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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Aree protette, Diritto venatorio e della pesca Numero: 4898 | Data di udienza: 20 Giugno 2013

* AREE PROTETTE – PESCA –Area marina protetta – Uso dei ciancioli – Divieto assoluto – Illegittimità – Limite dei 50 metri di profondità delle acque.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 7^
Regione: Campania
Città: Napoli
Data di pubblicazione: 4 Novembre 2013
Numero: 4898
Data di udienza: 20 Giugno 2013
Presidente: Pagano
Estensore: Liguori


Premassima

* AREE PROTETTE – PESCA –Area marina protetta – Uso dei ciancioli – Divieto assoluto – Illegittimità – Limite dei 50 metri di profondità delle acque.



Massima

 

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 7^ – 4 novembre 2013, n. 4898


AREE PROTETTE – PESCA –Area marina protetta – Uso di ciancioli – Divieto assoluto – Illegittimità – Limite dei 50 metri di profondità delle acque.

L’art. 107 DPR 1639/1968 e gli artt. 4 e 13 del Regolamento Comunitario n. 1967/2006 vietano l’impiego di reti di circuizione munite di chiusura azionata meccanicamente, di tipo «cianciolo» e simili, soltanto nelle zone di mare nelle quali la profondità delle acque sia inferiore ai 50 metri entro le tre miglia marine dalla costa. Ne deriva l’illegittimità del regolamento disciplinante le attività consentite in un’area marina protetta (nella specie: Regno di Nettuno), nella parte in cui vieta del tutto il tipo di pesca in parola in zona “C” e lo ammette solo su autorizzazione in zona “D”, ove risulti che gran parte delle zone di mare rientranti nell’area protetta sono di profondità superiore ai 50 metri.

Pres. Pagano, Est. Liguori – Federpesca e altro (avv.t Lentini e Pagano) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Amministrazione provinciale di Napoli (avv. Scetta), Consorzio di Gestione dell’Area Marina Protetta “Regno Di Nettuno” (avv. Molinaro) e altri (n.c.)
 


Allegato


Titolo Completo

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 7^ – 4 novembre 2013, n. 4898

SENTENZA

 

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 7^ – 4 novembre 2013, n. 4898

N. 04898/2013 REG.PROV.COLL.
N. 03411/2008 REG.RIC.
N. 03412/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3411 dell’anno 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Federpesca e FLAI CGIL, in persona dei rispettivi Presidenti p.t., rappresentati e difesi dagli avv.ti Lorenzo Lentini e Daniela Albano, con i quali sono elettivamente domiciliati in Napoli, alla via Dei Mille n. 40, presso lo studio dell’avv. Corrado Diaco;

contro

– Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Ministero della Economia e Finanze, Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Conferenza Permanente rapporti tra Stato – Regioni – Autonomie Locali, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso la cui sede sono per legge domiciliati;
– Amministrazione Provinciale di Napoli, in persona del Presidente p.t. della Giunta, rappresentato e difeso dall’avv. Luciano Scetta, con il quale è elettivamente domiciliata in Napoli, alla piazza Matteotti n. 1;
– Consorzio di Gestione dell’Area Marina Protetta “Regno Di Nettuno”, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Lorenzo Bruno Molinaro, con il quale è legalmente domiciliato presso la Segreteria del T.A.R. Campania-Napoli;
– Regione Campania, Comune di Forio, Comune di Lacco Ameno, Comune di Casamicciola Terme, Comune di Barano D’Ischia, Comune di Serrara Fontana, Comune di Procida, Comune di Ischia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., non costituiti;

e con l’intervento di

ad opponendum:
Cooperativa a r.l. Unione Esercenti Pesca S. Giovangiuseppe della Croce, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Iacono, con il quale è legalmente domiciliato presso la Segreteria del T.A.R. Campania-Napoli, p.zza Municipio;

sul ricorso numero di registro generale 3412 dell’anno 2008, proposto da:
Gamba Gerardo; Riccio Rodolfo; Tempesta IV S.n.c.di Barbato Francesco e Patrizio, in persona del legale rappresentante p.t.; Elmetto Anna Gerarda; Catalano Michele; Mammalella Michele; Castagliola Di Polidoro Salvatore; Parascandolo Antonio; Parascandolo Rosario; Ferrantino Giuseppe; Scotto Di Vettimo Maria; Cooperativa Procida Pesca a r.l., in persona del Presidente p.t.; Manfredi Gennaro; tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Lorenzo Lentini e Daniela Albano, con i quali sono elettivamente domiciliati in Napoli, alla via Dei Mille n. 40, presso lo studio dell’avv. Corrado Diaco;

contro

– Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Ministero della Economia e Finanze, Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Conferenza Permanente rapporti tra Stato – Regioni – Autonomie Locali, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso la cui sede sono per legge domiciliati;
– Amministrazione Provinciale di Napoli, in persona del Presidente p.t. della Giunta, rappresentato e difeso dall’avv. Luciano Scetta, con il quale è elettivamente domiciliata in Napoli, alla piazza Matteotti n. 1;
– Consorzio di Gestione dell’Area Marina Protetta “Regno Di Nettuno”, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Lorenzo Bruno Molinaro, con il quale è legalmente domiciliato presso la Segreteria del T.A.R. Campania-Napoli;
– Regione Campania, Comune di Forio, Comune di Lacco Ameno, Comune di Casamicciola Terme, Comune di Barano d’Ischia, Comune di Serrara Fontana, Comune di Procida, Comune di Ischia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., non costituiti;

e con l’intervento di

ad opponendum:
Cooperativa a r.l. Unione Esercenti Pesca S. Giovangiuseppe della Croce, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Iacono, con il quale è legalmente domiciliato presso la Segreteria del T.A.R. Campania-Napoli;

(ricorso RG n. 3411 del 2008)

quanto al ricorso introduttivo/principale

per l’annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

a) del decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 27.12.2007 di istituzione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, pubblicato in G.U. del 10.4.2008;

b) del decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare n. 88 del 5.6.2008, di approvazione del Regolamento che ha disciplinato le attività nelle diverse zone dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno” e dell’allegato Regolamento;

c) per quanto occorrente, dello studio conoscitivo propedeutico realizzato dalla stazione zoologica “Anton Dohrn” di Napoli, finalizzato all’istituzione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, trasmesso dal medesimo Ente il 12.2.2001;

d) ove occorrente, dell’intesa stipulata il 4.7.2005 tra il Governo, le Regioni, le Province Autonome e le Autonomie Locali, ai sensi dell’art. 8 co. VI della L. 131/2003 in materia di concessioni di beni del demanio marittimo e di zone di mare ricadenti nelle Aree Marine Protette, pubblicata in G.U. n. 174 del 28.7.2005;

e) ove occorrente, dell’istruttoria tecnica preliminare per l’istituzione dell’Area Marina Protetta

“Regno di Nettuno”, svolta dalla Segreteria Tecnica per le Aree Marine Protette del Ministero dell’Ambiente;

f) ove occorrente, dell’atto costitutivo e dello Statuto del Consorzio di Gestione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, costituito dai Comuni di Barano, Casamicciola Terme, Forio, Ischia, Lacco Ameno, Serrara Fontana, e Procida, trasmessi dal Comune di Forio con nota prot. n. 28192 del 22.11.2006;

g) ove occorrente, della proposta di perimetrazione e zonazione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno” adottata dai Comuni di Barano, Casamicciola Terme, Forio, Lacco Ameno, Serrara Fontana e Procida all’esito della riunione del 27.2.2007;

h) ove occorrente, ancora degli esiti della riunione della Conferenza Unificata in sede tecnica del 4.9.2007;

i) ove occorrente, del parere favorevole sullo schema di decreto istitutivo dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, espresso nella seduta del 20.9.2007, Repertorio Atti n. 71/CU, dalla Conferenza Unificata, ai sensi dell’art. 77 del Decr. Leg.vo 112/1998;

l) ove occorrente, della nota d’intesa del Ministro dell’Economia e delle Finanze prot. n. 14144 del 10.10.2007;

m) ove occorrente, della nota dell’1.4.2008, prot. UL/2008/3427, con la quale si è data alla Presidenza del Consiglio dei Ministri la comunicazione prevista dall’art. 17 co. III della L. 400/1988;

n) di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e consequenziali;

quanto al ricorso per motivi aggiunti

per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia,

q) del decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 30.7.2009, di approvazione del Regolamento di esecuzione e di organizzazione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, pubblicato in G.U. del 27.8.2009;

r) della proposta di Regolamento di esecuzione e di organizzazione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, formulata ed adottata dal Consorzio di Gestione in data 14.8.2009;

s) di tutti gli atti presupposti, anche di carattere istruttorio, collegati, connessi e consequenziali.

(ricorso RG n. 3412/2008)

quanto al ricorso introduttivo/principale

per l’annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

a) del decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 27.12.2007 di istituzione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, pubblicato in G.U. del 10.4.2008;

b) del decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare n. 88 del 5.6.2008, di approvazione del Regolamento che ha disciplinato le attività nelle diverse zone dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno” e dell’allegato Regolamento;

c) per quanto occorrente, dello studio conoscitivo propedeutico realizzato dalla stazione zoologica “Anton Dohrn” di Napoli, finalizzato all’istituzione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, trasmesso dal medesimo Ente il 12.2.2001;

d) ove occorrente, dell’intesa stipulata il 4.7.2005 tra il Governo, le Regioni, le Province Autonome e le Autonomie Locali, ai sensi dell’art. 8 co. VI della L. 131/2003 in materia di concessioni di beni del demanio marittimo e di zone di mare ricadenti nelle Aree Marine Protette, pubblicata in G.U. n. 174 del 28.7.2005;

e) ove occorrente, dell’istruttoria tecnica preliminare per l’istituzione dell’Area Marina Protetta

