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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 1071 | Data di udienza: 4 Ottobre 2016

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Piano di lottizzazione convenzionata –  Efficacia – Stipulazione e trascrizione della convenzione – Mancata sottoscrizione della convenzione – Applicazione dell’art. 9 d.P.R. n. 380/2001 – Piani attuativi – Art. 9 d.P.R. n. 380/2001 – Principi – Rilascio del titolo abilitativo in assenza del piano attuativo – Presupposti.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Basilicata
Città: Potenza
Data di pubblicazione: 28 Novembre 2016
Numero: 1071
Data di udienza: 4 Ottobre 2016
Presidente: Caruso
Estensore: Nappi


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Piano di lottizzazione convenzionata –  Efficacia – Stipulazione e trascrizione della convenzione – Mancata sottoscrizione della convenzione – Applicazione dell’art. 9 d.P.R. n. 380/2001 – Piani attuativi – Art. 9 d.P.R. n. 380/2001 – Principi – Rilascio del titolo abilitativo in assenza del piano attuativo – Presupposti.



Massima

 

TAR BASILICATA, Sez. 1^ – 28 novembre 2016, n. 1071


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Piano di lottizzazione convenzionata –  Efficacia – Stipulazione e trascrizione della convenzione – Mancata sottoscrizione della convenzione – Applicazione dell’art. 9 d.P.R. n. 380/2001.

Il piano di lottizzazione convenzionata acquista efficacia non per effetto dell’approvazione del relativo progetto da parte del Consiglio comunale, ma con le successive stipulazioni e trascrizioni della convenzione (T.A.R. Campania, 28 ottobre 1997, n. 2648; T.A.R. Lazio, Latina, 17 luglio 1995, n. 592; Cons. Stato, sez. IV, 6 ottobre 1984, n. 744; cfr. altresì Cass. civ., SS.UU., ord. 7 febbraio 2002, n. 1763). La sottoscrizione della convenzione urbanistica costituisce quindi presupposto necessario per il rilascio del permesso di costruire: solo dopo la stipula della convenzione di lottizzazione si perfeziona lo strumento urbanistico attuativo, e l’area interessata riceve una disciplina urbanistica che consente di procedere all’edificazione, in concorso con la dotazione dell’area delle necessarie opere di urbanizzazione. Alla mancata sottoscrizione della convenzione consegue l’applicazione dell’art. 9, n. 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, secondo cui nelle aree nelle quali non siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto per l’edificazione, sono consentiti soltanto gli interventi previsti dalle lettere a), b), c) e d) del n. 1 dell’art. 3 che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse.

 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Piani attuativi – Art. 9 d.P.R. n. 380/2001 – Principi.

Con l’art. 9 del d.P.R. 380/2001, il legislatore delegato: ha enunciato il principio della indefettibilità del piano attuativo prescritto dallo strumento generale; ha rimarcato la rilevanza nel sistema del piano attuativo, in quanto strumento indispensabile per l’affermazione dell’ordinato assetto del territorio; ha reso irrilevante ogni indagine di fatto sulla sussistenza o meno ‘nei pressi’ o ‘nella zona’ delle opere di urbanizzazione, anche se, in precedenza, l’amministrazione abbia violato le previsioni dello strumento generale, rilasciando permessi di costruire in assenza del prescritto piano attuativo, tranne il caso del “piccolo” lotto intercluso (Sez. IV, decc. 6625 e 2674 del 2008; Sez. IV, 5 marzo 2008, n. 940), da intendere quale area di limitata estensione, circondata da edifici all’interno di un tessuto completamente edificato;  non ha ammesso equipollenti al piano attuativo (Sez. IV, decc. 6625 e 2674 del 2008; Sez. IV, 8 giugno 2007, n. 3007), nel senso che in sede amministrativa – per l’esame di una istanza di permesso – o in quella giurisdizionale non possono essere effettuate le indagini spettanti all’autorità competente ad approvare il medesimo piano (sulla base del relativo procedimento), in assenza delle quali il legislatore considera lesa l’assoluta esigenza che vi sia un razionale assetto del territorio (Cons. Stato, sez. IV, 21 dicembre 2009, n. 8531).
 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Piani attuativi – Art. 9 d.P.R. n. 380/2001 – Rilascio del titolo abilitativo in assenza del piano attuativo – Presupposti.

