servizio prevenzione e protezione e consulente per i trasporti. Si lamenta che la corte territoriale con motivazione illogica e contraddittoria e non coerente alle risultanze processuali ha ritenuto che la fase di ripulitura dei container fosse estranea sia alla fase di approvvigionamento che a quella di vendita del prodotto, senza considerare e valorizzare che committente della bonifica e conseguentemente produttrice in senso tecnico del rifiuto pericoloso era proprio la Nuova Solmine, obbligata, sulla base di una scelta imprenditoriale assunta, riguardante la riconversione delle cisterne da utilizzare per il trasporto di acido solforico, a fornire le opportune informazioni in meritò ai pericoli inerenti il rifiuto pericoloso.
III) Con un terzo motivo di ricorso deduce erronea applicazione della legge penale e in particolare dell’art.43 cod.pen. con riferimento alle norme antinfortunistiche violate e all’art.2087 cod.civ. con conseguente violazione di legge, anche processuale, nella valutazione dei mezzi di prova. Vizio motivazionale in punto di mancata affermazione di responsabilità per colpa; erronea applicazione della legge penale e in particolare dell’art.40 cpv.cod.pen con particolare riferimento all’art.2392 c.c. e comunque manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in tema di insussistenza delle posizioni di garanzia in capo agli imputati.
5.4.2. La difesa della parte civile Catriotta Mauro deduce:
Con un unico articolato motivo, violazione di legge penale e dell’art. 183 e 3s. DLGS 152/2006, nonché carenza della motivazione con riferimento i all’elemento costitutivo del reato in relazione alla esclusione di responsabilità della Nuova Solmine e degli imputati cui sono riferibili le relative posizioni di garanzia.
Sostiene il ricorrente che, del tutto apoditticamente e con argomentazioni illogiche e parziali, il giudice di appello aveva negato la responsabilità della società e degli imputati attraverso la totale svalutazione della modifica dell’accordo intercorsa tra Nuova Solmine e Fs logistica, in base alla quale il c.d “sistema chiuso” di trasporto inziale tra Eni di Taranto e Scarlino, avente ad oggetto solo zolfo liquido, era stato aggiustato nel senso che, per mantenere un margine di utile ed evitare pretese risarcitorie, Nuova Solmine aveva richiesto a FS logistica di farsi carico del trasporto di acido solforico alla propria cliente Timac e quindi delle conseguenti operazioni di bonifica delle cisterne svuotate dello zolfo. Secondo il ricorrente la Nuova Solmine aveva assunto il ruolo di soggetto committente la bonifica e quindi di detentore del rifiuto (costituito dal residuo solido di zolfo che era nelle cisterne e acido solfidrico rilasciato all’interno nella cisterna dallo zolfo fuso); in quanto tale doveva perciò farsi garante delle precauzioni necessarie derivanti dallo smaltimento di un rifiuto pericoloso.
La Corte territoriale ha errato nel ritenere che l’aver consegnato l’operazione di ripulitura e di adattamento delle cisterne a Fs logistica abbia esonerato da responsabilità la Nuova Solmine, quale soggetto mandante e interessato per scopi commerciali propri alle cisterne dedicate. Nuova Solmine aveva l’obbligo di gestione del rischio e di corretta informazione della pericolosità del rifiuto di cui aveva richiesto la rimozione dovendo perciò adoperarsi sia per la individuazione del soggetto adeguato all’operazione che per assicurare la completa informazione circa i rischi connessi al rifiuto da eliminare. Il comportamento commissivo e omissivo posto in essere dalla Nuova Solmine ha inciso nel procedimento causale, in quanto proprio la modifica dell’accordo commerciale e la necessità di bonificare le cisterne, già dedicate al trasporto di zolfo, da utilizzare per il trasporto di acido solforico per adempiere al contratto di fornitura stipulato con Timac, ha posto in essere l’antecedente causale necessario di tutti gli eventi successivamente verificatesi.
5.4.3. La difesa delle parti civili Sciancalepore Maria, Grazia, Mauro;
Petruzzella Brigida, Sciancalepore Felice ha dedotto i seguenti motivi:
I) Con il primo motivo lamenta violazione di legge penale e dell’art. 183 e SS. DLGS 152/2006.
La Corte di appello ha escluso la responsabilità penale della Nuova Solmine e dei suoi dirigenti in quanto ha errato nel ritenere che, siccome non era detentrice delle cisterne, non era detentrice del rifiuto e quindi delle garanzie connesse allo smaltimento. In realtà ha omesso di valutare che essa aveva richiesto a FS logistica di farsi carico anche della bonifica delle cisterne svuotate dello zolfo per il carico di acido solforico da consegnare alla Timac sua contraente e conseguentemente era produttrice di rifiuto e unitamente al detentore aveva l’obbligo di procedere correttamente e in sicurezza al suo smaltimento.
Conseguentemente la Nuova Solmine aveva assunto il ruolo di soggetto committente la bonifica delle cisterne che presentavano residui di zolfo e di acido solfidrico, rilasciato all’interno della cisterna dallo zolfo fuso; doveva prevedere e farsi garante delle accortezze necessarie negli ambienti di lavoro derivanti dallo smaltimento di un rifiuto pericoloso.
La Corte territoriale ha errato nel ritenere che l’aver consegnato l’operazione di ripulitura e di adattamento delle cisterne a Fs logistica abbia esonerato da responsabilità la Nuova Solmine quale soggetto mandante e interessata alla bonifica delle cisterne dedicate al trasporto di materiale oggetto della propria attività commerciale. Nuova Solmine aveva l’obbligo di gestione del rischio e di corretta informazione della pericolosità del rifiuto di cui aveva richiesto la rimozione dovendo perciò adoperarsi sia per la individuazione del soggetto adeguato all’operazione che per completa informazione circa i rischi connessi al prodotto da eliminare. Il comportamento commissivo e omissivo posto in essere dalla Nuova Solmine ha inciso nel procedimento causale in quanto proprio la modifica dell’accordo commerciale iniziale e la necessità di utilizzare le cisterne dedicate al trasporto di zolfo anche per il trasporto di acido solforico per adempiere il contratto di fornitura stipulato con Timac ha posto in essere l’antecedente causale necessario di tutti gli eventi successivamente verificatesi, ponendosi come produttore di rifiuto. Tanto più che il container vuoto e sporco dei residui di zolfo è stato spedito proprio dalla Nuova Solmine a Bari, senza alcuna indicazione di sicurezza o di pericolo e depositato presso lo Scalo Ferroviario di Ferruccio di Bari in violazione della normativa ADR RID.
II) Con il secondo motivo lamenta la violazione delle norme di cui alla legge n.12 agosto 1962 sul ADR RID e delle norme che impongono di rendere conoscibile al trasportatore e al destinatario la presenza del rifiuto pericoloso.
5.5. In data 23.01.2019 le difese: Avv. Laforgia per Balestri, Panichi e Pazzagli; Avv. Buzzelli per Mansi e Lolini; Avv.ti Padovani e Marenghi per Lolini e Mansi hanno depositato proprie memorie difensive sollecitando la dichiarazione di inammissibilità o comunque il rigetto dei ricorsi con conseguente conferma della sentenza impugnata. In data 29.01.2019 la difesa Avv. Sisto per Campanile deduceva la inammissibilità del ricorso del Procuratore generale e comunque ne chiedeva il rigetto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Alcune considerazioni di premessa giovano ad una più spedita trattazione dei motivi di ricorso appena riassunti.
