APPALTI – Successione in appalto di servizi – Protezione dei lavoratori – Trasferimento di azienda – Art. 2112 c.c. – Passaggio di beni di non trascurabile entità – Passaggio del “know how” – Art. 29, c.3, D.lgs. n. 276/2003 – DIRITTO DEL LAVORO – Elementi di discontinuità – Obbligo di assunzione di carattere contrattuale – Operatività del CCNL – Giurisprudenza eurounitaria – Contratti di lavoro a tempo determinato – Accertamento della nullità della clausola appositiva del termine – Ricostituzione del rapporto illegittimamente interrotto – Riammissione in servizio del lavoratore – Conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato – Sentenza dichiarativa – efficacia “ex tunc” – Efficacia retroattiva al momento della stipula del primo contratto a termine – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Interpretazione del contratto – Attività riservata al giudice di merito – Censura in sede di legittimità – Violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale – Vizi di motivazione. (Segnalazione e massime a cura di Alessia Riommi)
Provvedimento: ORDINANZA
Sezione: LAVORO
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 27 Novembre 2023
Numero: 32883
Data di udienza: 18 Ottobre 2023
Presidente: DORONZO
Estensore: CINQUE
Premassima
APPALTI – Successione in appalto di servizi – Protezione dei lavoratori – Trasferimento di azienda – Art. 2112 c.c. – Passaggio di beni di non trascurabile entità – Passaggio del “know how” – Art. 29, c.3, D.lgs. n. 276/2003 – DIRITTO DEL LAVORO – Elementi di discontinuità – Obbligo di assunzione di carattere contrattuale – Operatività del CCNL – Giurisprudenza eurounitaria – Contratti di lavoro a tempo determinato – Accertamento della nullità della clausola appositiva del termine – Ricostituzione del rapporto illegittimamente interrotto – Riammissione in servizio del lavoratore – Conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato – Sentenza dichiarativa – efficacia “ex tunc” – Efficacia retroattiva al momento della stipula del primo contratto a termine – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Interpretazione del contratto – Attività riservata al giudice di merito – Censura in sede di legittimità – Violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale – Vizi di motivazione. (Segnalazione e massime a cura di Alessia Riommi)
Massima
CORTE DI CASSAZIONE Sez. LAVORO CIVILE, 27 novembre 2023 (Ud. 18/10/2023), Ordinanza n. 32883
APPALTI – Successione in appalto di servizi – Protezione dei lavoratori – Trasferimento di azienda – Art. 2112 c.c. – Passaggio di beni di non trascurabile entità – Passaggio del “know how” – Art. 29, c.3, D.lgs. n. 276/2003 – DIRITTO DEL LAVORO – Elementi di discontinuità – Obbligo di assunzione di carattere contrattuale – Operatività del CCNL – Giurisprudenza eurounitaria.
In caso di successione di un imprenditore ad un altro in un appalto di servizi, non esiste un diritto dei lavoratori licenziati dall’appaltatore cessato al trasferimento automatico all’impresa subentrante, ma occorre accertare in concreto che vi sia stato un trasferimento di azienda, ai sensi dell’art. 2112 c.c., mediante il passaggio di beni di non trascurabile entità, nella loro funzione unitaria e strumentale all’attività di impresa, o almeno del “know how” o di altri caratteri idonei a conferire autonomia operativa ad un gruppo di dipendenti, altrimenti ostandovi il disposto dell’art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 276 del 2003, non in contrasto, sul punto, con la giurisprudenza eurounitaria che consente, ma non impone, di estendere l’ambito di protezione dei lavoratori di cui alla direttiva n. 2001/23/CE ad ipotesi ulteriori rispetto a quella del trasferimento di azienda. Tuttavia, nel caso di specie, la richiesta di assunzione presso l’Impresa subentrante doveva essere ancorata alla operatività dell’art. 6 del CCNL 2003 Ambiente, rinnovo dell’art. 4 del CCNL 1995, in forza del quale le parti sociali avevano previsto un obbligo di assunzione per la impresa subentrante e non una mera disponibilità.
DIRITTO DEL LAVORO – Contratti di lavoro a tempo determinato – Accertamento della nullità della clausola appositiva del termine – Ricostituzione del rapporto illegittimamente interrotto – Riammissione in servizio del lavoratore – Conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato – Sentenza dichiarativa – efficacia “ex tunc” – Efficacia retroattiva al momento della stipula del primo contratto a termine.
