DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO – AREE PROTETTE – Valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente – Atto nazionale incompatibile con il diritto dell’Unione – Conseguenze giuridiche – Potere del giudice nazionale di mantenere provvisoriamente taluni effetti di tale atto – Art. 267, 3° c. TFUE – Direttiva 2001/42/CE – Tutela dell’ambiente – Decisioni del giudice nazionale e diritto dell’Unione – Obbligo di adire la Corte in via pregiudiziale – Rinvio pregiudiziale.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 28 Luglio 2016
Numero: C-379/15
Data di udienza:
Presidente: Silva de Lapuerta
Estensore: Silva de Lapuerta
Premassima
DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO – AREE PROTETTE – Valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente – Atto nazionale incompatibile con il diritto dell’Unione – Conseguenze giuridiche – Potere del giudice nazionale di mantenere provvisoriamente taluni effetti di tale atto – Art. 267, 3° c. TFUE – Direttiva 2001/42/CE – Tutela dell’ambiente – Decisioni del giudice nazionale e diritto dell’Unione – Obbligo di adire la Corte in via pregiudiziale – Rinvio pregiudiziale.
Massima
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez.1^ 28 luglio 2016 sentenza C-379/15SENTENZA
CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez.1^ 28 luglio 2016 sentenza C-379/15
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
28 luglio 2016
«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2001/42/CE – Valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente – Atto nazionale incompatibile con il diritto dell’Unione – Conseguenze giuridiche – Potere del giudice nazionale di mantenere provvisoriamente taluni effetti di tale atto – Articolo 267, terzo comma, TFUE – Obbligo di adire la Corte in via pregiudiziale»
Nella causa C‑379/15,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia), con decisione del 26 giugno 2015, pervenuta in cancelleria il 16 luglio 2015, nel procedimento
Association France Nature Environnement
contro
Premier ministre,
Ministre de l’Écologie, du Développement durable et de l’Énergie,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta da R. Silva de Lapuerta (relatore), presidente di sezione, A. Arabadjiev, J.-C. Bonichot, C.G. Fernlund e E. Regan, giudici,
avvocato generale: J. Kokott
cancelliere: V. Tourrès, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 febbraio 2016,
considerate le osservazioni presentate:
– per l’Association France Nature Environnement, da E. Wormser, in qualità di agente, assistito da M. Le Berre, avocat;
– per il governo francese, da S. Ghiandoni, F.-X. Bréchot, D. Colas, e G. de Bergues, in qualità di agenti;
– per la Commissione europea, da O. Beynet e C. Hermes, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 28 aprile 2016,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 267 TFUE.
2 Tale domanda è stata presentata nel contesto di una controversia tra, da un lato, l’Association France Nature Environnement e, dall’altro, il Premier ministre (Primo ministro) nonché il Ministre de l’Écologie, du Développement durable et de l’Énergie (Ministro per l’Ambiente, lo Sviluppo sostenibile e l’Energia), avente ad oggetto la domanda di annullamento, per eccesso di potere, del décret n. 2012-616, du 2 mai 2012, relatif à l’évaluation de certains plans et programmes ayant une incidence sur l’environnement (decreto n. 2012-616, del 2 maggio 2012, relativo alla valutazione di taluni piani e programmi che producono un impatto sull’ambiente) (JORF del 4 maggio 2012, pag. 7884).
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3 L’articolo 1 della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente (GU 2001, L 197, pag. 30), così recita:
«La presente direttiva ha l’obiettivo di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e di contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione e dell’adozione di piani e programmi al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile, assicurando che, ai sensi della presente direttiva, venga effettuata la valutazione ambientale di determinati piani e programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente».
4 L’articolo 2 della direttiva medesima così dispone:
«Ai fini della presente direttiva:
a) per “piani e programmi” s’intendono i piani e i programmi, compresi quelli cofinanziati dall’[Unione] europea, nonché le loro modifiche:
– che sono elaborati e/o adottati da un’autorità a livello nazionale, regionale o locale oppure predisposti da un’autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa, dal parlamento o dal governo e
– che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative;
b) per “valutazione ambientale” s’intende l’elaborazione di un rapporto di impatto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del rapporto ambientale e dei risultati delle consultazioni nell’iter decisionale e la messa a disposizione delle informazioni sulla decisione (…);
(…)».
5 A termini del successivo articolo 3:
«1. I piani e i programmi di cui ai paragrafi 2, 3 e 4, che possono avere effetti significativi sull’ambiente, sono soggetti ad una valutazione ambientale (…).
2. Fatto salvo il paragrafo 3, viene effettuata una valutazione ambientale per tutti i piani e i programmi,
(…)
3. Per i piani e i programmi di cui al paragrafo 2 che determinano l’uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al paragrafo 2, la valutazione ambientale è necessaria solo se gli Stati membri determinano che essi possono avere effetti significativi sull’ambiente.
4. Gli Stati membri determinano se i piani e i programmi, diversi da quelli di cui al paragrafo 2, che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti, possono avere effetti significativi sull’ambiente.
