Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Acqua - Inquinamento idrico,
Danno ambientale,
Diritto processuale europeo,
Legittimazione processuale
Numero: C-529/15 |
Data di udienza:
* DANNO AMBIENTALE – Responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale – Verifiche del giudice del rinvio – Natura del danno idoneo – Ipotesi di autorizzazione rilasciata in applicazione di disposizioni nazionali – ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Responsabilità ambientale – Gestione di una centrale idroelettrica messa in funzione anteriormente alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva – Ricorso alle vie legali in materia di diritto dell’ambiente – LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE – DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO – Legittimazione ad agire – Direttiva 2000/60/CE – Direttiva 2004/35/CE – Nozione di “danno ambientale” – Normativa nazionale che esclude il danno in presenza di autorizzazione – Rinvio pregiudiziale.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 1 Giugno 2017
Numero: C-529/15
Data di udienza:
Presidente: Silva de Lapuerta
Estensore: Rodin
Premassima
* DANNO AMBIENTALE – Responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale – Verifiche del giudice del rinvio – Natura del danno idoneo – Ipotesi di autorizzazione rilasciata in applicazione di disposizioni nazionali – ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Responsabilità ambientale – Gestione di una centrale idroelettrica messa in funzione anteriormente alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva – Ricorso alle vie legali in materia di diritto dell’ambiente – LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE – DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO – Legittimazione ad agire – Direttiva 2000/60/CE – Direttiva 2004/35/CE – Nozione di “danno ambientale” – Normativa nazionale che esclude il danno in presenza di autorizzazione – Rinvio pregiudiziale.
Massima
CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez.1^ 01/06/2017 Sentenza C-529/15
DANNO AMBIENTALE – Responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale – Verifiche del giudice del rinvio – Natura del danno idoneo – Ipotesi di autorizzazione rilasciata in applicazione di disposizioni nazionali – ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Responsabilità ambientale – Gestione di una centrale idroelettrica messa in funzione anteriormente alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva – Ricorso alle vie legali in materia di diritto dell’ambiente – Legittimazione ad agire – Direttiva 2000/60/CE – Direttiva 2004/35/CE – Nozione di “danno ambientale” – Normativa nazionale che esclude il danno in presenza di autorizzazione – Rinvio pregiudiziale.
L’articolo 17 della direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, come modificata dalla direttiva 2009/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, deve essere interpretato nel senso che, fatte salve le verifiche che incombono al giudice del rinvio, la direttiva stessa si applica ratione temporis ai danni ambientali verificatisi successivamente al 30 aprile 2007, ma causati dalla gestione di un impianto autorizzato conformemente alla disciplina in materia di acque e messo in funzione anteriormente a tale data. Mentre, la direttiva 2004/35, come modificata dalla direttiva 2009/31, e, in particolare, il suo articolo 2, punto 1, lettera b), dev’essere interpretata nel senso che osta ad una disposizione del diritto nazionale che escluda, in via generale e automatica, che il danno idoneo a incidere in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico o quantitativo, oppure sul potenziale ecologico delle acque di cui trattasi, sia qualificato come «danno ambientale», per il sol fatto di essere coperto da un’autorizzazione rilasciata conformemente al diritto nazionale medesimo. Nell’ipotesi in cui un’autorizzazione sia stata rilasciata in applicazione di disposizioni nazionali, senza l’esame delle condizioni esposte all’articolo 4, paragrafo 7, lettere da a) a d), della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23/10/2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque, il giudice nazionale non è tenuto a verificare d’ufficio se le condizioni indicate in tale disposizione siano soddisfatte ai fini dell’accertamento della sussistenza di un danno ambientale ai sensi dell’articolo 2, punto 1, lettera b), della direttiva 2004/35, come modificata dalla direttiva 2009/31. Infine, gli articoli 12 e 13 della direttiva 2004/35, come modificata dalla direttiva 2009/31, vanno interpretati nel senso che ostano ad una disposizione del diritto nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che non consenta ai titolari di diritti di pesca di promuovere un procedimento di ricorso relativo a un danno ambientale ai sensi dell’articolo 2, punto 1, lettera b), della direttiva medesima.