Una concessione edilizia può essere rilasciata in assenza del piano attuativo richiesto dalle norme di piano regolatore solo quando in sede istruttoria l’Amministrazione abbia accertato che il lotto del richiedente sia l’unico a non essere stato ancora edificato (vi sia già stata, cioè, una pressoché completa edificazione dell’area, come nell’ipotesi del lotto residuale ed intercluso), e si trovi in una zona che, oltre che integralmente interessata da costruzioni, sia anche dotata delle opere di urbanizzazione; pertanto, si può prescindere dalla lottizzazione convenzionata prescritta dalle norme di piano solo, in pratica, nei casi eccezionali in cui nel comprensorio interessato sussista una situazione di fatto corrispondente a quella che deriverebbe dall’attuazione della lottizzazione stessa, ovvero in presenza di opere di urbanizzazione primaria e secondaria pari agli standard urbanistici minimi prescritti (C.d.S., IV, 1° agosto 2007, n. 4276; IV, 21 dicembre 2006, n. 7769; V, 3 marzo 2004, n. 1013) (Cons Stato, sez. V, 5 ottobre 2011, n. 5450).

Pres. Caruso, Est. Nappi – R.M.L. (avv. Agresti) c. Comune di Matera


Allegato


Titolo Completo

TAR BASILICATA, Sez. 1^ - 28 novembre 2016, n. 1071

SENTENZA

 

TAR BASILICATA, Sez. 1^ – 28 novembre 2016, n. 1071

ubblicato il 28/11/2016

N. 01071/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00799/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso avente numero di registro generale 799 del 2015, proposto da:
– Rosa Maria Lacertosa, rappresentata e difesa dall’avv. Vito Agresti, da intendersi domiciliata, ai sensi dell’art. 25, n. 1, lett. a) cod. proc. amm., presso la segreteria di questo Tribunale;


contro

– Comune di Matera, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Francesco Matteo Pugliese, in Potenza, alla piazza Mario Pagano n. 118;

nei confronti di

– Edilizia Scarciolla s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giacomo Marchitelli e Gianfranco Cascella, da intendersi domiciliata, ai sensi dell’art. 25, n. 1, lett. a) cod. proc. amm., presso la segreteria di questo Tribunale;

per l’annullamento,

previa sospensiva dell’efficacia,

– del permesso di costruire rilasciato dal Comune di Matera in favore della controinteressata prot. n. 50987 Rif. Prot. 30433/ 49376/2014 — Prat. N. A/7/2013;

– di ogni altro titolo abilitativo, ove esistente, che consenta la realizzazione alla società contro interessata dei capannoni artigianali nell’area 2° ampliamento Paip;

– di ogni atto presupposto, conseguente, attuativo dei precedenti atti impugnati, nonché degli atti dell’istruttoria, pareri, espressioni consultive.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Matera e della Edilizia Scarciolla s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 11 maggio 2016, il referendario Benedetto Nappi;

Uditi per le parti gli avvocati Vito Agresti, Giuseppe Franchino e Giacomo Marchitelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con atto spedito per la notificazione in data 7 settembre 2015, depositato il successivo 28 di settembre, la sig.ra Rosa Maria Lacertosa è insorta avverso gli atti in epigrafe, concernenti il rilascio, in favore della società controinteressata, del permesso di costruire alcuni capannoni industriali sui lotti 17 e 18 del piano di lottizzazione denominato «2° ampliamento Paip».