5. Gli Stati membri determinano se i piani o i programmi di cui ai paragrafi 3 e 4 possono avere effetti significativi sull’ambiente attraverso l’esame caso per caso o specificando i tipi di piani e di programmi o combinando le due impostazioni. A tale scopo gli Stati membri tengono comunque conto dei pertinenti criteri di cui all’allegato II, al fine di garantire che i piani e i programmi con probabili effetti significativi sull’ambiente rientrino nell’ambito di applicazione della presente direttiva.
6. Nell’esame dei singoli casi e nella specificazione dei tipi di piani e di programmi di cui al paragrafo 5, devono essere consultate le autorità di cui all’articolo 6, paragrafo 3.
7. Gli Stati membri fanno in modo che le conclusioni adottate ai sensi del paragrafo 5, comprese le motivazioni della mancata richiesta di una valutazione ambientale (…), siano messe a disposizione del pubblico.
(…)».
6 Il successivo articolo 4 così prevede:
«1. La valutazione ambientale di cui all’articolo 3 deve essere effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla sua adozione o all’avvio della relativa procedura legislativa.
2. Le condizioni stabilite dalla presente direttiva sono integrate nelle procedure in vigore negli Stati membri per l’adozione dei piani e dei programmi o nelle procedure definite per conformarsi alla presente direttiva.
3. Nel caso di piani e programmi gerarchicamente ordinati gli Stati membri tengono conto, onde evitare duplicazioni della valutazione, del fatto che essa sarà effettuata, ai sensi della presente direttiva, a vari livelli della gerarchia (…)».
7 L’articolo 6 della direttiva 2001/42 così recita:
«1. La proposta di piano o di programma ed il rapporto ambientale redatto a norma dell’articolo 5 devono essere messi a disposizione delle autorità di cui al paragrafo 3 del presente articolo e del pubblico.
2. Le autorità di cui al paragrafo 3 e il pubblico di cui al paragrafo 4 devono disporre tempestivamente di un’effettiva opportunità di esprimere in termini congrui il proprio parere sulla proposta di piano o di programma e sul rapporto ambientale che la accompagna, prima dell’adozione del piano o del programma o dell’avvio della relativa procedura legislativa.
3. Gli Stati membri designano le autorità che devono essere consultate e che, per le loro specifiche competenze ambientali, possono essere interessate agli effetti sull’ambiente dovuti all’applicazione dei piani e dei programmi.
4. Gli Stati membri individuano i settori del pubblico ai fini del paragrafo 2, compresi i settori del pubblico che sono interessati dall’iter decisionale nell’osservanza della presente direttiva o che ne sono o probabilmente ne verranno toccati, includendo le pertinenti organizzazioni non governative quali quelle che promuovono la tutela dell’ambiente e altre organizzazioni interessate.
5. Gli Stati membri determinano le specifiche modalità per l’informazione e la consultazione delle autorità e del pubblico».
8 A termini del successivo articolo 13:
«1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva prima del 21 luglio 2004 (…).
(…)
3. L’obbligo di cui all’articolo 4, paragrafo 1, si applica ai piani e ai programmi il cui primo atto preparatorio formale è successivo alla data di cui al paragrafo 1. I piani e i programmi il cui primo atto preparatorio formale è precedente a tale data e che sono stati approvati o sottoposti all’iter legislativo più di ventiquattro mesi dopo la stessa data sono soggetti all’obbligo di cui all’articolo 4, paragrafo 1, a meno che gli Stati membri decidano caso per caso che ciò non è possibile, informando il pubblico di tale decisione.
(…)».
Diritto francese
9 La direttiva 2001/42 è stata trasposta nell’ordinamento francese per mezzo di una serie di strumenti legislativi, segnatamente con l’ordonnance n. 2004-489, du 3 juin 2004, portant transposition de la directive 2001/42/CE du Parlement européen et du Conseil du 27 juin 2001 relative à l’évaluation des incidences de certains plans et programmes sur l’environnement (ordinanza n. 2004-489, del 3 giugno 2004, recante trasposizione della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente) (JORF del 5 giugno 2004, pag. 9979), con due decreti del 27 maggio 2005, uno, il decreto n. 2005-613, recante modifica del code de l’environnement (codice dell’ambiente), l’altro, il decreto n. 2005-608, recante modifica del code de l’urbanisme (codice urbanistico), nonché con la loi n. 2010-788, du 12 juillet 2010, portant engagement national pour l’environnement (legge n. 2010-788, del 12 luglio 2010, recante impegno nazionale a favore dell’ambiente) (JORF del 13 luglio 2010, pag. 12905). Gli articoli da L. 122-4 a L. 122-11 del codice dell’ambiente sono stati modificati dagli articoli 232 e 233 di quest’ultima legge.
