PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Rapporto tra silenzi procedimentali (artt. 16, 17 e 17-bis legge n. 241 del 1990) in funzione rimediale rispetto all’inerzia dell’attività amministrativa, che coinvolge i soli “rapporti orizzontali” tra diverse amministrazioni e silenzi-provvedimentali (artt. 19, 19-bis e 20 legge n. 241 cit.), in funzione rimediale verso il silenzio serbato dal competente organo, che coinvolge i “rapporti verticali” tra amministrazione e privato. Natura e limiti del silenzio procedimentale orizzontale di cui all’art. 17-bis della citata legge n. 241. (Massime a cura del dott. Lorenzo Ieva)
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Puglia
Città: Bari
Data di pubblicazione: 7 Dicembre 2021
Numero: 1832
Data di udienza: 19 Ottobre 2021
Presidente: Adamo
Estensore: Ieva
Premassima
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Rapporto tra silenzi procedimentali (artt. 16, 17 e 17-bis legge n. 241 del 1990) in funzione rimediale rispetto all’inerzia dell’attività amministrativa, che coinvolge i soli “rapporti orizzontali” tra diverse amministrazioni e silenzi-provvedimentali (artt. 19, 19-bis e 20 legge n. 241 cit.), in funzione rimediale verso il silenzio serbato dal competente organo, che coinvolge i “rapporti verticali” tra amministrazione e privato. Natura e limiti del silenzio procedimentale orizzontale di cui all’art. 17-bis della citata legge n. 241. (Massime a cura del dott. Lorenzo Ieva)
Massima
T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. 2^ – 7 dicembre 2021 n. 1832
Rapporto tra silenzi procedimentali (artt. 16, 17 e 17-bis legge n. 241 del 1990) in funzione rimediale rispetto all’inerzia dell’attività amministrativa, che coinvolge i soli “rapporti orizzontali” tra diverse amministrazioni e silenzi-provvedimentali (artt. 19, 19-bis e 20 legge n. 241 cit.), in funzione rimediale verso il silenzio serbato dal competente organo, che coinvolge i “rapporti verticali” tra amministrazione e privato.
Natura e limiti del silenzio procedimentale orizzontale di cui all’art. 17-bis della citata legge n. 241.
1.- La nuova fattispecie di silenzio procedimentale di cui all’art. 17-bis della citata legge n. 241 esclusivamente nella c.d. fase pre-decisoria del provvedimento pluri-strutturato, presupponendo la fattispecie comunque expressis verbis uno “schema di atto” già formato. Nella materia disciplinata dall’art. 8-ter, comma 3, del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502 non sussiste alcun “schema di atto” e non v’è alcuna acquisizione di assenso, o di concerto o di intesa su tal embrione di atto, bensì la necessità di acquisire un parere di compatibilità, che al contrario postula un distinto procedimento collegato (e neanche un sub-procedimento), munito di un’apposita istruttoria (con apprezzamento di diversi interessi) di competenza della Regione.
2.- Nello schema procedurale previsto dalla normativa (art. 8-ter, comma 3, d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502 e art. 7 della legge della Regione Puglia del 2 maggio 2017 n. 9), il comune, quale ente territoriale più prossimo, recepisce l’istanza di autorizzazione, vi effettua la preliminare verifica di compatibilità urbanistica ed edilizia e indi la inoltra (senza alcuna redazione di bozza o di schema di atto) alla Regione, la quale effettua la valutazione propria inerente al fabbisogno e alla rispondenza della struttura alle disposizioni di legge e di regolamento regionali.
3.- Il Consiglio di Stato, nel parere reso dalla Commissione speciale, del 13 luglio 2016 n. 1640, dopo aver esordito, in chiave generale (cfr. paragrafo n. 3), qualificando l’art. 17-bis della legge 7 agosto 1990 n. 241 quale “nuovo paradigma” destinato ad operare in tutti i rapporti interni tra amministrazioni nei casi in cui il procedimento sia destinato a concludersi con una decisione pluristrutturata, ha cura di seguito (cfr. paragrafo n. 4) di precisare, laddove si discorre in ordine ai rapporti con gli articoli 16 (pareri) e 17 (valutazioni tecniche), che questi ultimi “[…] fanno riferimento ad atti di altre amministrazioni da acquisire (al di là del nomen iuris) nella fase istruttoria”, mentre il citato art. 17-bis (silenzio orizzontale): “fa riferimento ad atti da acquisire nella fase decisoria, dopo che l’istruttoria si è chiusa” (in tal senso: Cons. St., sez. IV, 29 marzo 2021 n. 2640; Cons. St., sez. VI, 14 luglio 2020 n. 4559).