“Regno di Nettuno”, svolta dalla Segreteria Tecnica per le Aree Marine Protette del Ministero dell’Ambiente;

f) ove occorrente, dell’atto costitutivo e dello Statuto del Consorzio di Gestione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, costituito dai Comuni di Barano, Casamicciola Terme, Forio, Ischia, Lacco Ameno, Serrara Fontana, e Procida, trasmessi dal Comune di Forio con nota prot. n. 28192 del 22.11.2006;

g) ove occorrente, della proposta di perimetrazione e zonazione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno” adottata dai Comuni di Barano, Casamicciola Terme, Forio, Lacco Ameno, Serrara Fontana e Procida all’esito della riunione del 27.2.2007;

h) ove occorrente, ancora degli esiti della riunione della Conferenza Unificata in sede tecnica del 4.9.2007;

i) ove occorrente, del parere favorevole sullo schema di decreto istitutivo dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, espresso nella seduta del 20.9.2007, Repertorio Atti n. 71/CU, dalla Conferenza Unificata, ai sensi dell’art. 77 del Decr. Leg.vo 112/1998;

l) ove occorrente, della nota d’intesa del Ministro dell’Economia e delle Finanze prot. n. 14144 del 10.10.2007;

m) ove occorrente, della nota dell’1.4.2008, prot. UL/2008/3427, con la quale si è data alla Presidenza del Consiglio dei Ministri la comunicazione prevista dall’art. 17 co. III della L. 400/1988;

n) di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e consequenziali;

quanto al ricorso per motivi aggiunti depositato il 16.10.2008

per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia,

o) del provvedimento, a firma del Presidente dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno” prot. n. 4151 del 25.8.2008, con il quale, in esecuzione dell’ordinanza del TAR Campania-Napoli n. 1947/2008, è stato disciplinato l’esercizio della pesca “a cianciolo” nella zona protetta;

p) di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e consequenziali;

quanto al ricorso per motivi aggiunti depositato il 18.11.2009

per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia,

q) del decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 30.7.2009, di approvazione del Regolamento di esecuzione e di organizzazione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, pubblicato in G.U. del 27.8.2009;

r) della proposta di Regolamento di esecuzione e di organizzazione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, formulata ed adottata dal Consorzio di Gestione in data 14.8.2009;

s) di tutti gli atti presupposti, anche di carattere istruttorio, collegati, connessi e consequenziali.

Visti i ricorsi introduttivi e quelli per motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli per il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, il Ministero della Economia e Finanze, il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Conferenza Permanente rapporti tra Stato – Regioni – Autonomie Locali; della Amministrazione Provinciale di Napoli; e del Consorzio di Gestione dell’Area Marina Protetta “Regno Di Nettuno”;

Visti gli atti di intervento in entrambi i giudizi, spiegato dalla Cooperativa a r.l. Unione Esercenti Pesca S. Giovangiuseppe della Croce;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti delle cause;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 giugno 2013 il dott. Michelangelo Maria Liguori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso introduttivo/principale RG n. 3411/2008, notificato tra il 6 e il 10 giugno 2008 e depositato il successivo 18 giugno, la FEDERPESCA e la FLAI CGIL, premesso di essere associazioni rappresentative di imprenditori e professionisti del settore della pesca, residenti nella marineria di Procida ed esercitanti una tradizionale attività di pesca con utilizzo di reti a circuizione, dette “a cianciolo”, tipiche della flotta peschereccia procidana, hanno impugnato gli atti indicati in epigrafe, e segnatamente, per la parte d’interesse, il decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 27.12.2007 di istituzione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno” (pubblicato in G.U. del 10.4.2008); il successivo decreto dello stesso Ministro n. 88 del 5.6.2008, di approvazione del Regolamento che ha disciplinato le attività nelle diverse zone dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, nonché l’allegato Regolamento.

In particolare, le associazioni ricorrenti hanno esposto:

– che l’attività svolta dai propri affiliati, produttiva di quasi 1000 tonnellate di pescato annuale ed assicurante occupazione diretta ed indotta a diverse centinaia di lavoratori, e perciò di rilevanza strategica, risultava gravemente pregiudicata dalla recente istituzione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, e specificamente dalla disciplina delle attività consentite nelle diverse zone di tutela istituite;

– che il regolamento ministeriale, introducendo arbitrarie ed illogiche norme, aveva vietato la pesca a “cianciolo”nell’intera zona protetta, così decretando il fallimento delle attività imprenditoriali dei soggetti associati ad esse associazioni ricorrenti;

– che tuttavia il procedimento che aveva portato all’istituzione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno” (comprendente le isole di Ischia, Vivara e Procida, e individuata ai sensi della L.394/1991) si era svolto in carenza della indefettibile partecipazione delle organizzazioni di categoria dei pescatori interessati (sviluppandosi con una prima proposta di perimetrazione e di zonizzazione dell’Area Marina Protetta, con la partecipazione dei Comuni interessati, della Provincia di Napoli e della Regione Campania, redatta in data 27.2.2007; in prosieguo con la redazione di una istruttoria tecnica ad opera della Segreteria Tecnica del Ministero dell’Ambiente; con l’acquisizione, nelle successive riunioni del 4.9.2007 e del 20.9.2007, ai sensi dell’art. 77 co. 2 Decr. Leg.vo 112/1998, del parere favorevole della Conferenza Unificata Stato-Regioni sia sull’istituzione dell’Area Marina Protetta, sia sul regolamento di disciplina delle attività; con l’acquisizione, in data 10.10.2007, dell’intesa tra il Ministro dell’Economia e delle Finanze ed il Ministro dell’Ambiente sul decreto istitutivo dell’Area Marina Protetta; con l’istituzione, quindi, dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno” con decreto ministeriale del 27.12.2007, e con la disciplina delle attività ammesse nelle diverse zone di tutela, a mezzo del successivo decreto ministeriale del 10.4.2008);

– che, posta la suddivisione dell’Area Marina Protetta in quattro zone (A -di tutela integrale; B -di tutela generale; C -di tutela parziale; D -di tutela dei mammiferi marini), la pesca con reti di circuizione (costituenti l’attività lavorativa principale dei pescatori associati ai ricorrenti) era stata così disciplinata: divieto assoluto di pesca a circuizione delle zone “A” e “B”; divieto assoluto di pesca con le reti a circuizione anche nella zona “C”, malgrado la presenza ivi di fondali per gran parte aventi profondità superiore ai 50 metri, limite previsto dalla normativa nazionale e comunitaria per l’utilizzo della pesca “a cianciolo”; obbligo di munirsi di una preventiva autorizzazione dell’ente gestore per esercitare la pesca a circuizione nella residua zona “D”, da non potersi però rilasciare prima dell’entrata in vigore del regolamento di esecuzione ed organizzazione;

– che erano incomprensibili le ragioni per le quali la pesca a circuizione risultava indiscriminatamente negata in tutte le zone omogenee dell’Area Marina Protetta, indipendentemente dal diverso grado di protezione e dalla sussistenza di obiettive ragioni di tutela ambientale;

– che, in particolare, appariva irragionevole il divieto indiscriminato di utilizzo della pesca a circuizione nella zona “C”, dove la profondità dei fondali sarebbe in larga parte superiore ai 50 metri, ovvero al limite legale per l’utilizzo del “cianciolo”;

– che ancor più irragionevole appariva la necessità di chiedere una preventiva autorizzazione per l’esercizio della pesca a circuizione nella zona “D”, essendo questa non solo destinata alla specifica tutela dei mammiferi marini (non posti in pericolo dalle reti a circuizione), ma soprattutto essendo i relativi fondali profondi ben più di 50 metri;

– che tali rilievi, di natura tecnica ed emersi nel corso dell’istruttoria svolta, avrebbero dovuto indurre all’adozione di norme frutto di un ragionevole contemperamento tra le opposte esigenze di tutela dell’Area Marina Protetta da un lato, e di rispetto e salvaguardia delle attività socio economiche preesistenti dall’altro;

– che, per di più, erano stati immotivatamente disattesi i contrastanti pareri del MIPAF e dell’ICRAM e contraddette le stesse norme regolamentari di tutela delle altre Aree Marine Protette del paese, che non vietano indiscriminatamente la pesca con il “cianciolo” in tutte le zone di tutela;

– che, peraltro, il MIPAF, competente in tema di esercizio dell’attività di pesca, in ben due occasioni (come da note del 13.6.2007 e del 24.12.2007) si era espresso nel senso della piena compatibilità della pesca a circuizione con l’istituzione dell’Area Marina Protetta, subordinandola all’unica condizione dell’esercizio su fondali superiori ai 50 metri di profondità, in applicazione della disciplina nazionale e comunitaria in materia;

– che lo stesso studio dell’ICRAM (organo tecnico di consulenza del Ministero dell’Ambiente) aveva evidenziato l’alta selettività del metodo di pesca a circuizione, non impattante con il fondale e, dunque, compatibile con la tutela della “Posidonia” e non pregiudizievole per i mammiferi marini (tartarughe, delfini, etc.);

– che la pesca a circuizione risultava pacificamente ammessa nelle altre Aree Marine Protette del paese, per i fondali aventi profondità superiore ai 50 metri.

Tanto esposto, i ricorrenti hanno proposto, a supporto del gravame, le seguenti censure:

A – sull’illegittimità dell’istituzione dell’Area Marina Protetta

I) violazione di legge (artt. 4 e 5 L. 394/1991; L. 979/1982) – violazione del giusto procedimento – violazione degli artt. 3 e segg. L. 241/1990 – eccesso di potere (per difetto del presupposto; arbitrarietà; iniquità; travisamento; sviamento): il Ministero dell’Ambiente non avrebbe potuto procedere alla istituzione di una nuova area marina protetta in carenza della indefettibile pianificazione triennale prevista dall’art. 4 della L. 394/1991; tale pianificazione triennale, sulla base delle linee fondamentali fissate dal Ministero dell’Ambiente e dalla Carta della Natura, nonché delle disponibilità finanziarie: -specificherebbe i territori oggetto del sistema delle aree naturali protette di interesse internazionale, nazionale e regionale, operando la necessaria delimitazione dei confini, -indicherebbe il termine per l’istituzione di nuove aree naturali protette o per l’ampliamento e la modifica di quelle esistenti, individuando la delimitazione di massima delle stessa, -definirebbe il riparto delle disponibilità finanziarie per ciascuna area e per ciascun esercizio finanziario, – prevederebbe contributi in conto capitale per le attività nelle aree naturali protette istituite dalle Regioni con proprie risorse, nonché per progetti delle Regioni relativi all’istituzione di dette aree, -determinerebbe i criteri e gli indirizzi ai quali devono uniformarsi lo Stato, le Regioni e gli organismi di gestione delle aree protette nell’attuazione del programma per quanto di loro competenza, ivi compresi i compiti relativi alla informazione e alla educazione ambientale delle popolazioni interessate, sulla base dell’esigenza di unitarietà delle aree da proteggere;

