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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti, Diritto processuale penale, Sicurezza sul lavoro Numero: 4148 | Data di udienza: 16 Dicembre 2021

SICUREZZA SUL LAVORO – Disastro colposo – Crollo di un edificio – Operazioni di risagomatura del corso di un torrente – Direttore dei lavori per la p. a. committente – Direttore del cantiere per l’impresa esecutrice – Rilevanza delle distinte professionalità – Colpa per difetto di vigilanza – Posizione di garanzia – Principio di colpevolezza – Verifica in concreto – Violazione della regola cautelare – Prevedibilità ed evitabilità del fatto dannoso – Compiti del direttore del cantiere – Posizione di garanzia nei riguardi dei lavoratori operanti in cantiere – Art. 449 cod. pen. – D. Lgs. n.81/08 – APPALTI – Responsabilità del Direttore tecnico di cantiere – Adattamento, applicazione e osservanza dei piani di sicurezza – Esecuzione delle prestazioni in contratto – Codice degli Appalti (D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50) – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Diversa qualificazione giuridica del fatto – Correlazione tra accusa e sentenza – Garanzia del diritto di difesa – Art. 521 cod. proc. pen.. (Massima a cura di Francesco Camplani)


Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 4^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 7 Febbraio 2022
Numero: 4148
Data di udienza: 16 Dicembre 2021
Presidente: CIAMPI
Estensore: BELLINI


Premassima

SICUREZZA SUL LAVORO – Disastro colposo – Crollo di un edificio – Operazioni di risagomatura del corso di un torrente – Direttore dei lavori per la p. a. committente – Direttore del cantiere per l’impresa esecutrice – Rilevanza delle distinte professionalità – Colpa per difetto di vigilanza – Posizione di garanzia – Principio di colpevolezza – Verifica in concreto – Violazione della regola cautelare – Prevedibilità ed evitabilità del fatto dannoso – Compiti del direttore del cantiere – Posizione di garanzia nei riguardi dei lavoratori operanti in cantiere – Art. 449 cod. pen. – D. Lgs. n.81/08 – APPALTI – Responsabilità del Direttore tecnico di cantiere – Adattamento, applicazione e osservanza dei piani di sicurezza – Esecuzione delle prestazioni in contratto – Codice degli Appalti (D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50) – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Diversa qualificazione giuridica del fatto – Correlazione tra accusa e sentenza – Garanzia del diritto di difesa – Art. 521 cod. proc. pen.. (Massima a cura di Francesco Camplani)



Massima

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.4^, 7 febbraio 2022 (Ud. 16/12/2021), Sentenza n.4148

SICUREZZA SUL LAVORO – Disastro colposo – Crollo di un edificio – Operazioni di risagomatura del corso di un torrente – Direttore dei lavori per la p. a. committente – Direttore del cantiere per l’impresa esecutrice – Rilevanza delle distinte professionalità – Colpa per difetto di vigilanza – Posizione di garanzia – Principio di colpevolezza – Verifica in concreto – Violazione della regola cautelare – Prevedibilità ed evitabilità del fatto dannoso.

In relazione al reato di cui all’art. 449 cod. pen., disastro colposo, la sfera di garanzia del direttore dei lavori per conto della pubblica amministrazione committente impone di valutare se la sopravvenienza all’origine del disastro, realizzatasi in fase esecutiva, era nota, o riconoscibile, o posta a conoscenza del direttore dei lavori e se, tenuto conto del tempo di intervento e della eziologia del fenomeno scatenante, fosse prevedibile il pericolo dell’evento disastroso e, infine, se una tempestiva predisposizione di opera provvisionale avrebbe evitato l’evento predetto; questo, in considerazione del fatto che non può ritenersi responsabile di tutti accadimenti che occorrono in cantiere, soprattutto quando gli stessi si riferiscono ad una area di rischio presidiata, in prima battuta, da distinte professionalità. Più in generale, la titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell’evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione – da parte del garante – di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire (cosiddetta concretizzazione del rischio), sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l’evento dannoso. Nella specie, la Corte ha accolto il ricorso dell’imputato, non posto al corrente della manovra avventata di un escavatore durante i lavori di risagomatura del corso di un fiume, che aveva condotto alla traumatica rimozione di un masso, all’origine del collasso di un manufatto.

SICUREZZA SUL LAVORO – Disastro colposo – Compiti del direttore del cantiere – Posizione di garanzia nei riguardi dei lavoratori operanti in cantiere – Art. 449 cod. pen. – D. Lgs. n.81/08.

In relazione al reato di cui all’art. 449 cod. pen., disastro colposo, la sfera di garanzia del direttore del cantiere assume il ruolo di dirigente, come definito dal D. Lgs. n.81/08, facendo così assumere al soggetto che riveste tale ruolo una posizione di garanzia nei riguardi dei lavoratori operanti in cantiere; tale soggetto è di conseguenza titolare di attribuiti compiti di coordinamento e di controllo delle attività affidate all’impresa con lo scopo di soddisfare gli impegni contrattuali assunti nei confronti della committenza, di informazione, interlocuzione consultazione in sede esecutiva che risultano del tutto compatibili con il l’incarico formale conferito. Il Codice degli Appalti, individua nel direttore tecnico di cantiere il soggetto responsabile del “rispetto del piano [di sicurezza] da parte di tutte le imprese impegnate nell’esecuzione dei lavori”, ponendolo quale principale garante della corretta applicazione delle misure di sicurezza nei cantieri.