In tema di contratti di lavoro a tempo determinato la sentenza che accerta la nullità della clausola appositiva del termine e ordina la ricostituzione del rapporto illegittimamente interrotto, cui è connesso l’obbligo del datore di riammettere in servizio il lavoratore, ha natura dichiarativa e non costitutiva con la conseguenza che la conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato opera con effetto “ex tunc” dalla illegittima stipulazione del contratto a termine e la ritenuta nullità dell’apposizione del termine determina la conversione in un unico contratto a tempo indeterminato, con effetto retroattivo al momento della stipula del primo contratto a termine dichiarato illegittimo, sicché, anche ai fini dell’operatività del meccanismo di cui all’art. 2112 c.c., il rapporto rimane unico, senza soluzione di continuità, con conseguente legittimazione passiva del cessionario rispetto ai crediti retributivi derivanti dal riconoscimento della pregressa anzianità.
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Interpretazione del contratto – Attività riservata al giudice di merito – Censura in sede di legittimità – Violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale – Vizi di motivazione.
L’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce un’attività riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione.
(accoglie il ricorso e cassa la sentenza con rinvio alla Corte di Appello di Lecce sentenza n. 322/2021 – CORTE DI APPELLO DI LECCE) Pres. DORONZO, Est. CINQUE, Ric. Frisenna Tommaso (avv.ti Magaraggia U. e Magaraggia G.) c. Navita S.r.l. (avv.ti Augusto, Daprile e D’Addabbo)
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE Sez. LAVORO CIVILE, 27/11/2023 (Ud. 18/10/2023), Ordinanza n. 32883SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23408-2021 proposto da:
F. T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 108, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA GULLO, rappresentato e difeso dagli avvocati UMBERTO MAGARAGGIA, GIUSEPPE MAGARAGGIA;
– ricorrente –
CONTRO
NAVITA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 73, presso lo studio degli avvocati VINCENZO AUGUSTO, ANTONELLO VITO DAPRILE, ROBERTO D’ADDABBO, che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 322/2021 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 12/03/2021 R.G.N. 487/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/10/2023 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.
RILEVATO CHE
1. L’odierno ricorrente – premesso che:
a) con una precedente pronuncia del Tribunale di Lecce era stata dichiarata la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra lui stesso e la società SE.T.A. EU spa (già affidataria del servizio di igiene urbana presso il Comune di Gallipoli);
b) che tale società era fallita e che ad essa era subentrata la Navita srl nel contratto di appalto per il suddetto servizio e in tutti i connessi rapporti di lavoro dipendenti;
c) che era stato chiesto a tale società che fosse posta in essere la sentenza citatachiedeva al Tribunale sopra indicato che fosse accertata la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con la Navita srl e che quest’ultima fosse condannata a ricostituire il rapporto di lavoro e a corrispondere il relativo dovuto trattamento retributivo.
2. Il giudice di primo grado rigettava la domanda e la Corte di appello di Lecce, con la sentenza oggi impugnata, confermava la pronuncia di prime cure.
3. La Corte distrettuale, in sintesi, rilevava che:
a) la successione di un imprenditore ad un altro in un contratto di appalto di servizi integrava la fattispecie del trasferimento di azienda ex art. 2112 cc solo quando fosse stato accertato, in concreto, il passaggio di beni di non trascurabile entità, nella loro funzione unitaria e strumentale all’attività di impresa, o almeno del know how dei lavoratori o di altri caratteri idonei a conferire autonomia operativa ad un gruppo di dipendenti;
b) nel caso in esame, la valutazione del Tribunale, in fatto, che aveva escluso un trasferimento di azienda, era condivisibile;
c) la legge n. 122/2016, art. 30, che aveva modificato l’art. 29 D.lgs. n. 276/2003) non era applicabile perché il passaggio tra SE.T.A. EU spa e Navita srl era avvenuto nel 2013 e, comunque, tra le due società erano ravvisabili elementi di discontinuità al di fuori dell’utilizzo del medesimo personale, ex art. 6 CCNL Ambiente, e degli stessi cassonetti per i rifiuti;
d) nell’accordo del 14.1.2013 (intercorso tra il Comune di Gallipoli, Navita srl e Organizzazioni Sindacali e sulla base del quale la società si era impegnata ad assumere i dipendenti, non inclusi nell’elenco, che fossero risultati in forza a SE.T.A. EU spa al momento della cessazione dell’appalto e che fossero risultati vittoriosi nei giudizi di impugnazione dei contratti a termine) vi era solo una disponibilità alla assunzione ma non un obbligo giuridico e, in ogni caso, la relativa clausola sarebbe stata sottoposta alla condizione sospensiva (delibera di impegno di spesa da parte dell’Ente territoriale per l’assunzione dell’odierno ricorrente), nella fattispecie non risultata avverata;
e) la sentenza con cui era stata dichiarata la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo determinato tra il lavoratore e la curatela fallimentare SE.T.A. EU spa non era opponibile alla Navita srl e al Comune di Gallipoli che erano rimasti estranei al giudizio; f) l’art. 6 del CCNL del 2003 Ambiente non stabiliva alcuna automatica qualificazione giuridica (in termini di cessione di azienda) circa il fenomeno del passaggio di dipendenti tra imprese assegnatarie del servizio pubblico, con il connesso riconoscimento della anzianità pregressa.