II) violazione dell’art. II -101 del Trattato Europeo del 13.10.2004 di approvazione della Costituzione Europea, nonché dell’art. 41 della Carta Fondamentale dei Diritti dell’Unione Europea – violazione del giusto procedimento – violazione degli artt. 7 e segg. L. 241/1990 – eccesso di potere (per difetto del presupposto, arbitrarietà, iniquità, travisamento, sviamento): nell’iter procedimentale sarebbe stato violato il diritto di partecipazione delle categorie interessate, sancito, tra l’altro, nella Costituzione Europea e nella Carta Fondamentale dei Diritti dell’Unione Europea; le associazioni sindacali ed i loro associati, direttamente incisi dai provvedimenti istitutivi della Area Marina Protetta in questione, sarebbero stati completamente pretermessi dalla possibilità di partecipare ai relativi procedimenti e perciò di far valere le proprie ragioni;

III) violazione di legge (art. 18 L. 394/1991; L. 979/1982) – violazione del giusto procedimento – violazione degli artt. 3 e segg. L. 241/1990 – eccesso di potere (per difetto del presupposto, arbitrarietà, iniquità, travisamento, sviamento): sussisterebbe un difetto di motivazione per non essere adeguatamente specificati gli obiettivi di protezione perseguiti mediante l’istituzione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”; in particolare, le finalità dichiarate nell’art. 3 del decreto istitutivo dell’Area Marina Protetta sarebbero assolutamente generiche e stereotipate, poiché riconducibili ad uno schema utilizzabile per qualunque Area Marina Protetta e inidonee a spiegare le specifiche ragioni di tutela; l’unico vago richiamo alla tutela dei mammiferi marini, ed in particolare della specie Delphinus Delphis, sarebbe inconferente e sproporzionato rispetto all’effettiva porzione di mare sottoposta a tutela; peraltro, l’unica zona sottoposta a tutela specifica dei mammiferi marini (ovvero la zona “D”) rappresenterebbe una parte del tutto marginale dell’intero perimetro dell’area vincolata, con conseguente incongruità del vincolo complessivo rispetto alle dichiarate esigenze di tutela; quindi, dietro il paravento di generiche esigenze di tutela, si sarebbe vietata la pesca in un enorme specchio d’acqua, pregiudicando la sopravvivenza economica della categoria rappresentata dalle associazioni ricorrenti;

IV) violazione di legge (art. 18 L. 394/1991; L. 979/1982) – violazione di legge (art. 77 co. 2 Decr. Leg.vo 112/1998) – violazione del giusto procedimento – violazione degli artt. 3 e segg. L. 241/1990 – eccesso di potere (per difetto del presupposto, arbitrarietà, iniquità, travisamento, sviamento): vi sarebbe stato un vizio istruttorio legato alla illegittima acquisizione del parere della Conferenza Unificata Stato – Regioni – Enti Locali, previsto dall’art. 77 co. 2 Decr. Leg.vo 112/1998; nel verbale della Conferenza Unificata del 4.9.2007, il Comune di Procida e la Regione Campania avrebbero sollecitato (e tanto fin dal 27.2.2007) una specifica valutazione sull’esercizio della pesca con il “cianciolo” nell’intera Area Marina Protetta, e, in relazione a tale richiesta, il rappresentante del Ministero dell’Ambiente, nel dichiarare che il Ministero delle Politiche Agricole aveva espresso parere negativo sull’utilizzo di tale sistema di pesca (occorrendo per l’esercizio della pesca a circuizione l’emissione di specifici provvedimenti di deroga da parte dello stesso MIPAF, ammissibili solo dopo l’adozione del Piano di Gestione della Pesca), si sarebbe espresso in modo completamente opposto rispetto alla posizione in realtà presa dal MIPAF con nota del 13.6.2007 (in cui sarebbe stata affermata l’ammissibilità della pesca a circuizione nelle Aree Protette, a condizione della presenza di fondali con profondità superiore ai 50 metri; senza necessità, dunque, di alcuna deroga, né della preventiva predisposizione dei Piani di Gestione della Pesca);l’aver quindi rappresentato in sede di Conferenza Unificata un parere del MIPAF non corrispondente a quello effettivamente espresso dall’organo competente, avrebbe indiscutibilmente condizionato l’iter logico-valutativo della Conferenza stessa, nonché il parere conclusivo sull’argomento; il parere favorevole reso dalla Conferenza sarebbe stato perciò fondato su presupposti non esatti, smentiti dall’effettivo contenuto del parere del MIPAF; in effetti la pesca con il “cianciolo”su fondali superiori ai 50 metri non incontrerebbe limiti neanche nelle Aree Protette, posto che tale tipo di attrezzatura non può mai scendere oltre tale limite, per cui non può impattare con i fondali posti a profondità superiore (di qui la non necessità di chiedere deroghe, ipotizzabili solo per i fondali delle Aree Protette inferiori a 50 metri, con i quali sarebbe possibile ipotizzare l’interferenza delle attrezzature di pesca); appunto per la non correttezza del parere riportato dal Ministero dell’Ambiente si spiegherebbe la prescrizione posta dalla Conferenza Unificata, che, nell’esprimere un giudizio favorevole sul vincolo, avrebbe comunque raccomandato di rilasciare le deroghe non appena adottato il Piano di Gestione della Pesca;

V) violazione di legge (art. 18 L. 394/1991; L. 979/1982) – violazione di legge (art. 77 co. 2 Decr. Leg.vo 112/1998) – violazione del giusto procedimento – violazione degli artt. 3 e segg. L. 241/1990 – eccesso di potere (per difetto del presupposto, arbitrarietà, iniquità, travisamento, sviamento): la costituzione del Consorzio di Gestione dell’Area Marina Protetta sarebbe illegittima per mancata previsione della necessaria partecipazione del Comune di Procida; l’estromissione dal Consorzio di uno dei Comuni ricompresi nell’Area Marina Protetta si rifletterebbe sulla esatta composizione dell’organo di gestione, chiamato, tra l’altro, ad adottare il regolamento di esecuzione ed organizzazione dell’Area Marina Protetta; sarebbe estremamente significativo il riguardare tale estromissione proprio il Comune di Procida, ovvero l’ente locale esponenziale degli interessi della comunità marinara ivi esistente e gravemente pregiudicata dalle apposte limitazioni della pesca “a cianciolo”, tipica della marineria procidana;

B – sulla illegittimità della disciplina delle attività di pesca consentite nella zona “C”.

VI) violazione di legge (artt. 106; 107; 108 DPR 1639/1968) – violazione degli artt. 4 e 13 del Regolamento Comunitario n. 1967/2006 – eccesso di potere (per difetto del presupposto, arbitrarietà, iniquità, sviamento): l’apposto divieto generalizzato di esercizio dell’attività di pesca a circuizione (cd. “a cianciolo”) per tutta la zona “C” dell’Area Marina Protetta, e quindi anche per le zone di mare i cui fondali si trovino a profondità superiore ai 50 metri, sarebbe in contrasto con la normativa nazionale e comunitaria, posto che gli artt. 107 e 108 del DPR 1639/1968 e gli artt. 4 e 13 del Regolamento Comunitario n. 1967/2006 consentono espressamente l’utilizzo delle reti a circuizione nelle zone di fondale marino di oltre 50 metri; il Regolamento Comunitario, comunque prevalente su eventuali disposizioni nazionali di segno contrario, avrebbe ammesso l’utilizzo dell’attrezzatura in parola anche nelle zone di protezione speciale e negli “habitat naturali” individuati dalla Direttiva Comunitaria Natura 2000, per cui vi sarebbe possibilità di suo utilizzo in tutte le aree marine protette, in presenza di fondali posti ad oltre 50 metri di profondità; gran parte dei fondali della zona “C” sarebbe posta a profondità superiore ai 50 metri, come evidenziato da una prodotta perizia tecnica sul punto;

VII) violazione di legge (artt. 106; 107; 108 DPR 1639/1968) – violazione degli artt. 4 e 13 del Regolamento Comunitario n. 1967/2006 – eccesso di potere (per difetto del presupposto, di istruttoria e di motivazione; arbitrarietà; iniquità; sviamento; contraddittorietà; contrasto con i precedenti): sussisterebbe un difetto di istruttoria e di motivazione, dovuto alla circostanza che il Ministero dell’Ambiente nonostante l’esito favorevole all’utilizzo nell’Area Marina Protetta delle attrezzature per la pesca a circuizione (nelle zone di mare profonde più di 50 metri), oggetto di ben due pareri richiesti al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, avrebbe – senza fornire alcuna motivazione in proposito – ribadito nel regolamento di disciplina delle attività l’apposizione in zona “C” del divieto generalizzato di pesca con reti a circuizione; i pareri del MIPAF avrebbero con chiarezza affermato come, per l’esercizio della pesca con reti a circuizione, in zone protette e con fondali posti ad oltre 50 metri di profondità, non occorresse alcuna specifica deroga (prevista invece dall’art. 4 del Regolamento Comunitario solo in caso di uso del “cianciolo” in zone profonde meno di 50 metri); il divieto di utilizzo delle reti a circuizione in zone con fondali posti a profondità superiore ai 50 metri contrasterebbe con le risultanze scientifiche dell’ICRAM, organo tecnico del Ministero dell’Ambiente, essendo stato chiarito in uno studio dell’anno 2001 che la pesca a circuizione presenta valore scarsamente impattante con i fondali (posto che le caratteristiche tecniche del “cianciolo” escludono l’appoggio di esso sul fondale, onde evitare la rottura della rete), e che tale tecnica di pesca risulta altamente selettiva (atteso che l’ampiezza delle maglie della rete esclude l’intercettazione di mammiferi marini); quindi, sulla base di tale studio sarebbe acclarata la compatibilità della pesca a circuizione, in zone con fondali posti ad oltre 50 metri, con la tutela della Posidonia e dei mammiferi marini, oggetto di specifica protezione con l’istituzione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”; in quasi tutte le altre Aree Marine Protette di recente istituzione il Ministero dell’Ambiente avrebbe sempre consentito, nelle zone “C”, l’esercizio della pesca a circuizione, riconoscendo la compatibilità di tale sistema di pesca con le esigenze di tutela dell’area marina, mentre diversamente sarebbe stato fatto per l’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, in tal modo ingiustificatamente penalizzando la categoria dei pescatori; il divieto generalizzato di esercizio della pesca a circuizione in zona “C”non troverebbe alcuna logica giustificazione causale in rapporto alle esigenze di tutela dell’Area Marina Protetta;