APPALTI – Responsabilità del Direttore tecnico di cantiere – Adattamento, applicazione e osservanza dei piani di sicurezza – Esecuzione delle prestazioni in contratto – Codice degli Appalti (D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50).

In tema di appalti, il Direttore tecnico di cantiere, rappresenta una figura sovraordinata, nella specie investita da uno specifico atto prepositurale da parte dell’appaltatore, prevista dal cosiddetto “Codice degli Appalti”, da ultimo D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50. Tale soggetto è incaricato dell’organizzazione, della gestione e della conduzione del cantiere; inoltre il Direttore di cantiere coordina e segue l’esecuzione delle prestazioni in contratto e sovrintende all’adattamento, all’applicazione e all’osservanza dei piani di sicurezza.

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Diversa qualificazione giuridica del fatto – Correlazione tra accusa e sentenza – Garanzia del diritto di difesa – Art. 521 cod. proc. pen..

In tema di correlazione tra accusa e sentenza non è configurabile la violazione dell’art. 521 cod. proc. pen. qualora la diversa qualificazione giuridica del fatto appaia conformemente all’art. 111 Cost. e all’art. 6 CEDU come uno dei possibili epiloghi decisori del giudizio, secondo uno sviluppo interpretativo assolutamente prevedibile, in relazione al quale l’imputato ed il suo difensore abbiano avuto nella fase di merito la possibilità di interloquire in ordine al contenuto dell’imputazione, anche attraverso l’ordinario rimedio dell’impugnazione. In sintesi, la garanzia del diritto di difesa risulta assicurata in ordine alla eventuale diversa qualificazione giuridica del fatto, quando l’imputato abbia avuto modo di interloquire sul tema in una delle fasi del procedimento, qualunque sia la modalità con cui il contraddittorio è stato preservato.

(riforma sentenza sentenza del 05/03/2020 della CORTE APPELLO di GENOVA) Pres. CIAMPI, Rel. BELLINI, Ric. Orsini ed altro


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.4^, 07/02/2022 (Ud. 16/12/2021), Sentenza n.4148

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:
ORSINI P. nato a CARRARA;
DEI G. L. nato a VIAREGGIO;

avverso la sentenza del 05/03/2020 della CORTE APPELLO di GENOVA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere UGO BELLINI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PASQUALE FIMIANI che ha concluso chiedendo il rigetto di entrambi i ricorsi.

E’ presente l’avvocato FILIPPO ANTONINI del foro di LUCCA in sostituzione dell’avvocato LAVAGNINI CHIARA del foro di MASSA, come da nomina a sostituto processuale ex art. 102 c.p.p. depositata in udienza, in difesa delle parti civili ZAMBELLI ANNA ROSA, BERNARDI ANNA, BERNARDI EDDA, DEL MONTE ALESSANDRA, DEL MONTE CHIARA, DEL MONTE CLAUDIA e DEL MONTE VALENTINA che insiste per la conferma della sentenza impugnata ed il rigetto del ricorso. Deposita conclusioni e nota spese.

E’ presente l’avvocato MICHELE SCOGNAMIGLIO del foro di ROMA in sostituzione dell’avvocato CARIOLA DAVIDE del foro di MASSA, come da nomina a sostituto processuale ex art. 102 c.p.p. depositata in udienza, in difesa delle parti civili VINCHESI ROSA e CAROZZI PIER LUIGI che insiste per la conferma della sentenza impugnata ed il rigetto del ricorso. Deposita conclusioni e nota spese.

E’ presente l’avvocato EMMANUEL TOSI DEL PIANO in sostituzione dell’avvocato BARONI CRISTIANO del foro di LUCCA, come da nomina a sostituto processuale ex art. 102 c.p.p. depositata in udienza, in difesa della parte civile CIARAMELLA CARMELO che insiste per la conferma della sentenza impugnata ed il rigetto del ricorso. Deposita conclusioni e nota spese.

E presente l’avvocato LUIGI LANUCARA del foro di ROMA in sostituzione dell’avvocato BALATRI RICCARDO del foro di LA SPEZIA, come da nomina a sostituto processuale ex art. 102 c.p.p. depositata in udienza, in difesa della parte civile BERTOCCHI PIERLUIGI che insiste per la conferma della sentenza impugnata ed il rigetto del ricorso. Deposita conclusioni e nota spese.

E’ presente l’avvocato LUIGI LANUCARA del foro di ROMA in sostituzione dell’avvocato BERTOCCHI GIOVANNI BATTISTA del foro di MASSA, come da nomina a sostituto processuale ex art. 102 c.p.p. depositata in udienza, in difesa della parte civile BERTOCCHI GIANFRANCO che insiste per la conferma della sentenza impugnata ed il rigetto del ricorso. Deposita conclusioni e nota spese.

E’ presente l’avvocato MICHELE SCOGNAMIGLIO del foro di ROMA in sostituzione dell’avvocato SCARANO ANTONIO ANGELO del foro di MASSA (delega orale) in difesa della parte civile VINCHESI ROSA che insiste per la conferma della sentenza impugnata ed il rigetto del ricorso. Deposita conclusioni e nota spese.

E’ presente l’avvocato ANTONINI FILIPPO del foro di LUCCA in difesa della parte civile MANNOZZI MIRIAM MATILDE che insiste per la conferma della sentenza impugnata ed il rigetto del ricorso. Deposita conclusioni e nota spese.

