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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Tutela dei consumatori Numero: C-105/17 | Data di udienza:

TUTELA DEI CONSUMATORI – Persona fisica che pubblica su un sito Internet annunci per la vendita di beni nuovi e d’occasione – Nozioni di “professionista” e di “pratiche commerciali” – Direttiva 2005/29/CE – Direttiva 2011/83/UE – Rinvio pregiudiziale.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 5^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 4 Ottobre 2018
Numero: C-105/17
Data di udienza:
Presidente: da Cruz Vilaça
Estensore: Borg Barthet


Premassima

TUTELA DEI CONSUMATORI – Persona fisica che pubblica su un sito Internet annunci per la vendita di beni nuovi e d’occasione – Nozioni di “professionista” e di “pratiche commerciali” – Direttiva 2005/29/CE – Direttiva 2011/83/UE – Rinvio pregiudiziale.



Massima

 

 

CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez. 5^, 04/10/2018 Sentenza C-105/17

 
TUTELA DEI CONSUMATORI – Persona fisica che pubblica su un sito Internet annunci per la vendita di beni nuovi e d’occasione – Nozioni di “professionista” e di “pratiche commerciali” – Direttiva 2005/29/CE – Direttiva 2011/83/UE – Rinvio pregiudiziale.
 
L’articolo 2, lettere b) e d), della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali»), e l’articolo 2, punto 2, della direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio devono essere interpretati nel senso che una persona fisica che pubblica su un sito Internet, contemporaneamente, un certo numero di annunci per la vendita di beni nuovi e d’occasione, quale la convenuta nel procedimento principale, può essere qualificata come «professionista», e una siffatta attività può costituire una «pratica commerciale», soltanto qualora tale persona agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, cosa che spetta al giudice del rinvio verificare, alla luce di tutte le circostanze rilevanti del caso di specie.
 
Pres. da Cruz Vilaça, Rel. Borg Barthet, Ric. Komisia za zashtita na potrebitelite contro Evelina Kamenova

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez. 5^, 04/10/2018 Sentenza C-105/17

SENTENZA

 

 

 

CORTE DI GIUSTIZIA UE Sez. 5^, 04/10/2018 Sentenza C-105/17
 
SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)
 
4 ottobre 2018 (*)
 
«Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Direttiva 2005/29/CE – Articolo 2, lettere b) e d) – Direttiva 2011/83/UE – Articolo 2, punto 2 – Nozioni di “professionista” e di “pratiche commerciali”»
 
Nella causa C-105/17,
 
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Administrativen sad – Varna (Tribunale amministrativo di Varna, Bulgaria), con decisione del 16 febbraio 2017, pervenuta in cancelleria il 28 febbraio 2017, nel procedimento
 
Komisia za zashtita na potrebitelite
 
contro
 
Evelina Kamenova,
 
con l’intervento di:
 
Okrazhna prokuratura – Varna,

LA CORTE (Quinta Sezione),
 
composta da J.L. da Cruz Vilaça, presidente di sezione, E. Levits, A. Borg Barthet (relatore), M. Berger e F. Biltgen, giudici,
 
avvocato generale: M. Szpunar
 
cancelliere: A. Calot Escobar
 
vista la fase scritta del procedimento,
 
considerate le osservazioni presentate:
 
–        per il governo tedesco, da T. Henze, M. Hellmann e J. Techert, in qualità di agenti;
 
–        per la Commissione europea, da A. Cleenewerck de Crayencour, Y. Marinova, G. Goddin e N. Ruiz García, in qualità di agenti,
 
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 31 maggio 2018,
 
ha pronunciato la seguente
 
Sentenza
 
1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 2, lettere b) e d), della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») (GU 2005, L 149, pag. 22).
 
2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la sig.ra Evelina Kamenova e la Komisiya za zashtita na potrebitelite (Commissione per la tutela dei consumatori, Bulgaria) (in prosieguo: la «KZP») avente ad oggetto un atto adottato da quest’ultima con cui sono state inflitte alla sig.ra Kamenova sanzioni amministrative per aver quest’ultima omesso di fornire informazioni ai consumatori in occasione della pubblicazione di annunci per la vendita di beni su un sito Internet.
 
