DIRITTO DEL LAVORO – Interposizione fittizia – Contratto di appalto – Contratto di somministrazione – Licenziamento – Forma scritta – Decadenza ex art. 32, c.4, lett. d), l. n. 183/2010 – Decorrenza dei termini. (Segnalazione e massime a cura di Chiara Trotta)
Provvedimento: ORDINANZA
Sezione: LAVORO
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 11 Aprile 2024
Numero: 9783
Data di udienza: 7 Febbraio 2024
Presidente: DORONZO
Estensore: AMENDOLA
Premassima
DIRITTO DEL LAVORO – Interposizione fittizia – Contratto di appalto – Contratto di somministrazione – Licenziamento – Forma scritta – Decadenza ex art. 32, c.4, lett. d), l. n. 183/2010 – Decorrenza dei termini. (Segnalazione e massime a cura di Chiara Trotta)
Massima
CORTE DI CASSAZIONE Sez. LAVORO CIVILE, 11 aprile 2024 (Ud. 07/02/2024), Ordinanza n. 9783
DIRITTO DEL LAVORO – Interposizione fittizia – Contratto di appalto – Contratto di somministrazione – Licenziamento – Forma scritta – Decadenza ex art. 32, c.4, lett. d), l. n. 183/2010 – Decorrenza dei termini.
In tema di interposizione fittizia, l’impugnazione del licenziamento nei confronti del solo datore di lavoro formale non costituisce una preclusione ad agire in giudizio per l’accertamento della sussistenza di un’interposizione fittizia nei confronti del datore di lavoro effettivo, in quanto le vicende relative al rapporto di lavoro formalmente in essere non incidono sul rapporto di lavoro dissimulato intercorrente con diverso datore di lavoro. Infatti, l’applicazione del regime decadenziale dettato dall’art. 32, comma 4, lett. d) della legge n. 183 del 2010 richiede necessariamente l’adozione di un atto scritto da parte dell’utilizzatore della prestazione lavorativa, non essendo imputabile all’utilizzatore stesso, ai fini del decorso dei termini decadenziali, l’atto di licenziamento intimato dal datore di lavoro formale. Quindi, una volta ritenuto che il regime decadenziale dettato dall’art. 32 della legge n. 183 del 2010 richieda un atto scritto per la decorrenza dei termini, l’atto di licenziamento intimato in forma scritta dall’appaltatore/datore di lavoro formale costituisce elemento sufficiente per consentire l’avvio dei termini di decadenza nei soli confronti del soggetto che ha adottato l’atto, mentre nei confronti dell’appaltante/utilizzatore nessuna decadenza potrà essere invocata, salvo l’ipotesi in cui lo stesso appaltante neghi, con atto scritto, la titolarità del rapporto, momento dal quale comincerà a decorrere il doppio termine di decadenza.
(accoglie il ricorso e cassa la sentenza n. 19/2020 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, dep. 14/01/2020 R.G.N. 1208/2018, rinviando alla Corte d’Appello di Catanzaro in diversa composizione), Pres. Doronzo, Est. Amendola, Ric. Maiolo F. (avv. Defina, De Fina) c. Lico S. SRL (avv. Luciani)
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE Sez. LAVORO CIVILE, 11/04/2024 (Ud. 07/02/2024), Ordinanza n. 9783SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Omissis
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9269-2020 proposto da:
M. F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 195, presso lo studio dell’avvocato SERGIO VACIRCA, rappresentato e difeso dagli avvocati FORTUNATO DEFINA, MICHELE DE FINA;
– ricorrente –
CONTRO
L. S. S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA CONCILIAZIONE 10, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE DE LUCA TAMAJO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato VINCENZO LUCIANI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 19/2020 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 14/01/2020 R.G.N. 1208/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/02/2024 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA.