C – sulla illegittimità della disciplina delle attività di pesca consentite in zona “D”

VIII) violazione di legge (artt. 106; 107; 108 DPR 1639/1968) – violazione degli artt. 4 e 13 del Regolamento Comunitario n. 1967/2006 – eccesso di potere (per difetto del presupposto, di istruttoria e di motivazione; arbitrarietà; iniquità; sviamento): i decreti ministeriali sarebbero illegittimi nella parte in cui hanno imposto l’obbligo di preventiva autorizzazione per l’esercizio dell’attività di pesca a circuizione in zona “D” dell’Area Marina Protetta (destinata esclusivamente alla tutela dei mammiferi marini); la pesca a circuizione, infatti, come confermato da specifico studio ICRAM, per caratteristiche tecniche non sarebbe idonea ad intercettare tali specie marine; conseguentemente, la previsione dell’obbligo di preventiva autorizzazione per tale tipo di pesca sarebbe in contrasto con i più elementari principi ragionevolezza e proporzionalità; ciò tanto più che l’area marina classificata come zona “D” presenterebbe una profondità superiore ai 50 metri;

IX) violazione di legge (artt. 106; 107; 108 DPR 1639/1968) – violazione degli artt. 4 e 13 del Regolamento Comunitario n. 1967/2006 – eccesso di potere (per difetto del presupposto, di istruttoria e di motivazione; arbitrarietà; iniquità; sviamento): la necessità di rilascio di una preventiva autorizzazione per l’esercizio della pesca a circuizione in zona “D” dell’Area Marina Protetta sarebbe comunque in contrasto con la normativa nazionale e comunitaria, alla luce delle argomentazioni già proposte con il motivo sub IV), nonché della circostanza che tale zona sarebbe interamente ricompresa in isobate superiori ai 50 metri;

X) violazione di legge (artt. 106; 107; 108 DPR 1639/1968) – violazione degli artt. 4 e 13 del Regolamento Comunitario n. 1967/2006 – eccesso di potere (per difetto del presupposto, di istruttoria e di motivazione; arbitrarietà; iniquità; sviamento): la disciplina regolamentare della zona “D” dell’area Marina Protetta sarebbe illegittima anche nella parte in cui ha escluso il rilascio della autorizzazione all’esercizio della pesca a circuizione fino all’entrata in vigore del regolamento di esecuzione ed organizzazione, da adottarsi entro 180 gg., poiché avrebbe, in definitiva, vietato per la stagione lavorativa in corso l’attività degli aderenti alle associazioni ricorrenti; si tratterebbe, nella specie, di una misura restrittiva generalizzata, illegittima per contrasto con i principi generali dell’ordinamento e con gli artt. 2 e segg. della L. 241/1990; la disciplina della zona “D” sarebbe illegittima per evidente disparità di trattamento tra le categorie legate alla pesca e i vari operatori del settore, poiché mentre la piccola pesca risulterebbe libera e riservata ai soli residenti nei Comuni ricadenti nell’area protetta, invece la pesca a circuizione, non solo risulterebbe soggetta ad autorizzazione preventiva dell’ente gestore per i residenti, (autorizzazione suscettibile di poter intervenire solo dopo l’entrata in vigore del regolamento di esecuzione ed organizzazione), quando poi sarebbe consentita liberamente ai non residenti.

Per resistere al proposto ricorso si sono quindi costituiti, tra il 7 e l’8 luglio 2008, il Consorzio “Regno di Nettuno”, l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli (per il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, per il Ministero della Economia e Finanze, per il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, e per la Conferenza Permanente rapporti tra Stato – Regioni – Autonomie Locali), e l’Amministrazione provinciale di Napoli.

Con atto notificato tra l’8 e il 14 luglio 2008, e depositato il successivo 9 luglio, ha altresì spiegato intervento ad opponendum la Cooperativa a r.l. Unione Esercenti Pesca S. Giovangiuseppe della Croce.

Con ordinanza n. 1946/2008 del 9 luglio 2008 questo Tribunale ha, nei sensi di cui in parte motiva, accolto l’istanza cautelare avanzata dai ricorrenti, così argomentando: “Considerato che il ricorso appare assistito da idoneo fumus di fondatezza, quanto meno in riferimento al dedotto vizio di difetto di istruttoria, su di un piano strettamente formale evidenziato dalla circostanza che la posizione del MIPAF (in ordine alla possibilità di utilizzare il “cianciolo” all’interno dell’Area Marina Protetta) non è stata idoneamente rappresentata dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, e quindi opportunamente valutata in sede istruttoria; nonché, su di un piano più sostanziale, evidenziato dalla incongruità della scelta di vietare la pesca “a cianciolo” in tutta l’Area Marina Protetta (ad eccezione della zona D, ove è subordinata ad autorizzazione), pur dove il fondale sia situato ad una profondità superiore a mt. 50 (posto che dagli elementi forniti dai ricorrenti emerge che l’attrezzo in questione, in tal caso, non è pregiudizievole per i fondali; e che, in ogni caso, esso non è suscettibile di arrecare pregiudizi ai mammiferi marini, alla cui tutela è funzionale la delimitazione della zona D); Considerato che l’evidenziato vizio appare specificamente afferente al provvedimento di approvazione del Regolamento disciplinante le attività nelle diverse zone dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, del quale va perciò disposta la sospensione dell’efficacia con esclusivo riferimento allo svolgimento dell’attività di pesca, ma fermi rimanendo vincoli e limiti posti all’esercizio di quest’ultima dalle vigenti normative nazionale e comunitaria;

Ritenuto che sussistono le ragioni di cui al citato art. 21 della L. 6.12.1971, n. 1034;”.

In data 4 novembre 2009 la difesa erariale ha depositato una memoria con allegata documentazione, tra cui una relazione amministrativa sulla vicenda per cui è causa.

Con ricorso per motivi aggiunti, notificato tra il 13 e il 16 novembre 2009 e depositato il successivo 18 novembre, la FEDERPESCA e la FLAI CGIL hanno poi impugnato, unitamente agli atti presupposti, il sopravvenuto decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 30.7.2009, di approvazione del Regolamento di esecuzione e di organizzazione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, pubblicato in G.U. del 27.8.2009.

A sostegno dell’ulteriore gravame, i ricorrenti hanno reiterato le medesime doglianze già articolate con il ricorso principale/introduttivo, nel contempo però lamentando anche la violazione e/o l’elusione del giudicato formatosi sull’ordinanza cautelare n. 1947/2008 del TAR Campania-Napoli.

In data 11 marzo 2010 la difesa erariale ha depositato una memoria, con allegata documentazione, finalizzata a contrastare anche la nuova impugnazione proposta con motivi aggiunti.

Con il distinto ricorso introduttivo/principale RG n. 3412/2008, notificato tra il 6 e il 10 giugno 2008 e depositato il successivo 18 giugno, Gamba Gerardo; Riccio Rodolfo; la Tempesta IV S.n.c.di Barbato Francesco e Patrizio; Elmetto Anna Gerarda; Catalano Michele; Mammalella Michele; Castagliola Di Polidoro Salvatore; Parascandolo Antonio; Parascandolo Rosario; Ferrantino Giuseppe; Scotto Di Vettimo Maria; la Cooperativa Procida Pesca a r.l.; e Manfredi Gennaro, premesso di essere imprenditori e professionisti del settore della pesca, residenti nella marineria di Procida ed esercitanti la tradizionale attività di pesca con utilizzo di reti a circuizione, dette a “cianciolo”, tipiche della flotta peschereccia procidana, hanno impugnato gli atti indicati in epigrafe, e segnatamente anch’essi, per la parte d’interesse, il decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 27.12.2007 di istituzione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno” (pubblicato in G.U. del 10.4.2008); il successivo decreto dello stesso Ministro n. 88 del 5.6.2008, di approvazione del Regolamento che ha disciplinato le attività nelle diverse zone dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, nonché l’allegato Regolamento.

Nell’occasione i ricorrenti hanno proposto censure assolutamente identiche a quelle articolate da Federpesca e FLAI CGIL nel ricorso RG n. 3411/2008, ovvero:

A – sull’illegittimità dell’istituzione dell’Area Marina Protetta

I) violazione di legge (artt. 4 e 5 L. 394/1991; L. 979/1982) – violazione del giusto procedimento – violazione degli artt. 3 e segg. L. 241/1990 – eccesso di potere (per difetto del presupposto; arbitrarietà; iniquità; travisamento; sviamento): il Ministero dell’Ambiente non avrebbe potuto procedere alla istituzione di una nuova area marina protetta in carenza della indefettibile pianificazione triennale prevista dall’art. 4 della L. 394/1991; tale pianificazione triennale, sulla base delle linee fondamentali fissate dal Ministero dell’Ambiente e dalla Carta della Natura, nonché delle disponibilità finanziarie, -specificherebbe i territori oggetto del sistema delle aree naturali protette di interesse internazionale, nazionale e regionale, operando la necessaria delimitazione dei confini, -indicherebbe il termine per l’istituzione di nuove aree naturali protette o per l’ampliamento e la modifica di quelle esistenti, individuando la delimitazione di massima delle stessa, -definirebbe il riparto delle disponibilità finanziarie per ciascuna area e per ciascun esercizio finanziario, – prevederebbe contributi in conto capitale per le attività nelle aree naturali protette istituite dalle Regioni con proprie risorse, nonché per progetti delle Regioni relativi all’istituzione di dette aree, -determinerebbe i criteri e gli indirizzi ai quali devono uniformarsi lo Stato, le Regioni e gli organismi di gestione delle aree protette nell’attuazione del programma per quanto di loro competenza, ivi compresi i compiti relativi alla informazione e alla educazione ambientale delle popolazioni interessate, sulla base dell’esigenza di unitarietà delle aree da proteggere;