Pres. Silva de Lapuerta, Rel. Rodin, Ric. Gert Folk
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez.1^ 01/06/2017 Sentenza C-529/15
SENTENZA
CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez.1^ 01/06/2017 Sentenza C-529/15
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
1° giugno 2017
«Rinvio pregiudiziale – Responsabilità ambientale – Direttiva 2004/35/CE – Articolo 17 – Applicabilità nel tempo – Gestione di una centrale idroelettrica messa in funzione anteriormente alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva – Articolo 2, punto 1, lettera b) – Nozione di “danno ambientale” – Normativa nazionale che esclude il danno in presenza di autorizzazione – Articolo 12, paragrafo 1 – Ricorso alle vie legali in materia di diritto dell’ambiente – Legittimazione ad agire – Direttiva 2000/60/CE – Articolo 4, paragrafo 7 – Effetto diretto»
Nella causa C-529/15,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria), con decisione del 24 settembre 2015, pervenuta in cancelleria il 7 ottobre 2015, nel procedimento promosso da
Gert Folk,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta da R. Silva de Lapuerta, presidente di sezione, E. Regan, J.-C. Bonichot, A. Arabadjiev e S. Rodin (relatore), giudici,
avvocato generale: M. Bobek
cancelliere: K. Malacek, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 19 ottobre 2016,
considerate le osservazioni presentate:
– per Gert Folk, da G. Folk, Rechtsanwalt;
– per il governo austriaco, da C. Pesendorfer, in qualità di agente;
– per la Commissione europea, da E. White, E. Manhaeve e A.C. Becker, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 10 gennaio 2017,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (GU 2004, L 143, pag. 56), come modificata dalla direttiva 2009/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009 (GU 2009, L 140, pag. 114) (in prosieguo: la «direttiva 2004/35»), e dell’articolo 4, paragrafo 7, della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (GU 2000, L 327 pag. 1).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito dell’esame del ricorso proposto dal sig. Gert Folk avverso la decisione dell’Unabhängiger Verwaltungssenat für die Steiermark (Camera amministrativa indipendente della Stiria, Austria), recante rigetto di una domanda in materia ambientale.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
La direttiva 2004/35
3 I considerando 24, 25 e 30 della direttiva 2004/35 così recitano:
«24) È necessario assicurare la disponibilità di mezzi di applicazione ed esecuzione efficaci, garantendo un’adeguata tutela dei legittimi interessi degli operatori e delle altre parti interessate. Si dovrebbero conferire alle autorità competenti compiti specifici che implicano appropriata discrezionalità amministrativa, ossia il dovere di valutare l’entità del danno e di determinare le misure di riparazione da prendere.
25) Le persone che sono state o che possono essere pregiudicate da un danno ambientale dovrebbero essere legittimate a chiedere all’autorità competente di agire. La protezione dell’ambiente è tuttavia un interesse diffuso, per il quale i singoli non sempre agiscono o sono in grado di agire. Si dovrebbe quindi dare l’opportunità a organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente di contribuire in maniera adeguata all’efficace attuazione della presente direttiva.
(…)
30) La presente direttiva non si dovrebbe applicare al danno cagionato prima dello scadere del termine per la sua attuazione».
4 In forza dell’articolo 2, punto 1, lettera b), della direttiva 2004/35, si intende per «danno ambientale», ai fini della direttiva medesima, il «danno alle acque, vale a dire qualsiasi danno che incida in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico e/o quantitativo e/o sul potenziale ecologico delle acque interessate, quali definiti nella direttiva 2000/60/CE, a eccezione degli effetti negativi cui si applica l’articolo 4, paragrafo 7 di tale direttiva».
5 L’articolo 12 della direttiva medesima, intitolato «Richiesta di azione», prevede quanto segue:
«1. Persone fisiche o giuridiche:
a) che sono o potrebbero essere colpite dal danno ambientale, o
b) che vantino un interesse sufficiente nel processo decisionale in materia di ambiente concernente il danno o, in alternativa,
c) che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di uno Stato membro esiga tale presupposto,
sono legittimate a presentare all’autorità competente osservazioni concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o minaccia imminente di danno ambientale di cui siano a conoscenza e a chiedere all’autorità competente di intervenire a norma della presente direttiva.
Gli elementi costitutivi dell’“interesse sufficiente” e della “violazione di un diritto” sono determinati dagli Stati membri.
A tal fine, l’interesse di organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente e che sono conformi a tutti i requisiti previsti dal diritto nazionale è considerato sufficiente ai fini della lettera b). Tali organizzazioni sono altresì considerate titolari di diritti che possono subire violazioni ai sensi della lettera c).
2. La richiesta di azione è corredata di tutti i dati e le informazioni pertinenti a sostegno delle osservazioni presentate in relazione al danno ambientale in questione.
3. L’autorità competente tiene conto delle richieste di azione e delle osservazioni ad esse allegate che mostrino con verosimiglianza l’esistenza di un caso di danno ambientale. In tali circostanze l’autorità competente dà la possibilità all’operatore interessato di far conoscere le proprie opinioni circa la richiesta di azione e le osservazioni allegate.
