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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Pubblico impiego Numero: 2292 | Data di udienza: 9 Maggio 2012

* PUBBLICO IMPIEGO – Procedimento disciplinare – Termine di 270 giorni dalla data di avvenuta conoscenza da parte della P.A. del testo integrale della sentenza o del decreto penale – Adozione del provvedimento disciplinare – Tempestività – Personale militare – Valutazione da parte della P.A. sulla gravità degli illeciti commessi e sulla conseguente sanzione da irrogare – Ampia discrezionalità – Sindacato del G.A. – Eccesso di potere, travisamento dei fatti o motivazione sprovvista di logicità e di coerenza.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 6^
Regione: Campania
Città: Napoli
Data di pubblicazione: 18 Maggio 2012
Numero: 2292
Data di udienza: 9 Maggio 2012
Presidente: Conti
Estensore: Monaciliuni


Premassima

* PUBBLICO IMPIEGO – Procedimento disciplinare – Termine di 270 giorni dalla data di avvenuta conoscenza da parte della P.A. del testo integrale della sentenza o del decreto penale – Adozione del provvedimento disciplinare – Tempestività – Personale militare – Valutazione da parte della P.A. sulla gravità degli illeciti commessi e sulla conseguente sanzione da irrogare – Ampia discrezionalità – Sindacato del G.A. – Eccesso di potere, travisamento dei fatti o motivazione sprovvista di logicità e di coerenza.



Massima

 

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 6^– 18 maggio 2012, n. 2292

PUBBLICO IMPIEGO – Procedimento disciplinare nei confronti dei pubblici dipendenti – Conclusosi entro 270 giorni dalla data di avvenuta conoscenza da parte della P.A. del testo integrale della sentenza o del decreto penale – Con l’adozione del provvedimento disciplinare – Tempestività.

Il procedimento sanzionatorio conclusosi entro 270 giorni dalla data in cui l’Amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale, divenuti irrevocabili, deve ritenersi tempestivamente concluso alla data di adozione del provvedimento finale, essendo irrilevante la sua successiva notificazione, atteso che la comunicazione del provvedimento disciplinare costituisce atto integrativo di efficacia e quindi non rileva ai fini della verifica del rispetto dei termini di massima durata del procedimento; pertanto, il termine va individuato in quello di adozione del provvedimento finale “risultando irrilevante la circostanza che lo stesso sia stato solo successivamente notificato, trattandosi di atto non recettizio che, in quanto tale, può dispiegare i suoi effetti costitutivi ex tunc indipendentemente dalla collaborazione del suo destinatario” (così T.A.R. Trieste, Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 16 gennaio 2012, n. 19).
 

Pres. Conti, Est. Monaciliuni – N.D.P. (avv.ti Scala e Falco) c. Ministero della Difesa ed il Comando generale dell’Arma dei Carabinieri.

 
PUBBLICO IMPIEGO – Procedimento disciplinare nei confronti dei pubblici dipendenti – Personale militare – Valutazione da parte della P.A. sulla gravità degli illeciti commessi e sulla conseguente sanzione da irrogare – Ampia discrezionalità – Sindacabile da parte del G.A. unicamente per i profili di eccesso di potere, travisamento dei fatti o per motivazione sprovvista di logicità e di coerenza.

Nel procedimento disciplinare nei confronti dei pubblici dipendenti, ivi compreso il personale militare, la valutazione finale della Amministrazione sulla gravità degli illeciti commessi e sulla conseguente sanzione da irrogare costituisce espressione di un’ampia discrezionalità ed è sindacabile dal G.A. unicamente per i vari profili di eccesso di potere, quando vi sia stato un travisamento dei fatti ovvero la relativa motivazione risulti sprovvista di logicità e di coerenza.

Pres. Conti, Est. Monaciliuni – N.D.P. (avv.ti Scala e Falco) c. Ministero della Difesa ed il Comando generale dell’Arma dei Carabinieri.


