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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 247 | Data di udienza: 24 Maggio 2012

* DIRITTO URBANISTICO – Abusi edilizi – Direttore dei lavori – Violazioni edilizie commesse in sua assenza – Responsabilità – Art. 29 d.P.R. n. 380/2001.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Abruzzo
Città: Pescara
Data di pubblicazione: 4 Giugno 2012
Numero: 247
Data di udienza: 24 Maggio 2012
Presidente: Zuballi
Estensore: Eliantonio


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – Abusi edilizi – Direttore dei lavori – Violazioni edilizie commesse in sua assenza – Responsabilità – Art. 29 d.P.R. n. 380/2001.



Massima

 

TAR ABRUZZO, Pescara, Sez. 1^ – 4 giugno 2012, n. 247


DIRITTO URBANISTICO – Abusi edilizi – Direttore dei lavori – Violazioni edilizie commesse in sua assenza – Responsabilità – Art. 29 d.P.R. n. 380/2001.

A mente dell’art. 29 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, il direttore dei lavori ha una posizione di garanzia in merito alla regolare esecuzione dei lavori ed ha, pertanto, l’obbligo di esercitare un’attiva vigilanza sulle opere realizzate, per cui – esclusi i casi in cui abbia puntualmente svolto l’attività prevista dal secondo comma – è responsabile anche delle violazioni edilizie commesse in sua assenza, in quanto questi deve sovrintendere con continuità alle opere della cui esecuzione ha assunto la responsabilità tecnica (così, da ultimo, Cass. Pen., sez. III, 17 giugno 2000, n. 34602, e 20 gennaio 2009, n. 14504)

Pres. Zuballi, Est. Eliantonio – G.M. (avv.ti Bertoncini e Perrozzi) c. Comune di San Salvo (avv. Di Penta)
 


Allegato


Titolo Completo

TAR ABRUZZO, Pescara, Sez. 1^ – 4 giugno 2012, n. 247

SENTENZA

 

TAR ABRUZZO, Pescara, Sez. 1^ – 4 giugno 2012, n. 247

N. 00247/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00393/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Abruzzo

sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 393 del 2010, proposto da:
Giovanni Mariotti, rappresentato e difeso dagli avv.ti Cristiano Bertoncini e Carlo Perrozzi, con domicilio eletto presso Massimo Biscardi in Pescara, viale Pindaro, 19;

contro

Comune di San Salvo, rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Di Penta, con domicilio eletto presso Domenico Russi in Pescara, viale D’Annunzio, 229;

per l’annullamento

del provvedimento 3 giugno 2010, n. 11384, con il quale il Responsabile del Servizio Urbanistica del Comune di San Salvo ha irrogato al ricorrente la sanzione pecuniaria di cui all’art. 33, II comma, del D.P.R. 2001, n. 380; nonché degli atti presupposti e connessi.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di San Salvo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 maggio 2012 il dott. Michele Eliantonio e udito l’avv. Luigi Di Penta per il Comune resistente; nessuno presente per la parte ricorrente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Le società Idea Costruzioni s.r.l. e Immobiliare Casa s.r.l. hanno realizzato un fabbricato nel Comune di San Salvo, in via Ferruccio Parri, 2, in difformità del titolo edilizio assentito.

Poiché relativamente ad alcune delle opere abusivamente realizzate non era possibile il ripristino dello stato dei luoghi in quanto la loro demolizione avrebbe compromesso la staticità delle opere realizzate conformemente al progetto approvato, il Responsabile del Servizio Urbanistica del Comune di San Salvo con provvedimento 3 giugno 2010, n. 11384, ha irrogato, ai sensi dell’art. 33, II comma, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, al committente dei lavori (la società Idea Costruzioni s.r.l.), agli esecutori materiali delle opere (Immobiliare Casa s.r.l. e Zappetti Costruzioni s.r.l.) ed al direttore dei lavori (ing. Giovanni Mariotti) la sanzione pecuniaria di € 329.525,06, pari al doppio dell’aumento di valore dell’immobile.

Con il ricorso in esame l’ing. Mariotti è insorto dinanzi questo Tribunale avverso tale atto.