Sottolinea il parere del Consiglio di Stato che all’Amministrazione, che deve esprimere l’assenso, il concerto o il nulla-osta, deve esser inviato, come vero e proprio presupposto per l’operatività della semplificazione procedurale in questione, uno “schema di provvedimento” peraltro “corredato dalla relativa documentazione. Ribadisce il parere del Consiglio di Stato che il riferimento allo schema di provvedimento “[…] implica che si sia già chiusa la fase istruttoria, dovendosi ritenere che siano proprio le risultanze dell’istruttoria a consentire all’Amministrazione procedente l’elaborazione dello schema di decisione sul quale l’Amministrazione interpellata esprimerà il proprio assenso”.
4.- I regimi procedurali di semplificazione previsti distintamente dal legislatore, nelle fattispecie di cui agli articoli 17-bis, 16 e 17 della legge 7 agosto 1990 n. 241, sono, rispettivamente, quello del silenzio-acquisizione sull’atto di concerto (ovverosia il concerto “si intende acquisito” per fictio juris), del silenzio-preclusivo sull’atto consultivo (ovverosia si procede “indipendentemente dall’espressione del parere”), del silenzio-devolutivo sull’atto valutativo tecnico (ovverosia le valutazioni sono devolute ad altri qualificati “organi” o “enti” o “istituti universitari”).
Non v’è nelle ipotesi sopra enumerate alcun silenzio significativo di assenso (o di accoglimento) su alcuna istanza del privato, perché oggetto di precipua considerazione è l’omessa comunicazione nel tempo ex lege prefissato di un atto di un’amministrazione, in funzione di co-decisione, che legittima l’amministrazione principaliter preposta all’adozione del provvedimento finale, rispettivamente – nell’invero lessico preciso (e non già casuale) della legge – a presumerne ugualmente l’acquisizione, oppure a prescinderne in toto, oppure infine a coinvolgere altro soggetto giuridico esperto.
Sono questi ultimi gli unici effetti rimediali previsti avverso l’inerzia serbata dall’amministrazione coinvolta nel processo decisionale, che ineriscono i “rapporti orizzontali” tra amministrazioni. Essi non hanno nulla a che fare con i “rapporti verticali” tra amministrazione e privati destinatari dell’attività amministrativa, ove la legislazione disciplina le diverse tipologie di silenzio. Difatti, salva l’ipotesi del silenzio-rifiuto (o inadempimento), consistente nella mera omissione, il legislatore, per fattispecie particolari, può prevedere le (vere) fattispecie di silenzio significativo, che assumono oggi più spesso la forma dell’assenso (o accoglimento) e meno frequentemente la forma del diniego (o rigetto).
5.- Sia l’art. 8-bis, comma 3, del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502 sia la legge della Regione Puglia del 2 maggio 2017 n. 9 sono chiari nel prevedere che la realizzazione e l’esercizio delle strutture sanitarie (sottoposte ad “autorizzazione”), l’esercizio di attività sanitarie “per conto” del servizio sanitario nazionale (suscettibili di “accreditamento istituzionale”) e l’esercizio di attività sanitarie “a carico” di quest’ultimo (ove si si concluda un “accordo contrattuale”) sono tutte “subordinate” al rilascio di specifici atti amministrativi a matrice regionale.
Con riferimento all’autorizzazione per la realizzazione di strutture sanitarie, l’art. 8-ter, comma 1, del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502 precisa che l’autorizzazione si applica “[…] alla costruzione di nuove strutture, all’adattamento di strutture già esistenti e alla loro diversa utilizzazione, all’ampliamento o alla trasformazione nonché al trasferimento in altra sede di strutture già autorizzate”. Ai sensi dell’art. 8-ter, comma 3, del d.lgs. citato, il comune esercita le proprie competenze in materia edilizia e poi acquisisce “[…] la verifica di compatibilità del progetto da parte della regione. Tale verifica è effettuata in rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di meglio garantire l’accessibilità ai servizi e valorizzare le aree di insediamento prioritario di nuove strutture”. E resta pur sempre la regione a determinare, in base all’art. 8-ter, comma 5, del d.lgs. citato: “a) le modalità e i termini per la richiesta e l’eventuale rilascio della autorizzazione alla realizzazione di strutture e della autorizzazione all’esercizio di attività sanitaria […]; b) gli ambiti territoriali in cui si riscontrano carenze di strutture o di capacità produttiva, definendo idonee procedure per selezionare i nuovi soggetti eventualmente interessati”.
Dunque, la Regione Puglia, nell’esplicazione della potestà legislativa concorrente Stato-Regioni, ai sensi dell’art. 117, comma 3°, Cost., peraltro tipicamente già configurata nella disciplina di cui al d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502, ha disciplinato l’iter procedimentale in maniera esaustiva, peraltro come pure previsto dall’art. 29, comma 2, della legge 7 agosto 1990 n. 241.