1.1. In punto di fatto, dagli atti di causa si rileva che:

– con deliberazione del Consiglio comunale di Matera n. 572 del 31 luglio 1990, e conseguente D.P.G.R. n. 1041 del 4 dicembre 1991, in attuazione dell’art. 10 della legge n.1150 del 1942, è stata approvata una variante al piano regolatore generale;

– l’attuazione di tale variante è stata demandata ad un apposito piano particolareggiato di iniziativa pubblica o, in alternativa, ad un piano di lottizzazione convenzionata ad iniziativa privata;

– stante l’inerzia dell’Amministrazione comunale, i proprietari delle aree interessate hanno presentato un piano di lottizzazione convenzionato;

– con deliberazione di consiglio comunale n. 623 del 24 giugno 1997 tale piano di lottizzazione è stato approvato, unitamente al relativo schema di convenzione;

– in seguito, tuttavia, non si è addivenuti alla stipulazione della convenzione;

– in base al progetto del piano di lottizzazione, sottoscritto da tutti i lottizzanti, il lotto n. 17, della superficie complessiva di 2350 metri quadrati, era assegnato comune ed indiviso ai lottizzanti sigg. Zagaria e Lacertosa ed ai sigg. Follia, Lapolla e Scarciolla, che vi concorrevano con una superficie territoriale rispettivamente di 2209 metri quadrati e di 1333 metri quadrati. Il lotto 18 di superficie pari a 1650 metri quadrati era invece assegnato ai soli sigg. Follia, Lapolla e Scarciolla, che vi concorrevano con una superficie territoriale di 2667 metri quadrati;

– l’Amministrazione comunale, a partire dall’anno 2000, ha iniziato a rilasciare in ossequio alle previsioni del piano regolatore generale le allora concessioni edilizie, ora permessi di costruire per la realizzazione di manufatti produttivi artigianali/industriali nell’area di cui è questione;

– con istanza dell’11 settembre 2002 sigg. Follia, Lapolla e Scarciolla, in qualità di proprietari della particella 1107 del foglio 67, ricadente nel 2° ampliamento PAIP, hanno chiesto la concessione edilizia per la realizzazione di n. 3 capannoni sulla superficie dei lotti nn. 17 e 18 del piano di lottizzazione;

– l’intervento proposto è stato dapprima approvato in data 3 dicembre 2002, e successivamente, a seguito dell’opposizione della ricorrente, riesaminato il data 6 marzo 2003, con la formulazione di parere favorevole alla sola realizzazione del capannone sul lotto 18, ed esclusione del capannone sul lotto 17, essendo quest’ultimo assegnato in parte alle sigg.re Zagaria e Lacertosa;

– in data 30 maggio 2007 i soli sigg.ri Lapolla e Scarciolla hanno richiesto il riesame della pratica. Il relativo progetto prevedeva la realizzazione di n. 2 capannoni sul lotto 18 ed un capannone sul lotto 17, con occupazione solo parziale di quest’ultimo, di modo da lasciare libera la parte di lotto 17 di potenziale spettanza delle sigg.re Zagaria e Lacertosa;

– il 25 settembre 2007 la conferenza di valutazione tecnica si è espressa in senso contrario in quanto tale progetto «non è rispettoso del Piano di Lottizzazione, manca l’accesso ai lotti di proprietà, il progetto non è sottoscritto da tutti i proprietari del lotto, ed è carente della dimostrazione della disponibilità dei parcheggi previsti dalla norma di piano»;

– la proprietà comune indivisa sigg. Follia, Lapolla e Scarciolla è poi stata interamente acquisita dalla Edilizia Scarciolla s.r.l.;

– con nota del 14 giugno 2013 è stato chiesto il riesame del progetto presentato in data 30 maggio 2007, e successivamente integrato il 31 ottobre 2008;

– in data 11 dicembre 2013 la ricorrente ha diffidato il Comune intimato dal procedere all’accoglimento di qualsiasi richiesta attinente ai lotti 17 e 18 che non prevedesse il coinvolgimento delle sigg.re Zagaria e Lacertosa;

– il Comune, pur non riscontrando tale diffida, non ha rilasciato il titolo edilizio;

– in data 13 ottobre 2014 la Edilizia Scarciolla s.r.l. ha trasmesso un atto unilaterale di impegno riguardante: «1) il pieno rispetto delle norme urbanistiche vigenti; 2) pieno rispetto delle previsioni del piano di lottizzazione riguardante le aree in questione; 3) a cedere l’area, così come individuata nel grafico della Tav.01 del progetto in data 9 dic 2013 (n. 114 d’ord. reg. e n. 62203 prot. gen.) in assoluta ottemperanza del piano di lottizzazione e della relativa convenzione ancorché non sottoscritta; 4) al rispetto delle proprietà limitrofe; 5) al pagamento degli oneri dovuti»;