E’ presente l’avvocato MARZADURI ENRICO del foro di LUCCA in difesa di ORSINI P. che illustrando i motivi del ricorso insiste per l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1.La Corte d’Appello di Genova, con sentenza del 5 Marzo 2020 confermava la sentenza del Tribunale di Massa nella parte in cui aveva riconosciuto gli imputati ORSINI e DEI i colpevoli del reato di disastro colposo di cui all’art.449 cod.pen. in relazione a crollo di edificio posto al di sopra di argine del torrente Carrione nel comune di Massa e li aveva condannati alla pena di anni due di reclusione ciascuno.

2. Ai due professionisti, rispettivamente direttore dei lavori dell’amministrazione committente la risagomatura dell’alveo del torrente Cerrione l’ORSINI, e direttore di cantiere dell’impresa esecutrice delle opere COESTRA s.p.a. il DEI, era contestato di avere operato con colpa in particolare per avere realizzato la demolizione delle briglie ubicate nel tratto compreso tra il ponte di Via Apuana ed il ponte di Via Baroncino, facendo in tale modo aumentare la pendenza dell’alveo del fiume fino a due metri e cagionando pertanto un significativo aumento della capacità corrosiva della corrente, nonché per avere l’ORSINI autorizzato ed il DEI fatto eseguire, nel rispetto delle relative competenze, la ripresa dei lavori nell’alveo del torrente, così consentendo una nuova movimentazione in alveo per il ripristino della pista sulla sponda sinistra lungo il tratto suddetto (compreso fra Ponte di Via Apuana e Ponte Baroncino) nonché un’ulteriore demolizione del bauletto della rete fognaria posto nel suddetto tratto; in tale modo determinavano il crollo dell’edificio ubicato in Via Carriona 44-48 avvenuto a causa del collasso puntuale del muro di argine su cui insistevano il manto stradale e le fondazioni del suddetto edificio, evento generato a seguito della progressiva erosione della corrente d’acqua, causata dalla maggiore pendenza dell’alveo, dalla demolizione del bauletto di fognatura posto in corrispondenza dell’edificio e dalla realizzazione delle piste in alveo con conseguente significativa modifica del corso delle acque del torrente.

3. La Corte di appello dopo avere affermato di condividere le argomentazioni della sentenza di primo grado che, sulla base delle sollecitazioni tecniche difensive, nonché sulla base di apporti dichiarativi e fotografici, aveva ritenuto che la causa immediata del collasso del fabbricato non era rappresentata dalla maggiore pendenza dell’alveo a seguito della demolizione della briglia, ma da un evento traumatico realizzatosi nel corso della esecuzione degli interventi demolitori, nondimeno escludeva che tale emergenza, intervenuta in dibattimento, modificasse in termini sostanziali gli addebiti di colpa mossi ai due imputati, in quanto il collasso del muro d’argine trovava la sua origine mediata negli interventi demolitori del manufatto fognario posto sull’argine con la conseguente realizzazione delle piste in alveo e pertanto a specifici interventi, indicati in imputazione, espressamente presidiati dalle figure di garanzia dei due imputati che ricomprendeva pertanto anche la verifica e la vigilanza sulla corretta esecuzione di tali interventi e la eventuale predisposizione di misure di salvaguardia onde assicurare la stabilità dell’argine.

Dopo avere ripercorso i momenti salienti del diario dei lavori e avere riassunto i contributi tecnici e probatori delle parti la corte di appello, confermando la valutazione del primo giudice, assumeva che la unica causa del collasso del fabbricato provata in giudizio era rappresentata da una manovra errata di un’escavatorista che, nel rimuovere un enorme masso di marmo dal muro d’argine, aveva provocato una cavità nella quale si era incuneata l’acqua meteorica da cui era conseguito l’allagamento delle fondamenta dell’argine ed il repentino crollo dell’edificio sovrastante.

3.1 Così riassunte le cause del crollo ad entrambi gli imputati erano attribuiti rilevanti profili di colpa soprattutto nel difetto di vigilanza della corretta esecuzione degli interventi demolitori e ripristinatori e nella mancata adozione di adeguate misure di protezione e di prevenzione. In particolare riconosceva all’ORSINI quale direttore dei lavori per conto del committente il mancato adempimento alla funzione di alta vigilanza che lo rendeva responsabile anche quando era assente dal cantiere, e a prescindere dalla ricorrenza di altre figure di garanti, in relazione alla regolare esecuzione delle opere edilizie e alle necessarie precauzioni di ordine tecnico. D’altro canto non si trattava di interventi provvisionali di spettanza del responsabile del cantiere in fase esecutiva, trattandosi al contrario delle opere comprese nel contenuto del contratto di appalto.

Quanto al direttore di cantiere DEI Gianluca, che aveva eccepito la mancanza di procura institoria o comunque la carenza di poteri rappresentativi della ditta appaltatrice, la corte di appello di Genova evidenziava la presenza agli atti di un documento in data 14 Settembre 2009 che conteneva la nomina del ricorrente a direttore di cantiere e delineava i suoi obblighi in materia prevenzionistica. Sotto diverso profilo escludeva che, in relazione all’art.11 del capitolato di appalto, tale atto di nomina avesse solo rilievo interno per non essere stato comunicato alla direzione dei lavori e quindi alla parte pubblica, atteso che l’onere imposto dalla norma suddetta non contemplava la comunicazione delle delega alla parte pubblica; riteneva sotto diverso profilo che la presenza, all’interno della società appaltatrice, di ulteriori figure di garanzia non escludeva che il DEI avesse assunto la veste formale di direttore di cantiere quale figura di riferimento e di confronto con la parte committente, rappresentata dal direttore dei lavori e che pertanto assumesse obblighi di vigilanza in sede esecutiva.