6.- Gli articoli 16 (pareri), 17 (valutazione tecniche) e 17-bis (atti di concerto) della legge 7 agosto 1990 n. 241 e gli effetti rimediali alle relative situazioni di inerzia – che non involgono affatto silenzi significativi di assenso o di rigetto – sono pensati essenzialmente per le amministrazioni statali e gli enti pubblici nazionali. A riprova, l’art. 17-bis, al successivo comma 2, contempla la fattispecie del mancato accordo appunto tra “le amministrazioni statali” – viene dunque citato il solo livello statale – prevedendo l’intervento del Presidente del Consiglio di ministri proprio in ordine alle “modifiche da apportare allo schema di provvedimento”. Non v’è alcuna traccia circa il diverso livello regionale o territoriale, come invece accade in altre disposizioni normative della legge 7 agosto 1990 n. 241.
Inoltre, va ricordato che il comma 1 dell’art. 29 (Ambito di applicabilità) stabilisce quale sia la parte della legge 7 agosto 1990 n. 241 applicabile a tutte le amministrazioni pubbliche; invece i profili organizzativi compresi i “rapporti orizzontali” tra enti, relativamente alle materie regionali, sono disciplinati dal successivo comma 2 (contenente invero apposita norma speciale); mentre i “rapporti verticali” tra amministrazione e cittadini sono disciplinati dai commi 2-bis, 2-ter e 2-quater.
Il riferimento agli istituti di semplificazione della d.i.a., della s.c.i.a. e del silenzio-assenso contenuto al comma 2-ter dell’art. 29 citato, deve dunque ritenersi limitato alla previsione degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990 n. 241, quest’ultimo peraltro espressamente rubricato “Silenzio assenso”, senza in alcun modo attenere all’art. 17-bis, il quale invece riguarda gli atti di concerto e disciplina, come da rubrica, i soli “Effetti del silenzio e dell’inerzia nei rapporti tra amministrazioni pubbliche […]” e null’altro, introducendo, se non tempestivamente “comunicato” l’atto di concerto, una semplice presunzione di avvenuta acquisizione.
7.- In sostanza, gli articoli 16, 17 e 17-bis della legge 7 agosto 1990 n. 241 hanno introdotto forme di silenzio-procedimentale, in funzione rimediale rispetto all’inerzia dell’attività amministrativa, che coinvolge i soli “rapporti orizzontali” tra amministrazioni, consentendo all’autorità procedente, a seconda dei casi, di prescindere da un parere, o di poter chiedere la valutazione tecnica ad altro istituto qualificato, o anche di dare per acquisito per fictio juris il concerto o altro tipo assenso su uno schema di atto già formato.
8.- Mentre, gli articoli 19, 19-bis e 20 della citata legge n. 241 hanno cura di disciplinare le forme di autentico silenzio-provvedimentale, in funzione rimediale verso il silenzio serbato dal competente organo, che coinvolge i “rapporti verticali” tra amministrazione e privato, attribuendo questa volta il significato di assenso sull’istanza proposta, sia nella fattispecie della segnalazione certificata di inizio attività (sostanzialmente vincolata), sia nella fattispecie del silenzio-assenso vero e proprio (operante per le attività discrezionali).
Pres. Adamo, Est. Ieva – D. s.r.l. (avv.ti Follieri, Follieri e Follieri) c. Regione Puglia (avv. Scagliola) e Comune di Foggia (avv. Puzio)
Allegato
Titolo Completo
T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. 2^ - 7 dicembre 2021 n. 1832SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 15 del 2021, proposto dalla Don.Nicola Resort s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Enrico Follieri, Ilde Follieri e Francesco Follieri, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Fabrizio Lofoco in Bari alla via P. Fiore n. 14 e con domicili digitali come da P.E.C. iscritte al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE);
contro
Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Paolo Scagliola, con domicilio digitale come da P.E.C. iscritta al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE);
Comune di Foggia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Puzio, con domicilio digitale come da P.E.C. iscritta al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE);
per l’annullamento
– della nota del Servizio strategie e governo dell’assistenza alle persone in condizioni di fragilità del Dipartimento della promozione della salute, del benessere sociale e dello sport per tutti della Regione Puglia del 6 ottobre 2020 prot. n. AOO_183_0015057 di dichiarazione di inammissibilità dell’istanza di autorizzazione alla realizzazione di una struttura socio-sanitaria composta da 39 posti letto di RSA per disabili e 30 posti per il centro disabili presentata dalla Don.Nicola Resort s.r.l.,
nonché, ove possa occorrere,
– della delibera di Giunta regionale n. 793 del 2 maggio 2019 (pubblicata sul BURP n. 56 del 24 maggio 2019) e della delibera di Giunta regionale n. 2154 del 25 novembre 2019 (pubblicata sul BURP n. 138 del 29 novembre 2019), nella parte in cui delegano la Regione alla verifica dei presupposti previsti dall’art. 29, comma 7-bis, della legge della Regione Puglia 24 luglio 2017 n. 29, qualora interpretabili nel senso di ascrivere alla Regione la competenza a valutare l’efficacia dei titoli edilizi e/o disporne la decadenza.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia e del Comune di Foggia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2021 il dott. Lorenzo Ieva e uditi per le parti i difensori avvocati Francesco Follieri e Paolo Scagliola;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Con ricorso depositato come previsto in rito, l’istante residenza per anziani impugnava l’atto d’inammissibilità adottato dalla Regione Puglia sull’istanza presentata ai fini dell’autorizzazione alla realizzazione di una struttura socio-sanitaria composta da 39 posti letto di R.S.A. per disabili e 30 posti per il centro disabili, alla stregua della normativa transitoria introdotta dall’art. 29, comma 7-bis, della legge della Regione Puglia 2 maggio 2017 n. 9 (poi integrata dalla legge regionale del 22 dicembre 2017 n. 65) recante la “Nuova disciplina in materia di autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio, all’accreditamento istituzionale e accordi contrattuali delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private”.