4. Quanto prima, e comunque conformemente alle pertinenti disposizioni della legislazione nazionale, l’autorità competente informa le persone di cui al paragrafo 1, che hanno presentato osservazioni all’autorità, della sua decisione di accogliere o rifiutare la richiesta di azione e indica i motivi della decisione.
5. Gli Stati membri possono decidere di non applicare i paragrafi 1 e 4 ai casi di minaccia imminente di danno».
6 Il successivo articolo 13, intitolato «Procedure di riesame», così dispone:
«1. Le persone di cui all’articolo 12, paragrafo 1 sono legittimate ad avviare procedimenti dinanzi a un tribunale, o qualsiasi altro organo pubblico indipendente e imparziale, ai fini del riesame della legittimità della procedura e del merito delle decisioni, degli atti o delle omissioni dell’autorità competente ai sensi della presente direttiva.
2. La presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni nazionali che disciplinano l’accesso alla giustizia e quelle che consentono l’avvio di procedimenti giudiziari solo previo esperimento delle vie di ricorso amministrative».
7 L’articolo 17 della direttiva stessa, rubricato «Applicazione nel tempo», prevede quanto segue:
«La presente direttiva non si applica:
– al danno causato da un’emissione, un evento o un incidente verificatosi prima della data di cui all’articolo 19, paragrafo 1;
– al danno causato da un’emissione, un evento o un incidente verificatosi dopo la data di cui all’articolo 19, paragrafo 1, se derivante da una specifica attività posta in essere e terminata prima di detta data;
– al danno in relazione al quale sono passati più di 30 anni dall’emissione, evento o incidente che l’ha causato».
8 Il successivo articolo 19, paragrafo 1, così dispone:
«Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 30 aprile 2007. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri».
La direttiva 2000/60
9 L’articolo 4 della direttiva 2000/60, rubricato «Obiettivi ambientali», al paragrafo 7 così recita:
«Gli Stati membri non violano la presente direttiva qualora:
– il mancato raggiungimento del buono stato delle acque sotterranee, del buono stato ecologico o, ove pertinente, del buon potenziale ecologico ovvero l’incapacità di impedire il deterioramento dello stato del corpo idrico superficiale o sotterraneo sono dovuti a nuove modifiche delle caratteristiche fisiche di un corpo idrico superficiale o ad alterazioni del livello di corpi sotterranei, o
– l’incapacità di impedire il deterioramento da uno stato elevato ad un buono stato di un corpo idrico superficiale sia dovuto a nuove attività sostenibili di sviluppo umano,
purché ricorrano tutte le seguenti condizioni:
a) è fatto tutto il possibile per mitigare l’impatto negativo sullo stato del corpo idrico;
b) le motivazioni delle modifiche o alterazioni sono menzionate specificamente e illustrate nel piano di gestione del bacino idrografico prescritto dall’articolo 13 e gli obiettivi sono riveduti ogni sei anni;
c) le motivazioni di tali modifiche o alterazioni sono di prioritario interesse pubblico e/o i vantaggi per l’ambiente e la società risultanti dal conseguimento degli obiettivi di cui al paragrafo 1 sono inferiori ai vantaggi derivanti dalle modifiche o alterazioni per la salute umana, il mantenimento della sicurezza umana o lo sviluppo sostenibile, e
d) per ragioni di fattibilità tecnica o costi sproporzionati, i vantaggi derivanti da tali modifiche o alterazioni del corpo idrico non possono essere conseguiti con altri mezzi che costituiscano una soluzione notevolmente migliore sul piano ambientale».
Diritto austriaco
10 Il Bundes-Umwelthaftungsgesetz (legge federale sulla responsabilità ambientale; in prosieguo: il «B-UHG»), adottato ai fini della trasposizione della direttiva 2004/35, prevede, all’articolo 4, intitolato «Definizioni», quanto segue:
«Ai fini della presente direttiva valgono le seguenti definizioni:
1) Per danno ambientale si intende:
a) qualsiasi danno rilevante alle acque, vale a dire qualsiasi danno che incida in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico o quantitativo o sul potenziale ecologico delle acque interessate ai sensi del Wasserrechtsgesetz 1959 [legge sul diritto delle acque del 1959; in prosieguo: il “WRG”] e che non ricada in un’autorizzazione in applicazione del WRG, e
(…)».
11 Ai sensi dell’articolo 11 del B-UHG, intitolato «Reclamo per danno ambientale»:
«1) Le persone fisiche o giuridiche che possono essere lese nei loro diritti da un danno ambientale occorso hanno la facoltà di chiedere, mediante reclamo scritto all’autorità amministrativa distrettuale nel cui ambito territoriale si è verificato il danno ambientale lamentato, di intervenire ai sensi dell’articolo 6 e dell’articolo 7, paragrafo 2. (…).
