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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Pubblica amministrazione Numero: 18510 | Data di udienza: 22 Aprile 2022

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Reati contro la pubblica amministrazione – Interdizione perpetua dai pubblici uffici – Sentenza di applicazione della pena su misura – Interdizione (perpetua e temporanea) – Pena accessoria – Patteggiamento c.d. “allargato” – Art. 444 cod. proc. pen. – Artt. 317-bis, 323-bis, c.2, cod. pen.. (massima a cura di Francesco Camplani)


Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 6^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 10 Maggio 2022
Numero: 18510
Data di udienza: 22 Aprile 2022
Presidente: DI STEFANO
Estensore: DI NICOLA


Premassima

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Reati contro la pubblica amministrazione – Interdizione perpetua dai pubblici uffici – Sentenza di applicazione della pena su misura – Interdizione (perpetua e temporanea) – Pena accessoria – Patteggiamento c.d. “allargato” – Art. 444 cod. proc. pen. – Artt. 317-bis, 323-bis, c.2, cod. pen.. (massima a cura di Francesco Camplani)



Massima

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.6^, 10 maggio 2022 (Ud. 22/04/2022), Sentenza n.18510

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Reati contro la pubblica amministrazione – Interdizione perpetua dai pubblici uffici – Sentenza di applicazione della pena su misura – Interdizione (perpetua e temporanea) – Pena accessoria – Patteggiamento c.d. “allargato” – Art. 444 cod. proc. pen. – Artt. 317-bis, 323-bis, c.2, cod. pen..

In materia di reati di corruzione e di applicazione della pena su misura, il regime introdotto dalla legge n. 3 del 2019 tempera l’originaria rigidità sanzionatoria: sotto il profilo processuale, incentivando il ricorso al rito del patteggiamento, anche allargato, nei reati contro la pubblica amministrazione; sotto il profilo sostanziale, incrementando ed incoraggiando, con strumenti premiali, la collaborazione degli autori di detti delitti per consentire l’emersione di un fenomeno criminale che mina la credibilità e la trasparenza della pubblica amministrazione. Nella specie, allorché sia stata riconosciuta l’attenuante ad effetto speciale di cui all’art. 323-bis, comma 2, cod. pen., laddove il giudice ritenga di applicare l’interdizione dai pubblici uffici (e l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione) la durata della sanzione accessoria dovrà essere compresa tra uno e cinque anni.

(annulla con rinvio sentenza del 20/10/2021 del GIP del TRIBUNALE DI MILANO) Pres. DI STEFANO, Rel. DI NICOLA, Ric. Bellini

 
 

 

 


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.6^, 10/05/2022 (Ud. 22/04/2022), Sentenza n.18510

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da Bellini P., nato a Suzzara;

avverso la sentenza del 20/10/2021 del giudice per le indagini preliminari del TRIBUNALE DI MILANO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dalla Consigliera Paola Di Nicola Travaglini;

letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Delia Cardia, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al capo relativo all’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza sopra indicata il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., applicava a P. Bellini la pena di cinque anni di reclusione, in relazione a plurimi reati contro la Pubblica Amministrazione (tra cui la corruzione) ed altri.

Con la stessa sentenza il Giudice riconosceva all’imputato la circostanza attenuante prevista dall’art. 323-bis, comma 2, cod. pen. e disponeva l’applicazione della pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

2. Con un unico motivo di ricorso il difensore dell’imputato ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata per inosservanza o erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 317-bis, comma 2, cod. pen. in ordine all’avvenuta applicazione della sanzione accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici in perpetuo e non nella durata compresa tra uno e cinque anni, nonostante fosse stata riconosciuta la circostanza attenuante di cui all’art. 323-bis, comma 2, cod. pen.

3. Il procedimento è stato trattato nell’odierna udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalità di cui all’art. 23, commi 8 e 9, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, i cui effetti sono stati prorogati dall’art. 7 del decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105, convertito dalla legge 16 settembre 2021, n. 126, ed ancora dall’art. 16 del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. Va premesso che, nel caso di specie, in cui la statuizione impugnata è facoltativa e non ha costituito oggetto dell’accordo tra le parti, il ricorso è esperibile ai sensi della disciplina generale di cui all’art. 606 cod. proc. pen. e, dunque, non si pone un problema di ammissibilità ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. (in questo senso Sez. U , n. 21368 del 26/9/2019, Savin, Rv. 279348-03).