L’art. 29, commi 7 e 7-bis, della citata legge regionale prevede che “7.- Nel periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore della presente legge e l’entrata in vigore del regolamento di cui al comma 6, le istanze di autorizzazione al funzionamento […] sono dichiarate inammissibili […].
7-bis.- Sono fatte salve, altresì, le istanze di autorizzazione alla realizzazione o alla ristrutturazione di strutture sanitarie e socio-sanitarie con mezzi propri presentate dai privati alla data del 31 dicembre 2017 che alla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 6 sono state autorizzate, […]. I relativi posti letto, al fine delle autorizzazioni all’esercizio, rientrano nel fabbisogno determinato dallo stesso regolamento, in corso di approvazione, anche se in esubero”.
In sintesi e per quel che qui interessa, nel periodo tra il 2 maggio 2017 e il 9 febbraio 2019, i comuni potevano autorizzare al funzionamento soltanto i soggetti privati che avessero presentato entro il 31 dicembre 2017 istanza di permesso a costruire o istanza di ristrutturazione finalizzati all’attivazione di una struttura sociosanitaria.
Stante una simile disposizione transitoria, la società ricorrente, con quattro distinte censure, articolata in più profili, evidenziava da un lato l’oramai avvenuta formazione del silenzio-assenso orizzontale tra amministrazioni, dall’altro lato la presenza di vizi procedurali e sostanziali nell’applicazione della normativa transitoria regionale, come appresso scrutinati.
2.- Si costituiva la Regione Puglia, ribadendo l’inammissibilità dell’istanza nella forma presentata, contestando in dettaglio la validità della delibazione del Comune di Foggia in ordine alla trasmissione dell’istanza che risultava priva della prevista verifica edilizio-urbanistica.
3.- Si costituiva altresì l’Ente locale, il quale dal canto suo affermava di aver effettuato gli apprezzamenti di propria competenza, inoltrando correttamente per il seguito l’istanza presentata.
4.- Alla fissata camera di consiglio per la concessione delle misure cautelari, ritenuto che comunque la posizione dell’istante società non potesse subire pregiudizio in ragione del difetto di coordinamento delle due predette Autorità amministrative, il Collegio sospendeva l’atto sfavorevole, con invito al riesame da parte del Comune di Foggia e della Regione Puglia sui requisiti richiesti ai fini del rilascio dell’autorizzazione anelata.
5.- Scambiati ulteriori memorie e documenti, alla successiva udienza pubblica, riscontrato che alcun atto successivo era stato adottato dagli Enti territoriali e, in particolare, da parte della Regione Puglia, il ricorso veniva introitato in decisione.
6.- Il ricorso è fondato.
6.1.- Con un primo motivo, viene dedotta la formazione del silenzio-assenso tra amministrazioni (o orizzontale) di cui all’art. 17-bis della legge 7 agosto 1990 n. 241 e dei principi giurisprudenziali in materia di silenzio-assenso e dell’art. 2, comma 8-bis, sempre della legge 7 agosto 1990 n. 241.
Ciò in quanto la Regione ha adottato l’atto impugnato in data 6 ottobre 2020, mentre il Comune di Foggia aveva chiesto alla Regione di esprimere il c.d. parere di compatibilità sulla realizzazione della R.S.A. e del centro diurno in questione in data 31 gennaio 2020, per cui, al più tardi, il 20 agosto 2020 (ossia al più 90 giorni dopo la richiesta comunale, tenendosi in considerazione della sospensione dei termini procedimentali dal 23 febbraio 2020 al 15 maggio 2020 disposta dall’art. 103 del decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020 n. 27 e successive modificazioni ed integrazioni) si è prodotto l’effetto di silenzio-assenso in relazione alla verifica di compatibilità.
Insiste il ricorrente nell’intravedere l’applicabilità alla fattispecie in controversia dell’art. 17-bis della legge n. 241 citata, quale affermato “nuovo paradigma’” operante in tutti i casi in cui il procedimento amministrativo sia destinato a sfociare in una qualche c.d. decisione pluristrutturata, talché il silenzio dell’amministrazione interpellata, epperò rimasta inerte, non ha più l’effetto di precludere l’adozione del provvedimento finale, ma sarebbe sempre equiparato ope legis ad un atto di assenso.