4. Avverso la predetta sentenza proponeva ricorso per cassazione Frisenna Tommaso affidato a sei motivi cui resisteva con controricorso la Navita srl.
5. La Navita srl depositava memoria.
6. Il Collegio si riservava il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, dell’art. 2112 cc in rapporto a Corte di Giustizia CEE del 25.1.2001 C172/1999 nonché alle pronunce di legittimità n. 12720/2017, n. 8922/19 e n. 11247/16 e in relazione agli artt. 421 e 437 cpc, per avere erroneamente applicato la Corte territoriale principi affermati in tema di cessione di ramo di azienda in presenza di un appalto da parte del cedente al cessionario quando, invece, nel caso in esame, si verteva in ipotesi di trasferimento di manodopera da Impresa cessante a Impresa subentrante in un appalto di servizi, dove era determinante, per la giurisprudenza euro-unitaria, anche il solo trasferimento della parte essenziale, in termini di numero e di competenza dei lavoratori dipendenti dell’Impresa cessante alla Impresa subentrante nell’appalto che, nel caso de quo, era di natura pubblica, con la conseguenza ulteriore che era improprio il riferimento, operato nella gravata pronuncia, all’art. 29 co. 3 D.lgs. n. 276/2003 che riguardava la fattispecie dell’appalto privato; inoltre deduce il ricorrente che la Corte territoriale avrebbe dovuto disporre accertamenti, a mezzo di tecnico aziendale, al fine di verificare l’essenzialità dell’apporto della manodopera nella fattispecie.
3. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 co. 1 n. 3 cpc, degli artt. 1362 e 1323 cc nonché dell’art. 1173 cc, in relazione all’Accordo Sindacale del 14.1.2013, perché la Corte distrettuale, erroneamente interpretando il suddetto accordo, non aveva ritenuto che la società Navita a rl subentrante aveva assunto l’impegno (e non una mera disponibilità o una opzione) ad assumere tutti i lavoratori ex SE.T.A. EU spa con passaggio diretto ed immediato, come previsto dall’art. 6 del CCNL del 2003, e che il contributo economico assunto dal Comune riguardava una obbligazione di quest’ultimo e non incideva sul suddetto obbligo gravante sulla società.
4. Con il terzo motivo si eccepisce la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 cpc, dell’art. 112 cpc, per avere la Corte di appello erroneamente rilevato di ufficio la circostanza secondo cui l’impegno di cui all’Accordo del gennaio 2013 fosse stato sottoposto a condizione sospensiva.
5. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 co. 1 n. 3 cpc, dell’art. 1359 cc, in relazione all’Accordo Sindacale del 14.1.2013, per non avere ritenuto la Corte territoriale avverata la condizione, ex art. 1359 cc, non avendo la società mai provato di avere richiesto il contributo al Comune di Gallipoli per assumere il dipendente e perché la condizione era collegata alla volontà di un terzo e della stessa società firmataria dell’Accordo.
6. Con il quinto motivo si obietta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 cc, in relazione alla falsa applicazione dell’art. 111 cpc relativamente all’Accordo Sindacale del 14.1.2013, per avere erroneamente ritenuto la Corte
distrettuale che la sentenza dichiarativa della nullità del termine, riguardante il ricorrente, non fosse opponibile al Comune di Gallipoli e alla società pur avendo quest’ultima, nel suddetto Accordo, assunto l’impegno ad eseguire le sentenze dichiarative di nullità del termine e ad assumere i lavoratori dichiarati vincitori.