2.1 La sentenza impugnata ha applicato all’imputato, chiamato a rispondere di numerosi reati contro la pubblica amministrazione, tra cui il delitto di corruzione, la pena di cinque anni di reclusione, previo riconoscimento dell’attenuante speciale di cui all’art. 323-bis, comma 2, cod. pen. La statuizione accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici è stata applicata in perpetuo e senza alcuna motivazione.

Il tema posto all’attenzione della Corte riguarda solo detto ultimo capo con riguardo sia alle ragioni della sua applicazione, sia alla durata temporanea dell’interdizione, che ai sensi dell’art. 317-bis, comma 2, cod. pen. è compresa tra uno e cinque anni.

Per affrontare la questione è necessario partire dall’esame del testo della legge 9 gennaio 2019, numero 3 (Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici) che ha riformulato le disposizioni oggetto di esame proprio al fine di rendere coerenti le innovazioni sostanziali con il rito del patteggiamento: l’art. 317-bis cod. pen. (interdizione dai pubblici uffici e incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione) ha inciso sulla durata delle pene accessorie dei reati contro la pubblica amministrazione; l’art. 445, comma 1 -ter, cod. proc. pen., ha riguardato gli effetti su queste dell’applicazione della pena su richiesta delle parti. Proprio detta ultima disposizione stabilisce, infatti, che le pene accessorie previste dall’art. 317-bis cod. pen. per i reati contro la pubblica amministrazione ivi indicati, tra cui la corruzione contestata all’imputato, non hanno più un’applicazione automatica ed indefettibile, ma sono rimesse alla scelta del giudice (“il giudice può applicare le pene accessorie previste dall’articolo 317 bis del codice penale”).

Il problema se detto potere discrezionale riguardi anche il patteggiamento cosiddetto “allargato”, in cui l’accordo processuale si riferisce a pene detentive di entità superiore ai due anni, come nella specie, è stato risolto da questa Corte in termini affermativi (Sez. 6, n. 6614 del 12/11/2020, Farina, non massimata). Quindi, si può concludere che il regime introdotto dalla legge n. 3 del 2019 tempera l’originaria rigidità sanzionatoria: sotto il profilo processuale, incentivando il ricorso al rito del patteggiamento, anche allargato, nei reati contro la pubblica amministrazione; sotto il profilo sostanziale, incrementando ed incoraggiando, con strumenti premiali, la collaborazione degli autori di detti delitti per consentire l’emersione di un fenomeno criminale che mina la credibilità e la trasparenza della pubblica amministrazione. Infatti, allorché sia stata riconosciuta l’attenuante ad effetto speciale di cui all’art. 323-bis, comma 2, cod. pen., proprio come avvenuto nel caso sottoposto al vaglio di questa Corte, laddove il giudice ritenga di applicare l’interdizione dai pubblici uffici (e l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione) la durata della sanzione accessoria dovrà essere compresa tra uno e cinque anni.

3. Dalle considerazioni che precedono consegue l’annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla statuizione relativa alla pena accessoria di cui all’art. 317-bis cod. pen., con rinvio al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, in diversa persona fisica, per nuovo esame della questione concernente la durata della sanzione accessoria che, ove ritenuta applicabile, va quantificata tra uno e cinque anni tenendo conto del disvalore dei reati e della personalità del responsabile, ai sensi degli artt. 133 e ss. cod. pen. (Corte Cost. sentenza n. 222 del 2018, Sez. U , n. 28910 del 28/02/2019, Suraci, Rv. 276286, Sez. 6, n. 16508 del 27/5/2020, Condò, Rv 278962).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della durata dell’interdizione dai pubblici uffici e rinvia al Tribunale di Milano per nuovo giudizio sul punto.

Così deciso il 22 aprile 2022

 

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