10 L’articolo L. 122-4 del codice dell’ambiente, come modificato dalla legge n. 2010-788, così dispone:
«I. ‐ Sono oggetto di valutazione ambientale alla luce dei criteri menzionati nell’allegato II alla direttiva [2001/42] i piani, gli schemi, i programmi e gli altri documenti di pianificazione idonei a produrre effetti sull’ambiente, i quali, senza autorizzare direttamente la realizzazione di lavori o prescrivere progetti di allestimento, siano applicabili alla realizzazione di tali lavori o progetti:
1° I piani, gli schemi, i programmi e gli altri documenti di pianificazione adottati dallo Stato, dalle collettività territoriali o dai loro raggruppamenti e dagli enti pubblici che ne dipendono, relativi all’agricoltura, alla silvicoltura, alla pesca, all’energia o all’industria, ai trasporti, alla gestione dei rifiuti o alla gestione delle acque, alle telecomunicazioni, al turismo o alla gestione del territorio, volti a definire l’ambito di attuazione, i lavori e i progetti di allestimento ricompresi nella sfera d’applicazione dello studio d’impatto ai sensi dell’articolo L. 122-1;
2° I piani, gli schemi, i programmi e gli altri documenti di pianificazione adottati dallo Stato, dalle collettività territoriali o dai loro raggruppamenti e dagli enti pubblici che ne dipendono, diversi da quelli menzionati al punto 1 del presente articolo, volti a definire l’ambito di attuazione dei lavori o dei progetti di allestimento, laddove siano idonei a produrre effetti rilevanti sull’ambiente.
3° I piani, gli schemi, i programmi e gli altri documenti di pianificazione per i quali, a fronte dell’impatto che essi sono idonei a produrre su taluni siti, sia richiesta una valutazione degli effetti in applicazione dell’articolo L. 414-4.
II. ‐ La valutazione ambientale dei piani, degli schemi, dei programmi e degli altri documenti di pianificazione menzionati agli articoli L. 121-10 del codice urbanistico e agli articoli L. 4424-9 e L. 4433-7 del codice generale delle collettività territoriali è disciplinata dalle disposizioni degli articoli da L. 121-10 a L. 121-15 del codice urbanistico.
III. ‐ I progetti di piani, schemi, programmi e altri documenti di pianificazione che determinano l’utilizzo di territori di scarsa superficie non sono soggetti alla valutazione prevista dalla presente sezione qualora la loro applicazione non sia idonea a produrre effetti rilevanti sull’ambiente, tenuto conto in particolare della sensibilità dell’ambiente, dell’oggetto del piano o del contenuto del progetto.
IV. ‐ Con decreto del Consiglio di Stato vengono definiti i piani, gli schemi, i programmi e i documenti contemplati ai paragrafi I e III, che sono oggetto di valutazione ambientale in esito ad esame, caso per caso, effettuato dall’autorità amministrativa dello Stato competente in materia d’ambiente.
V. ‐ I piani e i documenti redatti unicamente a scopo di difesa nazionale o di protezione civile non sono soggetti a valutazione ambientale».
11 A termini dell’articolo L. 122-5 del codice dell’ambiente, come modificato dalla legge n. 2010-788:
«Le modifiche apportate ai piani e ai documenti soggetti alle disposizioni del paragrafo I dell’articolo L. 122-4, ad eccezione di quelle di importanza soltanto secondaria, sono oggetto di nuova valutazione ambientale, o di attualizzazione di quella già realizzata all’atto della loro elaborazione.
L’importanza secondaria delle modifiche viene valutata tenuto conto dei criteri menzionati all’allegato II alla direttiva [2001/42]. Con decreto del Consiglio di Stato sono determinati i casi in cui le modifiche possono essere assoggettate a valutazione ambientale in esito ad esame, caso per caso, effettuato dall’autorità amministrativa dello Stato competente in materia d’ambiente».
12 L’articolo L. 122-7 del codice dell’ambiente, come modificato dalla legge n. 2010-788, così prevede:
«La persona giuridica pubblica responsabile dell’elaborazione di un piano o di un documento trasmette, a titolo di parere, all’amministrazione statale, competente in materia di ambiente, il progetto di piano o di documento elaborato in applicazione dell’articolo L. 122-4, accompagnato dal rapporto ambientale.
Se non è emesso nel termine di tre mesi, il parere è reputato favorevole.
L’amministrazione statale, competente in materia d’ambiente, viene consultata, nei limiti del necessario, riguardo al grado di precisione delle informazioni che il rapporto ambientale deve contenere».
13 L’articolo L. 122-11 del codice dell’ambiente così dispone:
«Le condizioni d’applicazione della presente sezione per ogni categoria di piano o documento sono precisate, nei limiti del necessario, con decreto del Consiglio di Stato».
14 Per l’applicazione degli articoli 232 e 233 della legge n. 2010-788 ed ai fini della trasposizione della direttiva 2001/42, il Primo ministro ha adottato, in particolare, il decreto n. 2012-616. Quest’ultimo fissa l’elenco dei progetti di piano, degli schemi, dei programmi e dei documenti di pianificazione che devono essere oggetto di valutazione ambientale, in modo sistematico, ovvero in esito ad esame caso per caso da parte dell’autorità amministrativa designata a tal fine. Detto decreto definisce parimenti l’autorità competente in materia di ambiente che dev’essere consultata nell’ambito della valutazione ambientale. Inoltre, il decreto medesimo definisce, in una tabella dettagliata, i piani, gli schemi, i programmi e gli altri documenti di pianificazione che devono costituire oggetto di valutazione ambientale.