Allegato


Titolo Completo

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 6^– 18 maggio 2012, n. 2292

SENTENZA

 

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 6^– 18 maggio 2012, n. 2292

 N. 02292/2012 REG.PROV.COLL.

 N. 04911/2007 REG.RIC.
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
 
(Sezione Sesta)
 
ha pronunciato la presente
 
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 4911 del 2007, proposto da: 
Di Palma Nicola, rappresentato e difeso dagli avv. Antonio Scala e Massimo Falco, con domicilio eletto presso Massimo Falco in Napoli, via Melisurgo, n. 4; 
 
contro
 
il Ministero della Difesa ed il Comando generale dell’Arma dei Carabinieri, in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura dello Stato, Ufficio distrettuale di Napoli, via Diaz, n. 11;
 
per l’annullamento, previa sospensione
– del decreto del Ministero della Difesa – Direzione Generale per il personale militare n. 0193/III-9/2007 del 9 maggio 2007, notificato il 15 giugno successivo, con il quale è stata disposta, nei confronti del ricorrente, la sanzione della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari;
– del provvedimento di contestazione degli addebiti disciplinari del 23 novembre 2006;
– di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente, comunque lesivo degli interessi del ricorrente;
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato per le intimate amministrazioni;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
 
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 maggio 2012 il dott. Arcangelo Monaciliuni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 
FATTO e DIRITTO
 
1- Con il ricorso in esame, notificato l’8 agosto 2007 e depositato il 5 settembre successivo, il maresciallo capo dell’Arma dei Carabinieri, Nicola Di Palma, ha impugnato il decreto del Ministero della Difesa – Direzione Generale per il personale militare n. 0193/III-9/2007 del 9 maggio 2007, notificatogli il 15 giugno successivo, con il quale è stata disposta, nei suoi confronti, la sanzione della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari.
 
A detta “irrogazione della massima sanzione disciplinare di stato” l’amministrazione è pervenuta alla stregua della “gravità dei fatti contestati: essersi appropriato di somme di danaro oggetto di sequestro e nella sua disponibilità per ragioni di ufficio” ed all’esito del giudizio della commissione di disciplina che ha ritenuto il Di Palma “non meritevole di conservare il grado”.
 
2- A sostegno del gravame sono stati proposti sei motivi di ricorso volti a denunciare l’illegittimità del provvedimento sotto più profili. Di essi ci si occuperà partitamente in avanti.
 
3- L’Avvocatura dello Stato si è costituita in giudizio per le intimate amministrazioni ed ha depositato documentazione e relazione difensiva predisposta direttamente dall’intimata Direzione generale del Ministero della Difesa.
 
4- Con ordinanza collegiale n. 2532 del 19 settembre 2007 è stato negato ingresso all’invocata tutela cautelare.
 
5- All’udienza pubblica del 9 maggio 2012 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
 
6- Procedendo con l’esame delle proposte doglianze, va negato ingresso al primo motivo di ricorso recante la denuncia di violazione e falsa applicazione dell’art. 63 della l. n. 554 del 1959 e dell’art. 3 della l. 241 del 1990, nell’assunto che “la narrativa contenuta nell’atto di contestazione degli addebiti si appalesa del tutto generica e sprovvista di specifici riferimenti ai fatti concreti oggetto del giudizio disciplinare”.
 
Così non è.
 
La contestazione “si appropriava di somme di danaro, oggetto di precedente sequestro e nella sua disponibilità per ragioni di ufficio” non è affatto generica stante l’esplicito rinvio, nello stesso atto di seguito operato alla “condotta”, e quindi ai fatti contestati in sede penali, di cui alla condanna -sempre nell’atto richiamata- comminata dalla Corte di appello di Napoli, con sentenza datata 27 gennaio 2006 e divenuta irrevocabile il 13 maggio successivo, alla pena di anni uno e mesi cinque di reclusione, oltre l’interdizione dai pubblici uffici per la stessa durata.
 