Al contrario, come già sostenuto nel precedente della Sezione (sentenza n. 194 del 6 febbraio 2020) non è configurabile nella materia disciplinata dall’art. 8-ter, comma 3, del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502 (e altresì in Puglia dalla nuova legge regionale del 2 maggio 2017 n. 9) alcun silenzio-assenso.
Ciò proprio in ragione della peculiare tipologia di valutazioni e per l’operare la nuova fattispecie di silenzio procedimentale di cui all’art. 17-bis della citata legge n. 241 esclusivamente nella c.d. fase pre-decisoria del provvedimento pluri-strutturato, presupponendo la fattispecie comunque expressis verbis uno “schema di atto” già formato (ex multis: T.A.R. Campania, sez. III, 6 novembre 2020 n. 5049).
Nel caso di specie non sussiste alcun “schema di atto” e non v’è alcuna acquisizione di assenso, o di concerto o di intesa su tal embrione di atto, bensì la necessità di acquisire un parere di compatibilità, che al contrario postula un distinto procedimento collegato (e neanche un sub-procedimento), munito di un’apposita istruttoria (con apprezzamento di diversi interessi), questa volta di competenza della Regione, ancor per intero da svolgersi.
Difatti, nello schema procedurale previsto dalla normativa (art. 8-ter, comma 3, d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502 e art. 7 della legge della Regione Puglia del 2 maggio 2017 n. 9), il comune, quale ente territoriale più prossimo, recepisce l’istanza di autorizzazione, vi effettua la preliminare verifica di compatibilità urbanistica ed edilizia e indi la inoltra (senza alcuna redazione di bozza o di schema di atto) alla Regione, la quale indipendentemente dal nomen dell’atto chiamato ad emanare, effettua la valutazione propria inerente al fabbisogno e alla rispondenza della struttura alle disposizioni di legge e di regolamento regionali.
Non ha poi fondamento, al fine di suffragare la tesi della maturazione del silenzio-assenso orizzontale, il richiamo alla pronuncia del Consiglio di Stato, Commissione speciale, del 13 luglio 2016 n. 1640, il cui parere invero va letto nella sua interezza. E infatti il Consiglio di Stato, dopo aver esordito, in chiave generale (cfr. paragrafo n. 3), qualificando l’art. 17-bis della legge 7 agosto 1990 n. 241 quale “nuovo paradigma” destinato ad operare in tutti i rapporti interni tra amministrazioni nei casi in cui il procedimento sia destinato a concludersi con una decisione pluristrutturata, ha cura di seguito (cfr. paragrafo n. 4) di precisare, laddove si discorre in ordine ai rapporti con gli articoli 16 (pareri) e 17 (valutazioni tecniche), che questi ultimi “[…] fanno riferimento ad atti di altre amministrazioni da acquisire (al di là del nomen iuris) nella fase istruttoria”, mentre il citato art. 17-bis (silenzio orizzontale): “fa riferimento ad atti da acquisire nella fase decisoria, dopo che l’istruttoria si è chiusa” (in tal senso: Cons. St., sez. IV, 29 marzo 2021 n. 2640; Cons. St., sez. VI, 14 luglio 2020 n. 4559).
Sottolinea ancora il parere del Consiglio di Stato come il primo comma dell’articolo in discussione preveda che all’Amministrazione, che deve esprimere l’assenso, il concerto o il nulla-osta, venga inviato, come vero e proprio presupposto per l’operatività della semplificazione procedurale in questione, uno “schema di provvedimento” peraltro “corredato dalla relativa documentazione”.
Ribadisce infine il parere del Consiglio di Stato che il riferimento allo schema di provvedimento “[…] implica che si sia già chiusa la fase istruttoria, dovendosi ritenere che siano proprio le risultanze dell’istruttoria a consentire all’Amministrazione procedente l’elaborazione dello schema di decisione sul quale l’Amministrazione interpellata esprimerà il proprio assenso”.
A questo punto, ritiene il Collegio che debba procedersi ad una più puntuale esegesi dell’ordito normativo.
Orbene, si è visto che l’art. 17-bis concerne l’acquisizione di assensi, concerti o nulla-osta, nella fase decisoria (o, rectius, pre-decisoria) e che non cita affatto i “pareri” (amministrativi o tecnici) invece considerati dagli articoli 16 (pareri) e 17 (valutazione tecnica).
I regimi procedurali di semplificazione previsti distintamente dal legislatore, nelle fattispecie di cui agli articoli 17-bis, 16 e 17 della legge 7 agosto 1990 n. 241, sono, rispettivamente, quello del silenzio-acquisizione sull’atto di concerto (ovverosia il concerto “si intende acquisito” per fictio juris), del silenzio-preclusivo sull’atto consultivo (ovverosia si procede “indipendentemente dall’espressione del parere”), del silenzio-devolutivo sull’atto valutativo tecnico (ovverosia le valutazioni sono devolute ad altri qualificati “organi” o “enti” o “istituti universitari”).