I punti della ricostruzione condivisi nelle sentenze di merito sono i seguenti.
1.1. Eni s.p.a. forniva a la Nuova Solmine s.p.a, in forza di un contratto stipulato l’8.02.2007, con clausola franco base, zolfo derivante dalla desolforizzazione del petrolio, con il metodo Claus (fol 34).
Lo zolfo settimanalmente veniva spedito dalla raffineria di Taranto a Scarlino (GR), a mezzo di tank container, serbatoi da caricare, secondo la tratta, o su pianale di autocarri o su carri ferroviari; il trasporto era a cura della Nuova Solmine che lo aveva affidato, in base al contratto del 18.07.2006, a Cargo Chemical s.r.l. incorporata da FS Cargo s.p.a., denominata Fs logistica s.p.a., legalmente rappresentata da Castaldo, ed era realizzato, per i tratti su gomma, avvalendosi della società barese, la Cinque Biotrans, legalmente rappresentata da Campanile, e, per i tratti su ferrovia, da Trenitalia s.p.a.; Buonopane era addetto al settore commerciale di Fs logistica e coordinatore del c.d. traffico zolfo (fol 4 sentenza 2014 primo grado).
Si è accertato che la liquefazione ai fini del trasporto dello zolfo a temperatura elevata di 130 0 produceva un gas, in quantità variabile, specificamente idrogeno solforato ovvero acido solfidrico, il quale risulta letale per inalazione anche a concentrazioni minime (fol 35) e che, anche dopo lo svuotamento del tank container attraverso il bocchettone di uscita, l’aria sovrastante rimane sporca di sostanza gassosa tossica e, se rimane chiuso il “passo d’uomo” (apertura superiore destinata all’ispezione interna), la concentrazione del gas rimane inalterata (fol 35).
Eni infatti aveva elaborato la scheda di sicurezza a 16 punti ad uso interno che conteneva la valutazione dei rischi a salvaguardia dell’ambiente e dei propri dipendenti.
Risulta (fol 5 sentenza 2014 primo grado) che, per il trasporto, Fs Logistica aveva messo a disposizione i pianali e 75 tank container di nuova fabbricazione realizzati, secondo le caratteristiche concordate con il caricatore-riempitore, Eni, e il ricevitore, Nuova Solmine, e specificamente dedicati al trasporto di zolfo liquido; in particolare erano muniti di boccaporto superiore tale da consentire l’ingresso dell’uomo all’interno (passo uomo), resistenti nelle pareti interne alle aggressioni dell’acido solfidrico che si libera dallo zolfo liquido di raffineria e dotati di un sistema di immissione forzata di aria compressa da utilizzarsi anche per l’evacuazione dei gas deleteri trattenuti.
1.2. Sulla scorta di un accordo intervenuto successivamente, in epoca prossima al novembre 2007 ( fol 127/128 sentenza impugnata e fol.10 sentenza 2014 primo grado), per far fronte a una minore produzione di zolfo da parte di Eni, (anche per evitare oneri economici derivanti dal fatto che l’impegno contrattuale era per 40.000 tonnellate di zolfo liquido) e garantire comunque i profitti del trasportatore e gli obblighi del committente, Fs Logistica e La Nuova Solmine avevano pattuito il trasporto anche di acido solforico, prodotto dalla Nuova Solmine, dallo stabilimento di Scarlíno a Barletta, presso la Timac, cliente della società toscana; i mezzi destinati al nuovo trasporto sarebbero stati in parte (9 containers) quelli già utilizzati per il trasporto di zolfo, previa modifica della flangia di attacco (valvole esterne di scarico) del conduttore del prodotto e la bonifica di sette cisterne, già di fatto utilizzate per trasportare zolfo, tra cui quella che diede causa all’incidente. Infatti la stessa Timac, dopo le prime forniture nel novembre 2007, in cui erano state utilizzate cisterne già adibite a trasporto di zolfo non bonificate, aveva rappresentato la difettosità del prodotto, poiché lamentava residui del carico precedente (fol 128 e 129 sentenza impugnata).
Risulta che FS Logistica commissionò le operazioni di trasformazione delle cisterne e le operazioni di bonifica a La Cinque Biotrans, in quanto le cisterne si trovavano nel deposito Cemat s.pa., nello scalo di Ferruccio di Bari, dove La Cinque Biotrans era autorizzata ad operare in nome e per conto di Fs. Logistica; le cisterne infatti erano rientrate da Scarlino a seguito dello scarico di zolfo liquido per poi essere riutilizzate e convertite al trasporto di acido solforico.
La Cinque di Campanile che, peraltro, si occupava come oggetto sociale di autotrasporto su gomma e piccole manutenzioni, individuò per il compimento di dette operazioni la ditta Truck Center di Molfetta, il cui legale rappresentante era Altomare Vincenzo, ditta di autolavaggio priva di esperienza specifica nel settore e che aveva provveduto tra il 12 e il 25 febbraio 2008 (fol 127 sentenza impugnata) alla bonifica di sei cisterne.
Le operazioni condotte sull’ultima, la settima contrassegnata con il n.*527, dettero però luogo all’infortunio mortale di cui è processo.
Risulta infatti che la Truck center, nell’insegna apposta all’ingresso, recava la dicitura “autolavaggio rimessaggio autoparco”, non aveva nel suo oggetto sociale al 3.03.2008 lo svolgimento di attività del tipo assunto in carico ma solo “l’attività di manutenzione riparazione di autoveicoli in genere di autolavaggio e autoparco di autovetture e veicoli in genere” (fol 86 sentenza 2009); aveva comunicato l’attività di autolavaggio nel maggio 2007 ma aveva l’autorizzazione allo scarico di acque industriali e non per i rifiuti pericolosi e immissioni di gas tossici nell’atmosfera.
1.3. In particolare, secondo la ricostruzione dei fatti operata dai Giudici di merito, il 3.03.2008 giunse presso la presso la Truck Center, prelevata dal piazzale Cemat s.p.a. e trasportata, su incarico di Fs logistica, da un autista di La Cinque, la cisterna SGCU 900527/5 che il 19.12.2007 aveva trasportato zolfo fuso a Scarlino alla Nuova Solmine, e che, dopo lo scarico, era stata riconsegnata vuota e non ripulita a Trenitalia e il 29.12.2007 era giunta allo Scalo di Ferruccio di Bari. Guglielmo Mangano, l’operaio a cui l’Altomare aveva affidato il lavaggio delle cisterne e di altri veicoli industriali – gli altri operai, Tasca e Farinola e lo stesso Ventrella, si dedicavano solo al lavaggio di autovetture – aveva avvertito il cattivo odore proveniente dal container SGCU 527, era sceso, come era solito fare con la scaletta, senza alcun dispositivo di protezione individuale per verificare e rimuovere manualmente (con raschietto, scopa e paletta) i residui di zolfo (fol. 41.42.43 sentenza impugnata), prima di procedere al lavaggio automatico con lancia idraulica a testine rotanti.
Aveva quindi respirato le esalazioni di acido solfidrico, liberate dallo zolfo fuso al momento dello immagazzinamento e che comunque rimangono anche dopo lo scarico, e aveva perso la vita.