Escludeva infine il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in ragione delle modalità del fatto e del grado della colpa e la mancanza di profili di meritevolezza soggettiva da valorizzare. La pena veniva ritenuta congrua sulla base di una valutazione comparativa dei criteri indicati dall’art.133 cod.pen.

4. Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso le difese dei due imputati.

4.1 La difesa di ORSINI ha articolato tre motivi di ricorso.

4.2 Con una prima articolazione deduce inosservanza di norme processuali e in particolare dell’art.516 in relazione all’art.522 cod.proc.pen. stante il principio di necessaria correlazione tra accusa e sentenza; manifesta illogicità, contradditorietà e carenza della motivazione e travisamento della prova con riferimento alla ricostruzione del fatto storico per il quale è intervenuta la condanna, anche alla luce degli altri atti del procedimento, indicati specificamente.

In particolare sottolinea la trasformazione tra l’imputazione elevata ed il fatto per cui era intervenuta condanna, atteso che nella imputazione veniva contestata la demolizione del bauletto fognario quale fonte di dissesto dell’argine mentre in sentenza il fatto attribuito al ricorrente è quello di non avere vigilato ed eventualmente rimediato alla scorretta manovra di un escavatorista che decideva di estrarre un grosso masso di granito dall’argine del torrente, così da minare la sicurezza delle fondamenta e la stabilità del fabbricato.

Evidenziava a tale proposito l’assoluta eccentricità del decorso causale, in quanto in imputazione l’evento dannoso costituiva la conseguenza di una carente programmazione e direzione dei lavori connessa alla demolizione di una griglia così da modificare la pendenza dell’alveo del torrente ovvero agli interventi demolitori di opere fognarie poste nell’alveo, mentre in sentenza la causa del crollo non solo era rappresentata da una iniziativa esecutiva di un singolo lavoratore intervenuta in epoca successiva al compimento degli interventi sopra indicati.

Inoltre i profili di colpa in capo al ricorrente isolati in sentenza attengono ad un difetto di vigilanza sulla esecuzione dell’opera e ad una mancata risoluzione del problema statico conseguente alla creazione della voragine, fatti che evocano una ricostruzione inedita del decorso causale, tale da disarticolare ed annullare il rilievo causale posseduto dalla ipotesi ricostruttive dell’imputazione. La questione peraltro, secondo la prospettazione difensiva, ha assunto rilievo anche in relazione al rispetto del principio del contraddittorio e del diritto alla difesa dell’imputato in quanto la Corte territoriale, nel suo incedere motivazionale, non ha neppure evidenziato se, rispetto all’ulteriore fatto addebitato, siano state assicurate effettive modalità di interlocuzione processuale, pure a fronte delle contestazioni formulate a tale proposito dalla difesa dell’imputato nei motivi di appello, laddove la problematica della rimozione del masso era emersa nel corso del dibattimento dall’esame del coimputato FESTA e del teste Del Mancino, dichiarazioni che non avevano formato oggetto poi di verifica e di contraddittorio tra le parti del processo ed i loro consulenti tecnici.

D’altro canto neppure il giudice di appello, a fronte di tale novum processuale, aveva inteso indicare in che modo l’ing.Orsini, direttore dei lavori avrebbe potuto prevedere, evitare o porre rimedio a tale erronea manovra di asportazione di materiale che avvenne a brevissima distanza dal collasso del fabbricato e in che modo il professionista avrebbe colposamente omesso una vigilanza ed un controllo capaci di neutralizzare l’evoluzione infausta della serie causale non determinata da una sua negligenza.

Ne conseguirebbe pertanto anche una grave carenza del tessuto argomentativo sulla responsabilità dell’imputato con ripercussioni altresì sulla violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza.

4.3 Con una seconda articolazione deduce manifesta illogicità, carenza e contraddittorietà della motivazione e travisamento della prova e violazione di legge con riferimento al riconoscimento dell’addebito colposo.

Assume il ricorrente che nella motivazione della sentenza della Corte di Appello vengono attribuite all’ORSINI responsabilità che travalicano l’operatività della posizione di garanzia rivestita, celate sotto l’apodittica funzione di alta vigilanza, laddove l’art.124 Dpr 554/1999 circoscrive la sua posizione di garanzia alla verifica dei lavori rispetto al progetto e agli impegni contrattuali assunti e pertanto la sua posizione di garanzia non comprende la verifica sul compimento di opere provvisionali, in quanto le stesse non rientrano nel disegno progettuale e sono specificamente escluse dall’ambito di competenza della direzione dei lavori (art.10 del Contratto speciale di appalto) e invece rimesse alla impresa appaltatrice. La posizione del direttore dei lavori deve pertanto essere tenuta distinta da quella del direttore tecnico di cantiere cui viene affidato il compito dell’organizzazione tecnica del cantiere e del rispetto delle norme antinfortunistiche. Nella specie trattandosi di opere connesse alle modalità pratiche di gestione del cantiere e di realizzazione i piste di transito, la materia risulta di spettanza del direttore di cantiere o di altre figure professionali indicate dal TU sulla salute e sulla sicurezza sul lavoro, diverse dal direttore dei lavori per la parte pubblica. Sotto diverso profilo lamenta carenza della motivazione della sentenza impugnata nell’individuazione delle condotte doverose che avrebbero impedito il verificarsi dell’evento, se non mediante il richiamo ad obblighi di alta vigilanza, senza però indicare le misure idonee a evitare il crollo, finendo per prefigurare la sovrapposizione tra figure di garanzia ben distinte.

