+39-0941.327734 abbonati@ambientediritto.it
Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 705 | Data di udienza: 26 Ottobre 2016

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Mancata approvazione degli strumenti urbanistici attuativi – Interventi consentiti – Art. 9 d.P.R. n. 380/2001 – Fattispecie: intervento di mera preparazione del terreno per la messa in riserva di rifiuti non pericolosi.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Abruzzo
Città: L'Aquila
Data di pubblicazione: 8 Novembre 2016
Numero: 705
Data di udienza: 26 Ottobre 2016
Presidente: Amicuzzi
Estensore: Di Cesare


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Mancata approvazione degli strumenti urbanistici attuativi – Interventi consentiti – Art. 9 d.P.R. n. 380/2001 – Fattispecie: intervento di mera preparazione del terreno per la messa in riserva di rifiuti non pericolosi.



Massima

 

TAR ABRUZZO, L’Aquila, Sez. 1^ – 8 novembre 2016, n.  705


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Mancata approvazione degli strumenti urbanistici attuativi – Interventi consentiti – Art. 9 d.P.R. n. 380/2001 – Fattispecie: intervento di mera preparazione del terreno per la messa in riserva di rifiuti non pericolosi.

 L’art. 9 del d.P.R. 380/2001 consente l’edificabilità diretta “nelle aree nelle quali non siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto per l’edificazione”, purché vengano rispettate le condizioni sancite dalla stessa disposizione: a) che si tratti di un intervento di nuova edificazione da realizzarsi fuori dal perimetro dei centri abitati con il limite della densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro; b) che, in caso di interventi a destinazione produttiva, la superficie coperta non superi un decimo dell’area di proprietà. Ne consegue l’illegittimità della motivazione assunta a fondamento dell’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio per un intervento di mera preparazione del terreno per la messa in riserva (deposito temporaneo e stoccaggio)  di rifiuti non pericolosi (R13),  fondata sulla inammissibilità dell’intervento per l’assenza dello strumento urbanistico attuativo.

Pres. Amicuzzi, Est. Di Cesare – N. s.r.l. (avv. Verini) c. Comune di L’Aquila (avv. Valenza)


Allegato


Titolo Completo

TAR ABRUZZO, L’Aquila, Sez. 1^ - 8 novembre 2016, n. 705

SENTENZA

 

TAR ABRUZZO, L’Aquila, Sez. 1^ – 8 novembre 2016, n.  705

Pubblicato il 08/11/2016

N. 00705/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00085/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Abruzzo

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 85 del 2015, proposto da:
New World Recycling S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Claudio Verini C.F. VRNCLD72B29A345S, con domicilio eletto presso il suo studio in L’Aquila, via G.Carducci,30;

contro

Comune di L’Aquila, in persona del Sindaco p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Daniela Valenza C.F. VLNDNL81E50I804Q, con domicilio eletto presso il suo studio in L’Aquila, viale XXV Aprile;
Provincia di L’Aquila non costituita in giudizio;

per l’annullamento

– del provvedimento 26 novembre 2014, n. 105034, con il quale il dirigente del settore ricostruzione del Comune dell’Aquila ha disposto l’annullamento della DIA 13 marzo 2012, n. 254, relativa alla realizzazione di un impianto per la messe in riserva di rifiuti non pericolosi (R13) da costruzione e demolizione in L’Aquila sull’area distinta in catasto al foglio 61, part. 20;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di L’Aquila in Persona del Sindaco P.T.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2016 la dott.ssa Paola Anna Gemma Di Cesare e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- Con ricorso notificato in data 26 gennaio 2015 e depositato in data 19 febbraio 2015 la società New World Recycling s.r.l. ha chiesto l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, del provvedimento 26 novembre 2014, n. 105034, con il quale il dirigente del settore ricostruzione del Comune dell’Aquila ha disposto l’annullamento dell’efficacia della DIA 13 marzo 2012, n. 254, con cui la stessa società comunicava la realizzazione di un impianto per la messa in riserva di rifiuti non pericolosi (R13) da costruzione e demolizione in L’Aquila, sull’area distinta in catasto al foglio 61, part. 20.

Queste le ragioni poste alla base del provvedimento di annullamento della Dia:

a) l’intervento contrasta con l’art. 72 delle N.T.A. perché realizzato in assenza di piano urbanistico preventivo;

b) mancanza dello studio di compatibilità idraulica e contrasto con il parere espresso dall’Autorità di bacino con nota 18 giugno 2012, n.141373, che ha dichiarato la non compatibilità dell’intervento con il piano stralcio di difesa dalle alluvioni (“PSDA”);

c) carenza di autorizzazione da parte del proprietario del lotto di terreno.