Ha dedotto le seguenti censure:

1) che la sanzione pecuniaria non avrebbe potuto avere come destinatario anche il Direttore dei lavori, in quanto questo alla data del 29 ottobre 2008, con la richiesta di rilascio del certificato di agibilità, aveva terminato la propria attività;

2) che il ricorrente, una volta accertata il 20 luglio 2009 l’esistenza di abusi edilizi aveva, in base al disposto dell’art. 29 del D.P.R. 380/01, informato il Comune e rassegnato le proprie dimissioni dall’incarico di direttore dei lavori;

3) che le controdeduzioni da lui presentate non erano state esaminate dal Comune;

4) che non gli era stata data comunicazione del preavviso di rigetto di cui all’art. 10-bis della L. 7 agosto 1990, n. 241;

5) che il provvedimento impugnato non indicava né la base di calcolo, né i parametri per la sua determinazione e che, in ogni caso, i calcoli effettuati erano errati in quanto non si erano considerati i titoli edilizia in sanatoria intervenuti, relativi ai balconi; inoltre, poiché l’immobile non ricade in zona residenziale ed i sottotetti non sono abitabili, andava calcolato il solo costo di costruzione, senza l’aumento (coefficiente 1,25), previsto per la tipologia degli immobili ad uso abitazione.

Tali doglianze il ricorrente ha ulteriormente illustrato con memoria depositata il 13 aprile 2012.

Il Comune di San Salvo si è costituito in giudizio e con memoria depositata il 15 novembre 2010 ha diffusamente confutato il fondamento delle censure dedotte.

Alla pubblica udienza del 24 maggio 2012 la causa è stata trattenuta a decisione.

.

DIRITTO

1. – Con il ricorso in esame – come sopra esposto – è stato impugnato il provvedimento 3 giugno 2010, n. 11384, con il quale il Responsabile del Servizio Urbanistica del Comune di San Salvo ha irrogato, ai sensi dell’art. 33, II comma, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, al committente dei lavori (la società Idea Costruzioni s.r.l.), agli esecutori materiali delle opere (Immobiliare Casa s.r.l. e Zappetti Costruzioni s.r.l.) ed al direttore dei lavori (ing. Giovanni Mariotti) la sanzione pecuniaria di cui all’art. 33, II comma, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, pari al doppio dell’aumento di valore dell’immobile.

Tale articolo dispone, invero, per la parte che qui interessa, che “qualora sulla base di motivato accertamento dell’ufficio tecnico comunale, il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile, il dirigente o il responsabile dell’ufficio irroga una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento di valore dell’immobile, conseguente alla realizzazione delle opere”; tale norma precisa, inoltre, le modalità di calcolo di tale aumento di valore.

Con l’atto in questa sede impugnato l’Amministrazione ha rilevato che le seguenti opere edilizie abusivamente realizzate non erano demolibili, in quanto la loro demolizione comprometteva la staticità delle opere realizzate conformemente ai progetti approvati:

1) locale al piano terra, con aumento di altezza utile da m. 2.40 a m. 3,00, originariamente previsto a garage collettivo e ora destinato ad abitazione;

2) piano terzo sottotetto, interessato dall’annullamento del permesso di costruire n. 238/2007, interamente destinato ad abitazione, con aumento di altezze da m. 2,70 al colmo e m. 1,70 alla gronda a m. 3,00 al colmo e m. 2,00 alla gronda;

3) piano sottotetto del corpo di fabbrica indipendente sul lato ovest adiacente al fabbricato principale, anch’esso interessato dall’annullamento del permesso di costruire n. 238/2007 ed attualmente destinato ad abitazione, con aumento dell’altezza della gronda da m. 2,00 a m. 2.25.

Dopo aver determinato in € 367.629,76 il valore dell’immobile approvato ed in € 532.392,29 il valore dell’immobile realizzato, ha, pertanto, fissato in € 329.525,06 la sanzione da applicare, cioè nel doppio dell’aumento di valore dell’opera abusivamente realizzata (532.392,29 – 367.629,76 = 164.762,53 x 2).

