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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 3500 | Data di udienza: 28 Febbraio 2018

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Pendenza dei termini per la definizione della domanda di sanatoria – Esercizio dei poteri repressivi – Illegittimità – Art. 36, c. 2 d.P.R. n. 380/2001.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 8^
Regione: Campania
Città: Napoli
Data di pubblicazione: 29 Maggio 2018
Numero: 3500
Data di udienza: 28 Febbraio 2018
Presidente: Caso
Estensore: Liguori


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Pendenza dei termini per la definizione della domanda di sanatoria – Esercizio dei poteri repressivi – Illegittimità – Art. 36, c. 2 d.P.R. n. 380/2001.



Massima

 

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 8^ – 29 maggio 2018, n. 3500


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Pendenza dei termini per la definizione della domanda di sanatoria – Esercizio dei poteri repressivi – Illegittimità – Art. 36, c. 2 d.P.R. n. 380/2001.

Prima della definizione del domanda di sanatoria (entro gg. 60 dalla presentazione, in modo esplicito, o implicito con silenzio rigetto, secondo quanto stabilito dal comma 2 dell’art. 36 DPR 380/2001) non sono esercitabili i poteri repressivi edilizi dalla P.A, essendo incongruo e illogico disporre la demolizione per opere che potrebbero venire mantenute nella loro consistenza, in caso di intervento – entro il breve termine fissato dalla legge – di un provvedimento di sanatoria (cfr. TAR Campania-Napoli n. 974 del 19.2.2009; TAR Campania-Salerno n. 1827 del 7.5.2009)

Pres. Caso, Est. Liguori – I.F. (avv. D’Addio) c. Comune di Cervino (avv. Casertano)


Allegato


Titolo Completo

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 8^ - 29 maggio 2018, n. 3500

SENTENZA

 

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 8^ – 29 maggio 2018, n. 3500

Pubblicato il 29/05/2018

N. 03500/2018 REG.PROV.COLL.
N. 02677/2017 REG.RIC.
N. 03761/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2677 dell’anno 2017, proposto da
Iovine Felice, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco D’Addio, con domicilio digitale presso la PEC francesco.daddio@pec.it;

contro

Comune di Cervino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Casertano, con domicilio digitale presso la PEC francescocasertano@avvocatismcv.it e domicilio fisico eletto presso il suo studio, in Napoli, alla via Pietro Colletta n. 12;

sul ricorso numero di registro generale 3761 dell’anno 2017, proposto da
Iovine Felice, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco D’Addio, con domicilio digitale presso la PEC francesco.daddio@pec.it;

contro

Comune di Cervino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Casertano, con domicilio digitale presso la PEC francescocasertano@avvocatismcv.it e domicilio fisico eletto presso il suo studio, in Napoli, alla via Pietro Colletta n. 12;

per l’annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

(ricorso RG n. 2677/2017)

dell’ingiunzione di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi n. 8 del 20.04.2017 notificata in data 24.04.2017, a firma del responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Cervino.

(ricorso RG n. 3761/2017)

– dell’ordinanza n. 18 del 25.07.2017, notificata in data 28.07.2017, con la quale il Comune di Cervino ha ordinato la demolizione delle opere difformi rispetto ai titoli abilitativi rilasciati nonché l’adeguamento al permesso di costruire;

– di tutti gli atti ad essa preordinati, connessi e/o conseguenti, ivi compreso il verbale di sopralluogo redatto dall’ufficio Tecnico del Comune di Cervino Prot. n. 3810 del 10.07.2017, prodromico all’ordinanza impugnata.

Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Cervino;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2018 il dott. Michelangelo Maria Liguori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso RG n. 2677/2017, notificato a mezzo posta il 7/8 giugno 2017 e depositato il successivo 28 giugno, Iovine Felice ha esposto

– che era proprietario di un lotto di terreno sito in Cervino (CE) alla Via Principe Umberto, riportato in catasto terreni al foglio 10, p.lla 5124, di are 40,00, p.lla 5146 di are 59,44, p.lla 5104 di are 55,21, il tutto per complessive are 154,65;

– che a seguito di sopralluogo dell’UTC del Comune di Cervino, prot. 1867 del 30.03.2017, veniva redatto verbale nel quale, testualmente, era così riportato: “attesa la criticità della situazione rilevata, si è ritenuto dover redigere il presente verbale teso all’adozione di un primo provvedimento ingiuntivo di ripristino dello stato dei luoghi, mediante la demolizione di tutte le strutture abusive rilevate nonché la rimozione di tutto il materiale dalla superficie del suolo avente destinazione agricola, al fine anche di interrompere e limitare la compromissione delle matrici ambientali degli strati superficiali del sottosuolo, rimandando ad un successivo sopralluogo la verifica della conformità del fabbricato realizzato rispetto ai titoli abilitativi rilasciati”;

– che, sulla base di tale verbale di sopralluogo dell’UTC, il responsabile dell’area tecnica del Comune di Cervino adottava n. 8 del 20.04.2017, notificata in data 24.04.2017, a firma del responsabile dell’Area Tecnica, con la quale, attesa la ritenuta sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto, ingiungeva ad esso Iovine la “demolizione di tutte le opere realizzate abusivamente nonché il ripristino dello stato dei luoghi del terreno agricolo”.