La ricorrente, deduce l’illegittimità di tale provvedimento per eccesso di potere, sotto vari profili:

I) l’amministrazione non avrebbe potuto disporre l’annullamento in autotutela, in quanto la DIA non costituisce un provvedimento amministrativo, ma avrebbe semmai dovuto inibire lo svolgimento dei lavori; in ogni caso, pur qualificando il provvedimento impugnato quale espressione del potere di autotutela, in esso risulta del tutto omessa la valutazione comparativa degli interessi e l’esposizione delle ragioni idonee a giustificare la frustrazione dell’interesse privato, anche in relazione al tempo trascorso e all’affidamento ingenerato nella ricorrente sia dal mancato esercizio del potere inibitorio sia dall’iscrizione della New World Recycling s.r.l., da parte della Provincia, nel registro provinciale previsto dalla legge n.216/2006, che l’ha indotta a contrarre varie obbligazioni con il proprietario del sito, con terzi impegnati nelle opere edilizie relative al procedimento di ricostruzione post-sima;

II) contrariamente a quanto ritenuto dal Comune circa la mancanza di autorizzazione del proprietario del lotto, questo era nella disponibilità della società, come comprovata dalla documentazione inviata alla Provincia;

III) con successivo parere 31 luglio 2014, n. 207964 l’Autorità di bacino, vista la nota del 29 luglio 2014, con la quale era trasmesso lo studio di compatibilità idraulica, ha rilasciato parere positivo in ordine alla realizzabilità dell’intervento;

IV) l’intervento oggetto della dichiarazione di inizio di attività non realizza alcuna edificazione, ma è consistito soltanto nella preparazione, “con materiale arido grossolano”, dell’area dove i rifiuti vengono depositati temporaneamente e stoccati per poi essere trasferiti nell’impianto principale, sicché l’intervento, non sostanziandosi in edificazione, non necessitava del previo intervento urbanistico preventivo richiesto dall’art. 72 delle n.t.a. del P.r.g.; in ogni caso, come dimostrato dal certificato di destinazione urbanistica allegato, l’intervento risulta conforme con la destinazione “artigianale di espansione” prevista dal piano regolatore.

2.- Per resistere al ricorso si è costituito il Comune dell’Aquila, deducendo l’infondatezza di tutte le doglianze proposte dalla società ricorrente.

3.- Con ordinanza 11 marzo 2015, n. 53, la domanda cautelare è stata accolta con la seguente motivazione: <<Ritenuto che nel provvedimento impugnato non vi è traccia della valutazione comparativa tra l’interesse pubblico e l’interesse dell’impresa privata; rilevato, peraltro, che il Comune non ha tenuto conto che l’Autorità di bacino con parere 31 luglio 2014, n. 207964, alla luce del nuovo studio di compatibilità idraulica rilasciava “parere positivo …in merito all’intervento di messa in riserva di rifiuti inerti derivanti da demolizione ricadente nella zona artigianale di espansione di L’Aquila identificata catastalmente al foglio 61, particella 20, ricadente in zona a pericolosità idraulica media (P2)…”, dettando all’impresa specifiche condizioni per la realizzazione dell’impianto>>.

4.- All’udienza pubblica del 26 ottobre 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.

5.- Il ricorso è fondato.

6.- Il primo motivo posto a fondamento del provvedimento impugnato si basa sull’assunto secondo cui la d.i.a. n.254/2012 violerebbe l’art. 72 delle N.T.A. del piano regolatore generale, che, nell’area in questione, situata in “zona artigianale di espansione” impone l’adozione di un piano urbanistico preventivo per la realizzazione di interventi edilizi.

Secondo la tesi di parte ricorrente l’intervento oggetto della dichiarazione di inizio di attività non sarebbe subordinato alla previa adozione di un piano attuativo, in quanto non realizza alcuna opera di carattere stabile e quindi non integra alcuna edificazione, trattandosi di un impianto dove i rifiuti vengono temporaneamente depositati e stoccati per poi essere trasferiti nell’impianto principale e quindi l’intervento realizzato si sarebbe sostanziato nella mera preparazione del terreno.

La ricorrente peraltro chiarisce la compatibilità dell’intervento in esame con la destinazione di zona (“artigianale di espansione”) prevista dal piano regolatore generale e la compatibilità degli impianti per la messa in riserva di rifiuti non pericolosi da costruzione e demolizione proprio in zone con destinazione artigianale o industriale.