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
15 Il 13 giugno 2012, l’Association France Nature Environnement proponeva dinanzi al giudice del rinvio ricorso di annullamento contro il decreto n. 2012-616, deducendo, segnatamente, la violazione delle disposizioni della direttiva 2001/42 facendo valere, in particolare, che varie autorità ambientali non disporrebbero dell’autonomia amministrativa richiesta dalla direttiva suddetta.
16 Con decisione del 26 giugno 2015, il giudice del rinvio accoglieva la domanda di annullamento del decreto n. 2012-616 nella parte riguardante gli articoli 1 e 7.
17 Il giudice del rinvio dichiarava, in primo luogo, che l’articolo 1 del decreto travisava i requisiti risultanti dall’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 2001/42. Infatti, tale disposizione legislativa nazionale avrebbe affidato alla stessa amministrazione, da un lato, la competenza ad elaborare ed approvare un certo numero di piani e di programmi e, dall’altro, la competenza consultiva ambientale per i medesimi, senza prevedere alcuna disposizione atta a garantire che la seconda competenza venga esercitata, in seno alla stessa amministrazione, da un ufficio munito di effettiva autonomia.
18 A parere del giudice del rinvio, in secondo luogo, l’articolo 7 del decreto non risponderebbe ai requisiti di conforme trasposizione del diritto dell’Unione nell’ordinamento nazionale nella parte in cui esclude, senza invocare alcuna giustificazione attinente a motivi imperativi di certezza del diritto o di ordine pubblico, l’applicazione delle misure regolamentari di trasposizione della direttiva 2001/42 riguardo alle carte dei parchi naturali regionali la cui elaborazione o la cui revisione sia stata prescritta entro il 1° gennaio 2013, laddove il termine di trasposizione della direttiva medesima era già scaduto.
19 Dopo aver rilevato l’illegittimità degli articoli 1 e 7 del decreto n. 2012-616, il giudice del rinvio si è interrogato sulle relative conseguenze.
20 Al riguardo, il giudice medesimo ha ritenuto che la retroattività del parziale annullamento di tale decreto presentasse il rischio di rimettere in discussione la legittimità non soltanto dei piani e dei programmi adottati sul suo fondamento, bensì anche la legittimità di qualsiasi atto adottato sulla base di questi ultimi, tenuto conto della possibilità propria al diritto amministrativo francese di eccepire sine die l’illegittimità di tali atti regolamentari. Una situazione di tal genere sarebbe pregiudizievole sia per il rispetto del principio di certezza del diritto sia per la realizzazione degli obiettivi dell’Unione riguardo alla tutela dell’ambiente. Inoltre, un vuoto giuridico sembrerebbe ostacolare l’attuazione di disposizioni del diritto nazionale di trasposizione della direttiva 2001/42, cosicché il giudice nazionale dovrebbe poter modulare nel tempo gli effetti dell’annullamento di detto decreto.
21 Il giudice del rinvio rilevava quindi che, par quanto attiene alle circostanze in presenza delle quali il giudice amministrativo francese può avvalersi del proprio potere di modulazione degli effetti di una decisione di annullamento, tali considerazioni potrebbero condurre a mantenere gli effetti degli articoli 1 e 7 del decreto n. 2012-616 per il periodo strettamente necessario a permettere l’adozione di norme organizzative di un adeguato sistema di autorità amministrative incaricate della valutazione ambientale in conformità alle disposizioni della direttiva 2001/42. Il giudice medesimo si chiede, conseguentemente, se sia ipotizzabile prevedere che l’annullamento parziale di tale decreto prenda effetto soltanto a decorrere dal 1° gennaio 2016 e che, fatti salvi i ricorsi contenziosi avviati alla data della decisione di rinvio contro gli atti adottati sul suo fondamento, gli effetti prodotti dalle disposizioni del decreto impugnato anteriormente al suo annullamento possano essere considerati definitivi.
22 Alla luce dei suesposti rilievi, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le questioni pregiudiziali seguenti:
«1) Se un giudice nazionale, giudice di diritto comune del diritto dell’Unione europea, debba, in tutti i casi, adire in via pregiudiziale la Corte dell’Unione europea affinché essa stabilisca se occorra mantenere provvisoriamente in vigore le disposizioni ritenute, da parte del giudice nazionale, contrarie al diritto dell’Unione.
2) In caso di risposta affermativa alla prima questione, se l’eventuale decisione del Conseil d’État (Consiglio di Stato) di mantenere fino al 1° gennaio 2016 gli effetti delle disposizioni dell’articolo 1 del decreto [n. 2012-616], dal medesimo ritenute illegittime, sia segnatamente giustificata da considerazioni imperative connesse alla tutela dell’ambiente».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla seconda questione
23 Con la seconda questione, che occorre esaminare in primo luogo, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, in presenza di quali condizioni il giudice nazionale chiamato a dirimere una controversia possa limitare nel tempo taluni effetti di una dichiarazione di illegittimità di una disposizione di diritto nazionale adottata in violazione degli obblighi previsti dalla direttiva 2001/42 e, in particolare, di quelli derivanti dall’articolo 6, paragrafo 3, della stessa.