– il 29 ottobre 2014 con nota prot. 50987 è stato rilasciato il permesso di costruire in favore della predetta società;

– in seguito, la sig.ra Lacertosa, avendo verificato che sulle aree interessate veniva smosso del terreno, ha presentato istanza di accesso alla relativa documentazione amministrativa, al cui esito ha avuto contezza del fatto che sui lotti 17 e 18 sono in corso di edificazione alcuni capannoni industriali sulla base dell’impugnato permesso di costruire.

1.2. In diritto, parte ricorrente ha dedotto, per più profili, la violazione di legge (art. 28 legge n. 1150 del 1942; artt. 12 e 44 del d.P.R. n. 380 del 2001; leggi regionali nn. 23 del 1979 e 37 del 1996) e l’eccesso di potere (falsa rappresentazione dei presupposti in fatto; difetto di istruttoria e di motivazione; illogicità ed irrazionalità manifeste).

2. Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, eccependo, in rito, l’irricevibilità e l’inammissibilità del ricorso, nonché, nel merito, la sua infondatezza.

2.1. La società controinteressata, del pari costituitasi in giudizio, ha concluso per l’inammissibilità in rito, e per il rigetto nel merito del ricorso.

3. Alla camera di consiglio del 21 ottobre 2015 parte ricorrente ha rinunziato all’incidentale istanza cautelare.

4. Alla pubblica udienza dell’11 maggio 2016 i procuratori delle parti hanno precisato le rispettive posizioni ed il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. In rito, il Collegio procede in primo luogo alla disamina dell’eccezione del Comune resistente, secondo cui «dalla documentazione trasmessa dal competente Ufficio comunale, in uno alla relazione a firma congiunta del tecnico istruttore (Piumini) del responsabile di p.o. (Di Lecce) e del dirigente (Montemurro), affoliata alla produzione di parte, emerge l’inammissibilità del ricorso per tardività».

1.1. L’eccezione è inammissibile per genericità, posto che il procuratore di parte resistente si è limitato ad un sommario rinvio alla documentazione allegata, senza neppure indicare specificamente l’atto di riferimento, e, a maggior ragione, gli elementi di riscontro della pretesa conoscenza dell’atto gravato, da parte della ricorrente, in tempi antecedenti al termine decadenziale di impugnazione.

1.1.1. Del resto, anche a voler fare riferimento alla relazione dell’Ufficio tecnico del 15 ottobre 2015, in atti della resistente, per tale profilo si legge soltanto che: «la ricorrente, del resto, era perfettamente a conoscenza di quanto accadeva sia per la vistosa mole dei capannoni edificati sia per quanto già dichiarato con nota del 10 dicembre 2013 (all: doc. n. 5), a mezzo del proprio legale Agresti». In senso contrario, va pianamente osservato che la nota citata è antecedente di quasi un anno rispetto alla data del provvedimento impugnato, mentre non è stato individuato, ed a maggior ragione provato, il momento in cui sarebbe avvenuta la piena conoscenza del provvedimento medesimo. Orbene, per il principio di effettività della tutela giurisdizionale, ed a salvaguardia della legittimità dell’azione amministrativa, l’avvenuto decorso del termine per ricorrere deve essere provato dalla parte che eccepisce la tardività del ricorso, trattandosi di un fatto impeditivo, ex art. 2697, secondo comma, cod. civ., dell’accoglimento della pretesa azionata in giudizio; tale prova va fornita in modo rigoroso, affinché non sia vanificato in modo irragionevole il diritto di azione nei confronti dei provvedimenti dell’amministrazione riconosciuto dal combinato disposto degli artt. 24 e 113 Cost.. (T.A.R. Lazio, sez. I-quater, 21 luglio 2016, n. 8366, e la giurisprudenza ivi richiamata).