Non v’è nelle ipotesi sopra enumerate alcun silenzio significativo di assenso (o di accoglimento) su alcuna istanza del privato, perché oggetto di precipua considerazione è l’omessa comunicazione nel tempo ex lege prefissato di un atto di un’amministrazione, in funzione di co-decisione, che legittima l’amministrazione principaliter preposta all’adozione del provvedimento finale, rispettivamente – nell’invero lessico preciso (e non già casuale) della legge – a presumerne ugualmente l’acquisizione, oppure a prescinderne in toto, oppure infine a coinvolgere altro soggetto giuridico esperto.
Sono questi ultimi gli unici effetti rimediali previsti avverso l’inerzia serbata dall’amministrazione coinvolta nel processo decisionale, che ineriscono i “rapporti orizzontali” tra amministrazioni.
Essi non hanno nulla a che fare con i “rapporti verticali” tra amministrazione e privati destinatari dell’attività amministrativa, ove la legislazione disciplina le diverse tipologie di silenzio. Difatti, salva l’ipotesi del silenzio-rifiuto (o inadempimento), consistente nella mera omissione, il legislatore, per fattispecie particolari, può prevedere le (vere) fattispecie di silenzio significativo, che assumono oggi più spesso la forma dell’assenso (o accoglimento) e meno frequentemente la forma del diniego (o rigetto).
Per quanto più direttamente interessa la decisione dell’odierno ricorso, va osservato che sia l’art. 8-bis, comma 3, del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502 sia la legge della Regione Puglia del 2 maggio 2017 n. 9 sono alquanto chiari nel prevedere che la realizzazione e l’esercizio delle strutture sanitarie (sottoposte ad “autorizzazione”), l’esercizio di attività sanitarie “per conto” del servizio sanitario nazionale (suscettibili di “accreditamento istituzionale”) e l’esercizio di attività sanitarie “a carico” di quest’ultimo (ove si si concluda un “accordo contrattuale”) sono tutte “subordinate” al rilascio di specifici atti amministrativi a matrice regionale.
Con riferimento all’autorizzazione per la realizzazione di strutture sanitarie, l’art. 8-ter, comma 1, del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502 precisa che l’autorizzazione si applica “[…] alla costruzione di nuove strutture, all’adattamento di strutture già esistenti e alla loro diversa utilizzazione, all’ampliamento o alla trasformazione nonché al trasferimento in altra sede di strutture già autorizzate”.
Ai fini di quanto sopra, ai sensi dell’art. 8-ter, comma 3, del d.lgs. citato, il comune esercita le proprie competenze in materia edilizia e poi acquisisce “[…] la verifica di compatibilità del progetto da parte della regione. Tale verifica è effettuata in rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di meglio garantire l’accessibilità ai servizi e valorizzare le aree di insediamento prioritario di nuove strutture”. E resta pur sempre la regione a determinare, in base all’art. 8-ter, comma 5, del d.lgs. citato: “a) le modalità e i termini per la richiesta e l’eventuale rilascio della autorizzazione alla realizzazione di strutture e della autorizzazione all’esercizio di attività sanitaria […]; b) gli ambiti territoriali in cui si riscontrano carenze di strutture o di capacità produttiva, definendo idonee procedure per selezionare i nuovi soggetti eventualmente interessati”.
L’art. 4, comma 1, lett. a), della legge della Regione Puglia del 2 maggio 2017 n. 9 ha demandato ai comuni le funzioni conclusive inerenti: “il rilascio delle autorizzazioni alla realizzazione […]”, ma sempre e comunque “previa verifica di compatibilità da parte della Regione”.
Il successivo art. 7 della citata legge regionale disciplina il procedimento per l’autorizzazione alla realizzazione, prevedendo che il soggetto interessato inoltri al comune competente per territorio una istanza, corredata da documenti tra cui il titolo edilizio “ove già rilasciato”. Indi, il comune effettua le proprie verifiche, anche con riferimento alla conformità dell’intervento alla normativa urbanistica ed edilizia, e quindi “richiede” alla regione il “parere favorevole di compatibilità” (che ha validità biennale), ai sensi dell’art. 8-ter del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502. Peraltro, il parere viene rilasciato, sentita l’azienda sanitaria locale interessata.
Infine, il comune, entro 120 giorni dal ricevimento del “parere favorevole di compatibilità” regionale, cioè a istruttoria completata, rilascia l’autorizzazione alla realizzazione.
Dunque, la Regione Puglia, nell’esplicazione della potestà legislativa concorrente Stato-Regioni, ai sensi dell’art. 117, comma 3°, Cost., peraltro tipicamente già configurata nella disciplina di cui al d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502, ha disciplinato l’iter procedimentale in maniera esaustiva, peraltro come pure previsto dall’art. 29, comma 2, della legge 7 agosto 1990 n. 241.