2) Per diritti a norma del paragrafo 1, primo periodo, si intende:
(…)
2. in tema di acque: i diritti esistenti ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, del WRG, e
(…)».
12 Il successivo articolo 18, intitolato «Disposizioni transitorie», così dispone:
«La presente legge federale non si applica
1. al danno causato da un’emissione, un evento o un incidente verificatosi anteriormente alla sua entrata in vigore,
2. al danno causato da un’emissione, un evento o un incidente verificatosi successivamente all’entrata in vigore della presente legge federale, se esso sia riconducibile a un’attività conclusasi con certezza prima della sua entrata in vigore,
(…)».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
13 La Wasserkraftanlagen Mürzzuschlag GmbH gestisce una centrale idroelettrica sul fiume Mürz, in Austria, il cui impianto comprende un bacino di scarico di 1 455 m. Il sig. Folk è, d’altro canto, titolare di una licenza di pesca su un tratto di tale fiume di circa 12 km a valle della briglia.
14 La gestione di tale centrale idroelettrica è stata autorizzata con decisione del Landeshauptmann von Steiermark (governatore della Stiria, Austria) del 20 agosto 1998. Essa è iniziata nel corso del 2002, vale a dire anteriormente all’entrata in vigore della direttiva 2004/35.
15 Secondo il ricorrente nel procedimento principale, la gestione di tale centrale idroelettrica provoca gravi danni all’ambiente che compromettono la riproduzione naturale dei pesci causando una sovramortalità per i medesimi per lunghi tratti del fiume Mürz. Infatti, fluttuazioni brevi ma significative del livello del corso d’acqua determinerebbero la rapida essiccazione di talune aree bagnate dal fiume, in modo che novellame e pesci di piccola taglia rimarrebbero prigionieri delle zone acquifere rimaste separate dalle acque correnti, senza poterle raggiungere. Tali ripetute fluttuazioni pregiudicherebbero un tratto di fiume relativamente lungo e sarebbero imputabili, da una parte, all’assenza di un canale di bypass presso la centrale e, dall’altra, alle sue modalità di funzionamento.
16 Il ricorso relativo a tale danno ambientale, proposto dal ricorrente nel procedimento principale e fondato sull’articolo 11 del B-UHG, veniva respinto, con decisione del 15 maggio 2012, dalla Camera amministrativa indipendente della Stiria.
17 Detto giudice rilevava, sostanzialmente, che la gestione della centrale idroelettrica oggetto del procedimento principale era stata autorizzata con una decisione conforme alla disciplina delle acque del governatore della Stiria, datata 20 agosto 1998 e contenente prescrizioni relative al quantitativo d’acqua residuo. Il danno lamentato dal sig. Folk sarebbe pertanto coperto da tale decisione, in conformità all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del B-UHG. Conseguentemente, il danno de quo non potrebbe essere qualificato come danno ambientale ai sensi di tale disposizione.
18 Avverso la decisione della Camera amministrativa indipendente della Stiria del 15 maggio 2012 il sig. Folk proponeva ricorso dinanzi al Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria), sostenendo che il B-UHG sarebbe in contrasto con la direttiva 2004/35, nella parte in cui dalla sua applicazione deriverebbe che ogni autorizzazione rilasciata conformemente alla disciplina sulle acque escluderebbe la sussistenza di un danno ambientale.
19 È in tal contesto che il Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se la direttiva 2004/35 si applichi anche a danni che, pur verificatisi successivamente alla data indicata nell’articolo 19, paragrafo 1, della direttiva medesima, derivino dal funzionamento di un impianto (centrale idroelettrica), autorizzato e attivato anteriormente a tale data e siano coperti da un’autorizzazione rilasciata conformemente alla disciplina delle acque.
2) Se la direttiva 2004/35, in particolare gli articoli 12 e 13, osti a una disposizione nazionale che impedisca ai titolari di una licenza di pesca di avviare una procedura di riesame ai sensi dell’articolo 13 della medesima direttiva, in relazione a un danno ambientale a norma dell’articolo 2, punto 1, lettera b), della direttiva.
3) Se la direttiva 2004/35, in particolare l’articolo 2, punto 1, lettera b), osti a una disposizione nazionale che escluda dalla nozione di “danno ambientale” un danno che incida in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico o quantitativo o sul potenziale ecologico delle acque interessate, qualora il danno sia coperto da un’autorizzazione rilasciata conformemente ad una disposizione di legge nazionale.