Viene poi segnalato un travisamento della prova laddove era stato riconosciuto il decorso di un apprezzabile lasso temporale tra danno provocato all’argine dall’escavatorista e l’evento, mentre era trascorso uno spazio temporale molto limitato di due-tre giorni (in cui era compreso il fine settimana ed il primo novembre) e che a tale proposito l’ORSINI era stato reso edotto solo nel corso della sera antecedente il crollo.

4.4 Riportandosi poi a quanto sopra evidenziato, con un terzo motivo di impugnazione il ricorrente contesta la motivazione della sentenza impugnata anche in ordine alla misura del trattamento sanzionatorio, in quanto il ridotto spazio temporale di manovra aveva impedito l’adozione di interventi conservativi.

5. La difesa di DEI Gianluca ha proposto un unico articolato motivo di ricorso con il quale deduce erronea applicazione del Codice degli Appalti, nonché degli art.4 del Capitolato Generale di Appalto, dell’art.11 del Capitolato speciale di Appalto nonché degli art.113, 434 commi 1 e 2 e 449 cod.pen. in relazione alla ritenuta responsabilità del ricorrente, quale direttore tecnico del cantiere ovvero, pure in assenza di una delega di funzioni connessa all’assunzione di una specifica posizione di garanzia.

Il ricorrente lamenta la erronea interpretazione e l’erronea applicazione delle disposizioni concernenti il riconoscimento in capo al DEI Gianluca della posizione di garanzia di direttore di cantiere, sia laddove la sentenza impugnata ha escluso che, ai fini della radicazione della veste di garanzia, fosse necessario un atto formale da portare a conoscenza del committente, sia ove esclude che, all’uopo non fosse neppure necessario il conferimento di poteri rappresentativi dell’impresa o comunque con la indicazione delle specifiche mansioni attribuite.

All’uopo assume come dall’art.4 del Capitolato Generale di Appalto DM 10.4.2000 emerga che la nomina del direttore di cantiere debba avvenire con atto pubblico a mezzo di mandato con rappresentanza che deve essere depositato presso l’amministrazione committente che ne deve dare comunicazione all’ufficio della direzione dei lavori, come ribadito dall’art.11 del Capitolato Speciale di Appalto che prevede la comunicazione della nomina al committente e l’attribuzione di poteri di rappresentanza.

In relazione all’appalto in oggetto una tale rappresentanza era stata assunta dall’ing.Marco Porta, come peraltro riconosciuto in sentenza, mentre un altro professionista, il geom. Giulio Dei, era stato espressamente incaricato di seguire la esecuzione delle lavorazioni e di assumere le relativi decisioni (mediante delega di incarico in data 14.9.2009). Sotto un diverso assume che ha errato la Corte di Appello, a fronte della pluralità di posizioni di garanzia all’interno della stazione appaltatrice come sopra distinte, a ritenere che l’incarico conferito al ricorrente in relazione alle specifiche mansioni ivi elencate (tutela della sicurezza dei lavoratori) comprendesse l’assunzione di responsabilità per eventi compresi nello spettro di garanzia di soggetti titolari di differenti mansioni, pure specificamente ma separatamente investiti, in un contesto societario connotato dalla compresenza di plurime figure professionali, laddove la Corte di Appello aveva del tutto omesso di discernere e individuare la corretta area di rischio presidiata dai destinatari degli atti di nomina, limitandosi a ricondurre al solo DEI Gianluca la titolarità di mansioni e di responsabilità allo stesso non espressamente conferite.

5.1 Con una seconda articolazione lamenta difetto di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Infondato è il primo motivo avanzato dalla difesa dell’ORSINI.

Rileva il ricorrente che a fronte di una specifica contestazione di responsabilità per colpa enucleata nell’imputazione, il giudice territoriale ha finito per individuare profili di responsabilità a carico dell’imputato in ragione di una condotta omissiva del tutto diversa (difetto di vigilanza in exsecutivis e mancata predisposizione di misure di prevenzione del crollo di edificio a seguito di errata manovra lungo l’argine del torrente da parte di un escavatorista).

Si duole in particolare, dinanzi al giudice di legittimità, non solo della immutazione in sentenza del profilo di colpa ad esso ascritto, che si ripercuoteva sulla stessa materialità dell’azione omessa, ma anche del fatto che la trasformazione era stato determinata dagli esiti di incombenti istruttori la cui assunzione non aveva consentito al prevenuto di usufruire di adeguati momenti di interlocuzione e di difesa.

2. Sul punto peraltro va subito riaffermato che il principio di correlazione tra sentenza e accusa oggetto di contestazione, riconducibile all’art.521 cod.proc.pen. risulta violato soltanto quando il fatto ritenuto in sentenza si trovi rispetto a quello contestato in rapporto di eterogeneità e di incompatibilità sostanziale, nel senso che si sia verificata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione del contenuto essenziale dell’addebito nei confronti dell’imputato, il quale si troverebbe sottoposto a sorpresa di fronte ad un fatto del tutto nuovo senza avere alcuna possibilità di apprestare un’adeguata difesa.

Il principio non risulta al contrario violato quando nei fatti, così come contestati, ovvero ritenuti nella decisione del giudice di merito, si possa parimenti individuare un nucleo comune e, in particolare quando gli stessi si trovino in rapporto di continenza.