Gli articoli 16 (pareri), 17 (valutazione tecniche) e 17-bis (atti di concerto) della legge 7 agosto 1990 n. 241 e gli effetti rimediali alle relative situazioni di inerzia – che non involgono affatto silenzi significativi di assenso o di rigetto – sono pensati essenzialmente per le amministrazioni statali e gli enti pubblici nazionali.
A riprova, l’art. 17-bis, al successivo comma 2, contempla la fattispecie del mancato accordo appunto tra “le amministrazioni statali” – viene dunque citato il solo livello statale – prevedendo l’intervento del Presidente del Consiglio di ministri proprio in ordine alle “modifiche da apportare allo schema di provvedimento”. Non v’è alcuna traccia circa il diverso livello regionale o territoriale, come invece accade in altre disposizioni normative della legge 7 agosto 1990 n. 241.
Inoltre, va ricordato che il comma 1 dell’art. 29 (Ambito di applicabilità) stabilisce quale sia la parte della legge 7 agosto 1990 n. 241 applicabile a tutte le amministrazioni pubbliche; invece i profili organizzativi compresi i “rapporti orizzontali” tra enti, relativamente alle materie regionali, sono disciplinati dal successivo comma 2 (contenente invero apposita norma speciale); mentre i “rapporti verticali” tra amministrazione e cittadini sono disciplinati dai commi 2-bis, 2-ter e 2-quater.
Il riferimento agli istituti di semplificazione della d.i.a., della s.c.i.a. e del silenzio-assenso contenuto al comma 2-ter dell’art. 29 citato, deve dunque ritenersi limitato alla previsione degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990 n. 241, quest’ultimo peraltro espressamente rubricato “Silenzio assenso”, senza in alcun modo attenere all’art. 17-bis, il quale invece riguarda gli atti di concerto e disciplina, come da rubrica, i soli “Effetti del silenzio e dell’inerzia nei rapporti tra amministrazioni pubbliche […]” e null’altro, introducendo, invero, se non tempestivamente “comunicato” l’atto di concerto, una semplice presunzione di avvenuta acquisizione.
In sostanza, gli articoli 16, 17 e 17-bis della legge 7 agosto 1990 n. 241 hanno introdotto forme di silenzio-procedimentale, in funzione rimediale rispetto all’inerzia dell’attività amministrativa, che coinvolge i soli “rapporti orizzontali” tra amministrazioni, consentendo all’autorità procedente, a seconda dei casi, di prescindere da un parere, o di poter chiedere la valutazione tecnica ad altro istituto qualificato, o anche di dare per acquisito per fictio juris il concerto o altro tipo assenso su uno schema di atto già formato.
Mentre, gli articoli 19, 19-bis e 20 della citata legge n. 241 hanno cura di disciplinare le forme di autentico silenzio-provvedimentale, in funzione rimediale verso il silenzio serbato dal competente organo, che coinvolge i “rapporti verticali” tra amministrazione e privato, attribuendo questa volta il significato di assenso sull’istanza proposta, sia nella fattispecie della segnalazione certificata di inizio attività (sostanzialmente vincolata), sia nella fattispecie del silenzio-assenso vero e proprio (operante per le attività discrezionali).
In ultima analisi, da quanto fin qui trattato, ne risulta confermata la tesi che il Collegio condivide circa l’autonomia funzionale ed esaustività della disciplina tracciata dai dedicati articoli del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502 e della legge della Regione Puglia del 2 maggio 2017 n. 9 nel disciplinare, in punto di organizzazione, di riparto di competenze e di procedimenti, gli atti di autorizzazione, di accreditamento-istituzionale e di accordo contrattuale (c.d. modulo delle “tre A”).
Ogni altra interpretazione non può esser condivisa.
Di conseguenza, il motivo di censura va rigettato.
6.2.- Con un secondo e il terzo motivo, considerabili unitariamente per affinità, viene contestata la violazione dell’art. 10-bis della legge 7 agosto 1990 n. 241, la violazione dell’art. 15 d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, il travisamento dei fatti, l’incompetenza, la violazione dell’art. 8-ter, 9, comma 3, d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502, dell’art. 7, comma 2, e dell’art. 29, comma 7-bis, della legge della Regione Puglia 2 maggio 2017 n. 9; dell’art. 9, comma 3, lett. e), del regolamento della Regione Puglia 21 gennaio 2019 n. 5, la manifesta irragionevolezza.
In prima battuta, viene censurata l’omessa comunicazione del preavviso di diniego, che ben avrebbe potuto consentire all’istante di meglio precisare in contraddittorio con la Regione e semmai con il Comune ogni questione dubbia in ordine alla valenza della presentazione e validità del titolo edilizio, legittimante l’applicazione del regime transitorio.
Punto focale della censura è poi che l’art. 7, comma 2, della legge della Regione Puglia 2 maggio 2017 n. 9 prevede che “il Comune, verificati i titoli di cui al comma 1 e la conformità dell’intervento alla normativa urbanistica ed edilizia […] richiede alla Regione la verifica di compatibilità di cui all’articolo 3, comma 3, lettera a), attestando l’avvenuta verifica dei titoli e la conformità dell’intervento alla normativa urbanistica ed edilizia”.
