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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Acqua - Inquinamento idrico, Agricoltura e zootecnia, Inquinamento del suolo Numero: 28862 | Data di udienza: 9 Marzo 2018

* ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Utilizzazione delle acque di produzione del frantoio oleario al di fuori dei casi previsti dalla normativa vigente – Autorizzazione allo spandimento delle acque – Eccezionale piovosità – Condizione impeditiva allo spandimento – AGRICOLTURA – INQUINAMENTO DEL SUOLO – Accumulo idro-agricolo e stoccaggio temporaneo – Spandimento su terreno inidoneo – Responsabilità del legale rappresentante – Sussiste – Reato di cui all’art. 137, c.14, d.lgs. n. 152/2006.


Provvedimento: Ordinanza
Sezione: 7^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 22 Giugno 2018
Numero: 28862
Data di udienza: 9 Marzo 2018
Presidente: CAVALLO
Estensore: ANDRONIO


Premassima

* ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Utilizzazione delle acque di produzione del frantoio oleario al di fuori dei casi previsti dalla normativa vigente – Autorizzazione allo spandimento delle acque – Eccezionale piovosità – Condizione impeditiva allo spandimento – AGRICOLTURA – INQUINAMENTO DEL SUOLO – Accumulo idro-agricolo e stoccaggio temporaneo – Spandimento su terreno inidoneo – Responsabilità del legale rappresentante – Sussiste – Reato di cui all’art. 137, c.14, d.lgs. n. 152/2006.



Massima

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 7^ 22/06/2018  (Ud. 09/03/2018), Ordinanza n.28862


ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Utilizzazione delle acque di produzione del frantoio oleario al di fuori dei casi previsti dalla normativa vigente – Autorizzazione allo spandimento delle acque – Eccezionale piovosità – Condizione impeditiva allo spandimento – INQUINAMENTO DEL SUOLO – Accumulo idro-agricolo e stoccaggio temporaneo – Spandimento su terreno inidoneo – Responsabilità del legale rappresentante – Sussiste – Reato di cui all’art. 137, c.14, d.lgs. n. 152/2006.
 
Si configura il reato di cui all’art. 137, c.14, d.lgs. n. 152/2006, nel caso in cui l’utilizzazione agronomica delle acque di produzione di un frantoio oleario, avviene al di fuori dei casi previsti dalla normativa vigente, attraverso il ruscellamento dei reflui dipeso dall’eccezionale piovosità stagionale che aveva imbibito pesantemente i terreni. Sicché, l’eccezionale piovosità che, nella specie, aveva imbevuto i terreni si qualificava come evento tutt’altro che eccezionale, ed anzi, proprio la circostanza per cui la pioggia era iniziata ad ottobre ed era aumentata prima del compimento del fatto, costituiva la condizione impeditiva allo spandimento. Pertanto, date le circostanze limitative, l’azienda, nella persona della sua legale rappresentante, avrebbe dovuto premurarsi di smaltire l’accumulo idro-agricolo tramite modalità alternative, quali lo stoccaggio temporaneo (da realizzarsi non solo fin dove possibile, come pure era stato fatto nel caso di specie, ma, altresì, tramite l’acquisizione di serbatoi aggiuntivi, stante non solo le eccezionali condizioni metereologiche, ma anche la piena conoscenza dell’abbondanza dei raccolti), ovvero tramite l’invio del surplus di acque di vegetazione in aziende agricole diverse (come concretamente effettuato negli anni precedenti). Né rileva che l’azienda fosse autorizzata allo spandimento delle acque di lavorazione del frantoio, dal momento che, l’efficacia della stessa era circoscritta allo spandimento destinato a culminare nell’assorbimento del terreno secco e dunque idoneo ad assumere i valori nutrizionali derivanti dalle acque di vegetazione, e non certo allo spandimento attuato in presenza di condizioni atmosferiche inidonee a consentire l’assorbimento del terreno e dunque destinato a risolversi nell’impaludimento e nell’immissione nel corso dell’acqua superficiale di una raccolta di materia fangosa a bordo dell’argine. 
 