7. Con il sesto motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione, ex art. 360 co. 1 n. 3 cpc, dell’art. 6 del CCNL del 2003, rinnovo dell’art. 4 del CCNL 1995, per avere erroneamente la Corte di appello affermato che l’applicazione dell’art. 6 del CCNL del 2003 non comportava cessione del ramo di azienda, con il diritto dei lavoratori ad essere assunti, quando invece, nel caso de quo, si verteva nella differente ipotesi di trasferimento di manodopera da Impresa cessante e Impresa subentrante in appalto di opere o servizi, con la domanda del lavoratore finalizzata non alla ricostituzione del rapporto di lavoro per presunta cessione negoziale di azienda ma: a) per estensione dell’art. 2112 cc, in successione di azienda, alla fattispecie di trasferimento di manodopera da Impresa cessante a Impresa subentrante in appalto di opera e servizi; b) per esecuzione di obbligo di assumere in virtù dell’Accordo Sindacale del 14.1.2013; c) per applicazione dell’art. 6 del CCNL del 2003 prevedente il diritto alla assunzione con le tutele normative ed economiche precedenti.
8. Prima di esaminare nello specifico i motivi di ricorso, per una migliore comprensione dei fatti è opportuno inquadrare storicamente la vicenda, come è emersa processualmente dalle prospettazioni non contestate delle parti e dalla documentazione acquisita, posta a fondamento delle decisioni di merito.
9. Il Comune di Gallipoli affidò, con deliberazione n. 68 del 2002, l’appalto per il servizio di igiene urbana, comprendente la raccolta di r.s.u., differenziata e r.u.p., lavaggio cassonetti e contenitori, spazzamento manuale, disinfezione, disinfestazione, manutenzione verde etc., alla società mista SETA spa (poi SE.T.A EU spa) cui era associata il Consorzio COGEI. Il servizio di igiene urbana, dopo la istituzione degli ATO, con deliberazione del Commissario Straordinario n. 17 del 30.1.2012 fu prorogato alla SE.T.A EU spa prima a tutto il settembre 2012 e successivamente al 31.12.2012, quando fu dichiarato risolto il rapporto per l’assenza delle prescritte autorizzazioni obbligatorie. Con ordinanza sindacale del 2.1.2013 il Comune di Gallipoli ordinò alla Navita srl di effettuare il servizio di raccolta dei rifiuti per un periodo di tre mesi (prorogato fino a giugno 2017). La società comunicò la propria disponibilità a dare esecuzione all’ordinanza. La SE.TA EU spa fu, poi, dichiarata fallita nel 2015.
10. Per ciò che concerne il personale, in particolare per il passaggio dello stesso tra imprese cessanti e subentranti, deve segnalarsi un primo accordo intervenuto tra Consorzio COGEI e SE.T.A EU spa l’8.2.2003; altro accordo è, poi, intervenuto tra le società uscenti (COGEI E SETA EU spa) e la società Navita srl il 14.1.2013: in particolare, in tale ultimo accordo, veniva previsto, al punto 3: <Premesso che, dagli elenchi forniti risultano in corso pendenze giudiziarie da parte di alcuni lavoratori, qualora l’esito giudiziario risulti favorevole al lavoratore, la società si rende disponibile ad assumere, a condizione che l’Amministrazione Comunale si faccia carico dell’ulteriore costo determinato dalle nuove assunzioni. Inoltre, dalle notizie ricevute in sede di discussione è emerso che ci sono lavoratori che hanno già ricevuto esito favorevole con reintegra al lavoro, che al momento del passaggio non risultano dagli elenchi, pertanto, valgono le condizioni del punto precedente>.
11. Quanto alla posizione lavorativa dell’odierno ricorrente, deve evidenziarsi che: a) il Tribunale di Lecce aveva dichiarato la nullità del termine apposto al contratto di lavoro subordinato, con decorrenza dal 21.7.2012, intercorso con la allora datrice SE.T.A. EU spa a seguito di ricorso introduttivo del giudizio del marzo 2015 poi proseguito nei confronti della Curatela della società; b) il lavoratore, nel febbraio 2017, aveva richiesto, in virtù della predetta decisione, la ricostituzione del rapporto con la srl Navita in virtù dell’Accordo Sindacale del 14.1.2013, dell’art. 6 del CCNL del 2003 e della sentenza della CGUE del 25 gennaio 2001, C-172/99.