 Contesto normativo
 
 Diritto dell’Unione
 
 Direttiva 2005/29
 
3        L’articolo 2 della direttiva 2005/29 dispone quanto segue:
 
«Ai fini della presente direttiva, si intende per:
 
a)      “consumatore”: qualsiasi persona fisica che, nelle pratiche commerciali oggetto della presente direttiva, agisca per fini che non rientrano nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale;
 
b)      “professionista”: qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto della presente direttiva, agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisca in nome o per conto di un professionista;
 
(…)
 
d)      “pratiche commerciali delle imprese nei confronti dei consumatori” (…): qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresi la pubblicità e il marketing, posta in essere da un professionista, direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori;
 
(…)».
 
4        L’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva così recita:
 
«La presente direttiva si applica alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori, come stabilite all’articolo 5, poste in essere prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa a un prodotto».
 
 Direttiva 2011/83/UE
 
5        La direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2011, L 304, pag. 64), al suo articolo 2 prevede quanto segue:
 
«Ai fini della presente direttiva si intende per:
 
1)      “consumatore”: qualsiasi persona fisica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisca per fini che non rientrano nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale;
 
2)      “professionista”: qualsiasi persona fisica o giuridica che, indipendentemente dal fatto che si tratti di un soggetto pubblico o privato, agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale nei contratti oggetto della presente direttiva, anche tramite qualsiasi altra persona che agisca in suo nome o per suo conto;
 
(…)».
 
6        Conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva, quest’ultima «si applica, alle condizioni e nella misura stabilita nelle sue disposizioni, a qualsiasi contratto concluso tra un professionista e un consumatore».
 
7        L’articolo 6, paragrafo 1, della citata direttiva enumera le informazioni che il professionista deve fornire prima che il consumatore sia vincolato da un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali o da una corrispondente offerta.
 
8        L’articolo 9, paragrafo 1, della medesima direttiva prevede che il consumatore dispone di un periodo di quattordici giorni per recedere da un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali.
 
 Diritto bulgaro
 
9        Gli articoli 47 e 50 dello Zakon za zashtita na potrebitelite (legge sulla tutela dei consumatori) (DV n. 99, del 9 dicembre 2005), nella versione applicabile alla controversia oggetto del procedimento principale (in prosieguo: lo «ZZP»), traspongono nell’ordinamento giuridico bulgaro rispettivamente gli articoli 6 e 9 della direttiva 2011/83 relativi, il primo, agli obblighi di informazione per i contratti a distanza e, il secondo, al diritto di recesso.
 
10      L’articolo 204 dello ZZP è così formulato:
 
«L’inadempimento degli obblighi di informazione del consumatore previsti all’articolo 47, paragrafi 1, 2, 3, 5, 6 e 7, nonché agli articoli 48 e 49, è punibile, per le persone fisiche, con un’ammenda da 100 a 1 000 [leva bulgari (BGN)] e, per le imprese individuali o per le persone giuridiche, con una sanzione pecuniaria da BGN 500 a 3 000 per ciascun singolo episodio».
 
11      L’articolo 207, paragrafo 1, dello ZZP prevede quanto segue:
 
«A colui che impedisce il diritto del consumatore, sancito dall’articolo 50, di recedere dal contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali è inflitta un’ammenda o sanzione pecuniaria da BGN 1 000 a 3 000 per ciascun singolo episodio».
 
12      Ai sensi del paragrafo 13, punto 2, delle disposizioni complementari allo ZZP:
 
«Si intende per “professionista” qualsiasi persona fisica o giuridica che venda od offra in vendita beni, presti servizi o concluda un contratto con un consumatore nell’ambito della propria attività commerciale o professionale nel settore pubblico o privato, nonché qualsiasi persona che agisca a suo nome e per suo conto».
 
 Procedimento principale e questione pregiudiziale
 
13      Un consumatore ha acquistato un orologio sul sito Internet www.olx.bg mediante un contratto di vendita a distanza. Lo stesso, ritenendo che tale orologio non corrispondesse alle caratteristiche indicate nell’annuncio pubblicato su detto sito, ha presentato una denuncia presso la KZP dopo che il fornitore dell’orologio ha rifiutato che quest’ultimo gli fosse rispedito dietro rimborso dell’importo pagato.
 
