* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – AREE PROTETTE – Astratta edificabilità di un’area – Contrasto con interessi ambientali – Valutazione di incidenza – Accertamento dell’incompatibilità tra l’esercizio dello ius aedificandi e l’interesse alla tutela di un habitat di pregio.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Calabria
Città: Catanzaro
Data di pubblicazione: 18 Aprile 2019
Numero: 850
Data di udienza: 30 Gennaio 2019
Presidente: Salamone
Estensore: Sorrentino
Premassima
* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – AREE PROTETTE – Astratta edificabilità di un’area – Contrasto con interessi ambientali – Valutazione di incidenza – Accertamento dell’incompatibilità tra l’esercizio dello ius aedificandi e l’interesse alla tutela di un habitat di pregio.
Massima
TAR CALABRIA, Catanzaro, Sez. 1^ – 18 aprile 2019, n. 850
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – AREE PROTETTE – Astratta edificabilità di un’area – Contrasto con interessi ambientali – Valutazione di incidenza – Accertamento dell’incompatibilità tra l’esercizio dello ius aedificandi e l’interesse alla tutela di un habitat di pregio.
L’astratta edificabilità di un’area non esclude che alcune opere non possano in concreto essere realizzate per il loro contrasto con interessi di natura ambientale; la valutazione di incidenza non costituisce negazione dello ius aedificandi, ma accertamento – di natura tecnico-discrezionale – dell’incompatibilità tra le modalità prescelte di esercizio di tale diritto e l’interesse pubblico alla tutela di un habitat ritenuto di pregio (T.A.R. Catanzaro, sez. I, 2 novembre 2016, n. 20157).
Pres. Salamone, Est. Sorrentino – G.B.I. (avv.ti Gualtieri e Verbaro) c. Regione Calabria (avv. Ventrice)
Allegato
Titolo Completo
TAR CALABRIA, Catanzaro, Sez. 1^ - 18 aprile 2019, n. 850SENTENZA
TAR CALABRIA, Catanzaro, Sez. 1^ – 18 aprile 2019, n. 850
Pubblicato il 18/04/2019
N. 00850/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00474/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 474 del 2018, proposto da Giuseppe Biagio Incoronato, rappresentato e difeso dagli avvocati Alfredo Gualtieri e Demetrio Verbaro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Regione Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Enrico Francesco Ventrice, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
e con l’intervento di
ad opponendum:
Associazione Wwf Provincia di Vibo Valentia, rappresentata e difeso dall’avvocato Angelo Calzone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
-del decreto del Dirigente Generale del Dipartimento "Ambiente e Territorio, della Regione Calabria" n. 121 in data 29 gennaio 2018, nonché di ogni atto e provvedimento presupposto, connesso e conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Regione Calabria;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2019 il dott. Pierangelo Sorrentino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Giuseppe Biagio Incoronato intende realizzare, all’interno del Villaggio Resort “Quattro Scogli”, del quale è comproprietario, un intervento di ampliamento e di riqualificazione alberghiera.
Il progetto prevede la costruzione di n.3 fabbricati ad un piano fuori terra, di una piscina e di un anfiteatro.
Il Villaggio è localizzato in Località Grotticelle, nel Comune di Ricadi (VV), e ricade all’interno di un sito di interesse comunitario, denominato “SIC costiero Briatico – Nicotera”.
Per tale ragione, egli ha richiesto al competente dipartimento della Regione Calabria la valutazione di incidenza prevista dalla Direttiva 92/43/CEE e dalla normativa attuativa interna.
L’amministrazione ha reso parere negativo, che è stato impugnato dagli interessati d’innanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale unitamente al decreto del dirigente regionale che lo ha recepito (n. 261 del gennaio 2018).
2. – Costituitasi la Regione Calabria e spiegato atto di intervento ad opponendum dalla O.A. Associazione di Volontariato WWF Provincia di Vibo Valentia, il ricorso è stato discusso nel merito e spedito in decisione all’udienza pubblica del 30 gennaio 2018.