Tanto esposto, il ricorrente ha impugnato tale provvedimento demolitorio, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

1. NULLITÀ DELL’ORDINANZA N. 8 DEL 20.04.2017 – MANCANZA DELL’OGGETTO QUALE ELEMENTO ESSENZIALE DEL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO – VIOLAZIONE DELL’ART. 21 SEPTIES COMMA 1 L. N. 241 DEL 1990, INTRODOTTO DALLA L. N. 15 DEL 2005.

Sussisterebbe la nullità del provvedimento impugnato, attesa la carenza di un elemento essenziale, quale è l’oggetto del provvedimento amministrativo, secondo quanto statuito dall’art. 21 septies L. 241/1990. In particolare, nella detta ordinanza non risulterebbero descritte le opere asseritamente abusive e dunque da eliminare, essendovi solo un generico riferimento a “tutte le strutture abusive rilevate”, senza altra specificazione: di qui la insanabile nullità dell’atto per mancanza dell’oggetto o indeterminatezza del medesimo, quale elemento essenziale del provvedimento amministrativo.

Nel caso di specie, nell’atto impugnato non sarebbero indicati, neppure per relationem, i manufatti (quanto a tipologia, dimensione, collocazione) che sarebbero oggetto della diffida di abbattimento, così da non rendere minimamente intellegibili le ragioni dell’agere amministrativo e da non rendere possibile una difesa di merito: per dirla in termini civilistici, si sarebbe in presenza di una nullità assoluta per indeterminatezza dell’oggetto.

2. ILLEGITTIMITÀ DELL’ORDINANZA N. 8 DEL 20.04.2017 – DIFETTO ASSOLUTO DI MOTIVAZIONE.

In ogni caso, sussisterebbe l’assoluto difetto di motivazione dell’impugnata ordinanza, atteso che in essa non verrebbero, nemmeno in via indiziaria, individuate le opere abusive e, in quanto tali, colpite dall’ordine di demolizione: la predetta ordinanza al fine di individuare le opere asseritamente abusive farebbe riferimento, solo ed esclusivamente, al verbale di sopralluogo UTC, senza tuttavia individuare, descrivere e specificare alcuna delle presunte opere abusive. Lo stesso verbale di sopralluogo UTC sarebbe generico, limitandosi a poche, laconiche, affermazioni del tipo: “attesa la criticità della situazione rilevata”, “mediante la demolizione di tutte le strutture abusive”, “rimandando ad un successivo sopralluogo la verifica della conformità del fabbricato realizzato rispetto ai titoli abilitativi rilasciati”.

La precisa individuazione delle opere abusive sarebbe necessaria, a pena di nullità, in quanto non solo atta a consentire all’interessato di poter esercitare compiutamente il diritto di difesa, con l’interposizione del relativo ricorso al Giudice Amministrativo, ma soprattutto per consentirgli di esercitare in modo analitico la scelta sull’eventuale sanatoria, potendo ad esempio decidere di rimuovere una struttura piuttosto che un’altra. In ragione di tanto sarebbe necessaria la specifica individuazione e descrizione delle opere abusive, indicandosi altresì le particelle catastali dove le stesse risulterebbero ubicate.

Peraltro, l’odierno ricorrente, nel terreno di sua proprietà, si sarebbe, in realtà, sempre mosso nel solco della legalità e del rispetto delle normative urbanistiche in materia, contrariamente a quanto genericamente accertato dalla P. A. resistente, in quanto le uniche opere realizzate sul terreno in questione risulterebbero essere state assentite dall’Amministrazione resistente, in particolare con il Permesso di Costruire n. 24/14 rilasciato il 29/10/2014, il Permesso di Costruire n. 28/2012 rilasciato in data 29/03/2012, nonché Permesso di Costruire in Variante n. 24/2014 rilasciato in data 29/10/2014.

Pertanto, la P. A. resistente facendo “genericamente” riferimento a “tutte le opere abusive”, ben si sarebbe guardata dallo specificare quali opere sarebbero tali, evidentemente per essere essa stessa incerta circa la sussistenza o meno di un qualche abuso.

3. VIOLAZIONE DELL’ART. 31 DPR 380/2001 PER OMESSA INDIVIDUAZIONE ED EVIDENZIAZIONE DELLE AREE OGGETTO DI DEMOLIZIONE E RIPRISTINO DELLO STATO DEI LUOGHI.

Nell’impugnata ordinanza non verrebbe assolutamente indicata l’area ove risulterebbero essere stati perpetrati gli abusi, né vi sarebbe menzione degli estremi catastali della stessa, interessata dalle presunte opere abusive.

Il Comune, ai sensi dell’art. 31 co. 2 DPR 380/2001, avrebbe dovuto procedere all’individuazione precisa e dettagliata dell’area da acquisire ai sensi del successivo comma 3, con indicazione dell’estensione e dei relativi confini: nel caso di specie, invece, tale individuazione sarebbe mancata, tanto nel verbale di sopralluogo, quanto nell’ordinanza impugnata.