1.2. Con una seconda eccezione, formulata in termini similari da parte resistente e dalla società controinteressata, si è sostenuto che la deducente difetterebbe di interesse a ricorrere, in quanto «pur ammettendo che la sottoscrizione della convenzione di lottizzazione (ai fini attuativi del P.d.L.) costituisca presupposto indefettibile per il rilascio del permesso a costruire in oggetto, con l’individuazione e realizzazione delle opere di urbanizzazione, appare di tutta evidenza che l’interesse a ricorrere per il mantenimento e l’attuazione del Piano di Lottizzazione sarebbe evidentemente sorto sin dal momento del rilascio della prima concessione edilizia e di quelle successive, poiché già in tale momento è stata irrimediabilmente pregiudicata la possibilità di attuazione del P.d.L. nel Progetto presentato all’epoca dai privati. Peraltro, quand’anche il permesso a costruire impugnato fosse dichiarato illegittimo (e così non è) sarebbe ugualmente impossibile attuare il Piano di Lottizzazione così come approvato con D.C.C. n. 623/1997».

1.2.1. L’eccezione va disattesa. Emerge dagli atti di causa che la ricorrente è comproprietaria del lotto 17, in parte oggetto del titolo edilizio in contestazione, ed è confinante col lotto 18, pure oggetto di quest’ultimo. Ebbene, quanto al primo aspetto, ritiene il Collegio he il proprietario di un immobile sia legittimato ad impugnare titoli edificatori da altri richiesti su beni di sua proprietà, ove ritenga che le opere autorizzate non siano conformi alla normativa urbanistica disciplinante la zona di intervento. In tal senso, l’utilitas sperata da una decisione favorevole del giudice attiene alla conformità dell’immobile alla disciplina urbanistica vigente e, dunque, alla sua liceità sotto l’aspetto urbanistico-edilizio, non potendosi, di poi, non rilevare che il titolare del diritto dominicale ha piena facoltà di opporsi a modificazioni del bene con le quali egli non concordi (Cons. Stato, sez. IV, 8 settembre 2015, n. 4176). Quanto al secondo aspetto, va qui richiamato l’ampio orientamento giurisprudenziale in forza del quale la “vicinitas”, intesa come situazione di stabile collegamento giuridico con il terreno oggetto dell’intervento costruttivo autorizzato, costituisce criterio di per sé sufficiente a rappresentare l’interesse al ricorso contro un titolo edilizio, con la conseguenza che, in sua presenza, non è necessario accertare concretamente se i lavori assentiti dall’atto impugnato comportino un effettivo pregiudizio per il ricorrente (Cons. Stato, sez. IV, 18 novembre 2014, n. 5662; id., 5 marzo 2015, n. 1116; id., 12 marzo 2015, n. 1315; id., 16 marzo 2010 , n. 1535), rilevandosi peraltro come, nel caso di specie, la ricorrente deduca la lesione delle potenzialità di utilizzazione della sua proprietà.

2. Nel merito, il ricorso è fondato, alla stregua della motivazione che segue.

2.1. Col primo motivo, si è lamentata la realizzazione delle opere in questione su di «un’area per cui è prevista l’adozione di piano di lottizzazione senza che sia mai stata firmata la convenzione di lottizzazione, condizione, quest’ultima, di efficacia del piano», nonché l’indefettibilità del piano attuativo prescritto dallo strumento generale.

2.1.1. La doglianza va condivisa. Occorre subito rilevare come sia la stessa Amministrazione comunale a riconoscere la necessità di uno strumento urbanistico attuativo per il corretto e ordinato sviluppo del territorio e per l’uso più adeguato di quest’ultimo. Si legge, infatti, nella relazione allegata agli scritti difensivi di parte resistente che «la normativa di p.r.g. nel definire i parametri urbanistici ha imposto l’attuazione mediante il ricorso ad un piano particolareggiato di iniziativa pubblica o, in alternativa, ad un piano di lottizzazione convenzionata ad iniziativa privata».