Di contro, la difesa comunale ribadisce in giudizio la illegittimità della D.i.a. alla luce dell’art. 72 della N.T.A., che non consentiva l’edificabilità diretta, ma imponeva la previa adozione del piano attuativo preventivo ai sensi dell’art.27 della legge 865/1971 e richiama la giurisprudenza secondo la quale la previsione di piano regolatore, che assoggetta di regola gli interventi edificatori alla previa approvazione di un piano particolareggiato per l’area interessata, è intesa a garantire un ordinato e armonico sviluppo del territorio ovvero ad assicurare il raccordo tra la nuova edificazione e le strutture esistenti. Di qui il Comune deduce che: non vi sarebbero stati i presupposti di fatto e di diritto che avrebbero potuto legittimare l’intervento e quindi la formazione del titolo edilizio, anche alla luce dell’inesatta dichiarazione di controparte in ordine alla conformità dell’intervento al PRG, sottacendo il difetto del pregiudiziale piano attuativo.

6.1.-Al riguardo, il Collegio ritiene innanzitutto necessario chiarire che il Comune non contesta l’astratta insediabilità dell’impianto di stoccaggio di rifiuti non pericolosi nella zona in questione “artigianale di espansione”, ma lo ritiene illegittimo in quanto l’intervento è stato realizzato in assenza della preventiva adozione del piano attuativo.

La disamina della questione dev’essere allora compiuta alla luce dell’art. 9 d.P.R. n. 380/01, da reputarsi immediatamente applicabile, secondo il paradigma operativo descritto dall’art. 2, comma 3, d.P.R. cit., nelle regioni a statuto ordinario, senza che rivestano alcuna rilevanza, ai fini che qui interessano, disposizioni regionali anteriori all’entrata in vigore del testo unico dell’edilizia.

Orbene, la legittimità della D.i.a. avrebbe dovuto essere vagliata dall’ente locale alla luce dell’art. 9 del d.P.R. n. 380/01, dal quale non si desume l’insussistenza di una preclusione assoluta all’edificazione per la realizzazione di insediamenti produttivi in zone bianche e fuori dal perimetro dei centri abitati, “nelle aree nelle quali non siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto per l’edificazione”.

L’art. 9 cit. consente, infatti, l’edificabilità diretta “nelle aree nelle quali non siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto per l’edificazione”, purché vengano rispettate le condizioni sancite dalla stessa disposizione: a) che si tratti di un intervento di nuova edificazione da realizzarsi fuori dal perimetro dei centri abitati con il limite della densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro; b) che, in caso di interventi a destinazione produttiva, la superficie coperta non superi un decimo dell’area di proprietà.

Si desume, pertanto, che tutti gli interventi edilizi realizzati all’esterno del perimetro dei centri abitati, che determinino la trasformazione del territorio mediante la realizzazione di un organismo con una volumetria entro il limite di 0,03 metri cubi per metro quadro e una superficie coperta contenuta entro il limite di un decimo dell’area di proprietà avrebbero potuto essere realizzati anche in assenza del piano attuativo previsto dall’art. 72 delle N.T.A. del piano regolatore generale.

Nel caso di specie, alla luce di quanto disposto dall’art. 9 del d.p.r. 380 del 2001 è pertanto illegittima la motivazione assunta a fondamento dell’annullamento d’ufficio del titolo edilizio fondata sulla inammissibilità dell’intervento per l’assenza dello strumento urbanistico attuativo, non avendo il Comune verificato se l’intervento determinasse la creazione di organismi edilizi con superfici coperte e volumetrie superiori ai limiti prescritti dalla stessa disposizione.

7.- Le doglianze di parte ricorrente sono fondate anche con riferimento all’altro assunto posto a fondamento del provvedimento di autotutela circa la mancata dimostrazione da parte della società richiedente del titolo di disponibilità dell’area oggetto dell’intervento.

La ricorrente ha, invero, comprovato la circostanza (non specificamente contestata dal Comune e quindi pacificamente acquisita in virtù del disposto di cui all’art. 64, comma 2, c.p.a.) di essere entrata nel possesso dell’area in questione a partire dal 1 settembre 2011, in virtù di contratto di affitto stipulato in pari data con il sig. Americo Marchetti, per la durata di sei anni. Tale circostanza è, altresì, suffragata dalla nota della Provincia dell’Aquila 29 maggio 2013, n.32112, dalla quale si evince che la New World Recycling s.r.l. già in data 31 maggio 2012 era in possesso dell’area distinta in catasto al foglio 61, part. 20, in quanto in quella data aveva trasmesso alla Provincia il contratto di affitto del terreno.