In tal modo, risulterebbe vanificata la duplice funzione dell’indicazione preventiva di cui

all’art. 31 comma 2.

4. VIOLAZIONE DELL’ART. 7 L. 7 AGOSTO 1990, N. 241: OMESSA COMUNICAZIONE DI AVVIO DEL PROCEDIMENTO E DIFETTO DI ISTRUTTORIA.

La palese omissione in cui sarebbe incorsa l’amministrazione resistente, consistente nella mancata identificazione delle opere asseritamente abusive, avrebbe potuto essere colmata, dalla predetta, qualora avesse provveduto a notificare al ricorrente l’atto di avvio del procedimento, assegnando all’interessato un termine per fare le proprie verifiche e valutazioni, nonché presentare eventuali osservazioni, delle quali l’amministrazione avrebbe poi dovuto tener conto nel provvedimento conclusivo, motivando adeguatamente le ragioni dell’eventuale dissenso. Nel caso in esame, invece, il provvedimento impugnato non sarebbe stato preceduto da alcuna comunicazione di avvio del procedimento, così privando l’interessato della possibilità di esercitare le facoltà che la legge gli attribuisce e di interloquire con l’amministrazione, in sede procedimentale, in merito alla individuazione delle opere non conformi, al fine di orientare la decisione finale verso esiti per lui più favorevoli.

Sul punto, peraltro, non rileverebbe che trattasi di attività vincolata.

5. ILLEGITTIMITÀ DEL PROVVEDIMENTO DI INGIUNZIONE PER ECCESSO DI POTERE: TRAVISAMENTO ED ERRONEA VALUTAZIONE DEI FATTI – DECADENZA DALL’APPROVAZIONE DEL PUC – APPLICABILITÀ DELLA DISCIPLINA URBANISTICA DETTATA PER LE C.D. “ZONE BIANCHE”.

Il provvedimento impugnato sarebbe affetto da eccesso di potere, consistente nel travisamento dei fatti, stante che il Comune di Cervino attualmente risulta privo di disciplina urbanistica. Difatti, il Comune di resistente risulta non aver approvato il Piano Urbanistico Comunale entro il termine di decadenza fissato, dal Regolamento Regionale del 4 agosto 2011 n. 5, dapprima in mesi trentasei, e poi, successivamente, elevato a mesi quarantotto per effetto del Regolamento Regionale 5 ottobre 2015, n. 4. Nello specifico, nell’ingiunzione in questione il suolo (ove sussisterebbero gli abusi) sarebbe erroneamente indicato come “terreno agricolo”, mentre secondo quanto previsto dal Regolamento sopra indicato al comma 3: “Ferma restando la previsione dell’articolo 39 della legge regionale n. 16/2004, e dei commi 5 e 6 dell’articolo 9 della legge regionale n. 13 ottobre 2008, n. 13 (Piano territoriale regionale), i piani regolatori generali ed i programmi di fabbricazione vigenti perdono efficacia dopo trentasei mesi dall’entrata in vigore dei Piani territoriali di coordinamento provinciale (PTCP) di cui all’art. 18 della legge regionale n. 16/2004. Alla scadenza dei trentasei mesi nei Comuni privi di PUC si applica la disciplina dell’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia). Sono fatti salvi gli effetti dei piani urbanistici attuativi (PUA) vigenti.”.

Posto, pertanto, che il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale per la Provincia di Caserta è stato approvato con Deliberazione di Consiglio Provinciale n. 26 del 26/04/2012, e che ha conseguito la verifica di compatibilità con deliberazione di Giunta Regionale n. 312 del 28/06/2012, pubblicata sul B.U.R.C. n. 41 del 02/07/2012 e che ai sensi della Legge Regionale n. 16/2004, art. 20 comma 14, è entrato in vigore ed ha acquisito efficacia a tempo indeterminato a far data dal 17/07/2012, il Comune di Cervino, odierno resistente, “avrebbe” dovuto approvare il PUC entro e non oltre la data del 17/07/2016. Tuttavia, nulla di ciò risulta essere stato posto in essere dall’Amministrazione resistente, la quale si è limitata – con delibera n. 24 del 07-05-2016 – solo ad istituire un apposito ufficio per la redazione del PUC, dal che deriverebbe, giocoforza, allo stato attuale l’applicazione dall’Art. 9 del D.P.R. 380/2001, che recita: “Fuori dal perimetro dei centri abitati, gli interventi di nuova edificazione nel caso di interventi a destinazione produttiva, la superficie coperta non può comunque superare 1/10 dell’area di proprietà”.

In conclusione, il suolo di proprietà del ricorrente ponendosi al di fuori del perimetro del centro abitato, attualmente soggiacerebbe alla disciplina urbanistica dettata dall’art. 9 del DPR 380/2001 per le c.d. “zone bianche”, e non alla disciplina urbanistica dettata per i terreni agricoli, come erroneamente sostenuto dall’amministrazione resistente.