14      In seguito a verifiche, la KZP ha constatato che la sig.ra Kamenova, registrata in tale sito con lo pseudonimo «eveto-ZZ», era la venditrice dell’orologio. Secondo il gestore del sito Internet www.olx.bg, l’utilizzatore di questo pseudonimo avrebbe pubblicato un totale di otto annunci per la vendita di diversi prodotti su tale sito, tra cui l’orologio di cui trattasi nel procedimento principale.
 
15      Dall’ordinanza di rinvio risulta che, dopo aver consultato detto sito, la KZP ha constatato che, il 10 dicembre 2014, otto annunci di vendita aventi ad oggetto vari prodotti erano ancora pubblicati su tale sito da parte dell’utilizzatore dello pseudonimo «eveto-ZZ».
 
16      Con decisione del 27 febbraio 2015 la KZP ha accertato che la sig.ra Kamenova aveva commesso un’infrazione amministrativa e le ha inflitto varie ammende amministrative sulla base degli articoli 204 e 207 dello ZZP, per violazione dell’articolo 47, paragrafo 1, punti 1, 2, 3, 5, 7, 8 e 12, nonché dell’articolo 50 dello ZZP. Secondo la KZP, la sig.ra Kamenova avrebbe omesso di indicare, in ciascuno dei suddetti annunci, il nome, l’indirizzo postale e l’indirizzo di posta elettronica del professionista, il prezzo totale del bene messo in vendita comprensivo delle imposte, le condizioni di pagamento, di consegna e di esecuzione, il diritto del consumatore di recedere dal contratto di vendita a distanza, le condizioni, il termine e le modalità di esercizio di tale diritto, nonché la menzione dell’esistenza di una garanzia legale di conformità dei prodotti venduti al contratto di vendita.
 
17      La sig.ra Kamenova ha presentato ricorso avverso detta decisione dinanzi al Rayonen sad Varna (Tribunale distrettuale di Varna, Bulgaria). Con sentenza del 22 marzo 2016 quest’ultimo ha annullato la suddetta decisione sulla base del rilievo che la sig.ra Kamenova non aveva la qualità di professionista ai sensi dell’articolo 13, punto 2, delle disposizioni complementari allo ZZP e della direttiva 2005/29.
 
18      La KZP ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio, l’Administrativen sad – Varna (Tribunale amministrativo di Varna, Bulgaria). Il giudice del rinvio osserva, anzitutto, che su Internet viene venduto e acquistato un volume considerevole di prodotti di largo consumo. Esso ricorda poi che la direttiva 2005/29 è intesa a garantire un livello elevato di tutela dei consumatori. In tale contesto, esso si chiede, in sostanza, se, in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, in cui una persona fisica vende su Internet un numero relativamente elevato di beni di valore significativo, tale persona abbia la qualità di professionista ai sensi della direttiva 2005/29.
 
19      Ciò premesso, l’Administrativen sad – Varna (Tribunale amministrativo di Varna) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
 
«Se l’articolo 2, lettere b) e d), della [direttiva 2005/29] debba essere interpretato nel senso che l’attività di una persona fisica, registrata su un sito Internet per la vendita di prodotti, e che abbia contemporaneamente pubblicato complessivamente otto annunci per la vendita di diversi articoli attraverso il sito Internet, integri l’attività di un professionista ai sensi della definizione giuridica di cui all’articolo 2, lettera b), costituisca una fattispecie di pratiche commerciali delle imprese nei confronti dei consumatori a norma dell’articolo 2, lettera d), e ricada nell’ambito di applicazione della direttiva conformemente all’articolo 3, paragrafo 1».
 
 Sulla questione pregiudiziale
 
20      Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, da un lato, se una persona fisica che pubblica su un sito Internet, contemporaneamente, un certo numero di annunci per la vendita di beni nuovi e d’occasione possa essere qualificata come «professionista» ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 2005/29 e, dall’altro, se un’attività del genere costituisca una «pratica commerciale», ai sensi dell’articolo 2, lettera d), di tale direttiva.
 