3. – Conviene prendere le mosse dall’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dalla Regione sul presupposto dell’omessa notifica al necessario controinteressato, vale a dire il Comune di Ricadi, “atteso che l’esito finale della fattispecie complessa, in cui si inserisce la valutazione di incidenza ambientale, è la richiesta di permesso di costruire per la realizzazione dei manufatti di che trattasi, dunque un aspetto edilizio di competenza comunale”.
3.1. – L’eccezione è, all’evidenza, priva di pregio.
3.2. – Non sussiste, in capo all’ente comunale, un interesse simmetrico e contrario a quello di parte ricorrente, che imponga un suo necessario coinvolgimento nel processo de quo, atteso che l’amministrazione comunale non è istituzionalmente portatrice di un interesse pregiudizialmente contrario all’edificazione, dovendo anzi la medesima, nel determinarsi sulle relative istanze, agire in conformità al principio di imparzialità, procedendo alla ponderazione comparativa di tutti gli interessi che vengono in rilievo nell’ambito del procedimento amministrativo e ciò in funzione – soltanto – della salvaguardia del pubblico interesse.
3.3. – Del resto, l’accoglimento del gravame non è in grado di originare, in concreto, alcun vulnus, sol che si consideri che l’annullamento giurisdizionale del parere regionale non costituisce titolo, ovviamente, per la richiesta di permesso di costruire relativa al progettato intervento, il quale resta comunque subordinato alla previa, positiva valutazione di incidenza da parte dell’amministrazione regionale.
4. – Analogamente assume valenza preliminare – anche in ragione dell’espressa contestazione sollevata in proposito da parte del ricorrente – lo scrutinio in ordine alla sussistenza, in capo all’associazione di Volontariato WWF Provincia di Vibo Valentia della legittimazione ad intervenire nel giudizio de quo.
4.1. – Alla stregua del consolidato insegnamento della giurisprudenza, da cui non v’è motivo allo stato di discostarsi, la legittimazione ad agire in giudizio a favore delle associazioni non riconosciute di protezione ambientale non può che riconoscersi solo là dove delle stesse sia accertato: 1) il carattere non occasionale o strumentale alla proposizione di una determinata impugnativa; 2) lo stabile collegamento col territorio, consolidatosi nel tempo, che deve presuntivamente escludersi, per esemplificare, in caso di associazioni costituite pochi giorni prima della proposizione del ricorso; 3) la rappresentatività della collettività locale di riferimento, requisito quest’ultimo, che non può prescindere dalla considerazione, quanto meno indiziaria, del numero delle persone fisiche costituenti l’associazione.
4.2. – Ricorrono, ad avviso del Collegio, nel caso di specie, i presupposti per ammettere l’intervento in giudizio, dovendosi riconoscere la legittimazione attiva dell’associazione di volontariato WWF Provincia di Vibo Valentia.
Si ricava pacificamente, dallo Statuto prodotto in giudizio, che tra gli obiettivi perseguiti dalla stessa, sotto molteplici profili, primeggia la tutela dell’ambiente; risulta che l’Associazione, avente la sede nel comune di Vibo Valentia, in via Popilia n. 42 C, possiede uno stabile e un non occasionale assetto organizzativo con un’area di afferenza direttamente collegata al territorio interessato dal giudizio.
La medesima, inoltre, ha dato conto del numero di associati, di aver svolto, sin dalla sua costituzione, nel 2015, numerose attività e realizzato molteplici iniziative in detto contesto territoriale, così comprovando in via fattuale il concreto perseguimento degli obiettivi di tutela ambientale dichiarati nell’atto costitutivo e nello statuto, dimostrando uno stabile e consolidato collegamento col territorio attraverso una costante attività di salvaguardia del bene a fruizione collettiva tutelato da qualsivoglia intervento che possa incidere negativamente sullo stesso (Cons. St., Sez. V, 17 settembre 2012, n. 4909).
Risultano quindi comprovati gli elementi qualificanti in concreto la differenziazione della posizione dell’associazione interveniente, quali, come precisato, il collegamento stabile con il territorio interessato, consolidatosi obiettivamente in un periodo di tempo congruo, non insignificante, nonché un’azione associativa dotata di adeguata consistenza e di rappresentatività degli interessi che si intendono tutelare, anche con riferimento al numero e alla qualità degli associati.