In successione erano poi entrati nella cisterna, nel tentativo di soccorrere i colleghi, gli operai Tasca, Farinola e l’autista, frequentatore dell’autoparco, Sciancalepore e infine il titolare Altomare, nel frattempo avvisato e sopraggiunto, tutti deceduti come accertato dalle perizie medico legali (fol 146/147 e ss. sentenza primo grado del 2009) a causa della intossicazione acuta di acido solfidrico; l’operaio Vetrella si era salvato, riportando lesioni personali gravi, perché era rimasto sulla scala esterna ad osservare dal boccaporto, inebetito per le inalazioni del gas che, sia pure in minore misura, fuoriusciva dalla cisterna (fol 44).
1.4. Non è controverso (v. pag. 9 sentenza primo grado del 28.11.2014) che l’Eni ha correttamente classificato secondo le previsioni dettate dall’ADR 2007 punto 5.4.3 (fol.8/9 sentenza primo grado 2014) la sostanza pericolosa trasportata, denominata zolfo liquido, e che sulla scorta di tale classificazione ha redatto quale soggetto riempitore la scheda di sicurezza per le informazioni al conducente; che gli spostamenti della cisterna sono avvenuti con le condizioni di marcatura zolfo fuso senza alcuna evidenziazione del pericolo tossicità per inalazione conseguente alla presenza di acido solfidrico (fol 10 sentenza primo 20 grado 28.11.2014) e che nessuna violazione della normativa ADR è stata ravvisata in relazione al trasporto di zolfo fuso oggetto del primitivo contratto di trasporto e riguardante la tratta Bari -Scarlino iniziato il 19.12.2007 e concluso con lo scarico di zolfo da parte della Nuova Somine il 20.12.2007.
1.5. L’attuazione del nuovo accordo intercorso tra Nuova Solmine e Fs Logistica fu curata per, quest’ultima, da Buonopane che incaricò La Cinque Biotrans, per il tramite di certo Di Bari, responsabile. dell’ufficio operativo, di procedere alla conversione delle cisterne con la sostituzione delle flangie di attacco.
Ciò avvenne, secondo la ricostruzione processuale, già dal 2.11.2007; tanto che iniziarono i primi trasporti di acido solforico diretti alla Timac e il 18.01.2008, secondo la versione offerta dallo stesso Castaldo, nella memoria presentata in primo grado, vi fu l’incontro che perfezionò l’accordo tra i vertici di Fs logistica e Nuova Solmine; poiché per i nuovi trasporti erano state utilizzate cisterne che avevano in precedenza trasportato zolfo (la 522-8 e la 509-0 foglio 62 sentenza primo grado 2009 e fol 13 sentenza primo grado 2014 ) e che non erano state bonificate, la Timac di Barletta, acquirente della Nuova Solnnine, contestò la difettosità del prodotto alla venditrice, richiamando la necessità che le cisterne fossero lavate prima del carico, per evitare contaminazioni con residui di altri prodotti chimici ( fol 63 sentenza di primo grado 2009 e fol 13 sentenza primo
grado 2014); risulta accertato che sulla questione vi fu uno scambio di mail.
Tra queste hanno particolare rilievo:
– la mail del 25.01.2008, con cui Buonopane per conto di Fs Logistica confermò al Di Bari dell’Ufficio operativo di La Cinque l’incarico di dare corso alla modifica delle valvole di ulteriori 5 “casse ex zolfo” da rendere idonee per il trasporto di acido solforico, raccomandando testualmente “la pulizia interna e che siano tutte di serie SGCU”;
– le mail tra la Nuova Solnnine dell’1.02.2008 e l’8.02.2008 e Fs Logistica, nella persona di Buonopane, per ribadire da parte di Nuova Solnnine la necessità di eliminare i residui di zolfo e procedere alla bonifica, prima
del carico di acido solforico (“per procedere al carico attendiamo Vs dichiarazione relativa alla pulizia delle casse e quindi che il prodotto non potrà risultare inquinato da zolfo”).
2. L’attività dei consulenti tecnici medici legali e del tossicologo ha consentito di individuare che la cisterna, ove avvenne il decesso, aveva tracce consistenti di zolfo soprattutto nel fondo; le suole delle scarpe indossate dalle vittime, in particolare dal Mangano, erano sporche di zolfo; nella parte interna della cisterna, quella più in prossimità dello scarico, vi erano 60 ml di liquido scuro costituito da acqua e solfati derivati dalla ossidazione dello zolfo; nella cisterna vi era stato acido solfidrico che aveva saturato il liquido acquoso.
Il Ct chimico Gagliano Candela, nominato nell’ambito della consulenza collegiale autoptica- tossicologica dal PM, ex art. 360 cod. proc. pen, all’udienza del 10.07.2009 ha dichiarato- e queste conclusioni non sono messe in
discussione da nessuna delle parti nei motivi di ricorso – che “il dato storico, il dato clinico, i rilievi del cadavere, il rilievo di tiosolfato nel sangue, in concentrazioni che la letteratura scientifica individua come incompatibili con la vita, danno la certezza assoluta che i soggetti sono morti per l’assorbimento di acido solfidrico” (fol 187 sentenza primo grado 2009 e fol 30 sentenza primo grado 2014).
D’altro canto risulta dagli atti processuali (fol 31 sentenza del 2014) e, in particolare dalla relazione dei C.C. intervenuti, che quattro ore dopo gli eventi il dispositivo rilevatore del gas, calato all’interno della cisterna, andò in tilt con il livello massimo di 200 ppmm di acido solfidrico.
2.1. E’ risultato, all’esito degli accertamenti tecnici ampiamente riportati nelle sentenze di merito, che la produzione di zolfo liquido si origina dalla conversione in raffineria di gas idrogeno solforato, che utilizza un impianto appositamente dedicato, chiamato Claus, il quale opera la trasformazione da idrogeno solforato quindi zolfo, sotto forma gassosa in zolfo elementare, in forma liquida; fisiologicamente nel prodotto finale che viene commercializzato vi sono tracce di acido solfidrico; la concentrazione di acido solfidrico dipende dall’operazione di degassaggio ovvero strippaggio dell’idrogeno solforato.
L’idrogeno solforato è una componente ineliminabile dello zolfo di raffineria che dal 2000 costituisce lo zolfo commercializzato in tutto il mondo ed è stato dimostrato nel corso dell’istruttoria dibattimentale che non esiste un limite normativo.
Vi è invece un limite della buona pratica industriale di 10 PM (parti milione) di acido solfidrico nello zolfo fuso, che comunque non costituisce uno standard comunemente e stabilmente raggiunto (fol 34 sentenza 2014).
Le concentrazioni di H2 S, inoltre, sono mutevoli e variano per una serie di fattori.
All’esito delle consulenze tecniche del Pm e delle difese (fol 214 sentenza di primo grado 2009) si è riconosciuto che anche concentrazioni di acido solforico pari a 10 ppm/peso, che costituisce l’obiettivo di buona industria sebbene giudicato assai poco realistico ( fol 224 sentenza primo grado 2009), possono portare, in relazione al quantitativo di zolfo trasportato, nella specie circa 26.000 KG, all’immagazzinamento di un quantitativo di idrogeno solforato che rimane costante durante tutta l’operazione di svuotamento, sufficiente a provocare conseguenze letali per chi si fosse introdotto in quello spazio confinato.