4) In caso di risposta affermativa alla terza questione:
Nei casi in cui, nel contesto dell’autorizzazione concessa conformemente alle disposizioni nazionali, non siano stati esaminati i criteri di cui all’articolo 4, paragrafo 7, della direttiva 2000/60 (o la relativa trasposizione nazionale), se, nell’accertare l’esistenza di un danno ambientale ai sensi dell’articolo 2, punto 1, lettera b), della direttiva 2004/35, debba ritenersi direttamente applicabile l’articolo 4, paragrafo 7, della direttiva 2000/60, e occorra verificare l’osservanza dei criteri previsti da detta disposizione».
Sulle questioni pregiudiziali
20 Occorre rispondere alle questioni prima, terza e quarta prima di rispondere alla seconda questione, il cui esame presuppone che la direttiva 2004/35 sia applicabile e che sussista un danno ambientale coperto da quest’ultima.
Sulla prima questione
21 Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 17 della direttiva 2004/35 debba essere interpretato nel senso della sua applicazione ratione temporis ai danni ambientali prodottisi successivamente al 30 aprile 2007, ma provocati dalla gestione di un impianto autorizzato conformemente alla normativa sulle acque e messo in funzione anteriormente a tale data.
22 La Corte ha già avuto modo di dichiarare che dall’articolo 17, primo e secondo trattino, della direttiva 2004/35, in combinato disposto con il considerando 30 della stessa, deriva che la direttiva si applica al danno causato da un’emissione, un evento o un incidente verificatosi il 30 aprile 2007 o successivamente a tale data, quando tale danno derivi vuoi da attività svolte in tale data o successivamente ad essa, vuoi da attività svolte precedentemente a tale data ma non terminate prima di essa (v. sentenza del 4 marzo 2015, Fipa Group e a., C-534/13, EU:C:2015:140, punto 44).
23 Orbene, dagli elementi risultanti dagli atti di cui la Corte dispone emerge che, nel procedimento principale, la centrale idroelettrica è stata oggetto di un’autorizzazione ed è stata messa in funzione anteriormente al 2007. È pacifico anche che, successivamente al 30 aprile 2007, il suo funzionamento abbia causato fluttuazioni significative del livello delle acque del fiume Mürz, causando una sovramortalità dei pesci. Tali ripetute fluttuazioni devono essere qualificate come emissioni, eventi o incidenti verificatisi successivamente al 30 aprile 2007, data alla quale gli Stati membri dovevano aver provveduto alla trasposizione della direttiva 2004/35.
24 Inoltre, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 26 delle conclusioni, il fatto che i danni lamentati siano iniziati anteriormente al 30 aprile 2007 e risultino dalla gestione di una centrale elettrica autorizzata anteriormente a tale data è irrilevante.
25 Si deve, quindi, rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 17 della direttiva 2004/35 dev’essere interpretato nel senso che, fatte salve le verifiche che incombono al giudice del rinvio, la direttiva stessa si applica ratione temporis ai danni ambientali verificatisi successivamente al 30 aprile 2007, ma causati dalla gestione di un impianto autorizzato conformemente alla disciplina in materia di acque e messo in funzione anteriormente a tale data.
Sulla terza questione
26 Con la terza questione, che occorre esaminare in secondo luogo, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se la direttiva 2004/35 e, segnatamente, il suo articolo 2, punto 1, lettera b), debba essere interpretata nel senso che osta ad una disposizione di diritto nazionale, la quale escluda che il danno incidente in modo sensibilmente negativo sullo stato ecologico, chimico o quantitativo, oppure sul potenziale ecologico delle acque interessate, possa essere qualificato come «danno ambientale» allorché sia coperto da un’autorizzazione rilasciata in applicazione del diritto nazionale.
27 Il giudice nazionale osserva che dalle disposizioni di diritto interno risulta che i danni derivanti da un’attività autorizzata conformemente al WRG non possono essere qualificati come danni ambientali ai sensi di tale direttiva. Esso si interroga in merito alla conformità di tali disposizioni con l’articolo 2, punto 1, lettera b), della direttiva stessa, il cui testo rinvia all’articolo 4, paragrafo 7, della direttiva 2000/60.
28 Orbene, l’articolo 2, punto 1, lettera b), della direttiva 2004/35 non prevede, riguardo ai danni coperti da un’autorizzazione, alcuna deroga generale idonea a sottrarli alla nozione di «danni ambientali». Detta disposizione prevede esclusivamente una deroga riguardante l’impatto negativo cui si applica l’articolo 4, paragrafo 7, della direttiva 2000/60.