12. Il primo motivo, relativo al fatto che la pretesa del ricorrente sarebbe fondata sul fatto che, nel caso in esame, trattandosi di trasferimento di manodopera da impresa cessante e impresa subentrante, in un appalto pubblico di servizi, non erano invocabili i principi in tema di cessione di ramo di azienda, non è meritevole di accoglimento.
13. Invero, la Corte distrettuale ha impostato correttamente il problema giuridico che le era stato sottoposto con i motivi di gravame verificando, appunto, in concreto, se al fenomeno della successione (o del subentro) della Navita srl nell’assegnazione dell’appalto svolto in precedenza dalla SE.T.A EU spa si fossero potuto applicare le chieste tutele previste dall’art. 2112 cc: prosecuzione dei rapporti di lavoro, mantenimento dei diritti acquisiti, tutela rafforzata dei crediti di lavoro.
14. Ciò in ossequio alla disciplina comunitaria (Direttiva 2001/23/CE che ha proceduto alla codificazione della Direttiva 77/187/CE come modificata dalla Direttiva 98/50/CE) intesa ad assicurare a continuità dei rapporti di lavoro esistenti nell’ambito di una attività economica indipendentemente dal cambiamento del proprietario e, quindi, finalizzata a proteggere i lavoratori in una situazione in cui siffatto cambiamento avesse avuto luogo (CGUE 18 marzo 1986, C-24/85 Spiskers, punto 11).
15. Inoltre, la verifica dei giudici di merito è conforme all’orientamento euro-unitario secondo cui è stato affermato che, in forza dell’art. 1, paragrafo 1 lett. c), la Direttiva 2001/23/CE si applica anche alle imprese pubbliche o private che esercitano una attività economica, che esse perseguano o meno uno scopo di lucro (CGUE 20 luglio 2017, C-416/16 Luis Manuel Piscarreta Ricardo, punto 29) e che i servizi -i quali sono garantiti nell’interesse pubblico e senza fine di lucro e si trovano in concorrenza con quelli offerti da operatori che agiscono con fini di lucro- possono essere qualificati come attività economiche (CGUE, 6 settembre 2011, C-108/10, Scattolon, punti 43 e 44 e giurisprudenza ivi citata).
16. In modo esatto, infine, la Corte di appello ha ritenuto non applicabile la nuova formulazione dell’art. 29 co. 3 Dlgs. N. 276/2003, come modificato nel 2016, vertendosi nella fattispecie in una ipotesi di cambio appalto del 2013.
17. Nel caso de quo, l’attività svolta dalla Navita srl, le modalità del conferimento dell’appalto (con ordinanza urgente cui la società ha prestato la sua disponibilità) nonché la natura del servizio oggetto dell’appalto non incidono, pertanto, sulla esclusione dell’applicabilità della Direttiva sopra indicata e della eventuale conseguente tutela ex art. 2112 cc.
18. L’indagine svolta dalla Corte distrettuale è, altresì, conforme agli indirizzi della giurisprudenza di legittimità con i quali, seppure con qualche incertezza, si è precisato, da un lato, che in caso di successione di un imprenditore ad un altro in un appalto di servizi, non esiste un diritto dei lavoratori licenziati dall’appaltatore cessato al trasferimento automatico all’impresa subentrante, ma occorre accertare in concreto che vi sia stato un trasferimento di azienda, ai sensi dell’art. 2112 c.c., mediante il passaggio di beni di non trascurabile entità, nella loro funzione unitaria e strumentale all’attività di impresa, o almeno del “know how” o di altri caratteri idonei a conferire autonomia operativa ad un gruppo di dipendenti, altrimenti ostandovi il disposto dell’art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 276 del 2003, non in contrasto, sul punto, con la giurisprudenza eurounitaria che consente, ma non impone, di estendere l’ambito di protezione dei lavoratori di cui alla direttiva n. 2001/23/CE ad ipotesi ulteriori rispetto a quella del trasferimento di azienda (Cass. n. 8922/2019; Cass. n. 24972/2016); dall’altro, che nei settori in cui l’attività si fonda essenzialmente sulla mano d’opera, come nell’ipotesi di successione nell’appalto di un servizio, è configurabile un trasferimento d’azienda qualora il nuovo imprenditore non si limiti a proseguire l’attività, ma riassuma anche una parte essenziale, in termini di numero e di competenza, del personale specificamente destinato dal predecessore a tali compiti, potendo corrispondere ad un’entità economica, idonea a conservare la sua identità al di là del trasferimento, un gruppo di lavoratori che assolva stabilmente un’attività comune (Cass. n. 12720/2017; Cass. n 9229/2023).