21      In limine, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia sottopostagli. In tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte e, in siffatto contesto, interpretare tutte le norme del diritto dell’Unione che possano essere utili ai giudici nazionali al fine di dirimere le controversie di cui sono investiti, anche qualora tali norme non siano espressamente indicate nelle questioni a essa sottoposte da detti giudici (sentenza del 19 ottobre 2017, Otero Ramos, C-531/15, EU:C:2017:789, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).
 
22      Di conseguenza, benché formalmente il giudice del rinvio abbia limitato la sua questione all’interpretazione di disposizioni della direttiva 2005/29, la Corte è tenuta a trarre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale e, in particolare, dalla motivazione della decisione di rinvio, gli elementi di diritto dell’Unione che richiedano un’interpretazione, tenuto conto dell’oggetto della controversia (v., in tal senso, sentenza del 19 ottobre 2017, Otero Ramos, C-531/15, EU:C:2017:789, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).
 
23      Nel caso di specie, risulta dall’ordinanza di rinvio che le disposizioni nazionali rilevanti ai fini del procedimento principale, ossia gli articoli 47 e 50 della ZZP, recepiscono nell’ordinamento giuridico bulgaro, rispettivamente, gli articoli 6 e 9 della direttiva 2011/83. Orbene, il giudice del rinvio, che intende sapere, in particolare, se una persona fisica, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che pubblica su un sito Internet, contemporaneamente, diversi annunci per la vendita di beni nuovi e d’occasione, possa essere qualificata come «professionista» e debba, in quanto tale, conformarsi alle prescrizioni enumerate in detti articoli, chiede, con la sua questione pregiudiziale, soltanto l’interpretazione della direttiva 2005/29.
 
24      In tale contesto, si deve ritenere che, con la sua questione, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, da un lato, se una persona fisica che pubblica su un sito Internet, contemporaneamente, un certo numero di annunci per la vendita di beni nuovi e d’occasione possa essere qualificata come «professionista», ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 2005/29 e dell’articolo 2, punto 2, della direttiva 2011/83 e, dall’altro, se un’attività del genere costituisca una «pratica commerciale», ai sensi dell’articolo 2, lettera d), della direttiva 2005/29.
 
25      Per quanto riguarda, in primo luogo, la nozione di «professionista», occorre ricordare che l’articolo 2, lettera b), della direttiva 2005/29 definisce il professionista come «qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto della presente direttiva, agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisca in nome o per conto di un professionista».
 
26      L’articolo 2, punto 2, della direttiva 2011/83, a sua volta, definisce professionista «qualsiasi persona fisica o giuridica che, indipendentemente dal fatto che si tratti di un soggetto pubblico o privato, agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale nei contratti oggetto della presente direttiva, anche tramite qualsiasi altra persona che agisca in suo nome o per suo conto».
 
27      Pertanto, la nozione di «professionista» è definita in modo pressoché identico nell’ambito delle direttive 2005/29 e 2011/83.
 
28      Inoltre, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 32 delle sue conclusioni, tanto la direttiva 2005/29 quanto la direttiva 2011/83 si basano sull’articolo 114 TFUE e, a tale titolo, perseguono i medesimi obiettivi, vale a dire contribuire al corretto funzionamento del mercato interno e garantire un livello elevato di protezione dei consumatori nell’ambito legislativo, regolamentare e amministrativo che esse disciplinano.
 
29      Di conseguenza, si deve ritenere, al pari dell’avvocato generale al paragrafo 39 delle sue conclusioni, che la nozione di «professionista», quale definita nell’ambito di tali direttive, debba essere interpretata in modo uniforme.
 
30      Ciò precisato, si deve rilevare che risulta dal tenore letterale dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 2005/29 che il legislatore dell’Unione ha sancito una nozione particolarmente ampia di «professionista», la quale comprende «qualsiasi persona fisica o giuridica» in quanto eserciti un’attività remunerata e non esclude dal suo ambito di applicazione né gli enti incaricati di una missione di interesse generale né quelli che abbiano uno status di diritto pubblico (sentenza del 3 ottobre 2013, Zentrale zur Bekämpfung unlauteren Wettbewerbs, C-59/12, EU:C:2013:634, punto 32).
 