D’altra parte, come non ha mancato di far rilevare l’amministrazione negli scritti difensivi depositati, “l’inquisito si è pienamente difeso nel merito…”. (pag. 3 della relazione depositata il 14 settembre 2007). Il che significa che l’atto ha raggiunto il suo scopo e non vi è stata alcuna vulnerazione dei diritti del Di Palma.
 
7- Infondati poi si appalesano il secondo ed il terzo motivo, che possono essere congiuntamente esaminati, secondo cui la contestazione degli addebiti sarebbe intervenuta tardivamente, in quanto, in violazione dell’art. 103, comma 2, del d.P.R. n. 3/1957, effettuata solo in data 27 novembre 2006, nel mentre i fatti penalmente e disciplinarmente rilevanti ascritti al Di Palma risalgono tutti all’autunno del 1996 e di essi l’amministrazione militare era venuta a conoscenza “quanto meno a partire dal dicembre del 1997, allorchè è stata comminata al ricorrente la sospensione cautelare dal servizio”.
 
Ed invero -a prescindere dalla replica dell’amministrazione, secondo cui la fattispecie rientra nell’ambito previsionale della normativa speciale di cui alla legge 599/1954 e solo in via residuale in quella dettata per gli impiegati civili dello Stato- lo stesso Testo unico degli impiegati civili dello Stato del 1957, cui il ricorrente fa riferimento, al suo successivo art. 117 dispone che “Qualora per il fatto addebitato all’impiegato sia stata iniziata azione penale il procedimento disciplinare non può essere promosso fino al termine di quello penale e, se già iniziato, deve essere sospeso”.
 
E, del resto, l’una o l’altra delle normative generali o speciali succedutesi nel tempo per regolamentare le procedure disciplinari è stata costantemente interpretata dalla giurisprudenza nel senso che “a far data dal momento in cui viene esercitata l’azione penale sussiste il dovere dell’Amministrazione di non dare inizio al procedimento disciplinare o di sospendere il procedimento già avviato, anche quando i fatti suscettibili in astratto di costituire un reato sono da essa stessa rilevati e denunciati all’autorità giudiziaria” (Cons. Stato, sezione sesta, 28 gennaio 2011, n. 645 e, omisso medio, sezione quarta, sent. 28 aprile 1981, n. 376; Tar Campania, questa sesta sezione, n. 3509 del 30 giugno 2011).
 
Ne deriva, senza quindi che possa assumere rilevanza alcuna il termine di venti giorni previsto per l’invio delle contestazioni dal contratto nazionale di lavoro del comparto Enti Locali, di cui, in particolare, al terzo motivo, che il tempo trascorso per pervenire alla definizione del procedimento penale non può esser fatto valere per escludere la potestà sanzionatoria, salvo, si intende, la sua refluenza i fini della misura della sanzione da applicare, costituente questione da valutarsi in sede di esame della motivazione della determinazione assunta e di cui in avanti per quanto qui riguarda.
 
In definitiva, i motivi esaminati vanno respinti poichè, avuto a riferimento quale dies a quo la data del 27 settembre 2006, ossia quella “di ricezione da parte dell’amministrazione della notizia documentata della sentenza irrevocabile di condanna”, come da incontestate affermazioni della medesima amministrazione (cfr. pag. 5 della cennata relazione difensiva dell’amministrazione e la documentazione ad essa allegata), il procedimento, conclusosi con l’adozione del provvedimento ministeriale qui impugnato, emanato il 9 maggio 2007, si è dispiegato all’interno dei 270 giorni complessivi (180 + 90) -di cui all’art. 9, comma 2, della legge 7 febbraio 1990, n. 19 e, di poi, all’art. 5, comma 4, della legge 27 marzo 2001, n. 97, spieganti effetti rispetto ad ogni procedura disciplinare- che, per pacifica giurisprudenza, non può essere superato (cfr., fra le ultime, Cons. Stato, sezione sesta, 8 giugno 2010, n. 3632; Tar Campania, Napoli, questa sesta sezione, 19 maggio 2011, n. 2727; 18 ottobre 2010, n. 19815).
 