II) violazione dell’art. II -101 del Trattato Europeo del 13.10.2004 di approvazione della Costituzione Euoropea, nonché dell’art. 41 della Carta Fondamentale dei Diritti dell’Unione Europea – violazione del giusto procedimento – violazione degli artt. 7 e segg. L. 241/1990 – eccesso di potere (per difetto del presupposto, arbitrarietà, iniquità, travisamento, sviamento): nell’iter procedimentale sarebbe stato violato il diritto di partecipazione delle categorie interessate, sancito, tra l’altro, nella Costituzione Europea e nella Carta Fondamentale dei Diritti dell’Unione Europea; le associazioni sindacali ed i loro associati, direttamente incisi dai provvedimenti istitutivi della Area Marina Protetta in questione, sarebbero stati completamente pretermessi dalla possibilità di partecipare ai relativi procedimenti e perciò di far valere le proprie ragioni;

III) violazione di legge (art. 18 L. 394/1991; L. 979/1982) – violazione del giusto procedimento – violazione degli artt. 3 e segg. L. 241/1990 – eccesso di potere (per difetto del presupposto, arbitrarietà, iniquità, travisamento, sviamento): sussisterebbe un difetto di motivazione per non essere adeguatamente specificati gli obiettivi perseguiti mediante l’istituzione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”; in particolare, le finalità dichiarate nell’art. 3 del decreto istitutivo dell’Area Marina Protetta sarebbero assolutamente generiche e stereotipate, poiché riconducibili ad uno schema utilizzabile per qualunque Area Marina Protetta e inidonee a spiegare le specifiche ragioni di tutela; l’unico vago richiamo alla tutela dei mammiferi marini, ed in particolare della specie Delphinus Delphis, sarebbe inconferente e sproporzionato rispetto all’effettiva porzione di mare sottoposta a tutela; peraltro, l’unica zona sottoposta a tutela specifica dei mammiferi marini (ovvero la zona “D”) rappresenterebbe una parte del tutto marginale dell’intero perimetro dell’area vincolata, con conseguente incongruità del vincolo complessivo rispetto alle dichiarate esigenze di tutela; quindi, dietro il paravento di generiche esigenze di tutela si sarebbe vietata la pesca in un enorme specchio d’acqua, pregiudicando la sopravvivenza economica della categoria di appartenenza dei ricorrenti;

IV) violazione di legge (art. 18 L. 394/1991; L. 979/1982) – violazione di legge (art. 77 co. 2 Decr. Leg.vo 112/1998) – violazione del giusto procedimento – violazione degli artt. 3 e segg. L. 241/1990 – eccesso di potere (per difetto del presupposto, arbitrarietà, iniquità, travisamento, sviamento): vi sarebbe stato un vizio istruttorio legato alla illegittima acquisizione del parere della Conferenza Unificata Stato – Regioni – Enti Locali, previsto dall’art. 77 co. 2 Decr. Leg.vo 112/1998; nel verbale della Conferenza Unificata del 4.9.2007, il Comune di Procida e la Regione Campania avrebbero sollecitato (e tanto fin dal 27.2.2007) una specifica valutazione sull’esercizio della pesca con il “cianciolo” nell’intera Area Marina Protetta, e, in relazione a tale richiesta, il rappresentante del Ministero dell’Ambiente, nel dichiarare che il Ministero delle Politiche Agricole aveva espresso parere negativo sull’utilizzo di tale sistema di pesca (occorrendo per l’esercizio della pesca a circuizione l’emissione di specifici provvedimenti di deroga da parte dello stesso MIPAF, ammissibili solo dopo l’adozione del Piano di Gestione della Pesca), si sarebbe espresso in modo completamente opposto rispetto alla posizione in realtà presa dal MIPAF con nota del 13.6.2007 (in cui sarebbe stata affermata l’ammissibilità della pesca a circuizione nelle Aree Protette, a condizione della presenza di fondali con profondità superiore ai 50 metri; senza necessità, dunque, di alcuna deroga, né della preventiva predisposizione dei Piani di Gestione della Pesca); l’aver quindi rappresentato in sede di Conferenza Unificata un parere del MIPAF non corrispondente a quello effettivamente espresso dall’organo competente, avrebbe indiscutibilmente condizionato l’iter logico-valutativo della Conferenza stessa, nonché il parere conclusivo sull’argomento; il parere favorevole reso dalla Conferenza sarebbe stato perciò fondato su presupposti non esatti, smentiti dall’effettivo contenuto del parere del MIPAF; in effetti la pesca con il “cianciolo”su fondali superiori ai 50 metri non incontrerebbe limiti neanche nelle Aree Protette, posto che tale tipo di attrezzatura non può mai scendere oltre tale limite, per cui con può impattare con i fondali posti a profondità superiore (di qui la non necessità di chiedere deroghe, ipotizzabili solo per i fondali delle Aree Protette inferiori a 50 metri, con i quali sarebbe possibile ipotizzare l’interferenza delle attrezzature di pesca); appunto per la non correttezza del parere riportato dal Ministero dell’Ambiente si spiegherebbe la prescrizione posta dalla Conferenza Unificata, che, nell’esprimere un giudizio favorevole sul vincolo, avrebbe comunque raccomandato di rilasciare le deroghe non appena adottato il Piano di Gestione della Pesca;

V) violazione di legge (art. 18 L. 394/1991; L. 979/1982) – violazione di legge (art. 77 co. 2 Decr. Leg.vo 112/1998) – violazione del giusto procedimento – violazione degli artt. 3 e segg. L. 241/1990 – eccesso di potere (per difetto del presupposto, arbitrarietà, iniquità, travisamento, sviamento): la costituzione del Consorzio di Gestione dell’Area Marina Protetta sarebbe illegittima per mancata previsione della necessaria partecipazione del Comune di Procida; l’estromissione dal Consorzio di uno dei Comuni ricompresi nell’Area Marina Protetta si rifletterebbe sulla esatta composizione dell’organo di gestione, chiamato, tra l’altro, ad adottare il regolamento di esecuzione ed organizzazione dell’Area Marina Protetta; sarebbe estremamente significato il riguardare tale estromissione proprio il Comune di Procida, ovvero l’ente locale esponenziale degli interessi della comunità marinara ivi esistente e gravemente pregiudicata dalle apposte limitazioni della pesca “a cianciolo”, tipica della marineria procidana;

B – sulla illegittimità della disciplina delle attività di pesca consentite nella zona “C”.

VI) violazione di legge (artt. 106; 107; 108 DPR 1639/1968) – violazione degli artt. 4 e 13 del Regolamento Comunitario n. 1967/2006 – eccesso di potere (per difetto del presupposto, arbitrarietà, iniquità, sviamento): l’apposto divieto generalizzato di esercizio dell’attività di pesca a circuizione (cd. “a cianciolo”) per tutta la zona “C” dell’Area Marina Protetta, e quindi anche per le zone di mare i cui fondali si trovino a profondità superiore ai 50 metri, sarebbe in contrasto con la normativa nazionale e comunitaria, posto che gli artt. 107 e 108 del DPR 1639/1968 e gli artt. 4 e 13 del Regolamento Comunitario n. 1967/2006 consentono espressamente l’utilizzo delle reti a circuizione nelle zone di fondale marino di oltre 50 metri; il Regolamento Comunitario, comunque prevalente su eventuali disposizioni nazionali di segno contrario, avrebbe ammesso l’utilizzo dell’attrezzatura in parola anche nelle zone di protezione speciale e negli “habitat naturali” individuati dalla Direttiva Comunitaria Natura 2000, per cui vi sarebbe possibilità di suo utilizzo in tutte le aree marine protette, in presenza di fondali posti ad oltre 50 metri di profondità; gran parte dei fondali della zona “C” sarebbe posta a profondità superiore ai 50 metri, come evidenziato da una prodotta perizia tecnica sul punto;

VII) violazione di legge (artt. 106; 107; 108 DPR 1639/1968) – violazione degli artt. 4 e 13 del Regolamento Comunitario n. 1967/2006 – eccesso di potere (per difetto del presupposto, di istruttoria e di motivazione; arbitrarietà; iniquità; sviamento; contraddittorietà; contrasto con i precedenti): sussisterebbe un difetto di istruttoria e di motivazione, dovuto alla circostanza che il Ministero dell’Ambiente nonostante l’esito favorevole all’utilizzo nell’Area Marina Protetta delle attrezzature per la pesca a circuizione (nelle zone di mare profonde più di 50 metri), oggetto di ben due pareri resi richiesti al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, avrebbe – senza fornire alcuna motivazione in proposito – ribadito nel regolamento di disciplina delle attività l’apposizione in zona “C” del divieto generalizzato di pesca con reti a circuizione; i pareri del MIPAF avrebbero con chiarezza affermato come, per l’esercizio della pesca con reti a circuizione, in zone protette e con fondali posti ad oltre 50 metri di profondità, non occorresse alcuna specifica deroga (prevista invece dall’art. 4 del Regolamento Comunitario solo in caso di uso del “cianciolo” in zone profonde meno di 50 metri); il divieto di utilizzo delle reti a circuizione in zone con fondali posti a profondità superiore ai 50 metri contrasterebbe con le risultanze scientifiche dell’ICRAM, organo tecnico del Ministero dell’Ambiente, essendo stato chiarito in uno studio dell’anno 2001 che la pesca a circuizione presenta valore scarsamente impattante con i fondali (posto che le caratteristiche tecniche del “cianciolo” escludono l’appoggio di esso sul fondale, onde evitare la rottura della rete), e che tale tecnica di pesca risulta altamente selettiva (atteso che l’ampiezza delle maglie della rete esclude l’intercettazione di mammiferi marini); quindi, sulla base di tale studio sarebbe acclarata la compatibilità della pesca a circuizione, in zone con fondali posti ad oltre 50 metri, con la tutela della Posidonia e dei mammiferi marini, oggetto di specifica protezione con l’istituzione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”; in quasi tutte le altre Aree Marine Protette di recente istituzione il Ministero dell’Ambiente avrebbe sempre consentito, nelle zone “C”, l’esercizio della pesca a circuizione, riconoscendo la compatibilità di tale sistema di pesca con le esigenze di tutela dell’area marina, mentre diversamente sarebbe stato fatto per l’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, in tal modo ingiustificatamente penalizzando la categoria dei pescatori; il divieto generalizzato di esercizio della pesca a circuizione in zona “C”non troverebbe alcuna logica giustificazione causale in rapporto alle esigenze di tutela dell’Area Marina Protetta;