Decisivo appare osservare, infine, come possa senza dubbio escludersi, nel caso in esame, il carattere “strumentale” o comunque “meramente occasionale” delle doglianze e delle deduzioni sollevate dalla menzionata associazione e, a monte, della sua stessa partecipazione al giudizio de quo, trattandosi di intervento ad opponendum e non già di un’autonoma impugnativa di un atto amministrativo, con l’implicazione che non vengono in rilievo le esigenze di contenimento della possibile, incontrollata proliferazione di azioni giudiziali intentate da associazioni qualificatesi ambientaliste, esigenze che obiettivamente sorreggono approcci esegetici tesi a circoscrivere il rischio di riconoscere la legitimatio ad causam ad enti asseritamente esponenziali (auto)proclamatisi portatori di interessi super-individuali.
5. – Venendo all’esame delle censure sollevate avverso il parere regionale, nel ricorso il provvedimento impugnato è contestato con unico, articolato motivo, con il quale si deduce “[V]iolazione dei principi contenuti nella normativa comunitaria e nazionale di settore. Violazione dei principi di coerenza, trasparenza e tutela dell’affidamento. Eccesso di potere per sviamento, carenza ei presupposti, travisamento dei fatti, contraddittorietà e illogicità manifesta”.
5.1. – Le suddette contestazioni muovono tutte, merita osservare, dal presupposto della sostanziale irrilevanza dell’impatto (recte: incidenza) del progetto, come risulterebbe chiaramente attestato dai due (autorevoli) studi presentati da parte ricorrente. Il parere negativo della Regione tradirebbe la ratio della valutazione di incidenza e conterrebbe una motivazione stereotipata, nient’affatto calibrata sulle specificità del caso concreto, tale da palesare un macroscopico eccesso di potere.
In sintesi:
a) l’analisi dell’impatto diretto ed indiretto dell’intervento in progetto avrebbe scientificamente provato come i relativi effetti si possono ritenere del tutto trascurabili (“Impatto nullo o di scarsa rilevanza”) in quanto i lavori saranno realizzati su aree prive di particolare rilevanza naturalistica, con nessuna influenza negativa sui sistemi vegetali e senza alcuna perturbazione di specie né minaccia all’integrità del sito;
b1) le valutazioni della Struttura tecnica della Regione non avrebbero preso in considerazione il progetto in concreto presentato, ma avrebbero aprioristicamente ritenuto incompatibile con il SIC qualsiasi progetto edilizio turistico, così mortificando l’esercizio dello ius aedifiandi in conformità con la destinazione urbanistica del terreno e rendendo inutile la stessa valutazione di incidenza, senza tener conto del placet ambientale della Provincia e della Soprintendenza;
b2) i pareri non avrebbero tenuto conto che l’intervento ha dimensioni ridotte e si inserisce in un’area già fortemente antropizzata; che il progetto consiste in un piccolo ampliamento costituito dalle edificazione di tre corpi di fabbrica ad un piano f.t., di contenute dimensioni, sparsi su un terreno esteso 25.000 metri quadrati, una piscina ed un piccolo anfiteatri all’aperto; che il sito previsto per le modeste edificazioni “è un’area attualmente destinata a campeggio e completamente priva di vegetazione”;
c) le obiezioni mosse al progetto sarebbero, di conseguenza, destituite di fondamento: lo studio di incidenza considera, inoltre, espressamente il rapporto tra l’opera e il contesto ambientale e antropico, osservando come l’ulteriore pressione antropica debba ritenersi irrilevante in quanto, “tre piccoli fabbricati ad un piano f.t., una piscina di modeste dimensioni e un piccolo anfiteatro all’aperto, in rapporto alla antropizzazione dei siti circostanti” devono considerarsi senza dubbio ammissibili.
5.2. – All’esame della censura va premesso che la valutazione di incidenza ambientale, non diversamente dalla valutazione di impatto ambientale, si caratterizza quale giudizio espressione di ampia discrezionalità oltre che di tipo tecnico, anche amministrativa, sul piano dell’apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all’interesse all’esecuzione dell’opera (per la VINCA cfr. Cons. St., Sez. IV, 21 gennaio 2019, n. 505; Cons. St., Sez. IV, 29 novembre 2018, n. 6773; per la VIA cfr. Cons. St., Sez. IV, 16 gennaio 2019, n. 16; Cons. St., Sez. V, 22 giugno 2009, n. 4206).