Sicché, ove pure si dovesse ritenere che lo zolfo fuso caricato nella cisterna fosse stato rispondente alle regole raccomandate o suggerite dalla buona ingegneria industriale, si sarebbe comunque formata al suo interno un’atmosfera letale, stante la concentrazione di H2S pari a 1146 ppm, certamente superiore ai 700 mg/m 3 ( pari 501.90 ppm) riportati in letteratura come letali (fol 44 sentenza primo grado 2014)
2.2. Risulta inoltre acquisto un dato rilevante ai fini della consapevolezza da parte di Nuova Solmine della presenza di acido solfidrico all’interno delle cisterne che trasportavano zolfo liquido.
Tra il dicembre 2006 e il marzo 2007 si era svolto un contenzioso tra Nuova Solmine ed Eni proprio con riferimento all’elevato quantitativo di acido solfidrico presente nello zolfo che la prima vendeva alla seconda; nella comunicazione del 20.2.2007 Nuova Solmine contestava “un contenuto di idrogeno solforato di 65 ppm con punte di 80 ppm,” non conforme alla specificità dell’impianto e dannoso per la salute e la sicurezza e del personale operante” (fol 38 39 sentenza 2014 primo grado); gli incontri successivi a quella data e le comunicazioni di contestazione formale sono dettagliatamente ricostruiti da fol 40 a 43 della sentenza di primo grado del 2014. Gli incontri si conclusero il 15.01.2008 in Roma con la riunione cui parteciparono i dirigenti della Nuova Solmine (Mansi, Lolini e il consulente Poccetti) e i dirigenti Eni allo scopo di definire le condizioni di fornitura per il 2008 di zolfo liquido. Con riferimento ai problemi qualitativi riguardanti il 2007, l’Eni aderì alla richiesta della Nuova Solmine di eliminare il premio qualità e al tempo stesso vi fu l’impegno reciproco
di un costante monitoraggio, con analisi qualitative effettuate dalle raffinerie e dalla Nuova Solmine sui campioni del prodotto della fornitura.
3. Il ricorso del procuratore generale.
Il ricorso del ricorso del PG è fondato e i motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto si; incentrano tutti sulla titolarità delle posizioni di garanzia a carico degli imputati Castaldo, Buonopane, Campanile, Balestri, Mansi, Lolini e ai profili di colpa generica e specifica connessi.
3.1. Va premesso che all’epoca dell’infortunio erano ancora in vigore le disposizioni in materia di valutazioni di rischio di cui al Dlgs 626/1994 (artt. 4 e 7), anche se sul piano sostanziale ciò non ha un significativo effetto in quanto le disposizioni succedutesi (D.Lgs 81/2008) hanno una corrispondenza contenutistica ( Sez. 4 42018 del 12.10.2011, rv 251932).
Il sistema di sicurezza aziendale si configura come procedimento di programmazione della prevenzione globale dei rischi e tale logica riguarda anche la gestione dei rischi in caso di affidamento dei lavori a singole imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi all’interno dell’azienda o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell’ambito del ciclo produttivo dell’azienda medesima.
Grava sul datore di lavoro, committente, l’obbligo di predisporre il documento di valutazione dei rischi derivanti dalle possibili interferenze tra le diverse attività che si svolgono in successione o contestualmente all’interno di un’area.
Grava specularmente sugli stessi datori di lavoro, ai quali sono stati appaltati segmenti dell’opera complessa, l’obbligo di collaborare all’attuazione del sistema prevenzionistico globalmente inteso, sia mediante la programmazione del rischio specifico della singola attività in ordine alla quale la posizione di garanzia rimane a carico del singolo datore di lavoro, sia mediante la cooperazione nella prevenzione dei rischi generici derivanti dall’ interferenza tra le diverse attività rispetto a cui la posizione di garanzia si estende a tutti i datori di lavoro ai quali siano riferibili le plurime attività coinvolte nel processo causale che ha dato origine all’infortunio (Sez. 4 n. 30557 del 7.06.2016 rv 267686- 01;Sez. 4 n. c5420 del 15.12.2011: sez. 4 n. 36605 del 5.05.2011 ; sez. 4 n. 322119 del 25.03.2011).
E’ stato chiarito dalla Suprema Corte che, fermo restando l’obbligo della valutazione dei rischi di cui all’art. 4 d. Lgs 626/1994 e fermi restando gli obblighi di cooperazione e di coordinamento previsti dall’art. 7 d.lgs citato, confermati dalla nuova disciplina – art. 26 comma 1 D. Lgs 81/2008 – successiva all’infortunio in esame, il datore di lavoro dell’impresa appaltatrice non può più essere ritenuto responsabile – in applicazione dell’art. 2 quarto comma cod.pen – dell’omessa redazione del documento di valutazione dei rischi di cui all’art. 7 comma 1 citato, gravando tale obbligo sul datore di lavoro committente, e cioè su colui che ha la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo (Sez. 4 n.14167 del 12.03.2015 Marzano,rv. 263150).
3.2. Nel caso di specie, luogo dell’infortunio è stato il container-cisterna SGCU 900527/5, condotto in locazione finanziaria da Fs logistica e che era stato rimesso nel circolo del trasporto da Nuova Solmine, quale mittente, in base al nuovo contratto stipulato e avente ad oggetto il trasporto di acido solforico.
Dopo lo scarico dello zolfo fuso, la cisterna “vuota, sporca e non ripulita” (fol 51.54 sentenza primo grado 26.10.2009 e pag.4 e ss. sentenza 28.11.2014) fu restituita dalla Nuova Solmine tramite convoglio ferroviario fino al terminal di Ferruccio di Bari, (nella lettera di vettura di Trenitalia risulta FS Cargo spa per conto di Nuova Solmine spa e alla voce Rid, codice di pericolosità, viene segnalato No); la cisterna rimase fino al 3.03.2008 in deposito, con il boccaporto chiuso; fu prelevata dal piazzale Cemat s.pa da un autista di La Cinque Biotrans e portata per la bonifica e il lavaggio alla Truck Center di Molfetta (nella lettera di vettura il mittente è FS Logistica, vettore La cinque Biotrans, istruzioni mittente ex cisterna zolfo) presso la quale si verificò l’infortunio.
3.3. Giova richiamare a tal proposito che questa Suprema Corte ha da tempo chiarito che, se sono più i titolari della posizione di garanzia come nel caso di specie, ciascun garante risulta per intero destinatario dell’obbligo di impedire l’evento fino a che non si esaurisca il rapporto che ha originato la singola posizione di garanzia (Sez.4 n. 46849 del 3.11.2011 rv 252149; Sez. 4 n.8593 del 22.01.2008 rv.238936).
E, ancora, che, quando l’obbligo di impedire un evento ricade su più persone che debbano intervenire o intervengano in momenti diversi, il nesso di causalità tra la condotta omissiva o commissiva del titolare di una posizione di garanzia non viene meno per effetto del successivo mancato intervento da parte di altro soggetto, parimenti destinatario dell’obbligo di impedire l’evento, configurandosi un concorso di cause ex art. 41 comma primo cod. pen ( Sez. 4 n. 244455 del 22.04.2015 rv 263733-01;sez. 4 n. 37992 del 11.07.2012 rv 254368-01; sez. 4 n.1194 del 15.11.2013 rv 258232).