29 Quest’ultima disposizione prevede che gli Stati membri non commettono una violazione della direttiva qualora il fatto di non ripristinare il buono stato di un corpo idrico sotterraneo, il buono stato ecologico o, eventualmente, il buon potenziale ecologico dello stesso, oppure di non impedire il deterioramento dello stato di un corpo idrico superficiale o sotterraneo, derivi da nuove modifiche delle caratteristiche fisiche di un corpo idrico superficiale ovvero dalle alterazioni del livello del corpo idrico sotterraneo. Nessuna violazione può del pari essere contestata agli Stati membri allorché l’incapacità di impedire il deterioramento da un stato elevato ad un buono stato del corpo idrico superficiale derivi da nuove attività sostenibili di sviluppo umano.
30 L’applicazione di tale deroga presuppone che ricorrano le condizioni previste dall’articolo 4, paragrafo 7, lettere da a) a d), della stessa direttiva (v., in tal senso, sentenze dell’11 settembre 2012, Nomarchiaki Aftodioikisi Aitoloakarnanias e a., C-43/10, EU:C:2012:560, punto 67, nonché del 4 maggio 2016, Commissione/Austria, C-346/14, EU:C:2016:322, punti 65 e 66).
31 È indubbio che gli Stati membri sono tenuti a negare l’autorizzazione ai progetti idonei a provocare un deterioramento dello stato delle masse d’acqua, salvo ritenere che tali progetti rientrino nell’ambito della deroga prevista all’articolo 4, paragrafo 7, della direttiva 2000/60 (v., in tal senso, sentenza del 1° luglio 2015, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, C-461/13, EU:C:2015:433, punto 50).
32 Tale disposizione non attiene soltanto ai progetti soggetti ad autorizzazione. Infatti, essa riguarda ogni ipotesi di degrado delle masse d’acqua, dovuto o meno ad un impianto, e prevede i casi in cui, a fronte di tale degrado, gli Stati membri sono tuttavia dispensati dall’intervenire. Ne deriva che tale disposizione è priva di rilievo sulla stessa nozione di danno ambientale.
33 Tali osservazioni valgono in particolare nella controversia principale in cui l’autorizzazione alla gestione dell’impianto di cui trattasi è anteriore alla direttiva 2000/60 e la sua concessione non era pertanto subordinata, all’epoca, all’osservanza dei quattro criteri cumulativi di cui all’articolo 4, paragrafo 7, lettere da a) a d), della direttiva suddetta. Inoltre, dagli atti sottoposti alla Corte risulta che le fluttuazioni del livello del corso d’acqua, alle quali è stata imputata la sovramortalità dei pesci, deriverebbero dal normale funzionamento dell’impianto autorizzato.
34 Dal complesso delle suesposte considerazioni risulta che occorre rispondere alla terza questione dichiarando che la direttiva 2004/35 e, in particolare, il suo articolo 2, punto 1, lettera b), dev’essere interpretata nel senso che osta ad una disposizione del diritto nazionale che escluda, in via generale e automatica, che il danno idoneo a incidere in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico o quantitativo, oppure sul potenziale ecologico delle acque di cui trattasi, sia qualificato come «danno ambientale», per il sol fatto di essere coperto da un’autorizzazione rilasciata conformemente al diritto nazionale medesimo.
Sulla quarta questione
35 Con la sua quarta questione, che occorre esaminare in terzo luogo, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, nell’ipotesi in cui sia stata rilasciata un’autorizzazione in applicazione delle disposizioni nazionali senza l’esame dell’osservanza delle condizioni previste all’articolo 4, paragrafo 7, della direttiva 2000/60, il giudice medesimo debba verificare d’ufficio se ricorrano le condizioni previste da tale disposizione ai fini dell’accertamento della sussistenza di un danno ambientale ai sensi dell’articolo 2, punto 1, lettera b), della direttiva 2004/35.
36 Al riguardo, va ricordato che un progetto, qualora sia idoneo a produrre effetti negativi per l’acqua, può essere autorizzato soltanto se ricorrono le condizioni previste all’articolo 4, paragrafo 7, lettere da a) a d), di tale direttiva (v., in tal senso, sentenza del 4 maggio 2016, Commissione/Austria, C-346/14, EU:C:2016:322, punto 65).