8.- L’altro motivo che il Comune pone a fondamento della non realizzabilità dell’intervento attiene alla asserita mancanza dello studio di compatibilità idraulica e al contrasto con il parere espresso dall’Autorità di bacino con nota 18 giugno 2012, n.141373, che ha dichiarato la non compatibilità dell’intervento con il “PSDA”.

Al riguardo, osserva il Collegio, il Comune, nell’istruttoria del procedimento di autotutela concluso con il provvedimento di annullamento della d.i.a., non ha tenuto conto che l’Autorità di bacino con successivo parere 31 luglio 2014, n. 207964, alla luce del nuovo studio di compatibilità idraulica presentato rilasciava “parere positivo …in merito all’intervento di messa in riserva di rifiuti inerti derivanti da demolizione ricadente nella zona artigianale di espansione di L’Aquila identificata catastalmente al foglio 61, particella 20, ricadente in zona a pericolosità idraulica media (P2)…”, “a condizione che: non sia realizzata alcuna opera che modifichi o alteri lo stato originale del piano di campagna se non quelle strettamente necessarie alla lavorazione degli inerti da sottoporre all’approvazione degli organi competenti; sia installato un sistema di preallarme degli eventi di piena e siano predisposti adeguati piani di evacuazione compatibilmente con i piani di protezione civile”.

9.- Il parere negativo dell’Autorità di bacino del 18 giugno 2012 (poi superato, come sopra chiarito, dal successivo parere con prescrizioni, reso della medesima Autorità il 31 luglio 2014), inficiando la validità della d.i.a., avrebbe consentito all’Amministrazione di intervenire sul titolo, adottando un provvedimento inibitorio/ripristinatorio o entro il termine di decadenza previsto dall’art. 23, comma 6, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, oppure, scaduto infruttuosamente tale termine, soltanto ricorrendo le condizioni alle quali l’art. 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, subordina l’esercizio del potere di autotutela.

Nel caso di specie, poiché il provvedimento repressivo è stato adottato dopo la scadenza del termine perentorio di cui all’art. 23, comma 6, d.P.R. n 380 del 2001, occorre verificare la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 21-nonies legge n. 241 del 1990 per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio.

10-. L’art. 21-nonies cit. prevede che il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge.

Nella specie, manca sia l’esternazione delle ragioni di interesse pubblico (al di là del mero ripristino della legalità violata) sia la valutazione motivata della posizione dei soggetti destinatari del titolo edilizio sia l’esame del sopravvenuto parere positivo dell’Autorità di bacino. Nel caso in esame l’affidamento ingenerato nella società odierna ricorrente, peraltro, era particolarmente qualificato in ragione del lungo tempo trascorso dall’adozione della d.i.a. annullata, risultando trascorsi ben due anni e mezzo dal suo consolidamento.

Va aggiunto sotto tale profilo che il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, ha introdotto uno sbarramento temporale all’esercizio del potere di autotutela, rappresento da “diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici”. Pur se tale norma non è applicabile ratione temporis al caso di specie, in quanto entrata in vigore dopo la presentazione della d.i.a., ogni caso, come il giudice d’appello ha già avuto modo di chiarire, rileva ai fini interpretativi e ricostruttivi del sistema degli interessi rilevanti (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 10 dicembre 2015, n. 5625).

11.- Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso merita accoglimento.

12.- Sussistono i presupposti per compensare le spese del giudizio, considerato che il parere favorevole dell’Autorità di bacino è intervenuto dopo la formazione della d.i.a.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in L’Aquila nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Antonio Amicuzzi, Presidente
Maria Abbruzzese, Consigliere
Paola Anna Gemma Di Cesare, Primo Referendario, Estensore

L’ESTENSORE
Paola Anna Gemma Di Cesare
 

IL PRESIDENTE
Antonio Amicuzzi
        
        
IL SEGRETARIO
 

Iscriviti alla Newsletter GRATUITA

Ricevi gratuitamente la News Letter con le novità di AmbienteDiritto.it e QuotidianoLegale.

N.B.: se non ricevi la News Letter occorre una nuova iscrizione, il sistema elimina l'e-mail non attive o non funzionanti.

ISCRIVITI SUBITO


Iscirizione/cancellazione

Grazie, per esserti iscritto alla newsletter!