Si è poi precisato che, ai fini della attività di valutazione di coordinamento e cooperazione connessa al rischio interferenziale, secondo quanto previsto dall’art. 7 D. Lgs 626/1994 ( ora art. 26 D.Igs 81/08 ), occorre avere riguardo inoltre, non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro -contratto di appalto, d’opera o di somministrazione-, ma all’effetto che da tale rapporto origina, vale a dire alla concreta interferenza e coesistenza – nella specie, la bonifica della cisterna recante rifiuti pericolosi – di più organizzazioni, che genera la posizione di garanzia dei datori di lavoro ai quali fanno capo le distinte organizzazioni ( sez. 4 n. 44792 del 17.06.2015 rv 264957-01).
Tale coinvolgimento, funzionale nella procedura di lavoro di diversi plessi organizzativi, non esclude poi la necessità di adottare le misure previste per i diversi rischi specifici, a meno che non risultino inefficaci o dannose ai fini della sicurezza dell’ambiente di lavoro (Sez. 4 n.18200 del 7.01.2016 rv 266640-01).
Gli obblighi di cooperazione e coordinamento gravanti a norma dell’art. 7 del D. Lgs 626/1994 sui datori di lavoro rappresentano la “cifra” della loro posizione di garanzia e sono rilevanti anche per delimitare l’ambito della loro responsabilità.
L’assolvimento di tali obblighi risponde all’esigenza antinfortunistica – avvertita come primaria anche dal legislatore europeo – di gestire preventivamente tale categoria di rischio.
La vigente tutela penale dell’integrità psicofisica dei lavoratori risente, infatti, della scelta di fondo del legislatore di attribuire rilievo dirimente al concetto di prevenzione dei rischi connessi all’attività lavorativa e di ritenere che la prevenzione si debba basare sulla programmazione globale del sistema di sicurezza aziendale, nonché su un modello collaborativo e informativo di gestione del rischio da attività lavorativa, dovendosi così ricomprendere nell’ambito delle omissioni penalmente rilevanti tutti quei comportamenti dai quali sia derivata una carente programmazione dei rischi.
La identificazione dell’area di rischio e dei soggetti deputati alla sua gestione serve ad arginare la potenziale espansività della causalità condizionalistica, consentendo di imputare il fatto solo a coloro che erano chiamati a gestire il rischio concretizzatosi.
3.4. Vale anche l’ulteriore precisazione, secondo un principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, che, l’imprenditore, quand’anche frazioni il ciclo produttivo avvalendosi di strumenti contrattuali finalizzati ad alleggerire sul piano burocratico-organizzativo la struttura aziendale, non perde la sua posizione di garante dell’incolumità fisica e della salvaguardia della personalità di tutti coloro che contribuiscono alla realizzazione del suo programma lavorativo e produttivo, (così Sez. 4, n. 37588 del 05/06/2007 Ud. (dep. 12/10/2007) Rv. 237771 – 01 che in applicazione di tale principio ha ritenuto la responsabilità dell’imprenditore che aveva subappaltato i lavori in luoghi esterni all’impresa).
3.5 Parimenti, in tema di aggravante speciale della violazione di norme antinfortunistiche va altresì ricordato che in materia di reati colposi derivanti da infortunio sul lavoro, per la configurabilità dell’aggravante speciale della violazione delle norme antinfortunistiche (rilevante per la procedibilità di ufficio in caso di lesioni gravi e gravissime e per il raddoppio della prescrizione ai sensi dell’art. 157 cod. pen) non occorre che sia integrata la violazione di norme specifiche dettate per prevenire infortuni sul lavoro, giacché per l’addebito di colpa specifica, è sufficiente che l’evento dannoso si sia verificato a causa della violazione del citato art. 2087, che fa carico all’imprenditore di adottare nell’esercizio dell’impresa tutte le misure che secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori (Sezione 4, del 4 luglio 2006, Civelli).
Infatti, il datore di lavoro e gli altri soggetti investiti della posizione di garanzia devono in proposito ispirare la loro condotta alle acquisizioni della migliore scienza ed esperienza, per fare in modo che il lavoratore sia posto nelle condizioni di operare con assoluta sicurezza. In sintesi, sussiste una posizione di garanzia a condizione che: un bene giuridico necessiti di protezione, poiché il titolare da solo non è in grado di proteggerlo; una fonte giuridica – anche negoziale – abbia la finalità di tutelarlo; tale obbligo gravi su una o più persone specificamente individuate sulla base di un’investitura formale o l’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante; queste ultime siano dotate di poteri atti ad impedire la lesione del bene garantito, ovvero siano ad esse riservati mezzi idonei a sollecitare gli interventi necessari ad evitare che l’evento dannoso sia cagionato(Sez. 4, n. 9855 del 27/01/2015, Chiappa, Rv. 262440; Sez 4,n.2536 de123/10/2015, Rv. 265797;Sez.4, n.38991 del 10/06/2010, Quaglierini, Rv. 248849).
In questa prospettiva, merita di essere ricordato che l’obbligo posto a carico dei titolari delle posizione di garanzia individuate, da ultimo, nel D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 2, comma 1, lett. b), d) ed e), di attivarsi positivamente per organizzare le attività lavorative in modo sicuro è di tale spessore che non potrebbe neppure escludersi una responsabilità colposa dei medesimi allorquando non abbiano assicurato tali condizioni, in quanto, al di là dell’obbligo di rispettare le prescrizioni specificamente volte a prevenire situazioni di pericolo o di danno, sussiste pur sempre quello di agire in ogni caso con la diligenza, la prudenza e l’accortezza necessarie ad evitare che dalla propria attività derivi un nocumento a terzi, in quanto l’obbligo di garantire la sicurezza sul luogo di lavoro si estende anche nei confronti di terzi non dipendenti dall’impresa.
E’ da rilevare inoltre che, secondo assunto pacifico e condivisibile, le norme antinfortunistiche non sono dettate soltanto per la tutela dei lavoratori, ossia per eliminare il rischio che i lavoratori possano subire danni nell’esercizio della loro attività, ma sono dettate anche a tutela dei terzi, cioè di tutti coloro che, per una qualsiasi legittima ragione, accedono in luoghi di lavoro che, non muniti dei presidi antinfortunistici voluti dalla legge, possono essere causa di eventi dannosi (v., tra le altre, Sezione 4, 6 novembre 2009, Morelli).
Le disposizioni prevenzionali sono quindi da considerare emanate nell’interesse di tutti, finanche degli estranei al rapporto di lavoro, occasionalmente presenti nel medesimo ambiente lavorativo, a prescindere, quindi, da un rapporto di dipendenza diretta con il titolare dell’impresa. Con la conseguenza che, in caso di lesioni e di omicidio colposi, perché possa ravvisarsi l’ipotesi del fatto commesso con violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, è necessario e sufficiente che sussista tra siffatta violazione e l’evento dannoso un legame causale, il quale ricorre tutte le volte che il fatto sia ricollegabile alla inosservanza delle norme stesse secondo i principi dettati dagli artt. 40 e 41 cod.pen..
In tale evenienza deve ravvisarsi l’aggravante di cui all’art. 589 c.p., comma 2, e art. 590 c.p., comma 3,nonché il requisito della perseguibilità d’ufficio delle lesioni gravi e gravissime, ex art.590 c.p., u.c., anche nel caso di soggetto passivo estraneo all’attività ed all’ambiente di lavoro, purché la presenza di tale soggetto nel luogo e nel momento dell’infortunio non abbia tali caratteri di anormalità, atipicità ed eccezionalità da far ritenere interrotto il nesso eziologico tra l’evento e la condotta inosservante e purché, ovviamente, la norma violata miri a prevenire incidenti come quello in effetti verificatosi (Sez. 4 n. 28780 del 19/05/2011 rv 250571-01).