2.2 In tale prospettiva per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, così da pervenirsi ad una incertezza sull’oggetto della contestazione da cui scaturisca un effettivo pregiudizio per la difesa dell’imputato. Ne deriva che la indagine volta ad accertare la violazione del suddetto principio, non deve esaurirsi nel mero pedissequo confronto puramente letterale fra imputazione e decisione perché, vertendosi in materia di garanzie di difesa, la violazione si appalesa del tutto insussistente quando l’imputato, anche mediante l’iter del processo, si sia trovato nella condizione concreta di difendersi in ordine al fatto ritenuto in sentenza (Sez.Un, 22.10.1996 Di Francesco, Rv.205619; Sez.4, 16.12.2015, Addio e altri, Rv. 265946; Sez.2, n.17565 del 15.3.2017,Beretti, Rv. 269569).

Sulla base di questi principi va escluso che il contenuto della contestazione nei confronti dell’ORSINI abbia subito in sentenza una radicale trasformazione. In particolare in ipotesi del tutto assimilabile a quella di cui al presente giudizio questa Corte di legittimità ha affermato che una volta contestata la condotta colposa e ritenuta dal giudice di primo grado la sussistenza di un comportamento commissivo, la qualificazione in appello della condotta medesima anche come colposamente omissiva non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza, qualora l’imputato abbia avuto la concreta possibilità di apprestare in modo completo la sua difesa in relazione ad ogni possibile profilo dell’addebito (In motivazione la Corte ha precisato che i profili di colpa commissiva per il reato disastro colposo individuati nella sentenza impugnata non potevano considerarsi estranei alla imputazione originaria, in quanto ricompresi nel fatto storico in essa delineato e, soprattutto, rientranti nella colpa generica contestata all’imputato, sez.4, n.27389 del 8 Marzo 2018, Siani; n.36778 del 3 Dicembre 2020, Celli Gianluca ).

2.3 Orbene nel caso in specie il giudice di merito, pure partendo dalla materialità dei fatti indicati nell’editto accusatorio, si è limitato a prendere atto che la veste di garanzia del prevenuto veniva in considerazione in ragione di condotte omissive tenute in relazione al medesimo segmento di lavorazioni in cui l’impresa appaltatrice era chiamata ad operare sull’argine del torrente, concernenti la rimozione di opere idrauliche e di realizzazione di piste di lavorazione; non poteva ritenersi pertanto realizzata una trasformazione del nucleo principale dell’imputazione, sia pure ampliata a ipotesi di colpa omissiva in exsecutivis.

2.4 Sotto diverso profilo va osservato come la corte di legittimità, recependo un orientamento della Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU, sez, 2, 11 dicembre 2007, Drassich c. Italia), ha affermato che nei procedimenti per reati colposi, quando nel capo d’imputazione siano stati contestati elementi generici e specifici di colpa, come nel caso in esame, la sostituzione o l’aggiunta di un profilo di colpa da parte del giudice dell’appello, sia pure specifico, rispetto ai profili originariamente contestati, non vale a realizzare una diversità o mutazione del fatto, con sostanziale ampliamento o modifica della contestazione. Difatti, il riferimento alla colpa generica è tale da abbracciare la condotta dell’imputato globalmente considerata in riferimento all’evento verificatosi, di tale che questi è posto in grado di difendersi relativamente a tutti gli aspetti del comportamento tenuto in occasione di tale evento, di cui è chiamato a rispondere (Sez. 4, Ord. n. 38818 del 04/05/2005, De Bona Rv. 232427; Sez. 4, Sentenza n. 51516 del 21 Giugno 2013, Maniscalco e altri, Rv. 257902).

Si è rilevato, in tale contesto, che il principio di correlazione tra accusa e sentenza debba essere interpretato teleologicamente non imponendo una conformità formale tra i termini in comparazione ma implicando la necessità che il diritto di difesa dell’imputato abbia avuto modo di dispiegarsi effettivamente, risultando quindi preclusi dal divieto di immutazione quegli interventi sull’addebito che gli attribuiscano contenuti in ordine ai quali le parti – e in particolare l’imputato – non abbiano avuto modo di dare vita al contraddittorio (Sez. 4, Sentenza n. 35943 del 7 Marzo 2014, Denaro, Rv. 260161; n.53455 del 15.11.2018, Galdino De Lima Rozangela, Rv.274500; n.7940 del 25 Novembre 2020, Chiappalone Stefano).

2.5 Sul punto va poi evidenziato come risulti pacifico approdo della giurisprudenza di legittimità che la garanzia del diritto di difesa risulta assicurata in ordine alla eventuale diversa qualificazione giuridica del fatto, che peraltro nel caso in specie si ritiene non ricorra, quando l’imputato abbia avuto modo di interloquire sul tema in una delle fasi del procedimento, qualunque sia la modalità con cui il contraddittorio è stato preservato (fattispecie in cui il mutamento del titolo del reato era intervenuto all’esito del giudizio di primo grado, nel corso del quale era stata espletata una perizia dalla quale emergeva in modo evidente quali fossero i fatti contestati e le ragioni per le quali, rispetto alla originaria contestazione del delitto di cui all’art.316 bis cod.pen., essi dovessero essere qualificati in termini di truffa sez.II, 12.7.2013 n. 44615, Paladini rv.257750; sez.VI, 1311.2013, Di Guglielmi e altri, Rv 257278).