24 Va osservato che la domanda di pronuncia pregiudiziale viene presentata nel contesto di un procedimento di sindacato di legittimità relativo alla compatibilità di talune disposizioni del diritto interno con la direttiva 2001/42. Nell’ambito di tale procedimento, il giudice del rinvio ha segnatamente rilevato che i requisiti stabiliti nell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva sono stati travisati dalle disposizioni nazionali di trasposizione di detto articolo della direttiva.
25 Il giudice del rinvio, richiamandosi alla sentenza del 20 ottobre 2011, Seaport (NI) e a. (C‑474/10, EU:C:2011:681), osserva, in particolare, che le disposizioni del decreto n. 2012-616 sono illegittime in quanto non consentono di assicurare l’indipendenza funzionale dell’autorità ambientale, non garantendo che la competenza consultiva in materia ambientale sia esercitata, in seno a tale autorità, da un ufficio munito di un’autonomia effettiva.
26 Al punto 39 di detta sentenza, la Corte ha infatti precisato che le disposizioni della direttiva 2001/42 sarebbero prive di effetto utile qualora, nell’ipotesi in cui l’autorità designata in applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, fosse del pari chiamata ad elaborare o ad adottare essa stessa un piano o un programma, non esistesse, nella struttura amministrativa dello Stato membro medesimo, alcun altro organo legittimato ad esercitare tale funzione consultiva.
27 A parere del giudice del rinvio, gli articoli 1 e 7 del decreto n. 2012-616 non soddisfano tale esigenza di autonomia, ragion per cui tali disposizioni devono essere annullate. Il giudice medesimo si interroga peraltro sulle conseguenze giuridiche derivanti dall’annullamento.
28 In particolare, il giudice a quo teme che l’annullamento implichi il rischio che sia rimessa in discussione la legittimità di un gran numero di piani e di programmi, nonché degli atti adottati sul loro fondamento, situazione idonea a dar luogo ad un vuoto giuridico a detrimento della tutela dell’ambiente. Infatti, a causa dell’effetto retroattivo dell’annullamento di tali disposizioni di diritto interno, le consultazioni realizzate sul loro fondamento saranno considerate avvenute irregolarmente.
29 È in tal contesto che il giudice del rinvio richiama la sentenza del 28 febbraio 2012, Inter-Environnement Wallonie e Terre wallonne (C‑41/11, EU:C:2012:103).
30 Al punto 42 di tale sentenza, la Corte ha affermato che in assenza, nella direttiva 2001/42, di disposizioni relative alle conseguenze derivanti dalla violazione delle disposizioni procedurali ivi stabilite, spetta agli Stati membri adottare, nell’ambito delle proprie competenze, tutte le misure necessarie, generali o particolari, affinché tutti i piani o programmi idonei a produrre un impatto significativo sull’ambiente, ai sensi della direttiva stessa, costituiscano oggetto, anteriormente alla loro adozione, di una valutazione ambientale, in conformità alle modalità procedurali e ai criteri previsti dalla direttiva medesima.
31 Al successivo punto 43, la Corte ha dichiarato che, secondo costante giurisprudenza della Corte, gli Stati membri sono tenuti ad eliminare le conseguenze illegittime di una violazione del diritto dell’Unione e che tale obbligo incombe, nell’ambito delle proprie competenze, ad ogni organo dello Stato membro interessato.
32 Inoltre, dai successivi punti da 44 a 46 emerge che l’obbligo diretto a rimediare all’omissione di una valutazione ambientale richiesta dalla direttiva 2001/42, inclusa l’eventuale sospensione o l’annullamento dell’atto in tal senso viziato, incombe parimenti ai giudici nazionali chiamati a decidere su un ricorso contro tale atto di diritto interno adottato in violazione della direttiva suddetta. Di conseguenza, i giudici medesimi devono prendere, sulla base della loro legge nazionale, provvedimenti di sospensione o annullamento di un piano o di un programma elaborato in violazione dell’obbligo di procedere alla valutazione ambientale richiesta dalla direttiva.
33 Riguardo alle preoccupazioni espresse dal giudice del rinvio, relative alle eventuali conseguenze pregiudizievoli, sul piano ambientale, di un annullamento delle disposizioni del diritto interno giudicate incompatibili con il diritto dell’Unione, dai punti 66 e 67 della sentenza dell’8 settembre 2010, Winner Wetten (C‑409/06, EU:C:2010:503) emerge che soltanto la Corte può, eccezionalmente e per considerazioni imperative di certezza del diritto, concedere una sospensione provvisoria dell’effetto di disapplicazione esercitato da una norma di diritto dell’Unione rispetto a norme di diritto interno con esso in contrasto. Infatti, se i giudici nazionali avessero il potere di attribuire alle norme nazionali il primato, anche solo provvisoriamente, in caso di contrasto con il diritto dell’Unione, ne risulterebbe pregiudicata l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione.