2.1.2. Si legge, ancora, nella predetta relazione tecnica che «in mancanza di iniziativa dell’Amministrazione pubblica i privati proprietari delle aree interessate, così come più approfonditamente descritto nella relazione di p.d.l. (all. doc. n. 2), hanno deciso di presentare mi piano di lottizzazione convenzionato sottoscrivendo tutti gli elaborati di progetto del piano. Con deliberazione di Consiglio comunale n. 623 del 24/06/1997 l’Amministrazione comunale ha approvato il p.d.l. su indicato con il relativo schema di convenzione, ma i privati, per il completamento dell’iter procedimentale non hanno mai, di comune accordo, sollecitato la stipula della convenzione per presumibile modifica della loro volontà contrattuale».

2.1.3. E’ dunque incontroverso che nell’area di cui è questione non sono in vigore strumenti urbanistici attuativi, essendosi l’Amministrazione comunale limitata all’approvazione del piano di lottizzazione di iniziativa privata su cui si controverte. E’, altresì, incontestato che la convenzione accessiva al piano di lottizzazione approvato nel 1997 non è stata sottoscritta. Ora, la sottoscrizione della convenzione urbanistica costituisce presupposto necessario per il rilascio del permesso di costruire. Solo dopo la stipula della convenzione di lottizzazione, infatti, si perfeziona lo strumento urbanistico attuativo, e l’area interessata riceve una disciplina urbanistica che consente di procedere all’edificazione, in concorso con la dotazione dell’area delle necessarie opere di urbanizzazione; il rilascio delle singole concessioni edilizie, infatti, è espressamente subordinato dal legislatore, ai sensi dell’art. 28, quinto comma, della legge n. 1150 del 1942, all’impegno a realizzare, contemporaneamente ai fabbricati, le opere di urbanizzazione. In effetti, all’approvazione del piano deve seguire la stipula della convenzione di lottizzazione, che, a sua volta, costituisce il presupposto per l’autorizzazione a lottizzare da parte del Comune. Pertanto, la stipula della convenzione e la successiva trascrizione a cura del privato sono condizioni di efficacia della delibera di approvazione della lottizzazione (T.A.R. Lazio, sez. I, 4 settembre 2001, n. 7110). In altri termini, il piano di lottizzazione convenzionata acquista efficacia non per effetto dell’approvazione del relativo progetto da parte del Consiglio comunale, ma con le successive stipulazioni e trascrizioni della convenzione (T.A.R. Campania, 28 ottobre 1997, n. 2648; T.A.R. Lazio, Latina, 17 luglio 1995, n. 592; Cons. Stato, sez. IV, 6 ottobre 1984, n. 744). Del resto, la convenzione di lottizzazione conclusa dalla P.A. col privato interessato al rilascio di una concessione edilizia, «non assume valenza privatistica ed autonoma rispetto all’atto autoritativo di concessione, ma si inserisce nel procedimento amministrativo finalizzato al rilascio di essa, essendo imposto dalla P.A. come momento necessario di tale procedimento e condizionando l’adozione del provvedimento» (Cass. civ., SS.UU., ord. 7 febbraio 2002, n. 1763).

2.1.4. Ne consegue che, allo stato, l’area interessata risulta sprovvista di piani particolareggiati di attuazione, in relazione ai quali rilasciare i relativi titoli edilizi.

2.1.5. L’Amministrazione resistente e la società controinteressata hanno sostenuto, a tal riguardo, che «dal punto di vista legislativo non esiste alcuna norma in materia, che obbliga l’Amministrazione comunale, all’esito dell’approvazione di un piano di lottizzazione ed in carenza della volontà dei privati alla stipula della convenzione, a coartare in maniera autoritaria gli stessi proponenti alla sottoscrizione dell’atto negoziale», invocando in tal senso quanto affermato dalla decisione del Consiglio di Stato, sez. V, n. 3217 del 21 maggio 2010. L’argomento, tuttavia, è inconferente, in quanto il punto centrale della questione è piuttosto quello dell’attuale disciplina urbanistica delle aree interessate, come si è visto innanzi, allo stato carente.