3.6. La sentenza della Corte territoriale non risulta aver fatto corretta applicazione dei principi giuridici sopra richiamati e non ha adempiuto al particolare dovere di motivazione che incombe sul giudice di appello che riformi una decisione di condanna del giudice di primo grado il quale non può limitarsi a inserire nella struttura argomentativa della decisione impugnata delle notazioni critiche di dissenso essendo necessario che esamini sia pure in sintesi il materiale probatorio vagliato dal prima giudice considerando quello eventualmente sfuggito alla sua valutazione e quello ulteriore eventualmente acquisito per dare una completa e compiuta struttura che dia conto della difformi conclusioni (cfr in motivazione Sez. U. n.14800, Troise, del 21.12.2017 dep.304.2018).
In particolare la Corte territoriale, alla luce della ricostruzione fattuale già sopra descritta (par.1 e 2 ), ha ritenuto erratamente e illogicamente che Castaldo, Buonopane e Campanile non fossero titolari di una posizione di garanzia mancando un’adeguata base normativa, pur dopo aver riconosciuto la responsabilità penale della Truck Center e del suo titolare (deceduto nell’infortunio del 3.03.2008), di cui è stata accertato la inidoneità professionale e tecnica alla gestione dell’incarico di bonifica e la mancata adeguata informazione da parte dei committenti circa i rischi dovuti alla presenza nella cisterna di un agente gassoso letale, quale l’idrogeno solforato ( fol 39,40,71,72 sentenza impugnata).
3.7. La Corte territoriale ha qualificato erratamente, secondo i principi giuridici già illustrati ai paragrafi da 3.1 a 3.5, unico gestore del rischio la Truck Center fol 74, omettendo di considerare che l’ambiente di lavoro era rappresentato dalla cisterna, luogo nella disponibilità giuridica dei principali committenti Nuova Solmine e FS logistica, ai quali comunque competeva, essendone peraltro pienamente consapevoli, la valutazione del rischio inerente al trattamento della cisterna vuota e non ripulita, contenente residui pericolosi di zolfo e acido solfidrico; così come obblighi di coordinamento e cooperazione connessi al rischio interferenziale dettati dall’art. 7 D. Lgs 626/1994 si estendevano a carico di tutti i datori di lavoro ai quali erano riconducibili le plurime attività coinvolte nel processo causale che ha dato origine all’infortunio.
A carico di ciascuno degli imputati (i referenti Balestri, Lolini e Mansi, componenti del Consiglio di amministrazione della Nuova Solmine, Castaldo e Buonopane per la FS Logistica, Campanile per la Cinque Biotrans) possono individuarsi obblighi giuridici impeditivi connessi a poteri organizzativi, informativi o di disposizione di misure di sicurezza relativi al trasporto, alla gestione e alla bonifica di una cisterna contenente rifiuti pericolosi che, se esercitati, erano idonei ad evitare il verificarsi dell’evento.
3.8. La Corte territoriale, in modo contraddittorio e illogico oltre che in violazione dei principi di legge, ha poi escluso l’aggravante contestata di cui all’art. 589 comma 2 cod.pen. e quindi la sussistenza della posizione di garanzia e la violazione degli obblighi inerenti. Ha infatti affermato che il comportamento posto in essere dai rappresentanti di FS Logistica, nella specie il Buonopane, integravano il profilo di colpa generica, avendo questi tralasciato di fornire al Campanile, tutte le necessarie informazioni che rendessero edotto l’appaltatore per il servizio di pulitura interna delle cisterne dei rischi inerenti all’attività e necessari a salvaguardare la sicurezza del suo personale (fol 77) e comunque ha configurato un profilo di colpa generica, culpa in eligendo, per aver consentito che venisse individuata un’azienda inidonea dal punto di vista formale e sprovvista dei requisiti tecnico professionali (fol 78), non autorizzata allo smaltimento di rifiuti tossici pericolosi quale l’acido solfidrico, senza che questa fosse dotata di un adeguato documento di valutazione dei rischi.
La Corte territoriale ha violato il principio secondo cui in materia di infortuni sul lavoro, ai fini della configurabilità di una responsabilità del committente per “culpa in eligendo” nella verifica dell’idoneità tecnico professionale dell’impresa affidataria di lavori, non ritiene neppure necessario il perfezionamento di un contratto di appalto, essendo sufficiente un accordo per una mera prestazione d’opera. (Sez. 3, n. 10014 del 06/12/2016 Ud. (dep. 01/03/2017 ) Rv. 269342 – 01). La culpa in eligendo, cioè la verifica dell’idoneità tecnico professionale della ditta appaltatrice, in relazione all’entità e alla tipologia della prestazione richiesta, inerisce – è bene rammentare – alla posizione di garanzia propria dell’imprenditore e agli obblighi di valutazione del rischio specifico che scaturiscono dall’art.2087, 2050 cod.civ. e trova il proprio fondamento anche nell’art. 7 D. Lgs 626/1994, ( cfr par. 3.5)
3.9. La Corte territoriale ha ritenuto, con motivazione illogica e contraddittoria e in violazione di legge, (cfr. par. 3.3 e 3.4) di escludere il coinvolgimento integrato degli imputati Castaldo, Buonopane, Campanile, Altomare e i referenti della Nuova Solmine, nelle rispettive qualità e in quanto titolari di specifiche posizioni di garanzia e ha affermato contrariamente alle risultanze processuali e in maniera apodittica, oltre che incoerente, che non risultava un obbligo imposto dalla legge né da esigenze organizzative connesse alla gestione del rischio, ritenendo che unico gestore del rischio, garante della sicurezza dei suoi dipendenti e del suo ambiente di lavoro, doveva considerarsi l’Altomare, titolare dell’autolavaggio e ultimo anello della catena di produzione.
3.10. E’ contraddittoria e illogica e in violazione di legge la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso la responsabilità penale del rappresentante legale della FS Logistica, Castaldo , ai sensi dell’art. 129 comma 2 cod.proc.pen, sull’errato presupposto che la ripulitura delle cisterne fosse un’operazione routinaria che veniva compiuta tutte le volte che veniva cambiata la destinazione di uso di un container e che quindi rientrasse nei compiti tecnici operativi esclusivi dell’Unità gestita dal Buonopane che aveva la competenza tecnica necessaria anche per conoscere i rischi derivanti dalla normale presenza dell’idrogeno solforato all’interno delle cisterne dopo lo scarico di zolfo e i potenziali pericoli per le persone e i lavoratori che venissero a contatto ( fol 90).
Vale la pena rammentare che in tema di prevenzione infortuni, se il datore di lavoro è una persona giuridica, destinatario delle norme è il legale rappresentante dell’ente imprenditore, quale persona fisica attraverso la quale il soggetto collettivo agisce nel campo delle relazioni intersoggettive, così che la sua responsabilità penale, in assenza di valida delega, è indipendente dallo svolgimento o meno di mansioni tecniche, attesa la sua qualità di preposto alla gestione societaria, Sez. 3, n. 28358 del 04/07/2006 Ud. (dep.08/08/2006 ) Rv. 234949-01 (Nell’occasione la Corte ha ulteriormente affermato che il legale rappresentante non può esimersi da responsabilità adducendo una propria incapacità tecnica, in quanto tale condizione lo obbliga al conferimento a terzi dei compiti in materia antinfortunistica).
