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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Sicurezza sul lavoro Numero: 7 | Data di udienza: 20 Dicembre 2012

* SICUREZZA SUL LAVORO – Art. 14 d.lgs. n. 81/2008 – Impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria – Sanzione – Parasubordinazione, collaborazione coordinate e continuative, collaboratori familiari – Applicabilità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Abruzzo
Città: Pescara
Data di pubblicazione: 11 Gennaio 2013
Numero: 7
Data di udienza: 20 Dicembre 2012
Presidente: Eliantonio
Estensore: Balloriani


Premassima

* SICUREZZA SUL LAVORO – Art. 14 d.lgs. n. 81/2008 – Impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria – Sanzione – Parasubordinazione, collaborazione coordinate e continuative, collaboratori familiari – Applicabilità.



Massima

 

TAR ABRUZZO, Pescara, Sez. 1^ – 11 gennaio 2013, n. 7


SICUREZZA SUL LAVORO – Art. 14 d.lgs. n. 81/2008 – Impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria – Sanzione – Parasubordinazione, collaborazione coordinate e continuative, collaboratori familiari – Applicabilità.

L’articolo 14 comma 1 del d.lgs. n.81 del 2008, sanziona “l’impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro”, senza alcuna distinzione tra lavoro subordinato ed altri tipi di rapporto. L’ampiezza della fattispecie appare giustificata dalla funzione cautelare che essa riveste (cfr. le circolari n.33/09 e 38/10 del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali); ne consegue che la sanzione della sospensione, per il tenore testuale della disciplina di riferimento e per la ratio della stessa, può essere indifferentemente applicata ad ogni tipo di forma contrattuale anche di parasubordinazione, tra cui le collaborazioni coordinate e continuative, anche a progetto, nonché ad altre forme di collaborazione nell’impresa, come anche i collaboratori familiari (fattispecie relativa alla collaborazione, in azienda, del figlio minore e della convivente del titolare)


Pres. Eliantonio, Est. Balloriani – V.T. (avv. Talone) c. Ministero Lavoro e Previdenza Sociale e altro (Avv. Stato)


Allegato


Titolo Completo

TAR ABRUZZO, Pescara, Sez. 1^ - 11 gennaio 2013, n. 7

SENTENZA

 

TAR ABRUZZO, Pescara, Sez. 1^ – 11 gennaio 2013, n. 7

N. 00007/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00467/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Abruzzo

sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 467 del 2010, proposto da:
Vetreria Tiburtina ditta individuale, di Di Labbio Bruno, rappresentato e difeso dall’avv. Evo Talone, con domicilio eletto presso Elvira Nicolaj in Pescara, via Venezia, N.25;

contro

Ministero Lavoro e Previdenza Sociale, Direzione Provinciale del Lavoro di Chieti, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in L’Aquila, via Buccio di Ranallo, S.Domenico;

per l’annullamento

del provvedimento n. 25/34 dell’8 settembre 2010 con cui i funzionari ispettivi della direzione provinciale del lavoro di Chieti hanno sospeso l’attivita’ imprenditoriale del ricorrente;

del verbale di primo accesso ispettivo n. 25/34 di pari data;

nonchè per il risarcimento del danno.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero Lavoro e Previdenza Sociale e di Direzione Provinciale del Lavoro di Chieti;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2012 il dott. Massimiliano Balloriani e uditi per le parti i difensori l’avv. Sara D’Incecco, su delega dell’avv. Evo Talone, per la parte ricorrente e l’avv. distrettuale dello Stato Generoso Di Leo per le Amministrazioni resistenti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il provvedimento impugnato, la direzione provinciale del lavoro di Chieti, ai sensi dell’articolo 14 del d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81, ha sospeso l’attività imprenditoriale del ricorrente per “l’impiego di personale in calce indicato non risultante dalla documentazione obbligatoria, in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro all’atto dell’ispezione”.

In sostanza, all’atto dell’ispezione, sono stati notati il figlio e la convivente del ricorrente mentre spostavano alcuni vetri, indossando guanti da lavoro.

Nel ricorso, si espongono le seguenti censure.

Il provvedimento sarebbe carente di adeguata motivazione, in quanto non sarebbe specificato “per quale motivo i presunti lavoratori sarebbero irregolarmente occupati”; il ricorrente in realtà non avrebbe alcun dipendente, difatti il proprio figlio minore collaborerebbe, dalla fine dell’ultimo anno scolastico, solo occasionalmente in azienda e solo con lavori semplici (come, appunto, spostare qualche vetro), ed anche la propria convivente, in qualche rara ed eccezionale circostanza, darebbe anch’essa, come il minore, un mero aiuto occasionale per lavori di minima entità; in ogni caso, tali prestazioni lavorative non avrebbero il carattere della subordinazione o dell’onerosità, essendo giustificate da un rapporto di tipo affettivo e parentale (al proprio figlio sarebbe erogata solo una somma di importo simile ad una paghetta settimanale, mentre alla propria convivente non sarebbe erogato alcun compenso); l’amministrazione, inoltre, non avrebbe tenuto in debito conto la circostanza che, a parte i guanti, i due non indossavano abiti da lavoro; infine, il provvedimento impugnato sarebbe comunque illegittimo per violazione dell’articolo 14 comma 11 bis del d.lgs. n.81 del 2008, secondo cui “Il provvedimento di sospensione nelle ipotesi di lavoro irregolare non si applica nel caso in cui il lavoratore irregolare risulti l’unico occupato dall’impresa”.