2.1.6. Sempre secondo parte resistente e la società controinteressata, la situazione in essere nel caso di specie, essendo ormai trascorso oltre un decennio dalla relativa approvazione, sarebbe assimilabile a quella di decadenza dei piani attuativi, nella quale sarebbe «comunque consentita la costruzione di nuovi fabbricati nel rispetto della normativa edilizia di zona che resta ultrattiva a tempo indeterminato soprattutto nelle ipotesi in cui è sufficientemente determinata la disciplina di edificazione nelle sue linee fondamentali ed essenziali».

2.1.7. La tesi è, ancora una volta, inconferente, posto che, come si è visto innanzi, il piano di lottizzazione non ha mai acquisito efficacia, per la mancata sottoscrizione della convenzione ad esso accessiva. Da ciò consegue, quindi, l’applicazione dell’art. 9, n. 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, secondo cui nelle aree nelle quali non siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto per l’edificazione, sono consentiti soltanto gli interventi previsti dalle lettere a), b), c) e d) del n. 1 dell’art. 3 che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse, consentendo solo attività di manutenzione ordinaria, straordinaria, di restauro e risanamento conservativo, ed inibendo tutti gli interventi di nuova costruzione. In tal senso, come osservato da condivisibile giurisprudenza, con tale disposizione: «il legislatore delegato: – ha enunciato il principio della indefettibilità del piano attuativo prescritto dallo strumento generale (già desumibile dalla legge urbanistica n. 1150 del 1942, come affermato da questo Consiglio con le decisioni Sez. V, 23 marzo 2000, n. 1594; Sez. V, 8 luglio 1997, n. 772; Sez. V, 16 giugno 1997, n. 640; Sez. V, 30 aprile 1997, n. 412; Sez. V, 22 marzo 1995, n. 451); – ha rimarcato la rilevanza nel sistema del piano attuativo, in quanto strumento indispensabile per l’affermazione dell’ordinato assetto del territorio (Sez. IV, 5 marzo 2008, n. 940; Sez. V, 3 marzo 2004, n. 1013; Sez. IV, 25 agosto 2003, n. 4812); – ha reso irrilevante ogni indagine di fatto sulla sussistenza o meno ‘nei pressi’ o ‘nella zona’ delle opere di urbanizzazione, anche se, in precedenza, l’amministrazione abbia violato le previsioni dello strumento generale, rilasciando permessi di costruire in assenza del prescritto piano attuativo, tranne il caso del “piccolo” lotto intercluso (Sez. IV, decc. 6625 e 2674 del 2008; Sez. IV, 5 marzo 2008, n. 940), da intendere quale area di limitata estensione, circondata da edifici all’interno di un tessuto completamente edificato; – non ha ammesso equipollenti al piano attuativo (Sez. IV, decc. 6625 e 2674 del 2008; Sez. IV, 8 giugno 2007, n. 3007), nel senso che in sede amministrativa – per l’esame di una istanza di permesso – o in quella giurisdizionale non possono essere effettuate le indagini spettanti all’autorità competente ad approvare il medesimo piano (sulla base del relativo procedimento), in assenza delle quali il legislatore considera lesa ‘’assoluta esigenza che vi sia un razionale assetto del territorio» (Cons. Stato, sez. IV, 21 dicembre 2009, n. 8531). D’altro canto, l’Amministrazione impugnata, come dimostra in fatto l’intervenuta approvazione del piano di lottizzazione, ha ritenuto di non poter prescindere dal piano attuativo. In tal senso, suscita perplessità l’aver dapprima approvato tale atto, ritenendone in tutta evidenza la necessità, anche in aderenza a specifiche previsioni dello strumento urbanistico generale, per poi affermarne la sostanziale irrilevanza.