RILEVATO CHE
1. la Corte di Appello di Catanzaro, con la sentenza impugnata resa nell’ambito di un procedimento ex lege n. 92 del 2012, ha confermato la pronuncia di prime cure che aveva dichiarato inammissibile, per intervenuta decadenza, il ricorso proposto da Maiolo nei confronti della Lico S.r.l. volto all’accertamento della fittizietà del rapporto di lavoro formalmente intercorso con Elmecont Srl, nei fatti svolto alle dipendenze della prima società, nonché della inesistenza/nullità del licenziamento intimato da Elmecont, con ricostituzione del rapporto di lavoro alle dipendenze di Lico Srl e condanna di quest’ultima al pagamento delle retribuzioni non corrisposte e dei contributi previdenziali, nonché al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a causa dell’illegittimo licenziamento;
2. la Corte – in sintesi – ha ritenuto che: il provvedimento del Presidente del Tribunale, con cui era stata respinta l’eccezione di decadenza, non avesse natura decisoria ma di ordinanza ex art. 177 c.p.c. sempre revocabile; l’eccezione formulata da Lico S. Srl di tardiva impugnazione del licenziamento fosse tempestiva in quanto già formulata con la memoria di costituzione del 27.06.2013; la vertenza aveva ad oggetto, non solo la contestata esistenza del rapporto interpositorio, ma anche l’impugnativa del licenziamento che avrebbe dovuto essere tempestivamente impugnato dal ricorrente; la contestazione del ricorrente del 23.2.2012 non poteva dirsi tempestiva perché la proroga dei termini prevista dall’art. 32, comma 1 bis, legge 183/2010 riguardava solo le nuove ipotesi di decadenza introdotte dallo stesso art. 32 della legge 183/2010 e non il termine di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, già previsto dall’art. 6 della legge 604/1966;
3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il soccombente con sei motivi; ha resistito con controricorso l’intimata società;
parte ricorrente ha anche comunicato memoria;
all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
1. i motivi di ricorso possono essere come di seguito sintetizzati;
1.1. il primo motivo critica la sentenza della Corte di Appello nella parte in cui, in violazione degli artt. 279, comma 2, n. 4, 420 comma 4, 324, 339 e 340 c.p.c. e 2909 c.c., avrebbe erroneamente ritenuto che il provvedimento emesso dal Presidente del Tribunale in data 13.06.2018 avesse natura di ordinanza ai sensi dell’art. 177 c.p.c. – come tale revocabile con la sentenza definitiva – mentre, in realtà, era da considerare sentenza parziale su questione preliminare all’esame delle domande di merito;
1.2. il secondo motivo denuncia la violazione degli art. 32, comma 1 e comma 1 bis della legge 183/2010, dell’art. 6 della legge 604/1966 e dell’art. 11 delle preleggi al codice civile, per essere stata considerata tardiva l’impugnazione stragiudiziale formulata dal ricorrente in data 23.02.2012, atteso che il differimento dell’entrata in vigore al 31.12.2011 disposto dall’art. 32, I comma, bis legge 183/2010 sarebbe applicabile alle nuove fattispecie di decadenza previste dall’art. 32 legge 183/2010 ma non all’impugnazione stragiudiziale dei licenziamenti nei rapporti interpositori;
1.3. il terzo motivo denuncia il vizio di nullità della sentenza laddove, in violazione dell’art. 112 c.p.c. con riferimento agli artt. 416, comma 3, c.p.c. e 2969 c.c., avrebbe erroneamente ritenuto tempestiva l’eccezione di decadenza dall’impugnazione del recesso datoriale (art. 6 legge 604/1966) formulata dalla Lico S. s.r.l. oltre i termini delle preclusioni di cui all’art. 416 c.p.c. (e cioè all’udienza di primo grado del 10.4.2018);
1.4. il quarto motivo è volto a censurare la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro laddove, in violazione dell’art. 27 d.lgs. 276/2003 (applicabile ratione temporis) e degli artt. 24 e 111 Costituzione, da un lato, ha erroneamente ritenuto che, nell’ambito del contestato rapporto interpositorio tra l’interponente Lico S. s.r.l. e l’interposta Elmecont s.r.l., il Maiolo avrebbe dovuto impugnare il licenziamento comminato da quest’ultima nonostante non fosse oggetto del giudizio e, comunque, non necessitasse di alcuna impugnazione perché inesistente; dall’altro, non ha tenuto conto che tale interpretazione fosse in contrasto con il pacifico orientamento di Codesta Ecc.ma Corte esistente al momento dell’instaurazione del giudizio così costituendo un caso di overruling processuale per violazione dei diritti di difesa e azione del ricorrente;