In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, destinatario delle normativa antinfortunistica in una impresa strutturata come persona giuridica, quale è nel caso di specie la FS Logistica, è il suo legale rappresentante, Castaldo, persona fisica attraverso cui l’ente ha agito e agisce nel campo delle relazioni intersoggettive; ne consegue che la responsabilità penale del predetto, ad eccezione delle ipotesi di valida delega, deriva proprio dalla sua qualità di preposto alla gestione societaria ed è indipendente dallo svolgimento, o meno, di mansioni tecniche ( Cfr.Sez. 3, n. 17426 del 10/03/2016 Ud. (dep. 28/04/2016) Rv. 267026 – 01.
3.11. La Corte territoriale è incorsa in errore disattendendo quel che i giudici di primo grado avevano correttamente ritenuto, ossia che tutti gli imputati erano primari destinatari, quali committenti delle operazioni di bonifica delle cisterne che avevano scaricato zolfo e contenevano rifiuti pericolosi (acido solfidrico), degli obblighi di salvaguardia dei lavoratori e di gestione della sicurezza sul luogo di lavoro, rispetto ad eventi per i quali era prevedibile il rischio per la integrità fisica dei lavoratori medesimi e delle persone collegate al luogo di lavoro; obblighi in primo luogo di informazione (mediante la consegna della scheda c.d a 16 punti fornita dall’Eni fol 75), di segnalazione dei rischi specifici inerenti l’attività di ripulitura della cisterna dai residui di zolfo e acido solfidrico; nonché di vigilanza sulla scelta e sulla sua capacità tecnico- professionale dell’impressa cui erano state affidate le operazioni di bonifica delle cisterne che avevano trasportato zolfo liquido( fol 71 e ss).
I committenti in relazione agli obblighi di coordinamento e cooperazione connessi al rischio interferenziale, dettati dall’art. 7 D. Lgs 626/1994 ( ora art. 26 D.Lgs 81/08), erano tutti senz’altro tenuti a informare gli affidatari del rischio rappresentato dalla presenza di acido solfidrico nella cisterna. Tale dovere informativo prescinde dalla contingenza e fa riferimento ai rischi strutturalmente insiti nell’operazione relativa allo svolgimento di un’attività da considerarsi pericolosa in ragione della pericolosità dei rifiuti gestiti ( art. 2087 e 2050 cod.civ.)
3.12. Contraddittoria e in violazione di legge è, per le ragioni illustrate ai paragrafi 1,2,3.1,3.2,3.3,3.4, la parte della motivazione della sentenza (fol 114 e ss) che riguarda l’assoluzione, per non aver commesso il fatto, dei referenti di Nuova Solmine s.p.a Balestri, Lolini, Mansi, componenti il consiglio di amministrazione ( fol 102 sentenza primo grado del 2014).
Invero la Corte territoriale dà atto ( a fol 107) che i tragici eventi erano derivanti dalla decisione di procedere al trasporto di un diverso prodotto, l’acido solforico e quindi dalla conseguente necessità di conversione e bonifica di una parte delle cisterne adibite al trasporto di zolfo liquido, ma non trae le dovute conseguenze in tema di individuazione delle posizioni di garanzia e valutazione del rischio connesso.
E’ stato accertato infatti che la scelta di modifica dell’oggetto contratto, che aveva anche una finalità transattiva ( fol. 121 sentenza impugnata), fu adottata necessariamente ai più alti livelli aziendali e vi fu anche con un incontro ai vertici il 18.01.2008, tra Castaldo per Fs Logistica e i referenti di Nuova Solmine, che aveva già ricevuto le lamentele, dopo i primi trasporti di acido solforico nelle cisterne non bonificate, da parte della cliente Timac, relativamente all’inquinamento del prodotto da residui di zolfo e che quindi era ben consapevole della necessità di ripulire le cisterne dai rifiuti interni rimasti dopo lo scarico di zolfo liquido (fol 124 sentenza impugnata).
I profili di colpa specifica sono necessariamente riferiti all’omessa classificazione da parte della Nuova Solmine, produttore o comunque detentore ai sensi dell’art. 183 comma 1 lett. f D.gls 152/06, di rifiuto pericoloso derivante dai residui di zolfo solido e acido solfidrico, contenuti nella cisterna vuota dove si è verificato il tragico incidente, oltre che all’omessa imprudente vigilanza sulle operazioni di bonifica delle cisterne in conformità della normativa medesima.
La Corte territoriale a fol 11 e ss è pervenuta ad una interpretazione dell’art. 183 cit. non coerente con il significato letterale della norma e con la lettura complessiva della normativa di tutela ambientale; e ha tratto conseguente contraddittorie e illogiche circa la titolarità delle posizione di garanzia in capo agli imputati referenti della Nuova Solmine che non valorizza e anzi svaluta i dati probatori che compongono la ricostruzione fattuale accertata descritta ai paragrafi 1 e 2, in cui si dà atto della conoscenza da parte di Nuova Solmine ed Fs Logistica della presenza di acido solfidrico all’interno delle cisterne di cui era necessaria la bonifica ( fol 132-134 sentenza impugnata).
Va premesso che la natura di rifiuto non concerne solo i residui di zolfo solidificati, rimasti all’interno della cisterna dopo lo scarico ma anche gli effluenti gassosi, ossia il residuo di acido solfidrico; e che il viaggio del 3.03.2008 presso la Truck Center non faceva parte della tratta del 19.12.2007 riconducibile all’originario contratto dello zolfo fuso ( Eni -Nuova Solmine), che si era infatti concluso con lo scarico del 20.12.2007.
Il viaggio della cisterna *527, vuota ma non ripulita, ripartita da Campiglia marittima il 28.12.2017, spedita da Nuova Solmine tramite Fs Logistica, addirittura con il codice rid spuntato sul no, depositata allo scalo di Ferruccio di Bari e da lì prelevata dall’autista di La Cinque, per essere condotta a Molfetta presso la Truck Center per le operazioni di bonifica, faceva parte del nuovo accordo concluso tra Nuova Solmine e Fs Logistica; ne derivavano sub appalti a cascata, finalizzati al reperimento della ditta che avrebbe dovuto eseguire la bonifica e la scelta è avvenuta su un soggetto palesemente inidoneo, non autorizzato per la qualità degli strumenti di lavoro, per la mancanza di mezzi di protezione individuale, per l’impreparazione del personale alle sue dipendenze, in violazione delle doverose verifiche di cautela imprenditoriale connesse alla capacità tecnico organizzativa del soggetto affidatario e della doverosa informazione gravante su ciascuno dei datori di lavoro circa il contenuto pericoloso del rifiuto da bonificare.
La posizione di garanzia in capo agli imputati Balestri, Lolini, Mansi, componenti del Consiglio di Amministrazione della Nuova Solmine s.p.a. discende quindi anche dagli obblighi di legge riferiti al produttore di rifiuti ex art. 183 d.lgs citato che, alla lett. f), definisce tale il soggetto la cui attività produce rifiuti, senza alcun riferimento, come erratamente sostiene la Corte territoriale ad una attività manipolatoria; e, alla lettera h), qualifica il detentore come il produttore di rifiuto o la persona giuridica o fisica che ne è in possesso. È dunque pacifico che la responsabilità per la gestione dei rifiuti in relazione alle disposizioni nazionali e comunitarie gravi su tutti i soggetti coinvolti nella produzione o nella detenzione di beni dai quali originano i rifiuti pericolosi e che la normativa di riferimento è posta a protezione della salute umana per tutti coloro, quindi anche i lavoratori, che vengono in contatto con i rifiuti nelle attività di gestione degli stessi.