8- La stessa sorte reiettiva deve essere assegnata al quarto motivo di ricorso (mancata conclusione dell’inchiesta nel termine dei 90 giorni e mancata notifica del provvedimento definitivo entro lo stesso termine) avuto conto che alla luce dell’orientamento giurisprudenziale sopra cennato, purchè sia rispettato il termine complessivo sopra indicato per un verso non assumono rilevanza termini intermedi, fissati in via ordinatoria dalle singole procedure, e, per altro verso, il termine finale va individuato in quello di adozione del provvedimento finale “risultando irrilevante la circostanza che lo stesso sia stato solo successivamente notificato, trattandosi di atto non recettizio che, in quanto tale, può dispiegare i suoi effetti costitutivi ex tunc indipendentemente dalla collaborazione del suo destinatario” (così anche, su questo specifico ultimo punto, Cons. Stato, sezione quarta, 10 agosto 2007, n. 4392; Tar Trieste, Friuli Venezia Giulia, sez. I, 16 gennaio 2012, n. 19).
 
8a- Aggiungasi che, nel caso all’esame, il provvedimento ministeriale irrogante la sanzione è stato notificato il 15 giugno 2007 e quindi ancora all’interno dei 270 giorni: decorrenti dalla ripetuta data del 27 settembre 2006.
 
9- Residuano al vaglio del Collegio il quinto ed il sesto motivo di ricorso, che possono anch’essi essere congiuntamente esaminati.
Loro tramite il ricorrente denuncia che il provvedimento irrogante la sanzione si limita a riprodurre l’oggetto della contestazione, in tal modo evidenziando di non aver preso in considerazione alcuna le note difensive prodotte in seno al procedimento e di non aver comunque tenuto conto né del suo status matricolare, né dei fatti avvenuti e del particolare momento in cui gli stessi avevano avuto luogo, né, infine, del tempo trascorso e dell’esemplare condotta tenuta in tale periodo.
 
Nel procedere al loro esame va ricordato che, per consolidata e risalente giurisprudenza, nel procedimento disciplinare nei confronti dei pubblici dipendenti, ivi compreso il personale militare, la valutazione finale della Amministrazione sulla gravità degli illeciti commessi e sulla conseguente sanzione da irrogare costituisce espressione di un’ampia discrezionalità ed è sindacabile dal giudice amministrativo unicamente per i vari profili di eccesso di potere, quando vi sia stato un travisamento dei fatti ovvero la relativa motivazione risulti sprovvista di logicità e di coerenza (cfr. Cons. Stato, sez. quarta, 24 febbraio 2011, n. 1203 e 4 giugno 2010, n. 5877; sez. sesta, 10 maggio 1996, n. 670; sez. quinta, 1^ dicembre 1993, n. 1226; ancora Tar Campania, questa sesta sezione, 30 giugno 2011, n. 3507; 30 marzo 2011, n. 1875 cit.); e va ancora ricordato che, ferma l’autonoma valutazione a farsene ai fini disciplinari (anche) l’accertamento della sussistenza del fatto quale contenuto in una sentenza penale irrevocabile di condanna, ex art. 653, comma 1 bis, c.p.p “ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alla pubblica amministrazione”.
 
10- Orbene, venendo agli specifici profili denunciati dal ricorrente, osserva il Collegio come la determinazione ministeriale irrogante la sanzione non si limita a concludere reiterando l’oggetto della contestazione (“appropriazione di somme di danaro oggetto di precedente sequestro e in sua disponibilità per ragioni di ufficio; condotta, già sanzionata penalmente, che ha intaccato il rapporto di fiducia che deve intercorrere tra il dipendente e la pubblica amministrazione, è biasimevole sotto l’aspetto disciplinare, in quanto contraria ai principi di moralità e di rettitudine che devono improntare l’agire di un militare, ai doveri attinenti al giuramento prestato ed ai doveri di correttezza ed esemplarità propri di un appartenente all’Arma di Carabinieri, ed è lesiva del prestigio dell’Istituzione”), ma, prima di pervenirvi, dà atto che le “memorie prodotte dall’interessato durante il procedimento disciplinare non apportano alcun elemento oggettivo a sua discolpa”, all’uopo richiamando le “condivisibili conclusioni della commissione di disciplina”.
 