1.5. il quinto mezzo lamenta che la Corte territoriale non ha tenuto conto che il termine decadenziale per l’impugnazione stragiudiziale del rapporto interpositorio oggetto del giudizio (art. 27 d.lgs. 276/2003) è stato introdotto per la prima volta dall’art. 32, IV comma, lett. d) legge 183/2010 e l’art. 32, I comma, bis della stessa legge ha differito la sua entrata in vigore al 31.12.2011 sicché, in violazione delle norme suddette, ha erroneamente ritenuto tardiva l’impugnazione del ricorrente in data 23.2.2012;
1.6. l’ultimo motivo impugna la sentenza laddove, in violazione degli art. 27 d.lgs. 276/2003, dell’art. 6 della legge 604/1966 e dell’art. 11 delle preleggi al codice civile, ha erroneamente ritenuto che, nell’ipotesi di rapporto interpositorio, il licenziamento è intimato dall’interponente e deve essere impugnato nei confronti dell’interposto mentre, al contrario, “il licenziamento è stato comminato dall’interposta Elmecont s.r.l. e la contestazione è stata correttamente formulata nei confronti dell’interponente effettiva datrice di lavoro Lico S. s.r.l”;
2. possono essere esaminati prioritariamente, per il loro carattere assorbente e decisivo, il quarto motivo di ricorso, in connessione anche con il sesto, che risultano fondati nei sensi espressi dalla motivazione che segue; questa Corte ha chiarito che l’impugnazione del licenziamento (intimato dal datore di lavoro formale) nei confronti del solo datore di lavoro formale non costituisce una preclusione ad agire in giudizio per l’accertamento della sussistenza di un’interposizione fittizia nei confronti del datore di lavoro effettivo, in quanto le vicende relative al rapporto di lavoro formalmente in essere non incidono sul rapporto di lavoro dissimulato intercorrente con diverso datore di lavoro (cfr. Cass. n. 32412 del 2023; v. pure Cass. n. 10694 del 2023); assai di recente si è ribadito che: “L’applicazione del regime decadenziale dettato dall’art. 32, comma 4, lett. d) della legge n. 183 del 2010 richiede necessariamente l’adozione di un atto scritto da parte dell’utilizzatore della prestazione lavorativa, non essendo imputabile all’utilizzatore stesso (ai fini del decorso dei termini decadenziali) l’atto di licenziamento intimato dal datore di lavoro formale” (Cass. n. 6266 del 2024, cui si rinvia ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c. per ogni ulteriore aspetto in ordine all’interpretazione dell’art. 32, comma 4, lett. d) della legge n. 183 del 2010); nel precedente richiamato si argomenta che, una volta “ritenuto che il regime decadenziale dettato dall’art. 32 della legge n. 183 del 2010 richieda un atto scritto per la decorrenza dei termini, l’atto di licenziamento intimato (in forma scritta) dall’appaltatore/datore di lavoro formale costituisce elemento formale sufficiente per consentire l’avvio dei termini di decadenza nei soli confronti del soggetto che ha adottato l’atto, mentre nei confronti dell’appaltante/utilizzatore nessuna decadenza potrà essere invocata (salvo l’ipotesi in cui lo stesso appaltante neghi, con atto scritto, la titolarità del rapporto, momento dal quale comincerà a decorrere il doppio termine di decadenza)”;
3. pertanto, devono essere accolti il quarto e il sesto motivo del ricorso per cassazione; tanto determina l’assorbimento di ogni altra censura, anche quella contenuta nel primo mezzo di gravame, in seguito all’accoglimento dei motivi che escludono il maturarsi della decadenza, il che rende irrilevante ogni questione prospettata con le altre censure;
la sentenza impugnata va, quindi, cassata, con rinvio al giudice indicato in dispositivo che si uniformerà a quanto
statuito, provvedendo anche alle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto e il sesto motivo di ricorso;
dichiara assorbiti gli altri;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 7 febbraio 2024