2.1.8. Peraltro, nel caso di specie neppure ricorrono le condizioni cui gli arresti giurisprudenziali richiamati dalla controinteressata subordinano il rilascio del titolo edilizio. In particolare, secondo tale ultimo indirizzo «una concessione edilizia può essere rilasciata in assenza del piano attuativo richiesto dalle norme di piano regolatore solo quando in sede istruttoria l’Amministrazione abbia accertato che il lotto del richiedente sia l’unico a non essere stato ancora edificato (vi sia già stata, cioè, una pressoché completa edificazione dell’area, come nell’ipotesi del lotto residuale ed intercluso), e si trovi in una zona che, oltre che integralmente interessata da costruzioni, sia anche dotata delle opere di urbanizzazione; pertanto, si può prescindere dalla lottizzazione convenzionata prescritta dalle norme di piano solo, in pratica, nei casi eccezionali in cui nel comprensorio interessato sussista una situazione di fatto corrispondente a quella che deriverebbe dall’attuazione della lottizzazione stessa, ovvero in presenza di opere di urbanizzazione primaria e secondaria pari agli standard urbanistici minimi prescritti (C.d.S., IV, 1° agosto 2007, n. 4276; IV, 21 dicembre 2006, n. 7769; V, 3 marzo 2004, n. 1013)» (Cons Stato, sez. V, 5 ottobre 2011, n. 5450). Ebbene, di tale compiuta attività istruttoria non è dato rinvenire alcuna traccia nell’impugnato permesso di costruire, che nulla riporta in relazione a tali profili. Né tali carenze istruttorie non possono essere superate dal riferimento, fatto nella documentazione di parte resistente, ai contenuti della «relazione tecnica della richiesta del sig. Tonta per la concessione edilizia rilasciata nell’anno 2000», o dall’elaborato peritale versato in atti da parte controinteressata. Invero, in primo luogo il Collegio ritiene di dare continuità all’ampio orientamento che afferma l’inammissibilità della motivazione postuma del provvedimento lesivo, addotta dall’Amministrazione emanante soltanto in sede giudiziale (ex multis, T.A.R. Basilicata, 18 gennaio 2016, n. 30, e la giurisprudenza ivi richiamata). Inoltre, si tratta pur sempre di atti provenienti da parti private, mentre difetta comunque l’indicazione di quella attività istruttoria mediante cui «l’Amministrazione accerti che la zona in cui si inserisce il suolo destinato alla realizzanda costruzione sia pressoché completamente edificata, tale da rendere superflua un’opera di lottizzazione» (Cons. Stato, sez. IV, 10 gennaio 2012, n. 26). A ben vedere, anzi, l’Amministrazione comunale assume a presupposto del proprio operato proprio la vigenza del piano di lottizzazione, e la necessità di realizzare le opere urbanistiche ivi contemplate, avendo acquisito dalla società richiedente un «atto unilaterale d’impegno a rispettare comunque le previsioni di piano di lottizzazione laddove fosse stipulata apposita convenzione». Neppure ricorre, infine, l’ulteriore presupposto costituito dall’essere, il lotto del richiedente, l’unico non edificato, posto che soltanto «la maggior parte dei lotti del piano di lottizzazione sono stati realizzati ovvero sono in corso di realizzazione». Del resto, l’interessato all’edificazione ben può stimolare, con gli strumenti consentiti dal sistema, l’approvazione del piano attuativo considerato indefettibile dallo strumento generale (Cons. Stato n. 8531 del 2009 cit.).

3. Dalle considerazioni che precedono discende l’accoglimento del ricorso, con assorbimento di ogni ulteriore censura e, per l’effetto, l’annullamento degli atti impugnati.

4. Le spese seguono la soccombenza, con riguardo all’Amministrazione resistente, e si liquidano come da dispositivo, mentre possono essere compensate relativamente alla società controinteressata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata, definitivamente pronunciando sul ricorso, per come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei sensi di cui in motivazione.

Condanna il Comune di Matera alla rifusione delle spese di lite in favore di parte ricorrente, liquidando le stesse in euro 4.000,00, oltre accessori di legge, se dovuti. Compensa le spese di lite tra la ricorrente e la società controinteressata.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Potenza, nelle camere di consiglio dei giorni 11 maggio 2016 e 4 ottobre 2016, con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Caruso, Presidente
Pasquale Mastrantuono, Consigliere
Benedetto Nappi, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE
Benedetto Nappi
        
IL PRESIDENTE
Giuseppe Caruso
        
        
IL SEGRETARIO
 

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