34 Ciò premesso e con riferimento al settore interessato, la Corte ha dichiarato, al punto 58 della sentenza del 28 febbraio 2012, Inter-Environnement Wallonie e Terre wallonne (C‑41/11, EU:C:2012:103), che il giudice nazionale può essere eccezionalmente autorizzato, a fronte dell’esistenza di considerazioni imperative connesse alla tutela dell’ambiente e nei limiti in cui siano rispettate talune condizioni precisate nella sentenza medesima, ad applicare le norme del proprio ordinamento interno che gli consentono di mantenere taluni effetti di un atto nazionale annullato. Da detta sentenza risulta quindi che la Corte ha inteso riconoscere, caso per caso ed eccezionalmente, al giudice nazionale la facoltà di amministrare gli effetti dell’annullamento di una norma nazionale dichiarata incompatibile con il diritto dell’Unione.
35 Infatti, e come risulta dall’articolo 3, terzo comma, TUE e dall’articolo 191, paragrafi 1 e 2, TFUE, l’Unione è chiamata a garantire un elevato livello di protezione e di miglioramento della tutela dell’ambiente.
36 In tale prospettiva, la Corte, nella sentenza del 28 febbraio 2012, Inter-Environnement Wallonie e Terre wallonne (C‑41/11, EU:C:2012:103), ha inteso conciliare, da un lato, i principi di legalità ed il primato del diritto dell’Unione con, dall’altro, l’imperativo della tutela dell’ambiente derivante da dette disposizioni del diritto primario dell’Unione.
37 Pertanto, come risulta dal punto 34 supra, la Corte ha subordinato, al punto 58 di detta sentenza, la facoltà di mantenere eccezionalmente taluni effetti di un atto nazionale incompatibile con il diritto dell’Unione al rispetto di talune condizioni.
38 Tali condizioni sono state elencate nel dispositivo della sentenza del 28 febbraio 2012, Inter-Environnement Wallonie e Terre wallonne (C‑41/11, EU:C:2012:103). In primo luogo, l’atto nazionale impugnato deve costituire una misura di trasposizione corretta della direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa alla protezione delle acque dell’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (GU 1991, L 375, pag. 1). In secondo luogo, occorre che l’adozione e l’entrata in vigore del nuovo atto nazionale non consentano di evitare effetti pregiudizievoli sull’ambiente derivanti dall’annullamento dell’atto impugnato. In terzo luogo, l’annullamento di tale atto deve avere la conseguenza di determinare un vuoto giuridico, per quanto riguarda la trasposizione della direttiva 91/676, che risulterebbe dannoso per l’ambiente. Infine, in quarto luogo, il mantenimento eccezionale degli effetti di un atto nazionale di tal genere deve coprire soltanto il lasso di tempo strettamente necessario all’adozione delle misure che consentono di rimediare all’irregolarità constatata.
39 Riguardo alla prima condizione, se è pur vero che la Corte ha osservato, al punto 59 della sentenza del 28 febbraio 2012, Inter-Environnement Wallonie e Terre wallonne (C‑41/11, EU:C:2012:103) che, tenuto conto delle particolari circostanze della causa oggetto di tale sentenza, l’atto ivi controverso doveva costituire una misura di corretta trasposizione della direttiva 91/676, si deve rilevare che, alla luce dell’esistenza di considerazioni imperative connesse alla tutela dell’ambiente, riconosciute dalla Corte al punto 58 della sentenza medesima, tale condizione dev’essere intesa nel senso che ricomprende ogni misura che, per quanto adottata in violazione degli obblighi previsti dalla direttiva 2001/42, contribuisca alla corretta trasposizione del diritto dell’Unione nel settore della tutela dell’ambiente.
40 In ogni caso, l’eccezionale facoltà concessa al giudice nazionale può essere esercitata soltanto caso per caso e non astrattamente o globalmente. Infatti, come la Corte ha già avuto modo di affermare, tale facoltà deve essere esercitata tenuto conto delle circostanze specifiche della controversia su cui è chiamata a pronunciarsi (v., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2012, Inter-Environnement Wallonie e Terre wallonne, C‑41/11, EU:C:2012:103, punto 63).
41 Il giudice nazionale è quindi chiamato ad accertare che ricorrano tutte le condizioni precisate nella sentenza del 28 febbraio 2012, Inter-Environnement Wallonie e Terre wallonne (C‑41/11, EU:C:2012:103) e a stabilire se l’annullamento di un atto di diritto interno oggetto del procedimento dinanzi ad esso pendente generi ripercussioni negative sull’ambiente, pregiudicando gli obiettivi perseguiti dal diritto dell’Unione nel settore.
42 In tal contesto, il giudice nazionale deve operare una valutazione che tenga conto, in particolare, dell’obiettivo e del contenuto dell’atto controverso nella specie nonché dei suoi effetti su altre disposizioni relative alla tutela dell’ambiente.