Orbene, nella specie, il Comune di Foggia ha valutato i profili urbanistici ed edilizi (incluso il già rilasciato permesso di costruire e la variante) dell’istanza avanzata dalla ricorrente società e l’ha ritenuta utile per la successiva pronuncia della Regione circa il parere di compatibilità.
Difatti, la deliberazione della Giunta regionale 25 novembre 2019 n. 2154, recante l’atto ricognitivo in materia di strutture già autorizzate, contiene un paragrafo intitolato “Interpretazione in merito alla lettura coordinata dei commi 7 e 7-bis dell’art. 29, L.R. n. 9/2017 e s.m.i.”, che riguarda, tra l’altro, le istanze di strutture socio-sanitarie che hanno presentato istanza di realizzazione o di ristrutturazione entro la data del 31 dicembre 2017 e che hanno ottenuto il permesso a costruire entro la data di entrata in vigore del regolamento regionale 21 gennaio 2019 n. 4 (9 febbraio 2019).
In “carattere grassetto”, la detta deliberazione del 25 novembre 2019 n. 2154 precisa che “l’elemento caratterizzante il comma 7-bis appare essere l’istanza finalizzata al rilascio del permesso a costruire presentata entro il 31/12/2017 ed il permesso a costruire rilasciato entro la data del 9 febbraio 2019 per interventi realizzati con mezzi propri”.
Ergo, deve aversi riguardo alla presentazione degli atti, così come dall’art. 29, comma 7-bis, della legge della Regione Puglia 2 maggio 2017 n. 9 e autenticamente interpretati dalla deliberazione della Giunta regionale 25 novembre 2019 n. 2154, senza aver riguardo alle vicende successive inerenti i titoli edilizi rientranti nell’esclusiva prerogativa dei preposti uffici comunali.
Peraltro, continuare ad opinare intorno alla “consistenza” della vicenda edilizia non ha alcun senso pratico, atteso che la deliberazione della Giunta regionale del 2 maggio 2019 n. 793 ha precisato che le strutture ammesse al fabbisogno dovranno tutte adeguarsi ai nuovi requisiti strutturali prescritti dal regolamento della Regione Puglia del 21 gennaio 2019 n. 5, pubblicato orbene oltre un anno dopo, sicché i titoli edilizi, richiesti prima del 31 dicembre 2017, che hanno consentito di accedere al regime transitorio, dovranno essere adeguati.
Ne esce pertanto rafforzata la tesi del ricorrente che rimarca la ratio di salvaguardia accordato nel regime transitorio alle strutture destinatarie di permesso di costruire e dunque interessate da interventi edilizi.
Non v’è alcuna competenza della Regione a ingerirsi nelle valutazioni che il Comune, nella propria responsabilità, ha effettuato nella materia edilizia che gli compete. Motivo per cui, qualora sussistevano dubbi di sorta, andava attivata ogni utile e idonea partecipazione procedimentale con il privato o collaborazione istituzionale tra enti, senza che la Regione potesse ex abrupto surrogarsi nelle attribuzioni del Comune.
Pertanto, le due censure vanno accolte.
6.3.- Con riguardo al quarto motivo, si argomenta in ordine alla violazione dell’art. 6, comma 2, lett. b), e dell’art. 1, comma 2-bis, della legge 7 agosto 1990 n. 241, nonché alla violazione del canone di proporzionalità.
Deduce infatti il ricorrente che, anche a voler ritenere che l’istanza di autorizzazione alla realizzazione presentata dalla Don.Nicola al Comune di Foggia non possa essere valutata ai fini dell’art. 29, comma 7-bis, della legge della Regione Puglia del 2 maggio 2017 n. 9 e dell’art. 9, comma 3, lett. e), del regolamento del 21 gennaio 2019 n. 5, la Regione doveva valutarla come un’ordinaria istanza di autorizzazione alla realizzazione, qualificandola in tal senso o comunque chiedendone la rettifica.
L’accoglimento dei precedenti secondo e terzo motivo di censura rende superfluo lo scrutinio del quarto e residuale motivo, non essendo sorretto d’alcun rilevante interesse.
7.- In conclusione, per le sopraesposte ragioni, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento dell’impugnato atto d’inammissibilità della delibazione dell’istanza di autorizzazione prodotta.
8.- Le spese seguono il principio della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. Il contributo unificato va rifuso, in applicazione dell’art. 13, comma 6-bis.1, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi in motivazione e pertanto annulla il gravato atto di dichiarazione di inammissibilità dell’istanza.
Condanna la Regione Puglia al pagamento in favore della società ricorrente delle spese del giudizio che vengono liquidate in € 3.000,00, oltre accessori di legge. C.U. rifuso.
Spese compensate per il Comune di Foggia.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppina Adamo, Presidente
Donatella Testini, Primo Referendario
Lorenzo Ieva, Referendario, Estensore