In data 6 luglio 2017 si è costituito in giudizio il Comune di Cervino, onde resistere al proposto ricorso, ed il successivo 11 luglio ha prodotto una memoria.

Anche il ricorrente ha depositato una memoria, in data 17 luglio 2017.

Con ordinanza n. 1107/2017 del 20 luglio 2017, questo Tribunale ha accolto l’istanza cautelare avanzata dal ricorrente (tra l’altro ravvisando la sussistenza del fumus boni iuris “in forza della genericità del provvedimento impugnato e del verbale di sopralluogo (richiamato per relationem) quanto all’individuazione degli abusi edilizi da ridurre in pristino”), disponendo la sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato.

In data 1 giugno 2017, Iovine Felice, in relazione alle opere in corso di realizzazione in Cervino, alla via Principe Umberto – località Aia del re (su suolo in catasto al foglio 10, p.lle 5104, 5124, e 5146) ha presentato al Comune di Cervino una istanza (prot. n. 3055) ai sensi dell’art. 36 DPR 380/2001, volta all’accertamento della conformità “dei manufatti con destinazione produttiva da destinare alla vendita di materiale da costruzione”.

A seguito di ciò personale dell’UTC di Cervino ha proceduto ad un nuovo sopralluogo (dopo quello del 30.3.2017) nella proprietà del ricorrente sita in via Principe Umberto, interessata da attività edilizia. I relativi esiti sono stati trasfusi nel verbale n. 3810 del 10.7.2017, e hanno portato, quindi, (essendo emerso che il fabbricato in corso di costruzione presentava “diverse difformità sostanziali sia sotto l’aspetto urbanistico che strutturale rispetto al PdC n. 24 del 29.10.2014”; e ravvisandosi “i presupposti di fatto e di diritto per l’adozione del provvedimento di ingiunzione di demolizione delle opere abusive nonché per l’adeguamento dello stato dei luoghi al PdC n. 24 del 29.10.2014”) all’emissione dell’ordinanza n. 18 del 25.7.2017, con cui a Iovine Felice è stato ingiunto “di demolire tutte le opere abusivamente realizzate, dettagliatamente descritte nel verbale di sopralluogo prot. n. 3810 del 10.7.2017, costituente parte integrante e sostanziale della…ordinanza, e di adeguare lo stato dei luoghi al Permesso di Costruire n. 24 del 29.10.2014, entro 90 giorni dalla notifica” dell’atto.

In data 3 agosto 2017 la Polizia Municipale di Cervino ha proceduto al sequestro preventivo, ex art. 321 cpp, dell’area di cantiere (provvedimento però poi non convalidato dalla competente Autorità Giudiziaria.

Con distinto ricorso RG n. 3761/2017 (notificato a mezzo posta il 18/21 settembre 2017, e depositato il 29 settembre successivo), Iovine Felice ha impugnato la sopravvenuta ordinanza demolitoria n. 18 del 25.07.2017, in una a tutti gli atti ad essa preordinati, connessi e/o conseguenti, ivi compreso il verbale di sopralluogo redatto dall’ufficio Tecnico del Comune di Cervino prot. n. 3810 del 10.07.2017, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

1. VIOLAZIONE DELL’ART. 36, D.P.R. N. 380/2001 – ECCESSO DI POTERE PER OMESSA

ISTRUTTORIA – VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI BUON ANDAMENTO DI CUI ALL’ART. 97 DELLA COSTITUZIONE.

L’impugnata ordinanza di demolizione sarebbe stata emessa prima della definizione del procedimento ex art. 36 DPR 380/2001 attivato dal ricorrente con l’istanza prot. n. 3055 dell’1.6.2017, sebbene in pendenza di una domanda di sanatoria, il Comune non potesse procedere ad adottare e far eseguire misure sanzionatorie – ripristinatorie. La presentazione di una domanda di sanatoria, infatti, determinerebbe per l’amministrazione l’onere di emettere un provvedimento di reiezione (o di accoglimento) dell’istanza stessa, a seguito del quale, soltanto, potrebbe esservi l’eventuale adozione di provvedimenti sanzionatori (atteso che il Comune è tenuto ad emanare con atti a contenuto vincolato, una volta che si sia verificato che non sussistono le condizioni per la sanatoria delle opere abusive – cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 12 maggio 2010 n. 2244; idem 12 novembre 2008 n. 5646).

Dopo la presentazione della domanda di sanatoria, le procedure per l’esecuzione di una sanzione amministrativa, e a maggior ragione la potestà di emanare la sanzione stessa, dovrebbero ritenersi “sospese” in attesa della determinazione dell’amministrazione sulla domanda stessa; perché, se così non fosse, potrebbe venir meno, prima della pronuncia dell’amministrazione il “substrato naturale” (cioè le opere abusive) oggetto di domanda.