43 Dalle suesposte considerazioni risulta che occorre rispondere alla seconda questione nel senso che il giudice nazionale può limitare nel tempo, qualora il diritto interno lo consenta, eccezionalmente e caso per caso, taluni effetti di una dichiarazione di illegittimità di una disposizione del diritto nazionale, adottata in violazione degli obblighi previsti dalla direttiva 2001/42, in particolare di quelli derivanti dall’articolo 6, paragrafo 3, di quest’ultima, a condizione che tale limitazione risulti necessaria alla luce di considerazioni imperative connesse alla tutela dell’ambiente e tenuto conto delle specifiche circostanze della controversia sottoposta al suo esame. Tale eccezionale facoltà può tuttavia essere esercitata soltanto allorché ricorrano tutte le condizioni indicate nella sentenza del 28 febbraio 2012, Inter-Environnement Wallonie e Terre wallonne (C‑41/11, EU:C:2012:103), vale a dire:
– che la norma del diritto nazionale impugnata costituisca una misura di corretta trasposizione del diritto dell’Unione in materia di tutela dell’ambiente;
– che l’adozione e l’entrata in vigore di una nuova disposizione del diritto nazionale non consentano di evitare gli effetti pregiudizievoli per l’ambiente derivanti dall’annullamento della norma del diritto nazionale impugnata;
– che dall’annullamento di quest’ultima consegua la creazione di un vuoto giuridico relativo alla trasposizione del diritto dell’Unione in materia di tutela dell’ambiente che risulterebbe ancor più nocivo, nel senso che tale annullamento si risolverebbe in una minore protezione finendo, quindi, per contrastare con l’essenziale obiettivo del diritto dell’Unione, e
– che il mantenimento eccezionale degli effetti della disposizione impugnata del diritto nazionale copra soltanto il lasso di tempo strettamente necessario all’adozione delle misure che consentano di rimediare all’irregolarità accertata.
Sulla prima questione
44 Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede se il giudice nazionale, prima di avvalersi dell’eccezionale facoltà che gli consente di mantenere, in presenza delle condizioni indicate nella sentenza del 28 febbraio 2012, Inter-Environnement Wallonie e Terre wallonne (C‑41/11, EU:C:2012:103), determinati effetti di un atto nazionale incompatibile con il diritto dell’Unione, sia comunque tenuto ad adire la Corte in via pregiudiziale.
45 Al riguardo occorre ricordare che l’articolo 267 TFUE conferisce ai giudici nazionali le cui decisioni sono soggette a ricorso di diritto interno la facoltà di adire la Corte in via pregiudiziale.
46 Spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emanare la propria decisione, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte (sentenza del 9 settembre 2015, X e van Dijk, C‑72/14 e C‑197/14, EU:C:2015:564, punto 57).
47 Per contro, qualora un giudice nazionale, le cui decisioni non siano soggette a ricorso giurisdizionale, rilevi che l’interpretazione del diritto dell’Unione è necessaria per pervenire alla soluzione di una controversia ad esso sottoposta, l’articolo 267, terzo comma, TFUE gli impone di presentare alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale.
48 La Corte ha osservato al riguardo, al punto 16 della sentenza del 6 ottobre 1982, Cilfit e a. (283/81, EU:C:1982:335), che la corretta applicazione del diritto comunitario può imporsi con tale evidenza da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio sulla soluzione da dare alla questione sollevata. Prima di concludere per l’esistenza di una situazione di tal genere, il giudice nazionale di ultima istanza deve maturare il convincimento che la stessa evidenza si imporrebbe anche ai giudici degli altri Stati membri ed alla Corte. Solo in presenza di tali condizioni, il giudice nazionale può astenersi dal sottoporre la questione alla Corte risolvendola sotto la propria responsabilità.
49 Inoltre, è in funzione delle caratteristiche del diritto dell’Unione e delle particolari difficoltà che la sua interpretazione presenta che spetta a tale giudice nazionale esaminare in qual misura non sia tenuto a rivolgersi alla Corte in via pregiudiziale. Pertanto, ciascuna disposizione di diritto dell’Unione, inclusa la giurisprudenza della Corte nel settore considerato, dev’essere ricollocata nel suo contesto e interpretata alla luce dell’insieme delle disposizioni di tale diritto, delle sue finalità e dello stadio della sua evoluzione alla data in cui va data applicazione alla disposizione in parola (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 1982, Cilfit e a., 283/81, EU:C:1982:335, punti 17 e 20).
50 La Corte ha quindi dichiarato, al punto 21 della sentenza del 6 ottobre 1982, Cilfit e a. (283/81, EU:C:1982:335), che un giudice, le cui decisioni non siano impugnabili secondo l’ordinamento interno, è tenuto, qualora una questione di diritto comunitario sorga dinanzi al medesimo, ad adempiere il proprio obbligo di rinvio, salvo che non abbia rilevato che la corretta applicazione del diritto dell’Unione si imponga con tale evidenza da non lasciar spazio ad alcun ragionevole dubbio, ove l’esistenza di tale eventualità debba essere valutata in funzione delle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, delle specifiche difficoltà che la sua interpretazione presenta e del rischio di divergenze giurisprudenziali all’interno dell’Unione.