C – sulla illegittimità della disciplina delle attività di pesca consentite in zona “D”

VIII) violazione di legge (artt. 106; 107; 108 DPR 1639/1968) – violazione degli artt. 4 e 13 del Regolamento Comunitario n. 1967/2006 – eccesso di potere (per difetto del presupposto, di istruttoria e di motivazione; arbitrarietà; iniquità; sviamento): i decreti ministeriali sarebbero illegittimi nella parte in cui hanno imposto l’obbligo di preventiva autorizzazione per l’esercizio dell’attività di pesca a circuizione in zona “D” dell’Area Marina Protetta (destinata esclusivamente alla tutela dei mammiferi marini); la pesca a circuizione, infatti, come confermato da specifico studio ICRAM, per caratteristiche tecniche non sarebbe idonea ad intercettare tali specie marine; conseguentemente, la previsione dell’obbligo di preventiva autorizzazione per tale tipo di pesca sarebbe in contrasto con i più elementari principi ragionevolezza e proporzionalità; ciò tanto più che l’area marina classificata come zona “D” presenterebbe una profondità superiore ai 50 metri;

IX) violazione di legge (artt. 106; 107; 108 DPR 1639/1968) – violazione degli artt. 4 e 13 del Regolamento Comunitario n. 1967/2006 – eccesso di potere (per difetto del presupposto, di istruttoria e di motivazione; arbitrarietà; iniquità; sviamento): la necessità di rilascio di una preventiva autorizzazione per l’esercizio della pesca a circuizione in zona “D” dell’Area Marina Protetta sarebbe comunque in contrasto con la normativa nazionale e comunitaria, alla luce delle argomentazioni già proposte con il motivo sub IV), nonché della circostanza che tale zona sarebbe interamente ricompresa in isobate superiori ai 50 metri;

X) la disciplina regolamentare della zona “D” dell’area Marina Protetta sarebbe illegittima anche nella parte in cui ha escluso il rilascio della autorizzazione all’esercizio della pesca a circuizione fino all’entrata in vigore del regolamento di esecuzione ed organizzazione, da adottarsi entro 180 gg., poiché avrebbe, in definitiva, vietato per la stagione lavorativa in corso l’attività dei ricorrenti; si tratterebbe, nella specie, di una misura restrittiva generalizzata, illegittima per contrasto con i principi generali dell’ordinamento e con gli artt. 2 e segg. della L. 241/1990; la disciplina della zona “D” sarebbe illegittima per evidente disparità di trattamento tra le categorie collegate alla pesca e i vari operatori del settore, poiché mentre la piccola pesca risulterebbe libera e riservata ai soli residenti nei Comuni ricadenti nell’area protetta, invece la pesca a circuizione, non solo risulterebbe soggetta ad autorizzazione preventiva dell’ente gestore per i residenti, (autorizzazione suscettibile di poter intervenire solo dopo l’entrata in vigore del regolamento di esecuzione ed organizzazione), quando poi sarebbe consentita liberamente ai non residenti.

Anche in questo secondo giudizio si sono quindi costituiti, in resistenza al proposto ricorso, tra il 7 e l’8 luglio 2008, il Consorzio “Regno di Nettuno”, l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli (per il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, per il Ministero della Economia e Finanze, per il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, e per la Conferenza Permanente rapporti tra Stato – Regioni – Autonomie Locali), e l’Amministrazione provinciale di Napoli.

Con atto notificato tra l’8 e il 18 luglio 2008, e depositato il successivo 9 luglio, ha spiegato, pure in questo giudizio, intervento ad opponendum la Cooperativa a r.l. Unione Esercenti Pesca S. Giovangiuseppe della Croce.

In termini del tutto analoghi all’ordinanza n. 1946/2008, questo TAR si è pronunziato, con ordinanza n. 1947/2008 del 9 luglio 2008, sull’istanza cautelare avanzata dai ricorrenti, accogliendola nei sensi di cui in parte motiva.

Con ricorso per motivi aggiunti notificato tra il 3 e il 6 ottobre 2008, e depositato il successivo 16 ottobre, i ricorrenti hanno impugnato la sopravvenuta nota prot. n. 4151 del 25.8.2008 a firma del Presidente dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, con la quale, in pretesa esecuzione dell’ordinanza cautelare del TAR Campania Napoli n. 1947/2008, ma in realtà in elusione di questa, si era disciplinato l’esercizio della pesca “a cianciolo” nella zona protetta, nella sostanza ribadendo il divieto di utilizzo delle reti a circuizione anche in presenza di fondali posti ad oltre mt. 50 di profondità (sull’assunto della vigenza, comunque, del Regolamento U.E. n. 1967/2006). In ogni caso, i ricorrenti hanno instato per l’esatta esecuzione dell’ordinanza cautelare n. 1947/2008 di questo TAR.

All’uopo, sono stati lamentati:

I) violazione di legge (art. 21 L. 1034/1971; art. 21 septies L. 241/1990) – violazione di legge (art. 108 DPR 1639/1968) – violazione del giusto procedimento – eccesso di potere (per difetto del presupposto; arbitrarietà; iniquità; travisamento; sviamento): pur in assenza di gravame avverso il provvedimento cautelare del TAR (con conseguente giudicato formatosi sulle statuizioni di questo), l’Amministrazione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno” avrebbe adottato, mediante artifici dialettici, una linea di sostanziale “sterilizzazione” del dictum giudiziale; in tal modo l’Amministrazione avrebbe inammissibilmente violato, o comunque eluso, quanto disposto in via cautelare dal TAR;

II) violazione di legge (art. 21 L. 1034/1971; art. 21 septies L. 241/1990) – violazione di legge (art. 108 DPR 1639/1968) – violazione del giusto procedimento – eccesso di potere (per difetto del presupposto; arbitrarietà; iniquità; travisamento; sviamento): l’utilizzo di fonti luminose per la pesca sarebbe possibile già in presenza di fondali posti a 30 metri di profondità, rimanendo la possibilità di utilizzo delle reti “a cianciolo” in zone di mare con fondali di almeno 50 metri di profondità.

In data 11 novembre 2008 l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, per le Amministrazioni statali rappresentate, ha depositato una memoria con allegata documentazione, contestando la fondatezza dei motivi aggiunti articolati dalla controparte ricorrente.

Questo TAR, quindi, con ordinanza n. 2929/2008 del 12 novembre 2008, si è così espresso sulla richiesta cautelare avanzata con i motivi aggiunti: “Considerato che l’ordinanza n° 1947/2008 di questo Tribunale ha inciso (paralizzandone l’efficacia in conseguenza dell’individuazione del vizio di carenza di istruttoria) sul Regolamento recante la disciplina delle attività consentite nelle diverse zone dell’Area Marina Protetta <<Regno di Nettuno>>, nella parte in cui, nell’esercizio del potere di deroga di cui al comma 5° dell’art. 19 L. 394/1991 (rispetto ai generalizzati divieti posti dal precedente comma 3°), non è stata correttamente valutata l’includibilità, tra le attività consentite, anche della pesca con il “cianciolo”, nell’ambito delle zone “C” e “D” (qui escludendosi la necessità di una preventiva autorizzazione), in presenza di profondità superiore a mt. 50; Considerato che la P.A., a seguito del detto provvedimento giudiziario, avrebbe dovuto procedere, nell’ambito di una riedizione del potere attribuitole dal co. 5° dell’art. 19 L. 394/1991, ad una riformulazione del tratto di azione amministrativa rimasto eliso dall’intervento del giudice (e ciò tenendo come riferimento proprio il dictum del Tribunale); Considerato che a tutt’oggi non v’è traccia di attività amministrativa volta all’emanazione dei necessari provvedimenti conseguenziali alla citata ordinanza n° 1947/2008, anzi risultando in senso contrario finalizzata la nota prot. n° 4151 del 25.8.2008 del Consorzio di Gestione dell’Area Marina Protetta <<Regno di Nettuno>>; Considerato che al danno lamentato dai ricorrenti può ovviarsi assegnando un termine alle Amministrazioni intimate onde dare esecuzione alla precitata ordinanza, con nomina, per il caso di perdurante inadempimento, di un Commissario ad acta; PQM dispone che le Amministrazioni intimate provvedano, ciascuna per quanto di propria competenza, a dare esecuzione all’ordinanza n° 1947/2008 di questo Tribunale entro gg. 30 dalla data di notifica o, se anteriore, da quella di comunicazione del presente provvedimento.

Dà mandato al Prefetto di Napoli, in caso di ulteriore inerzia delle Amministrazioni intimate, di nominare, su istanza di parte, un Commissario ad acta il quale dia esecuzione alla citata ordinanza entro gg. 30 dalla nomina. Le spese per il funzionamento dell’organo straordinario rimarranno a carico delle Amministrazioni inottemperanti, in solido tra loro, e saranno liquidate con separato provvedimento. La presente ordinanza sarà eseguita dalla Amministrazione ed è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.”.

Dalla nota prot. n. DPN-2008-0028736 del 3.12.2008, versata in atti dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, è risultata l’attivazione di tale Amministrazione per l’esecuzione delle ordinanze cautelari nn. 1947/2008 e 2929/2008 di questo TAR.

In data 4 novembre 2009 la difesa erariale ha poi depositato una ulteriore memoria.

Come già avvenuto nel giudizio RG n. 3411/2008, anche nello RG n. 3412/2008, i ricorrenti, a mezzo di ricorso per motivi aggiunti notificato tra il 13 e il 16 novembre 2009 e depositato il successivo 18 novembre, hanno impugnato, unitamente agli atti presupposti, il sopravvenuto decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 30.7.2009, di approvazione del Regolamento di esecuzione e di organizzazione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, pubblicato in G.U. del 27.8.2009.

A sostegno dell’ulteriore gravame, i ricorrenti hanno reiterato le medesime doglianze già articolate con il ricorso principale/introduttivo, nel contempo però lamentando anche la violazione e/o l’elusione del giudicato formatosi sull’ordinanza cautelare n. 1947/2008 del TAR Campania-Napoli.

In data 11 marzo 2010 la difesa erariale ha quindi depositato una memoria, con allegata documentazione, finalizzata a contrastare anche la nuova impugnazione proposta con motivi aggiunti.