Invero in tema di correlazione tra accusa e sentenza non è configurabile la violazione dell’art. 521 cod. proc. pen. qualora la diversa qualificazione giuridica del fatto appaia conformemente all’art. 111 Cost. e all’art. 6 CEDU come uno dei possibili epiloghi decisori del giudizio, secondo uno sviluppo interpretativo assolutamente prevedibile, in relazione al quale l’imputato ed il suo difensore abbiano avuto nella fase di merito la possibilità di interloquire in ordine al contenuto dell’imputazione, anche attraverso l’ordinario rimedio dell’impugnazione. Sez.2 n.46876 del 24 Ottobre 2014, PG, PC e Borile; sez.4, n.49175 del 13 Novembre 2019, G.).

3. Deve invece riconoscersi la fondatezza del secondo motivo proposto dall’ORSINI in relazione alla riferibilità alla sfera di garanzia dallo stesso presidiata del fattore umano e tecnico che è stato accertato come la scaturigine del crollo del fabbricato e della esigibilità da parte di questi dell’approntamento di urgenti e provvisionali misure di salvaguardia per fare fronte alla situazione di pericolo occorsa.

3.1 Se è vero infatti che al direttore dei lavori in fase esecutiva dell’opera compete l’onere di verifica della esatta esecuzione al progetto nell’interesse della parte committente che si estende, quale declinazione dei suoi doveri di alta vigilanza, a compiti di sorveglianza tecnica e di vigilanza (sez.4, n.46428 del 14 Settembre 2018, A.), il giudice distrettuale ha del tutto omesso di dare concretezza alla natura e all’estensione degli addebiti rivolti all’ORSINI in quanto, una volta riconosciuta la causa del crollo in una avventata manovra di un escavatorista alcuni giorni prima del crollo, il giudice di merito avrebbe dovuto valutare se una tale sopravvenienza, realizzatasi in fase esecutiva, era nota, o riconoscibile, o posta a conoscenza del direttore dei lavori e se, tenuto conto del tempo di intervento e della eziologia del fenomeno scatenante, fosse prevedibile il pericolo di collasso del manufatto quale effetto della traumatica rimozione di un masso, e infine se una tempestiva predisposizione di opera provvisionale sarebbe avrebbe evitato il collasso della struttura.

3.2 Sul punto invero la motivazione della sentenza impugnata risulta meramente apparente. Invero il direttore dei lavori non può ritenersi responsabile di tutti accadimenti che occorrono in cantiere, soprattutto quando gli stessi si riferiscono ad una area di rischio presidiata, in prima battuta, da distinte professionalità, laddove i lavori lungo l’argine erano funzionali a creare dei percorsi per i mezzi utilizzati per la pulizia e la risagomazione dell’argine del torrente (vedi sez.4, n.29792 del 17.6.2015, Pracanica). Manca pertanto nella pronuncia impugnata una adeguata distinzione tra le competenze dei due professionisti imputati, accomunati da un dovere di vigilanza che, in ragione dei rispettivi campi di azione e di garanzia, doveva essere diversamente modulato, atteso che il direttore dei lavori risulta, innanzi tutto, colui che verifica, per conto del committente il rispetto del progetto in fase esecutiva e svolge una alta sorveglianza tecnica che non gli impone di presidiare momento per momento le fasi di avanzamento delle opere, soprattutto quando le stesse abbiano spiccata valenza cantieristica e strumentale.

3.3 Inoltre la titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell’evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione – da parte del garante – di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire (cosiddetta concretizzazione del rischio), sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l’evento dannoso (n.32216 del 20 Giugno 2018, Capobianco e altro; sez.4, n.21554 del 5 Maggio 2021, Zoccarato Giovanni).

Se invero all’ORSINI competeva una vigilanza anche in sede esecutiva, il giudice distrettuale ha del tutto omesso di accertare, alla stregua delle risultanze istruttorie, se l’evento (traumatico) che aveva dato scaturigine al dissesto dell’argine sotto la costruzione, conducendo al collasso di questa, rientrava in concreto nei poteri di previsione e di verifica dell’ORSINI e se costui, sempre che ne avesse avuto tempestiva e completa conoscenza (circostanza anche questa asserita in sentenza in termini surrettizi), avrebbe potuto approntare misure precauzionali di salvaguardia idonee, in accordo ai principi giurisprudenziali sulla probabilità logica, a impedire il crollo del manufatto.

Sul punto peraltro priva di una adeguata motivazione è anche la questione concernente il riparto delle attribuzioni in materia di opere provvisionali, che la Corte di Appello assume a carico della ditta committente, nonostante una diversa previsione contrattuale, per il solo fatto di riguardare l’argine del torrente, e quindi la realizzazione progettuale. Una siffatta motivazione pecca di apparenza in quanto non tutte le attività della ditta appaltatrice svolte lungo l’argine del torrente risultavano intimamente correlate alla realizzazione del progetto, laddove nella specie la realizzazione di piste lungo sponda, parrebbe attività avulsa, alla stregua di quanto circoscritto nell’imputazione, da interventi progettuali facenti capo al committente.

La sentenza sul punto deve pertanto essere annullata con rinvio alla Corte di Appello di Genova per un nuovo giudizio.

4. Il ricorso di DEI deve essere disatteso. Invero il giudice di appello ha del tutto adeguatamente motivato sulla coerenza tra il ruolo allo stesso assegnato e le mansioni ad esso riconosciute nella delega quale dirigente ed organizzatore tecnico delle attività dell’appaltatore nello specifico cantiere.