51 Riguardo ad una controversia come quella oggetto del procedimento principale, considerato che, da un lato, la questione della possibilità, per il giudice nazionale, di limitare nel tempo taluni effetti di una dichiarazione di illegittimità di una disposizione del diritto interno adottata in violazione degli obblighi previsti dalla direttiva 2001/42 e, in particolare, di quelli derivanti dall’articolo 6, paragrafo 3, di quest’ultima, non ha costituito oggetto di altra decisione della Corte successivamente alla sentenza del 28 febbraio 2012, Inter-Environnement Wallonie e Terre wallonne (C‑41/11, EU:C:2012:103) e che, dall’altro, tale possibilità risulta essere eccezionale, come emerge dalla risposta fornita alla seconda questione, il giudice nazionale, le cui decisioni non siano più soggette a ricorso giurisdizionale, è tenuto a rivolgersi alla Corte in via pregiudiziale in presenza del minimo dubbio riguardo all’interpretazione o alla corretta applicazione del diritto dell’Unione.
52 In particolare, poiché l’esercizio di tale facoltà eccezionale potrebbe pregiudicare l’osservanza del principio del primato del diritto dell’Unione, il giudice nazionale potrà essere dispensato dall’adire la Corte in via pregiudiziale soltanto laddove sia persuaso che l’esercizio di tale eccezionale facoltà non sollevi alcun ragionevole dubbio. Peraltro, l’assenza di dubbi in tal senso necessita di prova circostanziata.
53 Pertanto, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che, allo stato attuale del diritto dell’Unione, il giudice nazionale le cui decisioni non siano ulteriormente soggette a ricorso giurisdizionale è, in linea di principio, tenuto a rivolgersi alla Corte in via pregiudiziale, affinché quest’ultima possa valutare se eccezionalmente determinate norme di diritto interno, giudicate contrarie al diritto dell’Unione, possano essere provvisoriamente mantenute, alla luce di considerazioni imperative attinenti alla tutela dell’ambiente e tenuto conto delle circostanze specifiche della controversia che detto giudice nazionale è chiamato a dirimere. Quest’ultimo è dispensato da tale obbligo soltanto allorché sia persuaso, cosa che è subordinata a circostanziata dimostrazione, che non sussistano ragionevoli dubbi riguardo all’interpretazione ed all’applicazione delle condizioni risultanti dalla sentenza del 28 febbraio 2012, Inter-Environnement Wallonie e Terre wallonne (C‑41/11, EU:C:2012:103).
Sulle spese
54 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
1) Il giudice nazionale può limitare nel tempo, qualora il diritto interno lo consenta, eccezionalmente e caso per caso, taluni effetti di una dichiarazione di illegittimità di una disposizione del diritto nazionale, adottata in violazione degli obblighi previsti dalla direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, in particolare di quelli derivanti dall’articolo 6, paragrafo 3, di quest’ultima, a condizione che tale limitazione risulti necessaria alla luce di considerazioni imperative connesse alla tutela dell’ambiente e tenuto conto delle specifiche circostanze della controversia sottoposta al suo esame. Tale eccezionale facoltà può tuttavia essere esercitata soltanto allorché ricorrano tutte le condizioni indicate nella sentenza del 28 febbraio 2012, Inter-Environnement Wallonie e Terre wallonne (C‑41/11, EU:C:2012:103), vale a dire:
– che la norma del diritto nazionale impugnata costituisca una misura di corretta trasposizione del diritto dell’Unione in materia di tutela dell’ambiente;
– che l’adozione e l’entrata in vigore di una nuova disposizione del diritto nazionale non consentano di evitare gli effetti pregiudizievoli per l’ambiente derivanti dall’annullamento della norma del diritto nazionale impugnata;
– che dall’annullamento di quest’ultima consegua la creazione di un vuoto giuridico relativo alla trasposizione del diritto dell’Unione in materia di tutela dell’ambiente che risulterebbe ancor più nocivo, nel senso che tale annullamento si risolverebbe in una minore protezione finendo, quindi, per contrastare con l’essenziale obiettivo del diritto dell’Unione, e
– che il mantenimento eccezionale degli effetti della disposizione impugnata del diritto nazionale copra soltanto il lasso di tempo strettamente necessario all’adozione delle misure che consentano di rimediare all’irregolarità accertata.
2) Allo stato attuale del diritto dell’Unione, il giudice nazionale le cui decisioni non siano ulteriormente soggette a ricorso giurisdizionale è, in linea di principio, tenuto a rivolgersi alla Corte in via pregiudiziale, affinché quest’ultima possa valutare se eccezionalmente determinate norme di diritto interno, giudicate contrarie al diritto dell’Unione, possano essere provvisoriamente mantenute, alla luce di considerazioni imperative attinenti alla tutela dell’ambiente e tenuto conto delle circostanze specifiche della controversia che detto giudice nazionale è chiamato a dirimere. Quest’ultimo è dispensato da tale obbligo soltanto allorché sia persuaso, cosa che è subordinata a circostanziata dimostrazione, che non sussistano ragionevoli dubbi riguardo all’interpretazione ed all’applicazione delle condizioni risultanti dalla sentenza del 28 febbraio 2012, Inter-Environnement Wallonie e Terre wallonne (C‑41/11, EU:C:2012:103).
Firme