Alla pubblica udienza del 20 giugno 2013 entrambi i ricorsi indicati in epigrafe sono stati trattenuti in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente, va disposta la riunione dei due giudizi in esame, sussistendo tra essi estremi di connessione, oltre che parzialmente soggettiva (quanto alle parti pubbliche intimate, essendo diversi solo i ricorrenti), anche oggettiva, poiché in entrambi sono interessati dal gravame i medesimi provvedimenti amministrativi, riguardanti l’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”.

Specificamente, va rilevato che i ricorrenti sono imprenditori e professionisti del settore della pesca, residenti nella marineria di Procida ed esercitanti una tradizionale attività di pesca con utilizzo di reti a circuizione, dette a “cianciolo”, tipica della flotta peschereccia procidana, nonché associazioni rappresentative di costoro, i quali impugnano, mediante i ricorsi introduttivi/principali, il decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 27.12.2007 di istituzione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno” (pubblicato in G.U. del 10.4.2008) e il successivo decreto dello stesso Ministro n. 88 del 5.6.2008, di approvazione del Regolamento disciplinante le attività consentite nelle diverse zone dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, in uno all’allegato Regolamento; nonché, mediante i ricorsi per motivi aggiunti, il decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 30.7.2009, di approvazione del Regolamento di esecuzione e di organizzazione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, pubblicato in G.U. del 27.8.2009 (oltre che, nel solo giudizio RG. n. 3412/2008, la nota prot. n. 4151 del 25.8.2008 a firma del Presidente dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”).

Va precisato che tali atti risultano impugnati esclusivamente per la parte riferibile allo specifico interesse dei ricorrenti, come risultante dai ricorsi; ovvero in relazione alle limitazioni poste alla pesca cd. “a cianciolo” nelle zone “C” – di tutela parziale e “D” – di tutela dei mammiferi marini (in quest’ultima, la limitazione consiste nella necessità di dover richiedere una autorizzazione preventiva dell’ente gestore per esercitare la pesca) dell’Area Marina Protetta, e cioè nelle zone in cui il fondale marino presenta – per lo più – una profondità superiore ai 50 metri (costituendo tale profondità, come si vedrà, un elemento di fatto cui è legato il possibile esercizio di tale particolare tipo di pesca).

Per un corretto inquadramento delle problematiche giuridiche involte, occorre però previamente evidenziare come la legge quadro n. 394/1991 ponga in effetti un generalizzato divieto di svolgere una serie di attività (tra cui la pesca) nelle Aree Marine Protette, stabilendo al co. 3 dell’art. 19 che “Nelle aree protette marine sono vietate le attività che possono compromettere la tutela delle caratteristiche dell’ambiente oggetto della protezione e delle finalità istitutive dell’area. In particolare sono vietati:

a) la cattura, la raccolta e il danneggiamento delle specie animali e vegetali nonché l’asportazione di minerali e di reperti archeologici;

b) l’alterazione dell’ambiente geofisico e delle caratteristiche chimiche e idrobiologiche delle acque;

c) lo svolgimento di attività pubblicitarie;

d) l’introduzione di armi, esplosivi e ogni altro mezzo distruttivo e di cattura;

e) la navigazione a motore;

f) ogni forma di discarica di rifiuti solidi e liquidi.”; consentendo però che a tale generale divieto possano essere apportate deroghe specifiche dall’Autorità Amministrativa (cfr. il successivo co. 5 del medesimo art. 19, alla stregua del quale “Con decreto del Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro della marina mercantile, sentita la Consulta per la difesa del mare dagli inquinamenti, è approvato un regolamento che disciplina i divieti e le eventuali deroghe in funzione del grado di protezione necessario.”).

Orbene, osserva il Collegio che tale quadro di riferimento non impedisce che, in sede giurisdizionale, il suddetto potere di deroga di cui è titolare l’Amministrazione possa essere sindacato sotto il profilo della legittimità del suo esercizio; per cui, nella fattispecie qui in discussione, ben possono essere oggetto di verifica i provvedimenti con cui sono state stabilite deroghe al divieto di pesca, pervenendosi, in caso di riscontro di vizi, al loro giudiziale annullamento (con eliminazione della deroga). In quest’ultimo caso, poi, la conseguenza non può certo essere il mero ripristino della precedente situazione di assoluto divieto di svolgere quella certa attività (nella specie di pesca “a cianciolo”), consentendosi alla P.A. di rimanere inerte dopo il giudiziale annullamento (perché, altrimenti, si avrebbe ab origine una insussistenza dell’interesse al ricorso, inammissibilmente però comportante un sostanziale diniego di giustizia), bensì essa ha l’obbligo di procedere ad una riedizione del potere attribuitole, con riformulazione del tratto di azione amministrativa rimasto eliso dall’intervento del giudice, tenendo come riferimento proprio il dictum giudiziale.

In tal senso, infatti, depone tutta l’elaborazione giurisprudenziale in tema di ottemperanza alle pronunce del giudice amministrativo (oggi trasfusa nelle norme del codice del processo amministrativo); strumento mediante il quale l’ordinamento assicura il soddisfacimento dell’interesse concreto posto alla base dell’azione giudiziale amministrativa di annullamento esperita dal cittadino in sede di giurisdizione generale di legittimità del G.A..

Fatta questa premessa, ritiene il Tribunale che sia i ricorsi introduttivi/principali, sia i ricorsi per motivi aggiunti, siano fondati, secondo quanto già esposto nelle ordinanze cautelari nn. 1946 e 1947 dell’anno 2008, in relazione all’assorbente censura di difetto dell’istruttoria che ha portato prima all’istituzione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, e poi all’adozione del Regolamento recante la disciplina delle attività consentite nelle diverse zone di tale Area Marina Protetta (approvato con decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare n. 88 del 10.4.2008), nonché, successivamente, all’adozione del Regolamento di esecuzione e di organizzazione sempre dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno” (approvato con decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 30.7.2009).

Invero, risulta dagli atti, ed è ammesso anche dalla difesa erariale (cfr. relazione dell’Amministrazione dell’Ambiente depositata in data 4.11.2009), che su impulso del Comune di Procida e della Regione Campania, in data 27.2.2007 (in fase di istruttoria tecnica), è stato richiesto al MIPAF di rendere in ambito di conferenza unificata una specifica valutazione circa la pesca “a cianciolo” nel territorio dell’Area Marina Protetta.

Appunto il MIPAF, con nota prot. n. 0017567 del 13.6.2007, ha quindi comunicato al Ministero dell’Ambiente un articolato parere, nell’ambito del quale risulta affermato che <..se si considera che l’habitat di distribuzione della Posidonia è comunque al disotto dei 50 metri di profondità si può concludere che potrebbe essere ammesso l’uso del cianciolo all’interno dell’area interessata dall’istituenda AMP con l’unica limitazione dei 50 m. di profondità e comunque “ad una profondità inferiore al 70% dell’altezza totale dei ciancioli stessi…” (secondo quanto disposto dall’art. 13, paragrafo 3, II comma). L’uso del cianciolo, anche all’interno delle aree interessate dall’AMP può, pertanto, nel pieno rispetto di quanto previsto dal Regolamento Mediterraneo, essere autorizzato oltre i 50 m. di profondità senza alcuna necessità di predisporre un apposito Piano di Gestione. >; aggiungendosi, altresì, che <Inoltre la scrivente ritiene opportuno evidenziare come la volontà di escludere dalla pesca la comunità continentale che affaccia sulle isole di Procida e Vivara, e che pesca da sempre con attrezzi della piccola pesca artigianale ritenuti selettivi, determini talune perplessità in quanto la comunità di pescatori che storicamente trae sostentamento dagli stock ittici dell’area è costituita, proprio, dalle marinerie di Ischia, Procida, Pozzuoli e Monte di Procida. In virtù di tale osservazioni, quindi, l’emanando regolamento di disciplina dell’AMP non dovrebbe risultare discriminatorio riconoscendo diritti esclusivi a talune marinerie rispetto che ad altre>.

Sennonché, come emerge dalla successiva nota registro ufficiale n. 0034817 del 24.12.2007, lo stesso MIPAF, indirizzandosi – tra gli altri – al Ministero dell’Ambiente, così si esprime, dolendosi: <Accertato che nella riunione tecnica tenutasi il 4 settembre 2007, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il rappresentante di codesto Ministero ha evidenziato in merito alla questione relativa ai piani di gestione una posizione difforme da quella rappresentata da questa Direzione con nota n. 0017567 del 13.6.2007. In tale nota, infatti, è espressamente indicata la posizione della Scrivente in merito alla possibilità di utilizzare il “cianciolo” all’interno delle aree interessate senza la necessità di alcun piano di gestione, questione presentata dal Vostro rappresentante in maniera diametralmente opposta. >; aggiungendo poi, precisazioni, quali: <L’istituenda AMP “Regno di Nettuno” non coincide completamente con “le zone Natura 2000, con tutte le zone particolarmente protette e con quelle particolarmente protette di rilevanza mediterranea (ASPIM)” e, pertanto, nelle aree escluse è consentito l’utilizzo del cianciolo con le sole limitazioni previste dalla normativa vigente (art. 4, comma 1 e art. 13, comma 3 del Reg. (CE) 21.12.2006 n. 1967/2006). Per le zone in cui coincidono gli spazi dell’AMP e Natura 2000, alla luce di una testuale lettura dell’art. 4 del Regolamento sopra indicato, resta in vigore il divieto di pescare con reti da traino, draghe, trappole, ciancioli, sciabiche da natante, sciabiche da spiaggia e reti analoghe sulle praterie di Posidonia (Posidonia oceanica) o di altre fanerogame marine, senza la possibilità di alcuna deroga. Infatti, il paragrafo 1 dell’art. 4 del Regolamento in questione vieta la pesca con determinati attrezzi sulle praterie di Posidonia, e l’art. 4 estende tale divieto (pesca sulle praterie di Posidonia) a tutte le zone Natura 2000 senza prevedere la deroga prevista dal secondo capoverso del paragrafo dell’art. 4. Pertanto, allo stato attuale, nessun divieto sussiste per esercitare l’attività di pesca con il cianciolo nell’areale in questione, fermo restando naturalmente il divieto previsto dall’art. 4 paragrafo 1 (pesca su praterie di Posidonia e fanerogame) e le ulteriori prescrizioni di carattere generale (distanza e profondità) >.