31      Lo stesso dicasi per quanto riguarda l’articolo 2, punto 2, della direttiva 2011/83, in quanto tale disposizione, da un lato, come ricordato al punto 26 della presente sentenza, si riferisce espressamente a «qualsiasi persona fisica o giuridica (…), indipendentemente dal fatto che si tratti di un soggetto pubblico o privato» e, dall’altro, come rilevato al punto 29 della presente sentenza, deve essere interpretata in modo analogo all’articolo 2, punto b), della direttiva 2005/29.
 
32      Inoltre, risulta dal testo dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 2005/29 e dell’articolo 2, punto 2, della direttiva 2011/83 che la persona interessata, per poter essere qualificata come «professionista», deve agire «nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale» oppure in nome o per conto di un professionista.
 
33      A tal riguardo, occorre constatare che, alla luce della formulazione stessa delle definizioni di cui all’articolo 2, lettere a) e b), della direttiva 2005/29 e all’articolo 2, punti 1 e 2, della direttiva 2011/83, il senso e la portata della nozione di «professionista» ai sensi di dette disposizioni devono essere determinati rispetto alla nozione, correlativa ma antinomica, di «consumatore», che designa ogni privato non impegnato in attività commerciali o professionali (v., in tal senso, sentenza del 3 ottobre 2013, Zentrale zur Bekämpfung unlauteren Wettbewerbs, C-59/12, EU:C:2013:634, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).
 
34      Orbene, dalla giurisprudenza della Corte risulta che, rispetto ad un professionista, il consumatore si trova in una posizione di inferiorità, dovendosi ritenere che egli sia meno informato, economicamente più debole e meno esperto sul piano giuridico della controparte (sentenze del 3 ottobre 2013, Zentrale zur Bekämpfung unlauteren Wettbewerbs, C-59/12, EU:C:2013:634, punto 35, e del 17 maggio 2018, Karel de Grote – Hogeschool Katholieke Hogeschool Antwerpen, C-147/16, EU:C:2018:320, punto 54).
 
35      Ne consegue che la nozione di «professionista», ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 2005/29 e dell’articolo 2, punto 2, della direttiva 2011/83, è una nozione funzionale che comporta la necessità di valutare se il rapporto contrattuale o la pratica commerciale si inserisca nell’ambito delle attività che una persona svolge a titolo professionale (v., per analogia, sentenza del 17 maggio 2018, Karel de Grote – Hogeschool Katholieke Hogeschool Antwerpen, C-147/16, EU:C:2018:320, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).
 
36      Di conseguenza, per essere considerato come un «professionista» ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 2005/29 e dell’articolo 2, punto 2, della direttiva 2011/83, la persona fisica o giuridica in questione deve agire «nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale» oppure in nome o per conto di un professionista.
 
37      Per quanto attiene alla questione se una persona fisica quale la convenuta nel procedimento principale rientri nella nozione di «professionista» ai sensi di tali disposizioni, occorre sottolineare, come rilevato al paragrafo 50 delle conclusioni dell’avvocato generale, che una qualificazione come «professionista» richiede un «approccio caso per caso». Ne consegue che il giudice del rinvio dovrà esaminare, sulla base di tutti gli elementi di fatto di cui dispone, se una persona fisica, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che ha pubblicato contemporaneamente su una piattaforma online otto annunci per la vendita di beni nuovi e d’occasione, abbia agito «nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale» oppure in nome o per conto di un professionista.
 
38      Come affermato dall’avvocato generale al paragrafo 51 delle sue conclusioni, nell’ambito di tale esame, il giudice del rinvio dovrà, in particolare, verificare se la vendita sulla piattaforma online sia stata effettuata in modo organizzato, se tale vendita abbia fini di lucro, se il venditore disponga di informazioni e di competenze tecniche relative ai prodotti offerti in vendita delle quali il consumatore non necessariamente dispone, in maniera tale da porlo in una posizione più vantaggiosa rispetto a detto consumatore, se il venditore abbia uno status giuridico che gli consenta di compiere atti di commercio e in quale misura la vendita online sia collegata all’attività commerciale o professionale del venditore, se il venditore sia soggetto all’IVA, se il venditore, agendo in nome di un determinato professionista o per suo conto o tramite un’altra persona che agisce in suo nome e per suo conto, abbia percepito un compenso o una provvigione, se il venditore acquisti beni nuovi o d’occasione al fine di rivenderli, conferendo così a tale attività un carattere di regolarità, una frequenza e/o una simultaneità rispetto alla propria attività commerciale o professionale, se i prodotti in vendita siano tutti del medesimo tipo o dello stesso valore e, in particolare, se l’offerta sia concentrata su un numero limitato di prodotti.
 