Con ordinanza n.245 del 2010 è stata respinta l’istanza cautelare.

All’udienza del 20 dicembre 2012, la causa è passata in decisione.

Il ricorso è infondato.

Preliminarmente, occorre rilevare che con provvedimento n.6/10 del 20 ottobre 2010 la direzione regionale del lavoro ha respinto il ricorso gerarchico presentato avverso il provvedimento qui impugnato.

Tale atto di rigetto del ricorso gerarchico assume valore di atto confermativo, anche se l’amministrazione non ha dimostrato in giudizio di averlo utilmente notificato.

In ogni caso, il ricorso è manifestamente infondato.

Dagli atti depositati il 30 novembre 2010 dall’amministrazione, ed in particolare dalle dichiarazioni rese dal figlio minore del ricorrente, emerge che: quest’ultimo ha lavorato per il padre per tutta l’estate, dalla fine dell’anno scolastico; ha lavorato con orari ben definiti (dalle 8.00 alle 12.00 e dalle 14.30 alle 18.00 dal lunedì al venerdì); ha usufruito di un periodo di ferie dal 5 al 27 agosto; ha percepito uno stipendio mensile di 500 euro; non è stato sottoposto ad alcuna visita medica prima di iniziare a lavorare; nella vetreria lavora anche la convivente del padre, che svolge le sue stesse mansioni di ausilio al titolare, almeno per lo stesso numero di ore, e vi lavora da più tempo.

Tali dichiarazioni non sono in realtà inficiate neanche da quelle della medesima convivente del titolare, la quale si è limitata a specificare che collabora solo saltuariamente nell’attività, e che aiuta solo nelle pulizie.

In ogni caso, l’evidenza dei fatti accertata dai funzionari all’atto del controllo ha dimostrato univocamente che i due collaborano nell’azienda, ed ha avvalorato pertanto le dichiarazioni del minore, che, tra l’altro, neanche il ricorrente ha smentito interamente, ammettendo di retribuirlo con una somma di importo corrispondente ad una paghetta settimanale.

Del resto, appare poco verosimile, e comunque non provato, che il titolare svolga da solo tutte le mansioni necessarie.

Ciò premesso, appare inapplicabile l’articolo 14 comma 11 bis del d.lgs. n.81 del 2008, atteso che il lavoratori irregolarmente impiegati sono due, e quindi il 100% di quelli assunti (cfr. T.A.R. Potenza Basilicata sentenza 6 aprile 2012 n. 143).

Quanto al mancato accertamento del rapporto di subordinazione, in relazione alle relazioni di parentela e di convivenza intercorrenti tra i due lavoratori ed il ricorrenti, è sufficiente evidenziare che, a differenza di quanto prevede ad esempio l’articolo 4 della legge n.183 del 2010 (che sanziona solo “l’impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro”), la disciplina in esame, di cui all’articolo 14 comma 1 del d.lgs. n.81 del 2008, sanziona più genericamente “l’impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro”; quindi senza alcuna distinzione tra lavoro subordinato ed altri tipi di rapporto.

La maggiore ampiezza della fattispecie in commento, del resto, appare giustificata dalla funzione cautelare che essa riveste (cfr. le circolari n.33/09 e 38/10 del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali); ed in ogni caso, come si evince dal 4° comma dell’articolo 14 del d.lgs. n.81 del 2008, la sospensione ha proprio lo scopo di indurre il datore di lavoro a regolarizzare tutta la documentazione obbligatoria, inclusa quindi quella previdenziale e assicurativa.

Ne consegue che tale sospensione, per il tenore testuale della disciplina di riferimento e per la ratio della stessa, può essere indifferentemente applicata ad ogni tipo di forma contrattuale anche di parasubordinazione (tra cui le collaborazioni coordinate e continuative, anche a progetto), nonché ad altre forme di collaborazione nell’impresa, come appunto anche i collaboratori familiari.

Da tali rilievi si desume inoltre che il provvedimento appare sufficientemente motivato, atteso che da esso si evince, appunto, la presenza del nucleo essenziale della fattispecie normativa, ossia “l’impiego di personale (in calce indicato) non risultante dalla documentazione obbligatoria, in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro all’atto dell’ispezione”.

Del resto, il ricorrente avrebbe ben potuto regolarizzare i lavoratori in relazione ai rapporti effettivamente sussistenti, così determinando la cessazione del provvedimento di sospensione, ai sensi dell’articolo 4 del d.lgs. n.81 del 2008, secondo cui “E’ condizione per la revoca del provvedimento da parte dell’organo di vigilanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali di cui al comma 1: a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria”.

La particolarità e la natura della questione decisa giustificano l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2012 con l’intervento dei magistrati:

Michele Eliantonio, Presidente
Dino Nazzaro, Consigliere
Massimiliano Balloriani, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/01/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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