19. I giudici di seconde cure, invero, hanno specificato, con un accertamento in fatto adeguatamente motivato e in quanto tale insindacabile in questa sede (Cass. 7364/2021), che nella fattispecie, tra le due società, era mancato in concreto il passaggio di beni di non trascurabile entità e che, comunque, i dipendenti, pur essendo numerosi, non costituivano un gruppo dotato di una propria identità funzionale e non aveva una autonoma capacità operativa o un particolare know-how che consentisse di attribuire al loro insieme la valenza di porzione di azienda suscettibile di cessione.
20. Tanto basta per escludere la pretesa del ricorrente alla ricostituzione del rapporto presso la Navita srl ex art. 2112 cc.
21. Il secondo, il terzo, il quarto ed il quinto motivo, da scrutinarsi insieme per la loro interferenza, relativamente alle doglianze in virtù delle quali la pretesa del lavoratore ad ottenere la ricostituzione del rapporto con la Navita srl era fondata esclusivamente sull’Accordo del 14.1.2013, non sono parimenti fondati.
22. Deve precisarsi che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce un’attività riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione; è stato pure puntualizzato che, ai fini della censura di violazione dei canoni ermeneutici, non è sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato, mentre la denuncia del vizio di motivazione dev’essere effettuata mediante la precisa indicazione delle lacune argomentative, ovvero delle illogicità consistenti nell’attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune, oppure con l’indicazione dei punti inficiati da mancanza di coerenza logica, e cioè connotati da un’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti, sempre che questi vizi emergano appunto dal ragionamento logico svolto dal giudice di merito, quale risulta dalla sentenza. In ogni caso, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che è stata privilegiata un’altra (Cass. n. 19044/2010, Cass. n. 15604/2007, in motivazione; Cass. n. 4178/2007) dovendosi escludere che la semplice contrapposizione dell’interpretazione proposta dal ricorrente a quella accolta nella sentenza impugnata rilevi ai fini dell’annullamento di quest’ultima (Cass. n. 14318/2013, Cass. n. 23635/2010).
23. Le censure in concreto articolate con i motivi in esame non sono coerenti con le richiamate indicazioni del giudice di legittimità in quanto prospettano, secondo una modalità di mera contrapposizione, una diversa e più favorevole interpretazione della clausola dell’Accordo del 14.1.2013, intercorso tra le parti, senza veicolarla attraverso la individuazione delle modalità con le quali la Corte di merito si è discostata dalle richiamate regole legali di interpretazione e senza evidenziare specifiche implausibilità o illogicità della motivazione esibita dal giudice di appello nel pervenire al contestato approdo ermeneutico.
24. I giudici di seconde cure hanno ritenuto che le obbligazioni nascenti dalla scrittura fossero sottoposte alla condizione sospensiva della assunzione di una delibera del Comune di Gallipoli di un impegno di spesa che non risultava essersi avverata; hanno, poi, precisato che, nelle premesse fattuali all’accordo stesso, la disponibilità all’assunzione del personale in oggetto era una possibilità e non un impegno giuridico.
25. Inoltre, deve sottolinearsi che l’Accordo del 2013 faceva espresso riferimento al personale che aveva pendenze giudiziarie in corso, mentre nella fattispecie in esame, per quanto sopra sottolineato, il giudizio di primo grado fu instaurato successivamente al gennaio 2013.
26. Si è in presenza, pertanto, di un accertamento che, in quanto fondato su ogni circostanza, anche estrinseca, idonea a chiarire la portata, le ragioni e le finalità perseguite con la disposizione contrattuale, involge un apprezzamento di fatto spettante al giudice del merito che, se adeguatamente motivato, come nel caso di specie, è incensurabile in sede di legittimità.
27. L’esclusione formale dell’odierno ricorrente tra la platea dei lavoratori oggetto dell’Accordo e la statuizione sulla natura giuridica della clausola in termini di mera disponibilità e non di impegno e/o di obbligo, rendono conseguentemente superate tutte le altre critiche di cui ai suddetti motivi.
28. E’, invece, fondato il sesto motivo con il quale la richiesta di assunzione presso l’Impresa subentrante era stata ancorata alla operatività dell’art. 6 del CCNL 2003 Ambiente, che aveva rinnovato il precedente art. 4 del CCNL 1995.