2. – Con il presente gravame il Direttore dei lavori ha contestato la legittimità di tale atto, deducendo nella sostanza le seguenti censure:

a) che la sanzione pecuniaria non avrebbe potuto avere come destinatario anche il Direttore dei lavori, in quanto questo non solo alla data del 29 ottobre 2008, con la richiesta di rilascio del certificato di agibilità, aveva terminato la propria attività, ma, una volta accertata il 20 luglio 2009 l’esistenza di abusi edilizi aveva, in base al disposto dell’art. 29 del D.P.R. 380/01, informato il Comune e rassegnato le proprie dimissioni dall’incarico di direttore dei lavori;

b) che non era corretto l’iter procedimentale seguito, in quanto le controdeduzioni da lui presentate non erano state esaminate dal Comune e non gli era stata data comunicazione del preavviso di rigetto di cui all’art. 10-bis della L. 7 agosto 1990, n. 241;

c) che erano errati i conteggi effettuati dal Comune in quanto :

– per un verso il provvedimento impugnato non indicava né la base di calcolo, né i parametri per la sua determinazione;

– per altro verso non si erano considerati i titoli edilizia in sanatoria intervenuti, relativi ai balconi;

– per altro verso ancora, non ricadendo l’immobile in zona residenziale e non essendo i sottotetti abitabili, andava calcolato il solo costo di costruzione senza l’aumento del coefficiente (1,25), previsto per la tipologia ad uso abitazione.

Tali censure, va subito precisato, non sono fondate.

3. – Quanto alla censura sopra indicata alla lettera a), va osservato che l’art. 29 del T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) ha previsto, in via generale, che il titolare del permesso di costruire, il committente ed il costruttore sono responsabili, unitamente al direttore dei lavori, ai fini e per gli effetti delle norme in esso contenute, della conformità delle opere al permesso ed alle modalità esecutive in esso stabilite.

Tale norma dispone, in particolare, che tali soggetti siano tenuti al pagamento anche delle sanzioni pecuniarie, “salvo che dimostrino di non essere responsabili dell’abuso”. Il secondo comma di tale articolo dispone, in particolare, che “il direttore dei lavori non è responsabile qualora abbia contestato agli altri soggetti la violazione delle prescrizioni del permesso di costruire … fornendo al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale contemporanea e motivata comunicazione della violazione stessa. Nei casi di totale difformità o di variazione essenziale rispetto al permesso di costruire, il direttore dei lavori deve, inoltre, rinunziare all’incarico contestualmente alla comunicazione resa al dirigente”.

Ora, interpretando tale normativa, la giurisprudenza, specie quella penale, ha già avuto modo di chiarire che il direttore dei lavori ha una posizione di garanzia in merito alla regolare esecuzione dei lavori ed ha, pertanto, l’obbligo di esercitare un’attiva vigilanza sulle opere realizzate, per cui – esclusi i casi in cui abbia puntualmente svolto l’attività prevista dal predetto II comma – è responsabile anche delle violazioni edilizie commesse in sua assenza, in quanto questi deve sovrintendere con continuità alle opere della cui esecuzione ha assunto la responsabilità tecnica (così, da ultimo, Cass. Pen., sez. III, 17 giugno 2000, n. 34602, e 20 gennaio 2009, n. 14504).

Ciò detto, in relazione alle due questioni proposte con la censura in esame, va osservato per un verso che l’incarico di direttore dei lavori non si era di certo concluso con la presentazione della richiesta di rilascio del certificato di agibilità e per altro verso che, una volta accertata il 20 luglio 2009 l’esistenza di abusi edilizi, questi – come risulta dalla comunicazione inviata al Comune e depositata in atti – non aveva svolto tutti gli adempienti di cui al predetto art. 29 del D.P.R. 380/01, in quanto non aveva adeguatamente inviato al Comune quella “motivata comunicazione della violazione” posta in essere in ordine ai piani sottotetti, richiesta dalla norma in parola.

Né, infine, allo stato degli atti – non essendo state depositate in giudizio dal ricorrente le piante ed i prospetti, cui si fa riferimento negli scritti difensivi – risulta dimostrato l’assunto dedotto secondo il quale l’abuso relativo all’aumento dell’altezza del sottotetto avrebbe potuto essere realizzato anche dopo la realizzazione delle strutture e dopo il completamento dell’edificio.