Nella specie, l’ingiunzione di demolizione avrebbe preceduto il diniego della richiesta di accertamento di conformità, presentata dal ricorrente in data 01.06.2017, in tal senso deponendo il numero di protocollo dell’ordinanza (n. 4112 del 25.07.2017) rispetto a quello di diniego (n. 4114 del 25.07.2017), sia la circostanza riportata nella parte motiva di quest’ultimo provvedimento, ove, testualmente, è così affermato: “Gli abusi riscontrati sono attualmente oggetto di Ordinanza di Demolizione n. 18 del 25.07.2017”. Di qui la manifesta illegittimità dell’ordinanza impugnata, che decreta l’abbattimento delle opere abusive prima ancora di aver valutato il profilo della conformità urbanistica di modeste variazioni apportate rispetto al progetto originariamente assentito.

2. ILLEGITTIMITÀ PER VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 31 DEL DPR 380/2001) – SVIAMENTO DI POTERE – ATIPICITÀ DEL PROVVEDIMENTO – ILLOGICITÀ MANIFESTA.

L’impugnata ordinanza sarebbe illegittima, altresì, sotto l’aspetto della sua atipicità, fuoriuscendo dallo schema legale previsto ex lege in tal caso.

Posto, infatti, che la funzione tipica dell’ordine di demolizione è quella di ordinare la rimozione o demolizione degli abusi, per non essere la costruzione autorizzata dall’Amministrazione, nel caso di specie, invece, l’ordinanza impugnata avrebbe ordinato “l’adeguamento al permesso di costruire”, sanzionando l’eventuale inottemperanza con l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale della relativa area di sedime.

L’amministrazione resistente avrebbe impartito un “ordine demolitorio atipico” in ragione di difformità sostanziali riscontrate su opere non ancora venute in essere (poiché ancora in corso di ultimazione), ricollegando al mancato rispetto dell’ingiunzione la deleteria sanzione dell’acquisizione gratuita al patrimonio comunale della relativa area di sedime.

L’ordine impartito al ricorrente – che impone l’ultimazione dei lavori ancora in corso di completamento – e la relativa sanzione renderebbero il provvedimento del tutto atipico, in relazione alla delineata fattispecie, e come tale illegittimo, sia perché differente dal modello legale previsto, sia perché inidoneo a determinare il corretto svolgersi del procedimento.

3. VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 21 L. 241/1990) – DIFETTO DI MOTIVAZIONE – MOTIVAZIONE INCONGRUA – CONTRADDITTORIETÀ – PERPLESSITÀ – ECCESSO DI POTERE.

L’ordinanza risulterebbe illegittima anche sotto il profilo motivazionale, poiché contrastante con precedenti provvedimenti emessi dalla resistente amministrazione. Posto che la proprietà del ricorrente è stata oggetto di primo sopralluogo, interessante, all’epoca, solo l’area di terreno circostante il fabbricato (e che ha portato alla prima ingiunzione di demolizione, n. 8 del

20.04.2017, poi però sospesa negli effetti dal TAR, stante la sua estrema genericità); posto che il secondo sopralluogo ha avuto ad oggetto solo l’ispezione del fabbricato (rispetto al quale l’amministrazione si era riservata, al primo accesso, di valutare con successivo sopralluogo “la verifica della conformità del fabbricato realizzato rispetto ai titoli abilitativi rilasciati”); e posto ancora che il verbale n. 3810 del 10.07.2017 (costituente parte integrante dell’impugnata ordinanza) richiama per relationem il primo verbale di n. 1867 del 30.03.2017, sia nelle premesse, sia, soprattutto, nelle conclusioni in base alle quali l’UTC ha suggerito il sequestro dell’intera

area di cantiere (sequestro successivamente eseguito dal corpo di Polizia Municipale ma, tuttavia, non convalidato dalla competente Procura della Repubblica), risulterebbe contraddittorio il gravato provvedimento amministrativo, che dispiega contestualmente i suoi effetti su due realtà materiali da tenere ben distinte e separate (in quanto incidente illegittimamente tanto sul fabbricato in corso di costruzione, quanto – anche – su tutta l’area di cantiere circostante).Nella specie, non sarebbe dato capire se la seconda ordinanza demolitoria abbia ad oggetto solo le difformità riscontrate sul fabbricato assentito, ovvero se riguardi anche le presunte eventuali difformità riscontrate in sede di primo sopralluogo, così da non rendere minimamente intellegibili le ragioni dell’agire amministrativo.

4. ILLEGITTIMITÀ PER VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 31 DPR 380/2001) – ECCESSO DI POTERE – ERRONEA VALUTAZIONE DEI FATTI – DIFETTO DI MOTIVAZIONE: CONTESTAZIONE PARTITA DELLE SINGOLE PRESUNTE IRREGOLARITÀ RISCONTRATE, QUALIFICATE COME “DIFFORMITÀ SOSTANZIALI” (CON RIFERIMENTO AL CONCETTO DI VARIAZIONE ESSENZIALE CONTEMPLATO DALL’ART. 31 DPR 380/2001).

Sub. 4.1 – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 31 DPR 380/2001 – ECCESSO DI POTERE –

TRAVISAMENTO DEI FATTI.