29. La disposizione contrattuale, ratione temporis applicabile (originariamente del CCNL 2003, modificata dal 1° gennaio 2010 ed essenzialmente riprodotta nel CCNL 2012), prevedeva che “Premessa – In caso di avvicendamento nella gestione dell’appalto/affidamento di servizi di cui all’art. 3 del vigente c.c.n.l. tra imprese che applicano il presente c.c.n.l., anche per obbligo stabilito dal capitolato, le imprese sono tenute a osservare le seguenti disposizioni relativamente al subentro nella gestione e al rapporto di lavoro del personale. […]. L’impresa subentrante assume “ex novo”, senza effettuazione del periodo di prova, tutto il personale in forza a tempo indeterminato – ivi compreso quello in aspettativa ai sensi dell’art. 31 della legge n. 300/1970 nonché quello di cui all’art. 59, lett. C) del vigente c.c.n.l. – addetto in via ordinaria allo specifico appalto/affidamento che risulti in forza presso l’azienda cessante nel periodo dei 240 giorni precedenti l’inizio della nuova gestione in appalto/affidamento previsto dal bando di gara e alla scadenza effettiva del contratto di appalto. Ai fini delle predette assunzioni, sono utili le eventuali variazioni dell’organico di cui al precedente capoverso intervenute nei 240 giorni precedenti l’inizio della nuova gestione qualora l’impresa cessante abbia provveduto a sostituire personale cessato dal servizio con personale assunto a tempo indeterminato […]”.
30. La Corte di appello ha evidenziato che la configurabilità di una cessione di azienda o di ramo di azienda non poteva trovare supporto nell’art. 6 CCNL sopra riportato perché si trattava di una norma negoziale che non stabiliva alcuna automatica qualificazione giuridica del fenomeno del passaggio di dipendenti tra imprese assegnatarie del servizio pubblico; né un simile effetto, secondo i giudici di seconde cure, poteva conseguire al mero riconoscimento delle anzianità pregresse in favore dei lavoratori transitati, poiché esso era solo un beneficio economico accessorio che, per contratto collettivo, si aggiungeva al principale beneficio della riassunzione in cambio di impresa aggiudicataria dell’appalto.
31. L’assunto non è condivisibile.
32. In primo luogo, sotto il profilo soggettivo, va evidenziato che l’odierno ricorrente andava considerato lavoratore a tempo indeterminato nel periodo dei precedenti 240 giorni l’inizio della nuova gestione (gennaio 2013) avendo avuto il riconoscimento della sussistenza di un rapporto di lavoro di tale natura, a seguito della declaratoria di nullità della clausola appositiva del termine, fin dal luglio del 2012.
33. In tema di contratti di lavoro a tempo determinato, infatti, la sentenza che accerta la nullità della clausola appositiva del termine e ordina la ricostituzione del rapporto illegittimamente interrotto, cui è connesso l’obbligo del datore di riammettere in servizio il lavoratore, ha natura dichiarativa e non costitutiva con la conseguenza che la conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato opera con effetto “ex tunc” dalla illegittima stipulazione del contratto a termine (Cass. n. 8385/2019) e la ritenuta nullità dell’apposizione del termine determina la conversione in un unico contratto a tempo indeterminato, con effetto retroattivo al momento della stipula del primo contratto a termine dichiarato illegittimo, sicché, anche ai fini dell’operatività del meccanismo di cui all’art. 2112 c.c., il rapporto rimane unico, senza soluzione di continuità, con conseguente legittimazione passiva del cessionario rispetto ai crediti retributivi derivanti dal riconoscimento della pregressa anzianità (Cass. n. 6867/2019).
34. Sotto il profilo oggettivo, deve, invece, sottolinearsi che, sul presupposto in virtù del quale nell’interpretazione del contratto collettivo di diritto comune la volontà delle parti dev’essere ricostruita in primo luogo attraverso il senso letterale delle parole utilizzate e la loro comune intenzione quale emerga dal comportamento anche successivo alla conclusione del contratto, nonché attraverso la lettura complessiva dell’accordo, la previsione (art. 6 CCNL 2003) in esame assume, a prescindere dall’ambito applicativo dell’art. 2112 cc, evidentemente efficacia cogente nei confronti delle imprese affidatarie del servizio di igiene ambientale, configurando, come più volte chiarito dalla giurisprudenza, un vero e proprio diritto soggettivo in capo al lavoratore alle dipendenze dell’impresa cessata, che rinviene la propria ratio nell’esigenza che i lavoratori addetti in via ordinaria all’appalto oggetto di avvicendamento non rimangano privi di occupazione per effetto di quest’ultimo.