39      È opportuno rilevare che i criteri enumerati al punto precedente non sono tassativi né esclusivi, cosicché, in linea di principio, il fatto che uno o più criteri siano soddisfatti non determina, di per sé solo, la qualificazione da adottare nei confronti del venditore online sotto il profilo della nozione di «professionista».
 
40      Pertanto, il semplice fatto che la vendita persegua scopi di lucro o che una persona pubblichi, contemporaneamente, su una piattaforma online un certo numero di annunci per la vendita di beni nuovi e d’occasione, non è sufficiente, di per sé solo, a qualificare tale persona come «professionista», ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 2005/29 e dell’articolo 2, punto 2, della direttiva 2011/83.
 
41      Per quanto riguarda, in secondo luogo, la questione se l’attività di una persona fisica, quale la convenuta nel procedimento principale, costituisca una «pratica commerciale», ai sensi dell’articolo 2, lettera d), della direttiva 2005/29, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, tale disposizione definisce, impiegando una formulazione particolarmente ampia, la nozione di «pratiche commerciali» come «qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresi la pubblicità e il marketing, posta in essere da un professionista, direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori» (sentenza del 19 settembre 2013, CHS Tour Services, C-435/11, EU:C:2013:574, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).
 
42      Pertanto, per ritenere che l’attività in questione costituisca una «pratica commerciale», ai sensi di detta disposizione, occorre verificare che tale attività, da una parte, possa essere qualificata come pratica avente «carattere commerciale», vale a dire proveniente da un «professionista» e, dall’altra, consista in un’azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale «direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori» (v., in tal senso, sentenza del 17 ottobre 2013, RLvS, C-391/12, EU:C:2013:669, punto 37).
 
43      Dalle considerazioni sin qui svolte risulta che la sussistenza di una «pratica commerciale», ai sensi della direttiva 2005/29, può essere ammessa soltanto qualora tale pratica sia riferibile a un «professionista», quale definito all’articolo 2, lettera b), di tale direttiva.
 
44      Orbene, occorre ricordare, come precisato al punto 40 della presente sentenza, che il semplice fatto che la vendita persegua scopi di lucro o che una persona pubblichi, contemporaneamente, su una piattaforma online un certo numero di annunci per la vendita di beni nuovi e d’occasione non può essere sufficiente, di per sé solo, a qualificare tale persona come «professionista» ai sensi di tale disposizione. Ne consegue che un’attività, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, non può essere qualificata come «pratica commerciale», ai sensi dell’articolo 2, lettera d), della direttiva 2005/29.
 
45      Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla questione posta dichiarando che l’articolo 2, lettere b) e d), della direttiva 2005/29 e l’articolo 2, punto 2, della direttiva 2011/83 devono essere interpretati nel senso che una persona fisica, che pubblica su un sito Internet, contemporaneamente, un certo numero di annunci per la vendita di beni nuovi e d’occasione, quale la convenuta nel procedimento principale, può essere qualificata come «professionista», e una siffatta attività può costituire una «pratica commerciale», soltanto qualora tale persona agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, cosa che spetta al giudice del rinvio verificare, alla luce di tutte le circostanze rilevanti del caso di specie.
 
 Sulle spese
 
46      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
 
Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:
 
L’articolo 2, lettere b) e d), della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali»), e l’articolo 2, punto 2, della direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio devono essere interpretati nel senso che una persona fisica che pubblica su un sito Internet, contemporaneamente, un certo numero di annunci per la vendita di beni nuovi e d’occasione, quale la convenuta nel procedimento principale, può essere qualificata come «professionista», e una siffatta attività può costituire una «pratica commerciale», soltanto qualora tale persona agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, cosa che spetta al giudice del rinvio verificare, alla luce di tutte le circostanze rilevanti del caso di specie.
 
Firme

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