(dich. inammissibile il ricorso avverso sentenza del 20/11/2015 del TRIBUNALE di FIRENZE) Pres. CAVALLO, Rel. ANDRONIO, Ric. Grifoni
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 7^ 22/06/2018 (Ud. 09/03/2018), Ordinanza n.28862

SENTENZA

 

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 7^ 22/06/2018  (Ud. 09/03/2018), Ordinanza n.28862

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SETTIMA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
ORDINANZA
 
sul ricorso proposto da:
GRIFONI ELISABETTA nato a FIRENZE il 05/03/1968
 
avverso la sentenza del 20/11/2015 del TRIBUNALE di FIRENZE
 
dato avviso alle parti;
 
udita la relazione svolta dal Consigliere VITO DI NICOLA;
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza del 20 novembre 2015 il Tribunale di Firenze ha condannato l’imputata alla pena di 1.000,00 euro di ammenda per il reato di cui all’art. 137, comma 14, del d.lgs. n. 152 del 2006 perché, in qualità di legale rappresentate della ditta "Il frantoio di Grifoni Elisabetta e C. s.a.s.", aveva utilizzato le acque di produzione del frantoio oleario al di fuori dei casi previsti dalla normativa vigente.
 
2. Avverso la sentenza la ricorrente ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento e lamentando l’erronea applicazione dell’art. 137, comma 14, del d.lgs. n. 152 del 2006, perché il ruscellamento dei reflui era dipeso dall’eccezionale piovosità stagionale che aveva imbibito pesantemente i terreni.
 
Peraltro, assume che l’azienda, titolare dell’autorizzazione allo spandimento delle acque, aveva già realizzato la condotta alternativa di stoccaggio temporaneo e, ad ogni modo, la condotta contestata era stata realizzata in totale buona fede. 
 
3. All’udienza odierna, a seguito dell’accoglimento dell’istanza di astensione presentata dal Consigliere Alessandro Maria Andronio, il Collegio è stato integrato dal magistrato tabellarmente disponibile, come riserva di udienza, Consigliere Vito Di Nicola, che ha svolto la relazione della causa.

CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il ricorso e inammissibile per manifesta infondatezza e perché non consentito.
 
2. Il motivo, infatti, risulta rivolto, oltretutto con argomentazioni assolutamente generiche, a sollecitare una nuova valutazione di merito, esulante dai compiti propri della Corte.
 
Quanto al contenuto della doglianza, va ricordato come il Tribunale di Firenze abbia correttamente motivato in ordine alla ritenuta responsabilità dell’imputata, sottolineando, con adeguata motivazione priva di vizi di manifesta illogicità, che l’eccezionale piovosità che aveva imbibito i terreni si qualificava come evento tutt’altro che eccezionale, ed anzi, proprio la circostanza per cui la pioggia era iniziata ad ottobre ed era aumentata prima del compimento del fatto, costituiva la condizione impeditiva allo spandimento. Pertanto, date le circostanze limitative, l’azienda, nella persona della sua legale rappresentante, avrebbe dovuto premurarsi di smaltire l’accumulo idro-agricolo tramite modalità alternative, quali lo stoccaggio temporaneo (da realizzarsi non solo fin dove possibile, come pure era stato fatto nel caso di specie, ma, altresì, tramite l’acquisizione di serbatoi aggiuntivi, stante non solo le eccezionali condizioni metereologiche, ma anche la piena conoscenza dell’abbondanza dei raccolti), ovvero tramite l’invio del surplus di acque di vegetazione in aziende agricole diverse (come concretamente effettuato negli anni precedenti).
 
Né rileva che l’azienda fosse autorizzata allo spandimento delle acque di lavorazione del frantoio, dal momento che, come risulta dal testo della sentenza impugnata, l’efficacia della stessa era circoscritta allo spandimento destinato a culminare nell’assorbimento del terreno secco e dunque idoneo ad assumere i valori nutrizionali derivanti dalle acque di vegetazione, e non certo allo spandimento attuato in presenza di condizioni atmosferiche inidonee a consentire l’assorbimento del terreno e dunque destinato a risolversi nell’impaludimento e nell’immissione nel corso dell’acqua superficiale di una raccolta di materia fangosa a bordo dell’argine. 
 
Infine, manifestamente infondato, non solo perché diretto a sollecitare una valutazione in fatto, ma anche perché non esatto nel suo presupposto di fondo, risulta il profilo che asserisce la buona fede della ricorrente.
 
A tal proposito, si rileva che la stessa difesa ha sottolineato come la condotta di spandimento tenuta dall’azienda fosse necessaria in virtù delle eccezionali condizioni atmosferiche del periodo considerato, confermando, in tal modo, la piena volontarietà dell’azione da parte dell’imputata e dunque la consapevolezza di porre in essere una condotta penalmente rilevante.
 
3. Sulla base delle precedenti considerazioni, il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n.186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 3.000,00. 
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
 
Così deciso il 09/03/2018
 

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