E, in effetti, la discrasia lamentata dal MIPAF emerge dagli esiti della riunione tecnica del 4.9.2007 (atto prodotto in copia dai ricorrenti), in cui il rappresentante del Ministero dell’Ambiente riferisce che il MIPAF, nel rispondere al quesito formulato, “ha sottolineato la possibilità di derogare ai divieti previsti dal Regolamento CE n. 1967/2006 esclusivamente a seguito della formale adozione di appositi piani di gestione”.

Alla luce di tale situazione, allora non può non condividersi l’assunto dei ricorrenti, secondo cui il parere negativo del MIPAF, come riportato nella conferenza unificata, abbia sicuramente influenzato negativamente le definitive determinazioni prese in ordine alle limitazioni poste alla pesca al “cianciolo” nelle zone “C” e “D” dell’AMP ed esternate dapprima nel Regolamento disciplinante le attività nelle diverse zone dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, e poi nel successivo Regolamento di esecuzione e di organizzazione (mentre lo stesso non può pensarsi sia avvenuto in ordine al provvedimento istitutivo dell’Area Marina Protetta, posto che questo, rifacendosi alla normativa di cui alla L. 394/1991 in tema di attività non consentite, ha vietato con l’art. 5 “…b) qualunque attività di cattura, raccolta e danneggiamento di esemplari delle specie animali e vegetali, ivi compresa la caccia e la pesca”, nel contempo demandando, con l’art. 6, al “Regolamento di disciplina delle attività consentite, adottato ai sensi dell’art. 19, comma 5 della legge n. 394 del 1991” la successiva determinazione delle “attività consentite in ciascuna zona, anche in deroga ai divieti espressi di cui al precedente art. 5”).

Né in contrario a tale ricostruzione possono valere le osservazioni fatte dalla difesa erariale circa l’assenza di competenze del MIPAF nell’ambito del procedimento istitutivo dell’Area Marina Protetta, e circa la sussistenza – comunque – di un divieto legale di esercitare la pesca al cianciolo nella stessa (discendente, in particolare, dalla normativa posta sul punto dal Regolamento CE n. 1967/2006).

Infatti, quanto alla prima questione, è agevole rilevare che, indipendentemente dall’attribuzione al MIPAF di competenze di fonte legislativa nell’ambito del procedimento qui in discussione, comunque, in ambito istruttorio, è stato ritenuto utile richiedere a tale Amministrazione un parere sull’ammissibilità della pesca col cianciolo nell’istituenda Area Marina Protetta (sollecitato da due enti partecipanti al procedimento, ovvero la Regione Campania e il Comune di Procida, che, evidentemente lo ritenevano utile ad orientare la propria posizione): ecco allora che, una volta attivata tale specifica attività istruttoria, il parere reso dal soggetto richiesto (cioè il MIPAF), avrebbe dovuto essere riportato nel procedimento in modo corretto, mentre ciò invece non è avvenuto (atteso che – come risultante dalla sopra richiamata nota registro ufficiale n. 0034817 del 24.12.2007 – lo stesso MIPAF ha chiarito che il rappresentante del Ministero dell’Ambiente in sede procedimentale aveva “evidenziato in merito alla questione relativa ai piani di gestione una posizione difforme da quella rappresentata…con nota n. 0017567 del 13.6.2007”, precisando addirittura che il contenuto di questa era stato riportato in maniera “diametralmente opposta”).

Quanto alla seconda questione, va detto che il co. 1 dell’art. 4 del Regolamento CE 1967/2006 in materia di habitat protetti prevede che “E’ vietata la pesca con reti da traino, draghe, trappole, ciancioli, sciabiche, da natante, sciabiche da spiaggia e reti analoghe in particolare sulle praterie di posidonie (Posidonia oceanica) o di altre fanerogame marine” (ancorché, poi, il comma successivo stabilisca che “In deroga al primo comma, l’uso di ciancioli, sciabiche da natante e reti analoghe la cui altezza totale e il cui comportamento nelle operazioni di pesca implicano che il cavo di chiusura, la lima da piombo o le corde da salpamento non tocchino le praterie può essere autorizzato nel quadro di piani di gestione di cui all’articolo 18 o all’articolo 19 del presente regolamento”), con la precisazione, al comma 4, che “il divieto di cui al paragrafo 1, primo comma, e al paragrafo 2 si applica dalla data di entrata in vigore del presente regolamento a tutte le zone Natura 2000, a tutte le zone particolarmente protette e a tutte le zone particolarmente protette di rilevanza mediterranea (ASPIM) designate ai fini della conservazione di tali habitat a norma della direttiva 92/43/CEE o della decisione 1999/800/CEE”; mentre il successivo art. 13 (in tema di “valori minimi di distanza e profondità per l’uso degli attrezzi da pesca”) al co. 3 prescrive che “E’ vietato l’uso di ciancioli entro una distanza di 300 metri dalla costa o all’interno dell’isobata di 50 m. quando tale profondità è raggiunta ad una distanza inferiore dalla costa. I ciancioli non sono piazzati ad una profondità inferiore al 70% dell’altezza totale dei ciancioli stessi secondo i criteri di misura di cui all’allegato II del presente regolamento”. E’, tuttavia, rimasto ammesso dall’Amministrazione dell’Ambiente (cfr. relazione amministrativa depositata in data 4.11.2009) che “il confine dell’AMP proposta…per larga parte ricade all’interno del più ampio confine pSic”, ovvero le zone rientranti nella rete Natura 2000 (per cui comprende anche aree non ricadenti in tale rete); mentre la normativa nazionale (art. 107 DPR 1639/1968) vieta l’impiego di reti di circuizione munite di chiusura azionata meccanicamente, di tipo «cianciolo» e simili, soltanto nelle zone di mare nelle quali la profondità delle acque sia inferiore ai 50 metri entro le tre miglia marine dalla costa: quindi, posto che, come dimostrato dai ricorrenti, gran parte delle zone di mare rientranti nell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno” (e, segnatamente, nelle zone “C” e “D”) sono di profondità superiore ai 50 metri, e posto che risulta (cfr. studio ICRAM del 2001 in atti) che l’uso del cianciolo non presenta carattere impattante né con il fondo (visto che in tal caso la rete sarebbe suscettibile di rompersi) né nei confronti dei grandi mammiferi marini, e che in via generale il detto tipo di pesca è ammesso su fondali profondi oltre 50 metri, ne consegue che rimane provato il difetto di istruttoria che appare viziare le determinazioni con cui nel Regolamento recante la disciplina delle attività consentite nelle diverse zone dell’Area Marina Protetta nonché nel successivo Regolamento di esecuzione e di organizzazione, il tipo di pesca in parola risulta del tutto vietato in zona “C”, e ammesso solo su autorizzazione in zona “D”.

Quanto agli ulteriori profili di doglianza dedotti, ne va rilevata l’infondatezza sulla base delle seguenti considerazioni:

– l’art. 76 Decr. Leg.vo 112/1998 ha soppresso il programma triennale per le aree naturali protette, di cui all’art. 4 L. 394/1991;

– non è ravvisabile una illegittima esclusione dei ricorrenti dal procedimento relativo all’istituzione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, non potendo costoro vantare un autonomo titolo alla partecipazione stessa (avendo partecipato al procedimento i Comuni ricompresi nel perimetro oggetto di tutela, quali enti esponenziali degli interessi delle comunità locali coinvolte);

– la normativa riguardante il Consorzio di gestione dell’Area Marina Protetta prevede che di esso faccia parte anche il Comune di Procida, e, qualora la partecipazione di questo in concreto non vi sia stata, ciò appare ricollegabile esclusivamente all’azione del detto Comune;

– all’art. 3 del decreto istitutivo sono adeguatamente precisate le finalità perseguite mediante l’istituzione dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno” (in particolare, appaiono assolutamente specifici l’intento di “tutela e valorizzazione delle caratteristiche naturali, chimiche, fisiche e della biodiversità marina e costiera, anche in riferimento ai mammiferi marini ed in particolare al Delphinus delphis, incluso nella Lista Rossa delle specie a rischio di estinzione dell’IUCN”; nonché quello “di promozione dello sviluppo sostenibile dell’area, con particolare riguardo alla valorizzazione delle attività tradizionali , delle culture locali, del turismo ecocompatibile e della fruizione da parte delle categorie socialmente sensibili”).

Pertanto, vanno in definitiva annullati in parte qua il Regolamento recante la disciplina delle attività consentite nelle diverse zone dell’Area Marina Protetta ed il successivo Regolamento di esecuzione e di organizzazione; nonché la nota prot. n. 4151 del 25.8.2008 a firma del Presidente dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno” (essendo quest’ultima, con evidenza, finalizzata non a dare esecuzione alle ordinanze cautelari n. 1946/2008 e n. 1947/2008 di questo TAR, bensì a ribadire il divieto di pesca “a cianciolo” oggetto di sospensione dell’efficacia).

La peculiarità della vicenda induce a compensare le spese dei giudizi riuniti tra le parti costituite, e a denegarne il rimborso nei confronti di quelle non costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima)

definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe, integrati da motivi aggiunti e dei quali dispone la riunione, così provvede:

a) in accoglimento dei ricorsi introduttivi/principali e di quelli per motivi aggiunti, annulla il Regolamento recante la disciplina delle attività consentite nelle diverse zone dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, nonché il Regolamento di esecuzione e di organizzazione della medesima Area Marina Protetta, nella parte in cui non pongono alcuna deroga al divieto di pesca “a cianciolo” nella zona “C”, e subordinano lo stesso tipo di pesca ad autorizzazione nella zona “D”;

b) annulla, altresì, la nota prot. n. 4151 del 25.8.2008 a firma del Presidente dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”;

c) dichiara l’obbligo della pubblica amministrazione a procedere ad una riedizione del potere attribuitole in subiecta materia, con riformulazione del tratto di azione amministrativa rimasto eliso, conformandosi al dictum giudiziale;

d) compensa le spese di giudizio tra le parti costituite, e ne denega il rimborso nei confronti di quelle non costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2013 con l’intervento dei magistrati:

Alessandro Pagano, Presidente
Michelangelo Maria Liguori, Consigliere, Estensore
Massimo Santini, Primo Referendario

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
    

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/11/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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