Invero il Direttore tecnico di cantiere, rappresenta una figura sovraordinata, nella specie investita da uno specifico atto prepositurale da parte dell’appaltatore, prevista dal cosiddetto “Codice degli Appalti”, da ultimo D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50. Tale soggetto è incaricato dell’organizzazione, della gestione e della conduzione del cantiere; inoltre il Direttore di cantiere coordina e segue l’esecuzione delle prestazioni in contratto e sovrintende all’adattamento, all’applicazione e all’osservanza dei piani di sicurezza. Il Codice degli Appalti infatti individua nel direttore tecnico di cantiere il soggetto responsabile del “rispetto del piano [di sicurezza] da parte di tutte le imprese impegnate nell’esecuzione dei lavori”, ponendolo quale principale garante della corretta applicazione delle misure di sicurezza nei cantieri.

4.1 In tal senso, anche la giurisprudenza di legittimità ( Sezione 4, n. 43628 del 24 novembre 2011, Ric. M.M.A., T.P. e I.G.) inquadra il Direttore Tecnico di cantiere, ai fini della tutela delle norme in materia tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, nel modello legale del dirigente, come definito dal D. Lgs. 81/08, facendo così assumere al soggetto che riveste tale ruolo una posizione di garanzia nei riguardi dei lavoratori operanti in cantiere.

Orbene tale veste di garanzia risulta coerente con la delega ad esso assegnata del datore di lavoro CO.E.STRA. s.p.a., citata nella sentenza impugnata e unita al ricorso dal ricorrente, laddove al DEI Gianluca vengono affidati primariamente tutti gli incombenti concernenti la sicurezza del lavoro, articolati in varie disposizioni, e tale previsione risulta molto significativa in quanto indica nel DEI l’immanente e vigile punto di riferimento dell’impresa appaltatrice in quello specifico cantiere; peraltro, più in generale, allo stesso vengono attribuiti compiti di coordinamento e di controllo delle “attività affidate all’impresa con lo scopo di soddisfare gli impegni contrattuali assunti nei confronti della committenza”, di informazione, interlocuzione consultazione in sede esecutiva che risultano del tutto compatibili con il l’incarico formale conferito.

D’altro canto negli ulteriori atti di delega indicati dal ricorrente, di cui viene allegato per l’autosufficienza soltanto quello relativo al “capo commessa” DEI Giulio, non si rinvengono attribuzioni e compiti, come logicamente indicato dal giudice di appello, che si pongono in termini di incompatibilità o di esclusione logica della veste apicale rivestita dall’imputato quale direttore tecnico di cantiere per conto dell’impresa appaltatrice.

Parimenti, tanto dalla motivazione della sentenza del giudice distrettuale, quanto dai riferimenti contenuti nel ricorso del DEI risulta evidente che il ruolo dell’altro direttore di cantiere, ing.Marco Porta, era confinato alla rappresentanza esterna della ditta appaltatrice e, verosimilmente, ai profili amministrativi e non già, come per il DEI a specifici incarichi di gestione tecnica in sede esecutiva; in ogni caso nessun elemento ulteriore è stato dedotto dal ricorrente per consentire di accertare se le concrete deleghe assegnate al PORTA dalla ditta CO.E.STRA valessero a limitare il ruolo dell’imputato ad uno specifico settore, quale quello della sicurezza sul lavoro, ovvero se, in termini coerenti con l’ampiezza della delega assegnata, e in accordo alla formale investitura quale “direttore di cantiere”, al DEI competesse, come logicamente argomentato dal giudice di appello, l’intera gestione tecnica dei lavori.

A questo proposito il giudice distrettuale ha correttamente evidenziato, a prescindere dalla natura recettizia o meno della delega conferito al direttore dei lavori, questione il cui rilievo è limitato ai rapporti tra committente e ditta appaltatrice di lavori pubblici e non incide sulla validità dell’atto negoziale, che l’investitura a direttore di cantiere del DEI era sorretta da un documento di delega idoneo, per completezza e per specificità in presenza altresì dei requisiti professionali del soggetto investito, a costituire una autonoma posizione di garanzia in capo al delegato.

4.2 Infondato risulta altresì il secondo motivo di ricorso concernente il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Invero il ricorrente omette di confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata che risulta logica e priva di contraddizioni.

Va rilevato che ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, come più volte ribadito da questa Corte, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (così sez. 3, n. 23055 del 23.4.2013, Banic e altro). Sul punto invero il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (sez.5, n.43952 del 13 Aprile 2017, Pettinelli).

Il giudice distrettuale ha escluso il beneficio con motivazione del tutto coerente al suddetto insegnamento richiamando il grado e la inescusabilità della colpa, la gravità del danno e del pericolo causati e la macroscopica imperizia evidenziate.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese di difesa delle parti civili che ne hanno fatto richiesta.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla posizione di ORSINI e rinvia sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Genova cui demanda anche la regolamentazione delle spese tra le parti di questo giudizio di legittimità.

Rigetta il ricorso di DEI che condanna al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese in favore delle costituite parti civili che liquida quanto a Zambelli Anna Rosa, Bernardi Anna, Bernardi Edda, Del Monte Alessandra, Del Monte Chiara, Del Monte Claudia, Del Monte Valentina in complessivi euro seimila; quanto a Mannozzi Miriam Matilde in complessivi euro tremila; quanto a Ciaramella Carmelo in complessivi euro tremila; quanto a Bertocchi Gianfranco in complessivi euro tremila; quanto a Bertocchi Pierluigi in complessivi euro tremila; quanto a Vinchesi Rosa e Carozzi Pierluigi in complessivi euro tremilaseicento, oltre per tutte accessori come per legge.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16 Dicembre 2021

 
 

 

 

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