Conclusioni (vedi il verbale del 27 aprile 2007, allegato alla produzione della difesa erariale) assunte, per quanto più rileva, all’esito:
– della lettura delle memorie prodotte dal Di Palma;
 
– delle osservazioni esposte verbalmente dallo stesso Di Palma e dal suo Ufficiale difensore, in particolare riferimento alle motivazioni personali che lo avevano indotto a seguire con minore attenzione le attività istituzionali all’epoca dei fatti (grave malattia della figlia), seguite dalla lettura dello “stralcio del passaggio di interesse” della pronuncia penale e seguita ancora dalla notazione del Presidente in relazione alla circostanza che “né nella sentenza, né nell’incartamento processuale si faceva menzione alla documentazione medica attestante lo stato di necessità”; notazione cui il Di Palma opponeva la dichiarazione: “no, non vi è alcuna documentazione medica perché è noto a tutti che nessun medico rilascia fatture”.
 
Dal che si trae che, come da replica contenuta nelle note difensive, l’amministrazione non si è limitata a riprodurre le risultanze della sede penale -che, pur, avendo concesso l’attenuante di cui (solo) alla seconda parte dell’art. 62, n. 6. c.p., ha concluso “per l’intenzionalità dell’appropriazione” escludendo “l’ipotesi di una semplice dimenticanza …” ed escludendo ancora che potesse concedersi “l’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, c.p. atteso che la somma di Lire 1.700.000 non può essere considerata di lieve entità”- ma ho operato una accurata ricostruzione dei fatti e delle statuizioni formulate in detta sede penale, ha posto in luce che “gli episodi di peculato addebitati erano stati due” e, quindi, ha operato le proprie valutazioni ai fini disciplinari.
10- Rimane da verificare la proporzionalità o meno della misura sanzionatoria adottata, in relazione alla gravità degli addebiti.
Ebbene, senza necessità di indugiare, appare al Collegio che, nella fattispecie data, la misura adottata si appalesi costituire legittimo esercizio della peculiare ampia discrezionalità di cui gode in particolare l’amministrazione qui procedente, atteso che è già in re ipsa l’apprezzamento circa l’inopportunità di mantenere in servizio un appartenente alle Forze dell’ordine condannato per reati che ordinariamente è chiamato a contrastare, per il discredito che deriverebbe alla stessa amministrazione ove continuasse ad utilizzarlo per i suoi compiti istituzionali, di cui agli espressi richiami operatine in seno al provvedimento a mezzo di locuzioni che non possono essere definite di stile (cfr., in condizioni similari, Tar Campania, questa sesta sezione, sentenza n. 2727 del 19 maggio 2011).
 
10a- Né a tale conclusione può essere opposta utilmente un’asserita mancata valutazione della condotta tenuta in appresso, posto che la stessa in alcun modo può sminuire la gravità dei fatti-reato addebitati al militare di guisa che la sua mancata specifica evidenziazione in seno agli atti della procedura disciplinare deve ritenersi dovuta alla sua irrilevanza e non già ad una sua mancata considerazione. Ciò a significare che un obbligo di ostensione puntuale si sarebbe imposto solo per l’incontrario caso che, a fronte di detta gravità, si fosse inteso pervenire ad una sanzione meno grave di quella della rimozione.
 
11- In conclusione, il ricorso va respinto, siccome infondato.
 
11a- Le spese di giudizio possono nondimeno essere compensate per giusti motivi legati alla natura della res controversa ed alla peculiarità di alcuni suoi profili.
 
P.Q.M.
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese di giudizio.
 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
 
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
Renzo Conti, Presidente
Arcangelo Monaciliuni, Consigliere, Estensore
Roberta Cicchese, Primo Referendario
   
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/05/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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