In ordine alla contestazione di cui al primo punto dell’impugnata ordinanza, sarebbe ravvisabile la violazione e falsa applicazione dell’art. 31 DPR 380/2001 e il travisamento dei fatti, in quanto si tratterebbe di opere pertinenziali alla parte di immobile regolarmente assentito.

Sarebbe da contestare la dimensione dell’opera così come quantificata dal UTC, stante una minore diversa quadratura della medesima, corrispondente a mq 478,80 così come rilevato nel grafico a firma del tecnico di fiducia Geom. Salvatore Guida. Peraltro, come evincibile dal permesso a costruire n. 24/2014, il predetto fabbricato in corso di costruzione, prevederebbe effettivamente un piano seminterrato, da destinarsi ad autorimessa, con relativo accesso carrabile sul lato Nord-Est, per cui lo sbancamento eseguito, e di cui si fa menzione sopra come difformità edilizia, sarebbe da intendersi quale elemento necessario, proprio per consentire il facile accesso al detto piano seminterrato, rappresentando una “pertinenza” della struttura principale. Diversamente opinando, consentendo la demolizione del detto sbancamento, si eliminerebbe l’autorizzato accesso carrabile al lato Nord-Est del seminterrato, con indubbio pregiudizio per la parte di immobile regolarmente autorizzata. Le pareti in C.A. realizzate, di cui si fa menzione, sarebbero una conseguenza inevitabile al fine di consentire il sostegno del terrapieno venutosi a creare a seguito della rampa di accesso, oltre anche alla naturale delimitazione del confine di proprietà. Il manufatto non rappresenterebbe, perciò, un’opera comportante un’apprezzabile trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio.

Nemmeno ricorrerebbe alcuna delle ipotesi contemplate dall’art. 32 DPR 380/2001 circa le variazioni essenziali disciplinate dalla norma, atteso che la rilevanza di cui si verte andrebbe considerata in modo proporzionale, ovvero dovrebbe essere rapportata non alla consistenza in assoluto dell’innovazione, bensì alla condizione del contesto in cui è inserita (sicché un manufatto di minimo impatto, che in un certo contesto potrebbe risultare necessitante del massimo titolo edilizio, potrebbe, invece, non risultarlo altrove). L’opera che trattasi, in quanto assoggettata a semplice d.i.a. (ora s.c.i.a.), non sarebbe passibile di sanzione demolitoria, atteso che per le opere sottoposte a d.i.a. la sanzione applicabile sarebbe unicamente quella pecuniaria.

Sub. 4.2 – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 31 DPR 380/2001 – ECCESSO DI POTERE – ERRONEA VALUTAZIONE DEI FATTI – VIOLAZIONE DELL’ART. 154 COMMA 2.4 R. E. C..

Quanto al locale interrato adibito a deposito materiale edile e parcheggio di autocarri e mezzi meccanici di diverse dimensioni, premesso che da ultimo risulterebbe modificata la norma sul permesso di costruire per gli interventi di ristrutturazione edilizia (richiedendosi questo solo per quegli interventi atti a portare ad un “organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni”), ne deriverebbe che il permesso di costruire non sarebbe più necessario per i semplici aumenti di superficie.

In ogni caso, il locale seminterrato sarebbe stato solo momentaneamente adibito a deposito di materiale edile e parcheggio autocarri e mezzi meccanici, trattandosi di materiali e mezzi d’opera necessari ed occorrenti per il completamento dei lavori al medesimo fabbricato, ai piani superiori ancora in corso di costruzione.

In merito alla difformità urbanistica riscontrata al piano seminterrato, consistente nella realizzazione di soppalcature ed incremento dell’altezza utile interna, occorrerebbe evidenziare che la soppalcatura eseguita costituirebbe sempre e comunque un’opera provvisionale, atta a consentire il deposito momentaneo delle attrezzature da cantiere necessarie per l’ultimazione dell’opera edile intrapresa, e da rimuovere ad ultimazione dei lavori.

Le modifiche interne al piano seminterrato (realizzazione di soppalcature, modifica delle rampe della scala, bagno ed incremento dell’altezza netta interna) sarebbero comunque regolarizzabili urbanisticamente, poiché realizzate entro terra e non incidenti sui parametri urbanistici di cubatura, trattandosi di Volumi Tecnici, secondo quanto recita l’art. 154 comma 2.4 del Regolamento Edilizio Comunale Vigente (“Sono considerati Volumi Tecnici e perciò non computabili ai fini della volumetria urbanistica del fabbricato, quelli rappresentati dal prodotto tra la superficie e l’altezza dei seguenti locali dell’edificio: le superfici dei piani e dei locali interrati o seminterrati privi dei requisiti di abitabilità; i seminterrati devono avere il limite massimo di un ml 1,50 fuori terra”).

Nel caso di specie, i detti soppalchi, lungi dal comportare un aumento volumetrico, risulterebbero adibiti a mero ripostiglio, e dunque non soggetti al permesso a costruire.

Sub. 4.3 – 4.4 – 4.5 – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 31 DPR 380/2001 – ECCESSO DI POTERE PER SVIAMENTO – NON ESSENZIALITÀ DELLE DIFFORMITÀ RISCONTRATE.