3.13. La motivazione della Corte territoriale è illogica e contraddittoria e contrasta con il principi della giurisprudenza di questa Corte che in tema di rifiuti ha affermato ( Sez. 3 n. 41582 del 9.10.2007 rv 238010-01 in motivazione) che possono costituire rifiuto le sostanze gassose qualora ai fini dello smaltimento siano immesse da sole o insieme ad altra sostanza in contenitori oppure quegli effluenti gassosi che vengono stoccati o smaltiti a mezzo di impianto indipendente diverso da quello in cui sono stati prodotto nel corso dell’attività produttiva. Cosi come deve intendersi produttore o detentore di rifiuto non solo chi svolge l’attività materiale ma colui al quale è riferibile l’attività giuridica e quindi qualsiasi intervento che determina in concreto la produzione di rifiuti e da cui deriva la posizione di garanzia dell’adempimento di determinati obblighi in materia di smaltimento,( Sez. 3 n. 4957 del 21.01.2000 rv 215942-01).
3.14. Il comportamento degli imputati non ha avuto un ruolo meramente occasionale, ma si è posto come condizione necessaria ed antecedente rispetto all’evento in concreto verificatosi. È quindi, applicabile al caso la regola inserita nell’art.41 c.p., comma 1, perché gli imputati con la loro condotta colposa (mancato controllo sulla affidabilità delle persone delegate allo smaltimento dei rifiuti) hanno posto in essere una condizione della catena causale senza la quale l’evento, prevedibile e non dovuto a fattori imponderabili, non si sarebbe verificato.
4.1. ricorsi delle parti civili Comune di Molfetta, Catriotta, Sciancalepore Maria, Grazia, Mauro, Felice, Petruzzella nei confronti degli imputati Balestri, Lolini, Mansi sono fondati per le ragioni già’ espresse ai paragrafi 3 e in particolare nei paragrafi 3.12 e ss, nonché agli effetti civili anche per le posizioni di Panichi e Pazzagli, che, nell’ambito della Nuova Solmine, ricoprivano, il primo, l’incarico di responsabile del servizio di prevenzione e protezione e consulente per il trasporto di merce pericolosa, il secondo, di responsabile delle attività tecnico produttive e preposto dello stabilimento di Scarlino ( fol 102 sentenza primo grado del 2014).
Infatti, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai fini dell’individuazione del garante nelle strutture complesse occorre far riferimento al soggetto deputato alla gestione del rischio essendo comunque riconosciuto come riconducibile alla sfera del preposto, il rischio occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa, a quella del dirigente, il sinistro riconducibile al dettaglio dell’organizzazione dell’attività lavorativa, al datore di lavoro l’incidente derivante da scelte gestionali di fondo ( Sez. 4 n. 22606 del 4.04.2017 rv 26997201 ).
5.11. ricorso Campanile è infondato per le considerazioni espresse ai fini dell’accoglimento del ricorso del procuratore generale e in particolare illustrate ai paragrafi da 3.1 a 3.9.
6.11. ricorso della Truck Center s.r.l. è infondato e i motivi possono essere trattati congiuntamente.
La Corte territoriale in uno con la decisione di primo grado, le cui motivazioni quindi si fondono e si integrano vicendevolmente formando una sola entità logico giuridica, ha dato piena e coerente ragione del fondamento delle affermazioni di responsabilità in relazione agli infortuni sul lavoro occorsi presso la Truck Center durante le operazioni di bonifica e lavaggio della cisterna. Ha motivato in maniera logica e coerente che la Truck center si è costituita nel 2004 per l’esercizio di attività di autoparco ed autolavaggio comune nonché per la manutenzione, e riparazione di autoveicoli; l’inizio della nuova attività del lavaggio interno delle autocisterne era stata comunicata alla CCIA di Bari il 9.07.2007 e comunque la società era sprovvista dell’autorizzazione ai sensi dell’art. 208 e ss. Dlgs 152/2006 relativo allo smaltimento dei rifiuti pericolosi (fol 54 sentenza impugnata );il DVR non era stato aggiornato e non faceva alcun riferimento ai rischi derivanti dal lavaggio di autocisterne utilizzate per il trasporto di prodotti chimici, attività che quindi, il legale rappresentante della Truck Center, certamente coltivando l’interesse economico all’espansione sul mercato della propria azienda, aveva intrapreso senza avere la perizia e la competenza tecnico professionale necessarie, omettendo non solo di richiedere la scheda di sicurezza relativa al prodotto che risultava essere stato trasportato (ex zolfo), ma di valutare il rischio derivante alla salute e alla sicurezza dei lavoratori e dei terzi, che potevano venire a contatto con l’ambiente di lavoro, dal trattamento di rifiuti chimici pericolosi e di predisporre le doverose minime misure di prevenzione, sicurezza e formazione del personale finalizzate allo svolgimento di operazioni che implicavano l’introduzione della persona all’interno della cisterna, ambiente confinato ad alto rischio per la prevedibile presenza di gas pericolosi (fol 307 e ss. sentenza primo grado del 2009).
Rispetto a tali acclarati comportamenti, rilevanti sotto il profilo della colpa generica e specifica, le omissioni di informazioni attribuibili agli altri imputati committenti dell’operazione di bonifica rappresentano concause nella produzione dell’evento e non già cause sopravvenute idonee a elidere il nesso di causalità materiale ai sensi dell’art. 41 comma 2 cod.pen. ( cfr. anche Sez.4 n.15124 del 13.12.2016 ;Sez. 4 n.30557 del 7.06.2016 rv 267687).
7. In conclusione la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Bari per nuovo esame sia agli effetti civili che penali quanto alle assoluzioni di Castaldo Mario, Balestri Giuliano, Lolini Ottorino Mansi Luigi, della Fs Logistica, La Cinque Biotrans, Nuova Solmine e quanto alla declaratoria di intervenuta estinzione per prescrizione nei confronti di Buonopane Alessandro e Campanile Pasquale.
7.1. Per quanto attiene alla posizione degli imputati Panichi Mauro e Pazzagli Gabriele l’annullamento va disposto solo ai fini civili, in quanto nei loro confronti non risulta proposto il ricorso del PG, ma, secondo la giurisprudenza di questa Corte, prevale anche in questo caso la competenza del giudice penale su quello civile, secondo l’indirizzo giurisprudenziale per il quale in tema di annullamento da parte della Corte di Cassazione della sentenza impugnata ai soli effetti civili il rinvio al giudice civile di cui alla seconda parte dell’art. 622 cod.proc.pen è limitato alle ipotesi in cui la sentenza di proscioglimento dell’imputato venga caducata esclusivamente in accoglimento del ricorso di parte civile, mancando e venendo in toto respinti altri ricorsi rilevanti agli effetti penali (mentre nel caso di specie è accolto il ricorso agli effetti penali del Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Bari), il che è in linea con la ratio della norma, cioè quella di evitare ulteriori interventi del giudice penale