4. Con le censure sopra riassunte alla lettera b), il ricorrente ha censurato l’iter procedimentale seguito, rilevando che le controdeduzioni da lui presentate non erano state esaminate dal Comune e non gli era stata data comunicazione del preavviso di rigetto di cui all’art. 10-bis della L. 7 agosto 1990, n. 241.

Anche tali censure non hanno pregio.

Quanto alla prima va osservato, in punto di fatto, che dagli atti di causa non risulta in alcun modo documentato che l’interessato, dopo aver ricevuto la comunicazione di avvio del procedimento, avesse presentato il 23 novembre 2009 delle osservazioni “circa le proprie responsabilità inerenti gli abusi rilevati”. Inoltre, va rilevato che nell’atto impugnato si precisa testualmente che, in epoca successiva, con nota n. 7402 del 8 aprile 2010, notificata agli interessati il 14 aprile successivo, era stata inviata una nuova comunicazione di avvio del procedimento, per cui le precedenti osservazioni, ove fossero state in effetti inviate, sono state poi superate dagli atti successivamente assunti.

Quanto alla seconda, basta ricordare che, secondo un costante e consolidato orientamento degli organi di giustizia amministrativa, il preavviso di rigetto di cui all’art. 10-bis della legge 241/1990 é dovuto solo nei procedimenti ad istanza di parte e non in quelli attivati d’ufficio.

5. – Con le ultime censure dedotte, sopra riassunte alla lettera c), il ricorrente ha contestato la correttezza dei conteggi effettuati dal Comune in quanto non erano stati indicati la base di calcolo ed i parametri per la sua determinazione, non si erano considerati i titoli edilizia in sanatoria intervenuti e si era erroneamente ipotizzato che i sottotetti fossero abitabili.

Va sul punto osservato che l’atto impugnato richiama la scheda di calcolo della predetta sanzione, che – come espressamente precisato nell’atto – è “depositata agli atti di questo servizio”, con possibilità da parte degli interessati di “prenderne visione ed acquisire copie”. Tali conteggi, di certo conosciuti dal ricorrente, che con i successivi motivi ne ha analiticamente contestato la correttezza, sono stati, peraltro, versati in giudizio dall’Amministrazione resistente. Per cui appare priva di pregio la prima delle doglianze dedotte.

Quanto alla mancata considerazione dei titoli edilizi in sanatoria intervenuti, al di là delle genericità di tale doglianza, va osservato che nella specie sono state sanzionate le opere poste al piano terra e nel sottotetto, mentre è stata ordinata la demolizione delle opere abusive riscontrate in altri piani; per cui i conteggi effettuati hanno considerato esclusivamente il piano terra ed i sottotetti. Di conseguenza, la circostanza che successivamente ed in corso di causa siano stati rilasciati dei titoli edilizi a sanatoria relativamente alle opere realizzate in altri piani non incide di certo sulla valutazione del predetto aumento di valore del piano terra e dei sottotetti; né, infine, sul punto la parte ricorrente ha fornito puntuali ed analitici elementi di riscontro.

Con l’ultima censura è stata contestata la correttezza dei calcoli in questione in quanto i sottotetti sarebbero stati, ad avviso del ricorrente, erroneamente considerati come abitabili.

Anche tale censura non è fondata.

Va, invero, osservato che tali locali con l’atto impugnato sono stati nella sostanza resi utilizzabili a fini abitativi ed, in effetti, tali locali risultano oggi accatastati come locali destinati ad uso abitativo.

Nella determinazione del valore di tali locali l’Amministrazione, pertanto, non avrebbe potuto non considerare tale uso abitativo, oggi reso pienamente legittimo.

6. – Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso in esame deve, conseguentemente, essere respinto per essere prive di pregio le predette doglianze così come dedotte.

Sussistono, tuttavia, in relazione alla complessità della normativa applicabile alla fattispecie e delle questioni interpretative che tale normativa pone, giuste ragioni per disporre la totale compensazione tra le parti delle spese e degli onorari di giudizio.

.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2012 con l’intervento dei magistrati:

Umberto Zuballi, Presidente
Michele Eliantonio, Consigliere, Estensore
Dino Nazzaro, Consigliere

L’ESTENSORE 

IL PRESIDENTE
        
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/06/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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