35. Né può rilevare che le ordinanze contingibili e urgenti (che, come nel caso in esame, hanno individuato l’Impresa subentrante nell’appalto di servizi) costituiscano provvedimenti extra ordinem che il Sindaco può adottare per ovviare a situazioni eccezionali di necessità ed urgenza che non siano fronteggiabili mediante gli ordinari strumenti amministrativi a disposizione: siffatti provvedimenti devono essere, infatti, pur sempre rispettosi dei principi fondamentali dell’ordinamento e dei precetti costituzionali.
36. Del resto, per concludere l’esame esegetico della norma contrattuale collettiva, va ricordato che l’orientamento di questa Corte, affermato in relazione all’art. 4 del CCNL del 1995, rinnovato, poi, appunto nell’art. 6 del CCNL del 2003 e modificato, per quanto ci interessa nel 2010, era nel senso che già l’art. 4 del c.c.n.l. 2 agosto 1995 dei dipendenti di imprese appaltatrici nel settore dello smaltimento dei rifiuti, nello stabilire che, in caso di risoluzione del rapporto di appalto, “il subentrante e le organizzazioni sindacali territoriali e aziendali si incontreranno in tempo utile per avviare la procedura relativa al passaggio diretto ed immediato del personale dell’impresa cessante”, non si limitava a prevedere un mero obbligo a trattare, ma introduceva un compiuto obbligo di assunzione in quanto attestava la concorde volontà di apprestare lo strumento contrattuale idoneo a garantire la continuità occupazionale.
37. Già, quindi, in relazione ad una disposizione non perentoria come quella applicabile al caso in esame, era stato riconosciuto che le parti sociali avessero previsto un obbligo di assunzione per la impresa subentrante e non una mera disponibilità.
38. In terzo ed ultimo luogo, deve evidenziarsi che l’Accordo del 2013, che conteneva una clausola sociale in ordine alla stabilità occupazionale del personale già impiegato (come si è visto per quei dipendenti che avevano una pendenza giudiziaria in corso) non ha derogato espressamente la applicazione delle norme del CCNL (in particolare dell’art. 6) ratione temporis applicabile che, per i restanti lavoratori, doveva ritenersi ancora operativo.
39. E’ opportuno chiarire, ai fini di delineare il rapporto tra la norma del CCNL sopra indicato e le disposizioni dell’Accordo del 14.1.2013 (le quali in ordine all’assorbimento dei lavoratori appaiono più restrittive) che di recente questa Corte (in motivazione, Cass. n. 8566/2022 punto 4.2), ha precisato che la norma del contratto collettivo si configura quale vincolo scaturente dalla (legittima) esplicazione dell’autonomia collettiva e, quindi, liberamente assunto dalla società (nel caso in esame la Navita srl) per il tramite dei suoi rappresentanti che quel contratto hanno stipulato; analogamente, frutto di libera determinazione è stata la scelta della società di dare la propria disponibilità ad eseguire l’ordinanza del Comune di Gallipoli, scelta rispetto alla quale la Navita srl avrebbe dovuto in via preventiva valutare la compatibilità del rispetto della clausola sociale imposta dall’Accordo del 14.1.2013 con il pregresso obbligo ex art. 6 c.c.n.l. assunto in via convenzionale.
40. Alla stregua di quanto esposto, il sesto motivo deve essere accolto mentre vanno rigettati gli altri.
41. Dell’impugnata sentenza s’impone, pertanto, la cassazione in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’Appello di Lecce che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame facendo applicazione dei suindicati principi e valutando se all’odierno ricorrente spettino le tutele riconosciute ai lavoratori dell’Impresa cessante ai sensi dell’art. 6 CCNL Ambiente 2003.
42. Alla stregua di quanto esposto, il sesto motivo deve essere accolto mentre vanno rigettati gli altri.
43. Dell’impugnata sentenza s’impone, pertanto, la cassazione in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’Appello di Lecce che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame facendo applicazione dei suindicati principi e valutando le tutele riconosciute ai lavoratori dell’Impresa cessante ai sensi dell’art. 6 CCNL Ambiente 2003.
44. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il sesto motivo, rigettati gli altri; cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Lecce, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 ottobre 2023