Circa le ulteriori difformità riscontrate dall’UTC, e riportate ai punti 3), 4), 5) del verbale di sopralluogo non sarebbe ravvisabile l’essenzialità delle variazioni, così come previsto dall’art. 32 comma 2 DPR 380/2001 secondo cui: “Non possono ritenersi comunque variazioni essenziali quelle che incidono sulla entità delle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative.”

5. VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 97 COST. ARTT. 5, 58, 81, 125, 220 E 225 TRATTATO UE: PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ) – ECCESSO DI POTERE – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 31 DPR 380/2001.

Il provvedimento sarebbe anche illegittimo, nel suo complesso, in quanto certamente “sproporzionato”, rispetto all’interesse pubblico da perseguire.

Il principio di proporzionalità costituirebbe principio generale dell’ordinamento, ed implicherebbe che la PA debba adottare la soluzione idonea ed adeguata, comportante il minor sacrificio possibile per gli interessi compresenti: esso si risolverebbe, in sostanza, nell’affermazione secondo cui le autorità comunitarie e nazionali non potrebbero imporre, sia con atti normativi, sia con atti amministrativi, obblighi e restrizioni alla libertà del cittadino, in misura superiore (cioè sproporzionata) a quella strettamente necessaria al pubblico interesse per il raggiungimento dello scopo che l’autorità è tenuta a perseguire. Nel caso di specie, l’Amministrazione resistente avrebbe adottato la sanzione maggiormente afflittiva (demolizione) di alcune opere facenti parte di un immobile già regolarmente assentito, in ragione di presunte difformità sostanziali (secondo un apprezzamento più soggettivo che oggettivo) delle stesse: in altri termini, il rapporto tra il mezzo impiegato ed il fine da perseguire, per vero assolutamente non chiaro, sarebbe all’evidenza – comunque – sproporzionato, poiché, eventualmente, se del caso, sarebbe risultata più adeguata una sanzione di tipo pecuniario.

In data 9 ottobre 2017 si è costituito in giudizio il Comune di Cervino, al fine di resistere anche a questo ricorso; e il 13 ottobre successivo ha presentato una memoria.

Con ordinanza n. 1594/2017 del 19 ottobre 2017, questo Tribunale ha accolto l’istanza cautelare avanzata dal ricorrente, sospendendo l’efficacia anche di questa seconda ordinanza demolitoria (sull’assunto della sussistenza di idoneo fumus di fondatezza per risultare l’impugnato provvedimento ripristinatorio adottato “prima che fosse esitata la domanda ex art. 36 DPR 380/2001 presentata dall’odierno ricorrente in data 1.6.2017 – prot. n. 3055 in relazione alle medesime opere oggetto di sanzione demolitoria”).

In data 22 gennaio 2018 il Comune di Cervino ha depositato una memoria in entrambi i pendenti giudizi.

Il 26 febbraio 2018 Iovine Felice ha presentato istanze di rinvio di entrambi i giudizi.

Alla pubblica udienza del 28 febbraio 2018, i due suddetti giudizi sono stati trattenuti in decisione.

DIRITTO

PREMESSO quanto esposto nei ricorsi introduttivi di cui all’epigrafe;

RITENUTO che vada disposta la riunione dei due giudizi in esame, affinché possano essere definiti in un unico contesto, sussistendo tra essi estremi di connessione soggettiva e oggettiva, in quanto entrambi aventi ad oggetto l’impugnazione di ordinanze demolitorie, che, ancorché emesse in tempi diversi, sono però tutte e due riferite ad opere asseritamente abusive poste in essere su di un medesimo lotto di terreno, sito in Cervino (CE), alla Via Principe Umberto (riportato in catasto terreni al foglio 10, p.lle 5124, 5146, e 5104) di proprietà di Iovine Felice;

RITENUTO che non possano essere accolte le presentate istanze di differimento della trattazione del merito dei giudizi, poiché fondate su circostanze verificatesi successivamente all’adozione degli atti oggetto di gravame in questa sede, e non suscettibili di esplicare alcuna diretta influenza su questo processo;

RILEVATO che dalla documentazione in atti (cfr., in particolare, relazione di sopralluogo prot. n. 3818 del 10.7.2017) si evince che sul lotto in oggetto era comunque in corso di esecuzione l’edificazione di un fabbricato rurale, in forza di più titoli edilizi rilasciati a tal fine dal Comune di Cervino, e rispetto ai quali sono state riscontrate varie difformità;

RILEVATO che, con istanza prot. n. 3055 dell’1.6.2017, Iovine Felice ha chiesto, ai sensi dell’art. 36 DPR 380/2001, accertarsi la conformità “dei manufatti con destinazione produttiva da destinare alla vendita di materiale da costruzione” siti propri in Cervino, alla via Principe Umberto, sul suolo ricadente in catasto al foglio 10, p.lle 5124, 5146, e 5104;