37 Per determinare se un progetto sia stato autorizzato senza incorrere in una violazione alla direttiva 2000/60, il giudice può controllare l’osservanza, da parte dell’autorità che ha rilasciato l’autorizzazione, delle condizioni previste all’articolo 4, paragrafo 7, lettere da a) a d), della stessa direttiva, verificando, in primo luogo, se siano state adottate tutte le misure pratiche per mitigare l’impatto negativo del progetto sullo stato del corpo idrico di cui trattasi, in secondo luogo, se le motivazioni all’origine di tale progetto siano state specificamente menzionate e illustrate, in terzo luogo, se detto progetto corrisponda a un interesse pubblico superiore e/o se i benefici per l’ambiente e la società derivanti dal conseguimento degli obiettivi enunciati all’articolo 4, paragrafo 1, di detta direttiva siano inferiori ai benefici per la salute umana, il mantenimento della sicurezza delle persone o lo sviluppo sostenibile che risulterebbero dall’attuazione del medesimo progetto e, in quarto luogo, se, per ragioni di fattibilità tecnica o di costi sproporzionati, i vantaggi perseguiti non possano essere conseguiti con mezzi che costituirebbero una soluzione notevolmente migliore sul piano ambientale (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2012, Nomarchiaki Aftodioikisi Aitoloakarnanias e a., C-43/10, EU:C:2012:560, punto 67).
38 Tuttavia, se, come avvenuto nella controversia principale, l’autorità nazionale competente ha rilasciato l’autorizzazione senza aver verificato l’osservanza delle condizioni menzionate all’articolo 4, paragrafo 7, lettere da a) a d), della direttiva 2000/60, il giudice nazionale non è tenuto ad esaminare d’ufficio l’osservanza delle condizioni previste in tale articolo e può limitarsi a dichiarare l’illegittimità dell’atto impugnato.
39 Infatti, incombe alle autorità nazionali competenti ad autorizzare un progetto l’obbligo di controllare che le condizioni enumerate all’articolo 4, paragrafo 7, lettere da a) a d), della direttiva 2000/60 siano soddisfatte prima del rilascio dell’autorizzazione, fatto salvo un eventuale controllo giurisdizionale. Per contro, il diritto dell’Unione non obbliga affatto i giudici nazionali a sostituirsi all’autorità competente esaminando d’ufficio il ricorrere di tali condizioni quando tale autorità abbia proceduto al rilascio dell’autorizzazione senza aver proceduto all’effettuazione dell’esame medesimo.
40 Alla luce dei suesposti rilievi, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che, nell’ipotesi in cui sia stata rilasciata un’autorizzazione in applicazione di disposizioni nazionali, senza il previo esame delle condizioni indicate all’articolo 4, paragrafo 7, lettere da a) a d), della direttiva 2000/60, il giudice nazionale non è tenuto a verificare d’ufficio se le condizioni previste in tale disposizione siano soddisfatte, ai fini dell’accertamento di un danno ambientale ai sensi dell’articolo 2, punto 1, lettera b), della direttiva 2004/35.
Sulla seconda questione
41 Con la sua seconda questione, che occorre esaminare in ultimo luogo, il giudice del rinvio chiede se gli articoli 12 e 13 della direttiva 2004/35 debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una disposizione di diritto nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che non consenta ai titolari di diritti di pesca di proporre un ricorso relativo a un danno ambientale, ai sensi dell’articolo 2, punto 1, lettera b), di tale direttiva.
42 Secondo il giudice del rinvio, l’articolo 11, paragrafo 1, del B-UHG dispone che le persone fisiche o giuridiche i cui diritti possano risultare lesi a causa di un danno ambientale, possono chiedere all’autorità amministrativa competente l’adozione di misure idonee a porvi fine. L’articolo 11, paragrafo 2, secondo comma, del B-UHG precisa, riguardo alle acque, che possono essere invocati «i diritti esistenti ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, del WRG» senza menzionare i diritti di pesca. Il giudice del rinvio precisa che un’interpretazione letterale di tali articoli osta a che i titolari di diritti di pesca propongano ricorso, in materia ambientale, per danni che pregiudichino tali diritti.
43 Il governo austriaco sostiene che il fatto che i titolari di diritti di pesca non siano espressamente indicati all’articolo 12, paragrafo 2, del WRG, cui l’articolo 11, paragrafo 1, del B-UHG rinvia, rientra nel margine di discrezionalità di cui esso dispone in forza degli articoli 12 e 13 della direttiva 2004/35.
44 Al riguardo, si deve rilevare che l’articolo 12 di tale direttiva determina le categorie di persone giuridiche o fisiche munite della legittimazione a presentare osservazioni in materia di danno ambientale. Queste tre categorie sono composte dalle persone lese o che rischino di essere lese dal danno ambientale, da coloro che possiedano un interesse sufficiente da far valere riguardo al processo decisionale ambientale relativo al danno, ovvero da coloro che facciano valere un pregiudizio a un diritto, qualora il codice del procedimento amministrativo di uno Stato membro lo contempli come condizione.