Il sindacato del giudice amministrativo in tale materia è dunque assai ristretto, in quanto limitato alla manifesta illogicità, incongruità, travisamento o alla rilevazione di macroscopici difetti di motivazione o di istruttoria (Cons. St., Sez. IV, 29 novembre 2018, n. 663; Cons. St., Sez. V, 21 novembre 2007, n. 5910).
5.3. – Ebbene, il Collegio ritiene che il motivo di ricorso, pur prospettando il vizio dell’eccesso di potere, miri in realtà a un inammissibile riesame nel merito della valutazione dell’amministrazione, pretendendo di sostituire la propria valutazione circa l’incidenza dell’opera sul SIC a quella operata dall’amministrazione.
In questi termini, esso non può trovare accoglimento.
In ogni caso, il percorso motivazionale formalizzato dall’amministrazione non appare manifestamente illogico o incongruo. Non si apprezzano il denunciato travisamento dei fatti, né macroscopici difetti di istruttoria, vizi non ravvisabili nel provvedimento impugnato posto che la valutazione effettuata nel caso concreto ha rilevato, sulla scorta di argomentazioni non illogiche né arbitrarie, che il progetto edilizio presentato non si concilia con le esigenze di conservazione del Sito.
Non irragionevolmente – e in coerenza con l’obiettivo di tutela che in siffatta materia si prefigge il Legislatore, Europeo e nazionale, di “massima conservazione” del sito (Cons. St., Sez. IV, 29 novembre 2018, n. 6773) – l’amministrazione ha ritenuto che gli interventi previsti e l’ulteriore pressione antropica che ne deriverebbe producano un’incidenza negativa sul SIC sia in termini di sottrazione di habitat, anche potenziali, che di perturbazione dell’ecosistema e di perdita di specie vegetali tipiche della macchia mediterranea esistente, di interesse comunitario.
Va aggiunto che le osservazioni formulate dal ricorrente in esito alla comunicazione del parere sono state analiticamente prese in esame dalla STV.
Essa ha posto in rilievo, con riferimento all’attuale condizione del territorio interessato dal progetto, l’elevato grado di vulnerabilità del SIC dovuto alla cementificazione, alla pressione turistica e ai fenomeni erosivi e la conseguente necessità di impedire ulteriori alterazioni di quelle aree che “manifestano potenzialità di rigenerazione dell’ambiente naturale” stante anche l’insussistenza di “misure di mitigazione idonee ad annullare o prevenire con assoluta certezza l’incidenza negativa”; quanto alla conformità del progettato intervento edilizio agli strumenti urbanistici, che la destinazione dell’area non determina ex se un diritto incontrovertibile all’edificazione, soprattutto, come nel caso di specie, ove la normativa rinvia all’Autorità competente ai fini della VINCA.
Sotto tale ultimo profilo va condiviso il rilievo (T.A.R. Catanzaro, sez. I, 2 novembre 2016, n. 20157) che l’astratta edificabilità dell’area non esclude che alcune opere non possano in concreto essere realizzate per il loro contrasto con interessi di natura ambientale e che la valutazione di incidenza non costituisce negazione dello ius aedificandi, ma accertamento – di natura tecnico-discrezionale – dell’incompatibilità tra le modalità prescelte di esercizio di tale diritto e l’interesse pubblico alla tutela di un habitat ritenuto di pregio.
Alla luce di tutto quanto precede, ribadito come l’impianto motivazionale dei pareri impugnati non risulti inficiato da travisamenti della realtà fattuale o giuridica, né tantomeno fondato su valutazioni irrazionali o illogiche, il ricorso si rivela infondato e va pertanto respinto.
Sussistono, nondimeno, idonee ragioni per disporre la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 30 gennaio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Vincenzo Salamone, Presidente
Francesco Tallaro, Primo Referendario
Pierangelo Sorrentino, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
Pierangelo Sorrentino
IL PRESIDENTE
Vincenzo Salamone
IL SEGRETARIO