RILEVATO che il ricorrente ha chiarito, senza che vi siano state contestazioni ad opera di controparte, come l’ordinanza demolitoria n. 8 del 20.04.2017 abbia riguardato “solo l’area di terreno circostante il fabbricato” (cfr. pag. 6 del ricorso), e come la domanda di accertamento di conformità presentata in data 1.6.2017 non abbia riguardato opere presenti in tale area (precisazione fatta all’udienza pubblica di discussione), dal che consegue che non può dirsi allo stato venuto meno l’interesse del medesimo ricorrente alla definizione appunto del gravame avverso la citata ordinanza demolitoria (in conseguenza proprio della presentazione dell’istanza di sanatoria);

RITENUTO che nei giudizi in esame (aventi ad oggetto – come detto – esclusivamente i due provvedimenti sanzionatori edilizi adottati in tempi diversi dal Comune di Cervino) non ha alcuna rilevanza la fondatezza o meno delle ragioni per le quali l’istanza di accertamento di conformità prot. n. 3055 presentata dallo Iovine in data 1.6.2017 è stata respinta (con provvedimento prot. n. 4114 del 25.7.2017, a firma del responsabile dell’Area tecnica del Comune di Cervino, non oggetto di impugnazione in questa sede);

CONSIDERATO, invece, che, in assenza di sopravvenienze probatorie ulteriori o di segno diverso da quelle già acquisite, possono essere confermate in questa sede, di definizione del merito dei giudizi riuniti, le valutazioni che hanno portato alle ordinanze cautelari di accoglimento n. 1107/2017 del 20 luglio 2017 e n. 1594/2017 del 19.10.2017 di questo Tribunale (e tanto in via assorbente rispetto agli ulteriori motivi articolati in entrambi i ricorsi riuniti);

CONSIDERATO, in particolare, in relazione all’ordinanza n. 8 del 20.4.2017, che la stessa (pur a volerla valutare congiuntamente al verbale di sopralluogo in essa richiamato per relationem) appare caratterizzata da genericità quanto all’individuazione degli abusi edilizi da ridurre in pristino, con conseguente illegittimità per non essere stato reso chiaro in quale modo il privato destinatario avrebbe dovuto agire per conformarsi all’ordine di demolizione impartito;

CONSIDERATO, in relazione alla successiva ordinanza n. 18 del 25.07.2017, che essa risulta illegittima in quanto adottata prima della negativa definizione (con provvedimento prot. n. 4114 del 25.7.2017) del procedimento ex art. 36 DPR 380/2001 attivato dallo Iovine con istanza prot. n. 3055 dell’1.6.2017 (in relazione alle medesime opere oggetto di sanzione demolitoria), in tal senso deponendo, sia il numero di protocollo antecedente (n. 4112, rispetto al n. 4114, entrambi in data 25.7.2017), sia il riferimento, presente nel diniego di sanatoria, alla circostanza secondo cui “gli abusi riscontrati sono attualmente oggetto di ordinanza di demolizione n. 18 del 25.7.2017” (in tal modo rendendosi evidente che la negativa valutazione circa la sanabilità delle opere è stata operata dopo che era già stata emessa la nuova ordinanza demolitoria n. 18/2017);

CONSIDERATO che, specificamente, tale illegittimità trova la sua ragion d’essere nel fatto che, prima della definizione del domanda di sanatoria (entro gg. 60 dalla presentazione, in modo esplicito, o implicito con silenzio rigetto, secondo quanto stabilito dal comma 2 dell’art. 36 DPR 380/2001) non sono esercitabili i poteri repressivi edilizi dalla P.A. (analogamente a quanto espressamente stabilito dall’art. 44 ultimo comma della L. 28 febbraio 1985, n. 47, in caso di pendenza del termine per la presentazione delle domande di condono), essendo incongruo e illogico disporre la demolizione per opere che potrebbero venire mantenute nella loro consistenza, in caso di intervento – entro il breve termine fissato dalla legge – di un provvedimento di sanatoria (cfr. TAR Campania-Napoli n. 974 del 19.2.2009; TAR Campania-Salerno n. 1827 del 7.5.2009);

CONSIDERATO che la peculiarità della complessa vicenda esaminata rende opportuno compensare le spese di giudizio tra le parti costituite, salvo il rimborso, ai sensi di legge, dei contributi unificati versati dal ricorrente;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando sui ricorsi di cui in epigrafe, proposti da Iovine Felice, e dei quali dispone la riunione, così provvede:

1) in accoglimento di entrambi i ricorsi, annulla le gravate le ordinanze, n. 8 del 20.04.2017 e n. 18 del 25.07.2017, entrambe a firma del responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Cervino;

2) compensa le spese dei giudizi riuniti tra le parti costituite, salvo rimanendo il rimborso, in favore del ricorrente ed a carico del Comune di Cervino, dei contributi unificati versati.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 28 febbraio 2018 con l’intervento dei magistrati:

Italo Caso, Presidente
Michelangelo Maria Liguori, Consigliere, Estensore
Rosalba Giansante, Consigliere

L’ESTENSORE
Michelangelo Maria Liguori
        
IL PRESIDENTE
Italo Caso
        
        
IL SEGRETARIO

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