45 Come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 72 delle conclusioni, il testo dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2004/35 enumera tre categorie di persone fisiche o giuridiche, che, considerate alternativamente e autonomamente, sono legittimate ad agire. Esso fissa tre categorie distinte di soggetti che possono proporre i procedimenti menzionati agli articoli 12 e 13 di tale direttiva.
46 La completa e corretta trasposizione della direttiva esige che queste tre categorie di soggetti possano presentare osservazioni in materia di danni ambientali, che esse abbiano la facoltà di chiedere che l’autorità competente adotti misure in forza di tale direttiva e, quindi, che esse possano ricorrere all’autorità giurisdizionale o a qualsiasi altro organismo pubblico competente in conformità agli articoli 12 e 13 della direttiva medesima.
47 Gli Stati membri, sebbene dispongano di un margine discrezionale per stabilire cosa costituisca «interesse sufficiente», nozione prevista all’articolo 12, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/35, ovvero «violazione di un diritto», nozione prevista all’articolo 12, paragrafo 1, lettera c), di tale direttiva, non dispongono di discrezionalità riguardo al diritto di ricorso delle persone colpite o che possano risultare colpite dal danno ambientale, come emerge dall’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva medesima.
48 Alla luce del tenore dell’articolo 12 della direttiva 2004/35, risulta che i titolari dei diritti di pesca sono idonei a ricadere nelle tre categorie definite all’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva stessa. Orbene, dagli atti sottoposti alla Corte risulta che questi ultimi non possono avviare, in forza del diritto nazionale, un procedimento di ricorso, ai sensi dell’articolo 13 di tale direttiva, procedimento riguardante un danno ambientale ai sensi dell’articolo 2, punto 1, lettera b), della stessa direttiva. Pertanto, la normativa nazionale, escludendo dal beneficio del diritto a ricorrere tutti i titolari di diritti di pesca, priva del beneficio di tale diritto una cerchia molto rilevante di privati, idonei a ricadere in una delle tre categorie definite nell’articolo 12 della direttiva 2004/35.
49 Un’interpretazione del diritto nazionale che privi tutti i titolari di diritti di pesca del diritto di promuovere una procedura di ricorso in seguito a un danno ambientale che si traduca nell’aumento della mortalità dei pesci anche qualora tali titolari siano direttamente colpiti dal danno, non rispetterebbe la portata di tali articoli 12 e 13 e sarebbe pertanto incompatibile con la direttiva suddetta.
50 Alla luce dei suesposti rilievi, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che gli articoli 12 e 13 della direttiva 2004/35 vanno interpretati nel senso che ostano ad una disposizione del diritto nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che non consenta ai titolari di diritti di pesca di promuovere un procedimento di ricorso relativo a un danno ambientale ai sensi dell’articolo 2, punto 1, lettera b), della direttiva medesima.
Sulle spese
51 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
1) L’articolo 17 della direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, come modificata dalla direttiva 2009/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, deve essere interpretato nel senso che, fatte salve le verifiche che incombono al giudice del rinvio, la direttiva stessa si applica ratione temporis ai danni ambientali verificatisi successivamente al 30 aprile 2007, ma causati dalla gestione di un impianto autorizzato conformemente alla disciplina in materia di acque e messo in funzione anteriormente a tale data.
2) La direttiva 2004/35, come modificata dalla direttiva 2009/31, e, in particolare, il suo articolo 2, punto 1, lettera b), dev’essere interpretata nel senso che osta ad una disposizione del diritto nazionale che escluda, in via generale e automatica, che il danno idoneo a incidere in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico o quantitativo, oppure sul potenziale ecologico delle acque di cui trattasi, sia qualificato come «danno ambientale», per il sol fatto di essere coperto da un’autorizzazione rilasciata conformemente al diritto nazionale medesimo.
3) Nell’ipotesi in cui un’autorizzazione sia stata rilasciata in applicazione di disposizioni nazionali, senza l’esame delle condizioni esposte all’articolo 4, paragrafo 7, lettere da a) a d), della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque, il giudice nazionale non è tenuto a verificare d’ufficio se le condizioni indicate in tale disposizione siano soddisfatte ai fini dell’accertamento della sussistenza di un danno ambientale ai sensi dell’articolo 2, punto 1, lettera b), della direttiva 2004/35, come modificata dalla direttiva 2009/31.
4) Gli articoli 12 e 13 della direttiva 2004/35, come modificata dalla direttiva 2009/31, vanno interpretati nel senso che ostano ad una disposizione del diritto nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che non consenta ai titolari di diritti di pesca di promuovere un procedimento di ricorso relativo a un danno ambientale ai sensi dell’articolo 2, punto 1, lettera b), della direttiva medesima.
Firme